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Autore: IoNarrante    17/05/2011    10 recensioni
Cosa vi aspettereste da una vacanza in un villaggio? Sole, mare, magari qualche flirt estivo.. niente di più! Questo è ciò cui pensava Francesco, quando, con i suoi amici dell'università, è partito per la Puglia, per una vacanza post-laurea. Ma è bene fare attenzione a scegliersi le compagnie con cui passare quattordici giorni della propria vita.. altrimenti si può incappare in una scommessuccia, dapprima innocente, ma che costringe il nostro povero protagonista, sciupafemmine e perennemente single, ad imbarcarsi in un'avventura con una ragazza.. come dire.. non proprio della sua 'taglia'..
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve, salvino! (a mo' di Flanders), oggi è il mio B-day e invece di aspettarmi un regaluccio da EFP lo faccio io a tutte le lettrici che seguono la mia storiella! Vi avverto che è un po' lunghetto, ma ne vale davvero la pena, buona lettura!

Capitolo otto

Dinner’s party
«Credo di non aver capito bene» sibilò Sara, sempre più contrariata. «Vuoi annullare la scommessa perché quel coglione del tuo amico si è preso una sbandata per quella palla di lardo?».
Okay, forse non avevo usato proprio quelle esatte parole, ma il senso comune c’era.
«Sì» risposi sicuro.
Sara era un barattolo di rabbia pronto per far saltare il coperchio. Se fossimo stati in un cartone animato, le sarebbe uscito del fumo dalle orecchie.
«È rientrato in camera questa mattina presto e mi ha confessato tutto, perciò è meglio finirla qui, tanto penso che a lui non importi più di noi» sospirai sollevato.
Sara non riusciva a sopportare l’idea di essere stata sconfitta e per una come lei, smaltire la rabbia, sarebbe stata una cosa che avrebbe richiesto moltissimo tempo. D’altronde non m’interessava. La notizia che Giorgio si era preso una cotta per Sole mi aveva spiazzato, ma da una parte non vedevo l’ora di sentirmi libero da quella costrizione. Almeno non avevo ancora fatto nulla di cui, poi, mi sarei pentito.
«Bene, allora possiamo anche continuare da dove ci siamo interrotti nel bosco..» sorrise maliziosa, spingendomi con le spalle contro il muro e puntando quegli occhi da pantera nei miei.
Avevo subito capito dove volesse andare a parare, ma per me non era cambiato nulla tra di noi. Non mi era interessata prima di quella scommessa e m’interessava ancora di meno dopo.
«Smettila Sara e cresci un po’» le dissi brusco, sperando la smettesse con quelle cazzate.
In fondo non era mica una ragazza ingenua, allora perché doveva continuare con questa ossessione per me?
«Non è possibile che quella stronzetta riesca a trarvi tutti in inganno con quel suo bel faccino..» ringhiò, parlando più con se stessa che con il sottoscritto. «Ora anche quel babbeo di Giorgio ci è cascato, ma si può sapere cos’ha di tanto attraente? Non ha il fisico bello come il mio, non è passionale come me.. non la sbatte nemmeno in faccia al primo che capita!».
Okay, forse quello era il momento adatto per squagliarsela prima che la situazione potesse diventare alquanto spinosa.
«Ci becchiamo in giro» dissi, posando la mano sul pomello della porta.
«FERMO!» urlò, sbattendo una manata sul legno e sigillando ancora di più l’uscio. «Non crederai che sia finita qui?» sorrise sadica. «Quella stronza ha i giorni contati e finirà di mettermi i bastoni tra le ruote..».
Ripeto, se fossimo stati in un cartone animato, avrebbe fatto concorrenza ad uno dei geni del male che vanno sempre contro i supereroi. Le mancava solamente un assistente brutto come Igor di Frankenstein.
«Tu continuerai secondo i piani» cominciò, sicura di sé.
«No, non hai nulla con cui ricattarmi stavolta» alzai la voce, stufo di quella supremazia spicciola.
«Ah, sì?» sorrise, con le pupille degli occhi che assunsero un’inquietante posa verticale, come quella dei rettili. «Se non porti a compimento la scommessa, andrò dalla bella balenottera e le racconterò tutto. Le parlerò di come hai sempre finto per portartela a letto, di come anche Giorgio era a conoscenza di tutto.. vuoi davvero che il tuo piccolo amico sia nuovamente ferito?».
Possibile che quella maledetta si ritrovasse il coltello sempre dalla parte del manico?
«E come faccio a dirlo a Giorgio?» sospirai sconfitto. «Gli ho palesemente detto che aveva campo libero, visto che Sole non m’interessa».
«Sono affari tuoi» mormorò sicura. «Se stasera non andrai a quella cena, Sole sarà la prima a sapere tutto quanto.. non so se il suo paffuto faccino potrà più tornare a sorriderti..».
Che vipera! Ero sicuro che se avesse fatto le analisi del sangue, lo avrebbero trovato gelido come quello dei rettili. Sara era la perfidia fatta persona.
«Come vuoi» borbottai e lasciai la stanza, trotterellando come un’anima in pena.

«Sai, Fra, è come se fossimo due metà di una stessa mela.. hai presente? Come il mito dell’Androgino».
