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Autore: Ikuma    16/05/2011    1 recensioni
E' la storia di una ragazza e di un uomo innamorato.
La storia di quella ragazza, Charlotte, e di quel uomo, il Marchese di Birmingham, e di ciò che quest'ultimo farà pur di conquistare lei e il suo cuore.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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II.

Charlotte aprì gli occhi che incontrarono la luce del frutto giallo che splendeva, aspro, nel cielo.
La cameriera era alla finestra con le tende tra le mani, cercando di aprirle per bene.
« Che ore sono? » Chiese Charlotte con voce stanca alla cameriera, che, girandosi, fece un lieve inchino.
Aveva dormito stranamente bene, anche se ciò che era successo il giorno prima la turbava ancora.
Non avrebbe voluto vedere il Marchese almeno per qualche mese.
Che dico? Per tutta la vita!
« Buongiorno, milady » disse con un sorriso « Sono le otto e mezzo,milady »
La vasca era già pronta e la domestica stava sbirciando nel grosso armadio, di legno pregiato, nella stanza . Scelse un elegante vestito turchese di stoffa sottile, legato sotto il seno da un nastro blu.
« Perché un vestito così raffinato per la colazione? » Chiese Charlotte curiosa.
« Mi perdoni, mi ero completamente dimenticata di dirle che avete un ospite a colazione. Vi attende nella sala da pranzo alle nove in punto, milady » la informò la cameriera.
Trattenne il respiro per qualche secondo, presa dal terrore. Un tremolio le invase tutto il corpo e lo stomaco si svuotò del tutto. Portò la mano allo stomaco tremando.
« Si sente bene, milady? » Chiese, preoccupata, la cameriera.
« Sì, sto bene, potrei sapere chi.. » deglutì, poi continuò la frase «..chi é il nostro ospite? »
« Non sono stata autorizzata a dirlo, milady » Concluse la domestica.
« Non importa » Charlotte fece un sorriso forzato dopo la fredda risposta. Era ovvio che le importava.
Aveva paura, paura dell’identità di quella misteriosa persona. E se non l’avesse mai visto prima? Si pentì di non essersi finta malata. Cercò di tranquillizzarsi, chi mai avrebbe voluto farle compagnia, se non qualcuno che già conosceva? Mentre la cameriera pettinava i suoi capelli mossi, rosso rame, cercava di non pensare. Non riusciva a persuadersi, nulla poteva tranquillizzarla, l’unica cosa che avrebbe potuto farlo sarebbe stato scoprire chi era il misterioso personaggio che l’aspettava nella sala da pranzo. 
Nove meno cinque. Il valletto aprì la porta della sala e la ragazza entrò con i suoi modi delicati, come sempre. La figura che le parve davanti fu quella di un uomo che le dava le spalle, alto, capelli mori, con  un abbigliamento alquanto accurato. Quando il valletto chiuse la porta l’uomo si voltò di scatto e rimase a bocca aperta nel vedere quanto fosse splendida quell’effigie. Gli occhi verdi rimanevano a fissarla luminosi. 
« Buongiorno Charlotte » il Marchese di Birmingham si avvicinò a lei, poi le fece un inchino prendendole la mano e sfiorandole le affusolate dita con le labbra. V
enne rapita dalla sua voce intensa e sentì l’ennesimo brivido pervaderle l’intero fisico. Ma questa si chiama forse sfortuna? Si chiese. Le scapparono un sorriso e una dolce  risata, aveva avuto paura per nulla anche se, era la persona che non avrebbe voluto vedere per un sacco di tempo.
 