«De che?».
Giorgio mi sorrise e cercò di nascondere un evidente rossore sulle guance.
«Siamo così simili e c’è molta affinità tra noi» continuò, mettendomi sempre più in imbarazzo. «Cioè, non dico che tu sia sbagliato per lei.. ma so che non ti interessa veramente, perciò che ti costa farti da parte? Fa andare me alla cena di stasera, ti prego».

Cosa avreste fatto, voi, al mio posto? Dilemma, davvero un grande dilemma. Da una parte c’era il mio migliore amico e dall’altra la ragazza cui avrei dovuto rubare la verginità, altrimenti una serpe di mia conoscenza le avrebbe spiattellato tutto quanto allontanandola ancor più da me e da Giorgio.
Una volta che hai toccato il fondo, puoi solo che risalire..
Magari avesse avuto ragione. Sarebbe stato più giusto dire così:
Quando pensi di aver toccato il fondo, puoi sempre cominciare a scavare..



Ero appena uscita dalla doccia, quando sentii bussare alla mia porta. Cercai disperatamente l’asciugamano e me lo avvolsi in vita, constatando, allo specchio, quanto potesse essere striminzito quel pezzo di stoffa.
«Ciao, tesoro!» gridò Claudia, con la sua chioma rossa e sbarazzina.
«Amore, siamo arrivate giusto in tempo!» trillò Ginevra, assordandomi.
«P-prego, entrate..» dissi, lasciando che si accomodassero all’interno della stanza.
Serena ed Elisabetta se ne erano andate, tirando fuori la scusa di fare acquagym per vedere un insegnante bonazzo con gli addominali a tartaruga, ma io sapevo che era una scusa bella e buona per non incontrarsi con le amiche di Francesco. C’era un astio silenzioso fra loro.
«Non ci sono le tue simpatiche amichette?» ridacchiò Ginevra. «Avrebbero potuto aiutarci».
«No, gli ho chiesto io di lasciarci sole.. sapete.. per come mi hanno conciata l’altra volta» dissi sincera.
«Finalmente!» esultò Claudia. «Anche tu hai gli occhi. Ma quelle non ce l’hanno il senso dello stile?».
Forse Betta e Sere avevano un pochino ragione a dire che le amiche di Francesco fossero lievemente oche, ma chi ero io per rifiutare il loro aiuto?
«Direi di cominciare dai capelli, no, sweety?» cinguettò Claudia, poggiando un enorme borsone sul letto e cominciando a frugare tra infiniti prodotti di bellezza e creme varie.
Nel frattempo Ginevra si era posizionata alle mie spalle e cominciò ad esaminarmi i capelli che, anche dopo la doccia, rasentavano il crespo. Sapevo che era un’impresa titanica farmi apparire almeno decente, però mi sentivo in dovere di fare qualcosa, visto che ultimamente Francesco era stato così dolce con me.
Ricordati di non abbassare la guardia, Sole. Cosa ti hanno sempre detto Betta e Sere?
Che senso aveva prepararsi per un appuntamento se dovevo girare guardinga come se stessi in missione segreta per conto del governo?
«Questa crema agli estratti di cocco riesce a districare i nodi e il crespo» mi spiegò Ginevra. «Pensa che la usa mia madre con le modelle afroamericane».
Parafrasando le sue parole: i tuoi capelli sono peggio di un cespuglio!
«Okay, mi affido a voi due» sospirai, sperando che il risultato finale fosse almeno passabile.
«Dammi la mano destra, così ti faccio le unghie» mi propose Claudia, tirando fuori, da un’altra borsetta, il gel e le unghie finte che avevo visto solo nelle pubblicità.
Quelle due, messe insieme, rasentavano la trasmissione ‘Il brutto anatroccolo’!
Ginevra mi passò accuratamente l’impacco sui capelli, attendendo qualche secondo, e poi passando la spazzola su di essi. Inaspettatamente non sentii tirare e i nodi venivano via come per magia. Era davvero un miracolo! Di solito, per spicciarmi i capelli, dovevo buttare quasi una spazzola alla volta, perché si rompevano sempre, invece quella crema faceva davvero al mio caso.
«È prodigioso questo prodotto!» dissi entusiasta.
Ginevra sorrise e continuò a pettinarmi. «Una ricetta segreta di mia madre. Lei fa l’hair stylist per Roberto Cavalli da una vita, ormai».
Wow. Mia madre, invece, lavorava a Posteitaliane.. che vite diverse che facevamo.
Mi ritrovai a pensare a Francesco e a cosa potessero fare i suoi genitori per vivere. Sapevo che frequentava la Luiss, perciò pensai che anche i suoi amici fossero dei ricconi viziati. Oltre ad essere un figo da paura, Francesco era anche ricco. La cosa mi puzzava parecchio.
Possibile che un belloccio-figlio-di-papà potesse prendersi una sbandata per la sottoscritta?
«S-sentite, posso chiedervi una cosa?» chiesi timidamente.
Loro si fermarono per un attimo e mi guardarono negli occhi. «Certo, honey» risposero quasi in coro, facendomi rabbrividire.
«Puoi chiederci tutto quello che vuoi» continuò Ginevra.
«Siamo a tua completa disposizione» si aggiunse anche Claudia.
Quelle due sembravano le copie-ochesche di Serena ed Elisabetta, nemmeno a farlo apposta!
«Ho solo un forte dubbio» cominciai, autoconvincendomi che non avevo nulla da perdere se avessi confessato loro le mie paure. «Per quale motivo uno come Francesco dovrebbe voler uscire con me?».
Per un attimo mi parve di vedere un’espressione disorientata sui loro volti, tanto che cominciai a sospettare qualcosa, ma quelle due erano attrici nate e si ripresero quasi immediatamente.
«Devi sapere che Francesco non è mai stato come adesso» iniziò Ginevra, apparendomi stranamente sincera.
«Ha ragione Gin» continuò Claudia. «Noi lo conosciamo da tre anni, ma Giorgio è suo amico dalle medie e ci ha raccontato che Francesco è cambiato da così a così» e mimò il palmo della mano voltandolo, poi, sul dorso.
«Forse noi abbiamo visto soltanto la sua maschera recente, quella da sciupafemmine incallito e da ‘quello che non si vuole legare’» mormorò Ginevra.
«Pensa che i rapporti che ha avuto in questi tre anni sono durati solo una settimana!» disse Claudia sorpresa.
«Le sue ragazze le chiamavamo week-girl, perché le cambiava con tanta facilità che dimenticavamo subito i nomi» riprese Ginevra.
«Oddio, ma è terribile!» mi ritrovai a pensare ad alta voce.
Loro mi guardarono annuendo, ma subito dopo ripresero la mia ‘trasformazione’.
«Non sappiamo bene tutta la storia, perché nessuno lo conosce veramente».
«Soltanto Giorgio sa davvero cosa gli sia successo per farlo comportare in questo modo, ma non ha mai voluto dircelo».
Seguì un lungo attimo di silenzio, in cui si udì solamente la spazzola che districava i nodi e la limetta che sfregava sulle mie unghie.
«Come delle sciocche avevamo pensato che tu potessi essere quella giusta» se ne uscì Claudia all’improvviso, con uno strano accento di romanticismo.
«Giusta per cosa?» chiesi ingenuamente.
«Per farlo innamorare e per fargli smettere di vivere così, all’avventura» incalzò Ginevra.
Nel frattempo i miei capelli erano completamente spicciati e Gin li avvolse in un asciugamano per far agire l’impacco per qualche altro minuto. Claudia, invece, era passata all’altra mano mentre preparava la lampada per far asciugare il gel.
Nessuna di loro aveva aggiunto una parola ed io mi sentivo talmente in soggezione da non riuscire quasi a respirare. La vera storia di Francesco mi aveva lasciato un certo amaro in bocca e non riuscivo a smettere di pensare a come si potesse sentire quando stava con me. Che volesse aggiungermi alla sua week-collezione?
«Perché pensate che possa essere io quella giusta?» domandai ingenuamente, ma con una certa dose di curiosità.
Claudia e Ginevra smisero di fare quello per cui erano indaffarate e mi guardarono, per poi scambiarsi uno sguardo complice.
«Semplice! Da quando ti ha conosciuta, Francesco non si è filato nessuna ragazza del villaggio e non è mai stato così enigmatico» risposero quasi in coro.
«Devo ammettere che certe volte lo sento sbuffare» aggiunse Claudia, puntando l’indice sul mento pensierosa.
«No, Cla.. lui sospira!» esultò Ginevra.
Ma di che stavano parlando quelle due? Mi sentivo come se stessi guardando una puntata di Bones in inglese senza sottotitoli..
«Credo che ci siamo, amichetta mia!» esultò Claudia.
«Stiamo sulla strada buona» le fece eco quell’altra.
Come se improvvisamente si fossero ricordate che ero presente anch’io, si voltarono all’unisono in un gesto che mi ricordò le gemelline insanguinate di Shining.
«Che ne diresti di fare una scommessa?» mi chiesero all’improvviso e mi sentii stranamente chiamata in ballo.
«P-perché?» balbettai sorpresa.
«Così, per divertirci..» ridacchiò Ginevra.
«Alla fine è solo per il bene di Francesco» aggiunse Claudia.
Per il bene di Francesco o per il loro tornaconto? Qua la cosa mi puzzava di bruciato..
«E in cosa consisterebbe?» chiesi, lievemente curiosa e tentata.
«In realtà dovresti solo farlo innamorare di te e portarlo fuori dalla sua spirale di perdizione, così noi saremo soddisfatte e il nostro orgoglio femminile non verrebbe mai più calpestato dal suo essere.. così.. donnaiolo» disse Ginevra soddisfatta, mentre Claudia annuiva.
«Ma come potrei farlo? I-io.. i-io.. io non sono bella» balbettai, arrivata al tanto atteso momento delle confessioni.
Loro mi guardarono sorridendo.
«Dopo quello che ti faremo, vedrai che nessuno sarà capace di resisterti..» sussurrò Claudia, con uno sguardo inquietante.
«Soprattutto se si tratta di uno che ragiona con l’uccello» asserì Ginevra, facendomi avvampare.