« Buongiorno » Rispose gentilmente lei facendo una riverenza. Si schiarì poi la voce e ritirò, come infastidita da quel contatto, la mano da quella del Marchese. Il Marchese rimase dispiaciuto da quel gesto, ma la invitò a mangiare come se non fosse successo nulla. Le spostò la sedia facendola sedere. Si accomodò, poi, dalla parte opposta del lungo tavolo. « Ditemi, Charlotte... » Mentre il Marchese cercò di iniziare un discorso il maggiordomo entrò nella stanza annunciando la colazione. Serviti i due fece un inchino ad entrambe « Milord,milady » Uscì, poi, dalla stanza lasciandoli nuovamente soli. Charlotte iniziò a mangiare senza disturbarsi del Marchese. Lo stesse fece il Marchese che stette zitto per una decina di minuti. 
 « Cosa stavate dicendo,Marchese? » Chiese, Charlotte, ormai innervosita dal suo silenzio.
Con un sorriso soddisfatto il Marchese continuò il discorso iniziato « Ditemi, Charlotte, cosa avete intenzione di fare questa mattinata? » Postulò infine.
« Nulla che possa interessarvi, Marchese » Inforchettò con violenza il boccone che aveva nel piatto.
« Forse leggere? » Domandò il Marchese senza scoraggiarsi e sempre con quel sorriso in volto.
« Cosa potrebbe mai incuriosirvi di cosa mi va di fare durante la giornata? » freddò Charlotte.
« Che libro? Un altro romanzo d’amore, forse? » continuò il Marchese.
Infastidita dalla sua invadenza rispose in tono gelido « Sì »
« Parlatemi di questo libro » puntellò lui.
« E’ un libro scritto per uno spettatore femminile » disse a denti stretti Charlotte.
« E i protagonisti come sono?ma soprattutto, chi sono? » continuò lui con il suo sorriso divertito.
« Due nobili. Lui è un ragazzo alquanto freddo e serio, lei è una ragazza vivace e a volte decisamente fastidiosa » Sottolineò le ultime due parole.
« Sembra un amore impossibile » Disse serio il Marchese.
« La vostra affermazione è sbagliata, Marchese » chiarì Charlotte.
« E come fanno ad innamorarsi l’uno dell’altro? » Domandò, attratto, lui.
« Si scrivono» Concluse lei.
« Volete dire, lettere? Si mandano delle lettere? » Chiese stupito il Marchese.
« Esattamente» Rispose indifferente Charlotte.
« Molto interessante» Finì per dire, il Marchese, imboccando l’ultimo morso.
« Ora, se volete scusarmi, mi ritirerei nella biblioteca, Marchese» Annunciò.
« Potrei seguirla? » Chiese sorridente lui.
« Preferirei star da sola, grazie» detto questo, Charlotte si incamminò fuori dalla sala da pranzo.

Charlotte si accomodò su una poltrona con il suo libro in mano e iniziò a leggere. Gli occhi neri fissi sulle pagine ingiallite dal tempo. L’emozione che si intravedeva dal suo sguardo luminoso faceva capire quanto fosse stregata da quel romanzo. Sorrise, girò pagina e l’illuminarsi delle sue iridi aumentò. 
Fuori dalla stanza c'era il valletto che l'ammirava dalla serratura della stanza.
«Ve lo dico sempre che tutto ciò é sbagliato, milord» Sussurrò alzando la testa.
 « Non c’è bisogno di preoccuparsene. Ebbene, cosa sta facendo? » Chiese tintinnante il Marchese.
« Legge, milord, come tutti i giorni» rispose il domestico.
« Ma,com’è? » Insistette lui.
« Seduta su di una poltrona, milord, a volte sorride, a volte scuote il capo in segno di negazione» lo informò il valletto.
« Com’è fatta la copertina del libro? » Gli domandò.
« E’ marrone, milord, con sopra una scritta dorata che intuisco sia il titolo» Rispose guardando dalla fessura. 
 « Leggetemelo» Ordinò lui.
« E’ troppo lontano, milord, non leggo» Disse dispiaciuto.
Il marchese sospirò « Non c’è niente da fare,allora» Concluse poi.
« William?! » Chiamò il Marchese. « Sì, milord? » Spuntò dal nulla un uomo alto con lunghi baffi grigi che gli decoravano il volto. I capelli bianchi come i suoi guanti. « Eccomi, milord» Rispose il maggiordomo. 
« Andate a chiamare Charlotte, ho un impegno molto importante e non posso aspettare ancora»
« Subito,milord» annuì, inchinandosi, William.
Il maggiordomo entrò nella stanza, si sentì un borbottio e subito dopo uscì Charlotte seguita dall’anziano. 
 « Ho paura che debba già congedarmi, Charlotte, perdonatemi» Fece un inchinò e le sorrise.
Educata, Charlotte, fece una riverenza. « Spero di non riavervi presto in questa dimora» Disse con dolcezza accompagnata da un grosso sorriso. 
 Il Marchese buttò indietro la testa in una risata rigorosa « Quanto vi adoro, Charlotte! » Esclamò per poi correre fuori dal palazzo e salire sul suo phaeton nero guidato da quattro purosangue.
La ragazza rimase impietrita nel salone d’entrata ripensando alle ultime parole pronunciate dal Marchese.
“Quanto vi adoro, Charlotte!”. Le aveva veramente dette. Le guance della nobile  avevano preso colore e il cuore aveva accelerato la sua corsa.
Il maggiordomo le si avvicinò «Milady? » Chiese preoccupato.
Lei si voltò e scappò in biblioteca senza rispondere.
Come accadeva tutte le volte che il Marchese apriva le sue rosee labbra, la sua voce la catturava e non la lasciava più andare.  



  
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