«Secondo te è troppo la cravatta?» mi chiese Giorgio, una volta che fui rientrato in stanza.
Incrociai i suoi occhi nocciola, per poi riabbassare subito lo sguardo. Cosa avevo fatto di male per meritarmi tutto quello? Più andavo avanti, e più il dio dell’amore aveva in serbo in me delle sorprese spiacevolissime.
«Senti, Giò..» arrancai, soppesando attentamente le parole.
Come avrei potuto dirglielo? Sara mi aveva incastrato per bene e se quella sera avrei saltato la cena, non so se lei me l’avrebbe mai perdonato. La scommessa era ancora in ballo ed io dovevo ballare.. con o senza scarpe.
«..c’è stato un cambio di programma» sospirai, mentre soccombevo al suo sguardo.
«Che intendi?» disse lui, abbandonando la cravatta sul letto e lasciando che la camicia bianca gli pendesse floscia sulle spalle.
A questo punto era meglio dirgli tutta la verità, almeno ad uno dei due potevo dirla.
«Sara mi ha incastrato di nuovo! Se non esco con Sole stasera, andrà da lei e le dirà tutto.. così la perderai anche tu» gli spiegai, convinto che avrebbe capito.
Invece mi sbagliavo.
Serrò le mani a pugno, guardando verso il basso e trattenendosi. Non l’avevo mai visto così arrabbiato ma almeno, per una volta, avremmo avuto un nemico comune.
«No» ringhiò, lievemente irritato.
«Cosa? Ma non hai capito quello che ti ho appena detto?» gli ripetei, pensando che si fosse insordito tutto insieme. «Se Sole viene a sapere della scommessa, non ci parlerà più!».
«NO! Non parlerà più a te..» mi urlò sopra, reagendo male per la prima volta.
Rimanemmo così, a guardarci in cagnesco, senza proferire parola. Perché non capiva che volevo agire per il suo bene e nient’altro? Sole non l’avrebbe mai perdonato..
«Lo sto facendo per te.. per voi, dannazione! Questa maledetta scommessa è opera vostra!» sbottai, furente per tutto quello che era andato storto fino ad ora. «Se Sara le raccontasse tutto, verrebbe a sapere che tutti noi eravamo coinvolti..».
«Smettila!» mi disse. Non lo avevo mai visto così arrabbiato. «Sai bene che basterebbe dirle che io non c’entravo e che era solo opera tua e di Sara, ma come al solito vuoi la botte piena e la moglie ubriaca.. non ti basta aver avuto tutte le ragazze del mondo, ora vuoi anche lei!».
«Ma io..» tentai di rimediare, fallendo miseramente.
«Me ne vado, non resisto a stare a meno di un metro da te!» ringhiò, sbattendosi la porta alle spalle.
Mi ritrovai seduto sul letto, con la testa tra le mani e i gomiti poggiati sulle ginocchia. Ancora una volta avevo rovinato tutto, come se la mia vita non fosse stata già abbastanza complicata. Avevo cercato di evitare un litigio con Giorgio dall’inizio di tutta quella storia, ma ero riuscito comunque ad inimicarmelo.
Perché non gli hai detto che poteva andare alla cena? Mi suggerì la mia immancabile coscienza.
Nemmeno ti rispondo.
Sarebbe bastato mettersi da parte e lasciargli trascorrere una bellissima serata.. Sole ti avrebbe odiato a vita, ma a te cosa te ne importa?
Già.. cosa me ne importa..
Come sempre, la mia coscienza mi aveva fornito materiale su cui riflettere, peggiorando sempre di più la mia situazione. Per quale motivo non mi ero messo da parte? Perché la mia boccaccia non era rimasta sigillata?
Avevo desiderato tirarmi fuori da questa situazione dal principio, ed ora che mi si era presentata l’occasione, mi ero bloccato come Ronaldo prima di tirare una punizione.
Perché diavolo non gli hai detto di andare alla cena e che non te ne sarebbe fregato nulla se Sole ti avesse odiato per altri dieci giorni? Chi l’avrebbe rivista, dopo?
Il fatto era che la parola ‘odiare’ insieme al nome ‘Sole’ non andavano bene nella stessa frase, almeno per il mio vocabolario.
Odierà te..
Quelle parole continuavano a ronzarmi nella testa, provocandomi un forte dolore al petto che non avevo mai provato prima. Che fosse amore?
«Sei proprio idiota, Fra» mi dissi, ad alta voce, perché Francesco Russo non amava, Francesco Russo non si legava a nessuno.
Sentii il pomello della porta girare e vidi Giorgio entrare nuovamente nella stanza, con l’aria da cane bastonato. Nei nostri quindici anni di amicizia, non avevamo mai litigato per una ragazza, anzi, non avevamo mai litigato, ed ora ci ritrovavamo ad affrontare una situazione nuova per entrambi.
«Posso?» mi chiese timido, vergognandosi per la sfuriata di poco prima.
«Hai deposto l’ascia di guerra?» gli feci scherzando e invitandolo a entrare.
Annuì con la testa ed entrò, chiudendosi la porta alle spalle e sedendosi sul materasso accanto a me. Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, decidendo se rovinare quel momento oppure no. Era davvero difficile litigare con Giorgio, anche perché era l’unico che mi capiva e a cui raccontavo tutto.
Tutto tranne quello che cominci a provare per la bella rotondetta..
Ma perché il mio cervello non si prendeva mai una vacanza? C’erano tanti posti da visitare, tante città da vedere.. sarei sopravvissuto benissimo una settimana senza di lui!
«Ho reagito d’impulso, prima.. mi dispiace» disse all’improvviso, distogliendomi dai litigi con la mia coscienza. «È solo che questa storia di Sole mi sta facendo rincitrullire del tutto ed ora che ho capito finalmente che provo qualcosa per lei, detesto vederti ronzarle attorno. So che a te non interessa e che quelle come lei non fanno parte del nostro mondo, però, c’è qualcosa nei suoi occhi che riesce a stregarti…».
A chi lo dici..
«Non rovinerei mai la nostra amicizia per una ragazza, questo lo sai, ma sento che Sole potrebbe essere quella giusta, la ragazza che cerco da tempo e che non ho stereotipato secondo il mio volere, come avevo fatto con Sara. Lei è vera ed è raro trovare una ragazza con la sua intelligenza, il suo animo buono e quel rossore che affiora sul suo viso ogni volta che s’imbarazza. Ti ricordi l’ultima ragazza che hai visto arrossire?» mi chiese a bruciapelo.
«Al-alle medie, forse..» bofonchiai, sentendomi troppo coinvolto in quella conversazione.
Tutte le caratteristiche che Giorgio stava elencando, erano le stesse qualità di Sole che avevano colpito il sottoscritto, mandandolo ai pazzi il più delle volte. L’unica differenza era che Giorgio le stava catalogando a cuore aperto, ammettendo i suoi sentimenti e sbandierandoli ai quattro venti, mentre io mi limitavo a inibire i pensieri che venivano dal cuore, sostituendoli con spiegazioni del tutto irrazionali.
«Beh.. non so se ci hai fatto caso, ma è così sensuale quando arrossisce e ti viene voglia di stringerla tra le braccia senza più lasciarla andare. Funziona come un afrodisiaco» ridacchiò, arrossendo a sua volta.
Ci ho fatto caso, ci ho fatto caso.. ormai sapevo a memoria ogni reazione di Sole, ma, nonostante ciò, riusciva sempre a spiazzarmi con la sua ingenuità. Quella conversazione stava diventando troppo spinosa per i miei gusti, ma non sembrava esserci alcuna via d’uscita.
«Quindi mi stai dando il permesso per andare a Peschici?» gli chiesi, sperando la finisse di parlare di Sole come se volesse mangiarsela.
Sei tu che vuoi assaggiarla per primo, ammettilo..
Roteai gli occhi come se quel pensiero fosse stato espresso ad alta voce, poi attesi con ansia la risposta di Giorgio.
«In un certo senso, sì, ma ti volevo fare una proposta» iniziò, guardandomi di sottecchi.
Oh, no.. un’altra scommessa no!
«Promettimi che la farai divertire, che parlerete di tutto ciò che non vi siete mai detti fino ad adesso, che ti aprirai con lei, magari raccontandole anche le cose che soltanto io so, e che la riaccompagnerai qui» sospirò.
«Beh, era quello che avevo intenzione di fare» risposi con ovvietà.
Tranne la parte delle confessioni a cuore aperto sulla mia vita privata.
«Non baciarla» mi chiese poi, come se nulla fosse.
«Eh?» chiesi io, evidentemente confuso.
Giorgio deglutì e distolse lo sguardo dal mio, cominciando a torturarsi le mani in grembo. «Non darle quel bacio, quello che hai promesso agli altri» insistette.
«Ma.. l’ho promesso..» ponderai ad alta voce. Come poteva chiedermi una cosa del genere quando già ero sommerso nella merda fino al collo?
«È solo che lei sembra così piccola.. così indifesa.. non voglio che tu la illuda» mi rimproverò involontariamente, conoscendo i miei trascorsi.
«Lo so che Sole è una persona fragile» cominciai, cercando di non sembrare del tutto insensibile, «però cosa dovrei raccontare ai ragazzi?».
«Dì che ti faceva male la gola, che aveva qualcosa tra i denti, che ti faceva schifo.. non lo so, inventa!» e a quel punto mi sembrò sull’orlo della disperazione.
«Va bene, amico.. vedrò cosa posso fare» gli promisi, sperando che quell’atto di gentilezza venisse ripagato in futuro dalla sorte, ormai del tutto avversa.
«Un’ultima cosa» mi chiese.
«Ancora? Cosa vuoi? Devo fare da testimone al vostro matrimonio?» peggio di così non si poteva.
«No» e arrossì. «Parlale di me alla cena, ti prego. Non so se ha capito quello che provo per lei..».
«È così ingenua..» mi ritrovai a dire, senza pensare.
Ma a te piace questo suo lato innocente, vero diavoletto?
«Allora? Le parlerai di me?» domandò nuovamente, sembrando impaziente.
«Certo, amico.. sarai il re della nostra conversazione».
Giorgio mi sorrise e, almeno per adesso, potevo ritenermi salvo dal completo sfracellarsi della nostra amicizia.

Ero davanti alla porta a vetri della hall dell’albergo, con lo sguardo fisso sulla mia Audi rossa fiammante. Da dieci minuti buoni non volevo decidermi ad avvicinarmi, visto che l’appuntamento ce lo eravamo dati alla macchina. Non mi era mai capitato di essere così maledettamente nervoso prima di un incontro, anzi, spesso non vedevo l’ora di concludere la serata.. per chi di voi ha capito il senso.
E invece me ne stavo lì, fermo come uno stoccafisso, sperando di veder arrivare Sole da un momento all’altro e pregando si fosse vestita più racchia possibile. Cercai di ricordare la prima sera che ci eravamo conosciuti e un moto di repulsione si accese dentro di me. Bene, se fosse accaduto qualcosa di spiacevole, avrei dovuto immaginarmela così.
Tutti gli ospiti dell’hotel mi guardavano strano, vestito di tutto punto e impalato di fronte alla porta. Presi un bel respiro e mi feci coraggio, tanto sarebbe bastato fare una bella chiacchierata, mangiare due cosette e filare dritti in hotel, ognuno nelle proprie stanze. Niente bacio, solo parole.
Forza, Frà! Via il dente, via il dolore...
Aprii un’anta e mi diressi a passi veloci verso l’Audi, guardandomi con circospezione, con l’impressione di essere seguito.
«Ehi! Dove te ne vai così elegante?». Tarzan mi spuntò alle spalle come un fantasma e per poco il cuore non mi uscì dalla gola.
«Fatti i cazzi tuoi» gli risposi, incavolato sia per i trascorsi tra di noi, sia per lo spavento che mi aveva fatto prendere.
«Ma come siamo irascibili, raggio di sole» ridacchiò lui, scostandomi i capelli davanti al viso neanche fossi una femmina. «Dovresti essere contento di uscire con quel gran bel pezzo di figliuola. Sono sicuro che a letto è insaziabile..» e dopo aver detto ciò, si leccò le labbra maliziosamente.
Ora, a parte il conato di vomito che mi salì lungo l’esofago dopo avergli visto fare un’allusione sessuale, la rabbia che crebbe successivamente mi fece stringere le mani a pugno e trattenermi fin quando gli vidi sparire quel sorriso da cazzone sulle labbra.
«Fottiti, maiale» sibilai, frenandomi a stento dal rifilargli un dritto in faccia.
«’Fottiti, brutto porco!’» m’imitò lui, facendo la vocina da checca. «’Non toccarmi, altrimenti mi spettini i bellissimi capelli biondi che ho!’».
Se non avessi indossato il completo di Armani per quell’occasione, nulla mi avrebbe fermato dal prenderlo a pugni fino a farlo sanguinare anche dalle orecchie. Quel bastardo si meritava soltanto una bella lezione.
«Ti senti più uomo a barare, eh? Voi figli di papà potete sempre ottenere tutto ciò che volete. La cena a Peschici era mia, come anche Sole. Tu non te la filavi di pezzo, ma quando Emanuele ci ha messo lo sguardo sopra, improvvisamente è diventata stupenda. Ho forse torto?».
Non capii perché avesse cominciato a parlare di sé in terza persona, ma tutto quello che stava dicendo mi scivolava addosso come l’acqua della doccia.
«Spero proprio che Sole capisca che razza di stronzo sei, perché con i tuoi occhi dolci e quei capelli da raggio di sole non m’inganni. Sento che c’è sotto qualcosa in tutta questa storia e lo scoprirò, prima o poi. Hai vinto una battaglia, bello, ma la guerra è ancora aperta» minacciò, puntando uno dei suoi indici muscolosi verso il mio viso.
«Come vuoi» gli risposi sospirando. Di certo, in tutta quella storia, Tarzan era il problema minore da affrontare.
In quel preciso istante, quando la tensione dell’incontro si era oramai alleggerita e mi ero quasi dimenticato di tutto il nervosismo di poco prima, sentii la porta cigolante della hall aprirsi e puntai istintivamente lo sguardo verso l’uscita. Lo stesso fece Tarzan.
Per poco le braccia non mi caddero per terra, insieme alla mascella e se fossimo stati in un cartone animato, si sarebbe udito un sonoro SBAM di entrambi, mentre gli occhi strabuzzavano fuori dalle orbite come lampadine giganti.
Deglutii a fatica, mentre il caldo cominciava improvvisamente a farsi sentire, obbligandomi a sbottonare un po’ la camicia.
La prima cosa che vidi, furono solo gambe. Partii dalle scarpe nere a decolleté, col buchino sulla punta, poi risalii alle caviglie, notando che sulla sinistra spuntava un pendaglio d’argento che tintinnava. Il resto me lo mangiai con lo sguardo, notando che il vestito finiva proprio in una zona strategica tra il ginocchio e metà coscia: né troppo da suora, né troppo da zoccola. La via di mezzo ideale per chi volesse lasciar correre la sua fantasia.
Il tubino nero che indossava Sole era una manna scesa dal cielo e addio ai vestiti larghi che la facevano sembrare una mongolfiera. La stoffa nera le fasciava ogni curva, alimentando le mie più recondite fantasie e risvegliando un certo Walter ai piani bassi, ma non appena i miei occhi famelici e ingordi raggiunsero il suo decolté per poco il sangue non mi uscì dal naso, neanche fossi un poppante alle prime armi.
Infine, rosso dalla vergogna dalla testa ai piedi, raggiunsi il suo viso e il cuore mi mancò di un battito.
Quelli che, fino a ieri, erano una massa inconsistente di fili di stoppa, ora erano lisci come la seta e pettinati con cura. Rimasi sbalordito quando constatai che i capelli le arrivassero quasi fino al sedere, cosa inimmaginabile dal cespuglio che solitamente portava in testa.
Sto per avere un attacco di cuore..
«Chi è quella specie di dea tutte curve?» se ne uscì Tarzan, facendomi fare una faccia babbea, mista tra lo stupore per Sole e l’indignazione di quell’essere tutto muscoli e niente cervello.
«Piccola, ma cos’hai fatto?» disse, correndo ad abbracciarla.
Piccola? Ma quante persone usavano ancora quella parola?
Sole era color aragosta, soprattutto quando quel bestione l’abbracciò talmente stretta da spalmarsela al suo possente corpo tatuato.
«Sì, sì, va bene, saltiamo la parte dei convenevoli» borbottai, togliendoglielo di dosso, ma non appena mi trovai faccia a faccia con la nuova Sole, non riuscii a dire niente.
Mai nella mia vita mi era capitato di rimanere muto davanti ad una donna, se non mia madre quando mi sgridava di qualche marachella.
«F-fantastica.. tu.. sei..» farfugliai, realizzando troppo tardi di aver parlato come Spock.
«Fantastica tu sei? Ma che sei giapponese o cosa?» mi canzonò Tarzan, ridacchiando e facendo sorridere anche Sole.
In quel preciso istante avrei voluto scavarmi la fossa da solo, anche perché per me tutto quel genere di emozioni era completamente nuovo. Solitamente ero io a condurre la danza, era il sottoscritto a tenere le redini del gioco, ma Sole riusciva sempre a spiazzarmi ed io non sapevo più con che arma difendermi.
«Forza, andiamo» borbottai, ancor più rosso dalla vergogna.
«Sì» sussurrò lei, guardandomi con gli occhi più dolci che potesse fare, neanche fosse la mamma di Bambi.
Deglutii a fatica e mi precipitai dalla parte del passeggero, aprendole la portiera e lasciandola accomodarsi nell’Audi. Nel frattempo, Tarzan stava inscenando un teatrino sdolcinato, facendo di tutto per prendermi per i fondelli, ma la mia risposta fu semplice: alzai il dito medio e lo mandai a ‘fanculo.
«Raggio di sole, mi raccomando, stai attento alle foglie d’insalata.. possono andare un po’.. di traverso!» ridacchiò, ma ci passai sopra, anche perché avevo ben altro a cui pensare.
Salii in macchina e misi la cintura, rimanendo un momento interdetto con le mani sul volante. Cosa dovevo fare?
«Forse dovresti inserire le chiavi nel cruscotto» mi suggerì Sole, spostandosi oltre il suo sedile e afferrando le chiavi che si trovavano sul parabrezza interno dell’auto. Il suo corpo era pericolosamente troppo vicino al mio, tanto che per un istante il suo petto toccò la mia spalla ed io entrai nel panico.
Che voleva? Uccidermi, forse? La prima sera era stato piuttosto facile mantenere il controllo, dal momento che avevo una specie di clown davanti agli occhi, ma dopo averla vista questa sera, non ero sicuro nemmeno di arrivare al dessert prima di saltarle addosso.
Ricordati che hai fatto una promessa..
Ci mancava anche il mio cervello a completare l’opera, e Giorgio con il suo appena rinnovato senso del romanticismo. Mi aveva chiaramente chiesto di non baciarla, di non avvicinarmi a lei, di non pensarla nemmeno.. ma, dannazione, non avrei mai immaginato potesse essere così difficile!
«Tieni» mi disse sorridendo, porgendomi le chiavi dell’Audi.
«G-grazie» risposi, afferrandole con mano tremante e sprecando ben tre tentativi per riuscire ad infilarle nel cruscotto.
Dannazione, Frà.. non sei mai stato tanto nervoso in vita tua! Piantala e abbi un po’ di spina dorsale..
Pareva facile.
Feci rombare il motore dell’auto schiacciando più volte l’acceleratore e sgassando come un vero e proprio sborone. Quando Sole, notevolmente contrariata di tutto quell’inquinamento, mi lanciò un’occhiata assassina, la smisi di fare il deficiente e mi decisi a partire, valutando, almeno per un momento, d’investire Tarzan che continuava a fare delle mosse assurde e a prendermi in giro.
L’Audi ruggiva sotto il sedile, dandomi quella scarica di adrenalina che mi permise, per un attimo, di dimenticare tutte quelle emozioni contrastanti che poco fa mi avevano completamente scombussolato.
Se fossi stato da solo, avrei anche raggiunto i 200 chilometri orari pur di dimenticare la figura di merda che avevo appena fatto, ma Sole, al mio fianco, si era schiacciata a sufficienza contro il sedile, perciò decisi di rallentare.
Le vidi fare un sospiro di sollievo e non riuscii a fare a meno di ridere come un cretino. Avrei dovuto smetterla di pensare che ogni mia azione dipendesse esclusivamente dal suo stato d’animo, cazzo! Era come se fossimo fidanzati da anni..
Fidanzati..
Questa parola non la conosceva proprio il mio vocabolario, era come austro-ungarico per me.
«Che ne dici di accendere la radio?» mi chiese lei, guardandomi con rinnovata allegria.
Tra i due, quello più nervoso era il sottoscritto. Nonostante la prima sera Sole mi era sembrata come un pesce fuor d’acqua, ora era talmente a proprio agio da riuscire a guardarmi senza arrossire violentemente.
«Certo» dissi, poi, neanche fossimo stati telepatici, avvicinammo contemporaneamente le mani al pulsante ‘on’ e, inavvertitamente, ci sfiorammo.
Una scia di brividi intensi partì da quel tocco fino a raggiungere ogni fibra del mio corpo e provocandomi la pelle d’oca. Anche Sole era rimasta sorpresa ma, a differenza del Mr. Emotivo che ero diventato, lei liquidò l’accaduto con un meraviglioso sorriso.
«Fai tu» mi disse, ritirando la mano. «L’auto è tua».
La bocca mi si era asciugata del tutto, perciò decisi di non rispondere e di accendere quella maledetta radio che avrebbe, almeno in parte, lenito quel silenzio imbarazzante che si era creato all’interno dell’abitacolo.

Butterò questo mio enorme cuore tra le stelle, un giorno,
giuro che lo farò.
E oltre l’azzurro della tenda, oltre l’azzurro, io volerò.
Quando la donna cannone d’oro e d’argento, diventerà,
senza passare per la stazione l’ultimo treno prenderà.

Perfetto, ci mancava anche la canzone a tema.
Continuai a guidare, sperando che Sole trovasse il coraggio per cambiare stazione, invece, con la coda dell’occhio, notai che aveva gli occhi chiusi e sorrideva beata.

 E in faccia ai maligni e ai superbi, il mio nome scintillerà,
dalle porte della notte il giorno si bloccherà.
Un applauso del pubblico pagante lo sottolineerà,
e dalla bocca del cannone una canzone suonerà..

«Cambio?» le chiesi, dal momento che De Gregori non faceva altro che ripetere ‘cannone’ associandolo ad una donna.
Non ricevendo risposta alcuna, con l’indice puntai il cambio di stazione, ma Sole fu talmente rapida che mi afferrò la mano, guardandomi seria.
«No» rispose, tenendo ancora stretta la sua mano nella mia. I brividi che avevo sentito poco prima, tornarono a tormentarmi e se non avessi distolto immediatamente lo sguardo dal suo, ero più che sicuro che saremmo andati a sbattere contro guard-rail.
«E con le mani, amore, per le mani ti prenderò» disse lei, iniziando a cantare sopra De Gregori, mentre teneva ancora stretta la sua mano sulla mia. «E senza dire parole, nel mio cuore ti porterò».
Quella canzone cominciava a farmi venire i brividi.. sembrava essere stata scritta proprio per quel momento ed io già mi trovavo in una situazione alquanto compromettente, poi anche Radio Salento ci metteva lo zampino.
«E non avrò paura se non sarò bella come dici tu» continuò Sole ed io non potei fare a meno di notare che fosse notevolmente intonata. «Ma voleremo in cielo, in carne ed ossa, non torneremo più».
A quel punto, Sole mi sorrise di nuovo ed io sentii la tensione di qualche momento prima, scivolarmi di dosso così com’era arrivata.
«E senza fame e senza sete» continuai io, trovando un po’ di coraggio.
«E senza ali e senza rete» attaccò lei, in seconda battuta.
«Voleremo via!» cantammo insieme, per poi abbandonarci ad una sonora e liberatoria risata.
Non sapevo se Sole avesse fatto tutto quello perché mi aveva visto sull’orlo di una crisi di nervi o per puro caso, ma le fui eternamente grato.. anche solo per essere semplicemente lei.
Arrivammo al ristorante in perfetto orario, parcheggiammo l’Audi ed entrammo. Il locale era parecchio elegante, anche se non quanto quelli che ero abituato a frequentare, e il cameriere ci accompagnò al nostro tavolo senza smetterla di ammiccare ad ogni parola.
«Cosa posso servire alla sua bella signora?» ammicca.
«Il nostro chef ha delle ostriche molto fresche» ammicca, ammica. «Sono un ottimo afrodisiaco..» ammicca, ammicca, ammicca.
Al quindicesimo ‘ammicca’ pensai che l’occhio gli rotolasse fuori dall’orbita, e soltanto quando ci lasciò soli potei distendere finalmente tutti i muscoli facciali.
«Ma quello ha qualche specie di tic?» mi domandò Sole, ingenua come sempre.
«Forse» le dissi sorridendo e tornando a guardare il menù.
Purtroppo, invece di leggere le pietanze, riuscivo solamente a vedere delle righe nere sfocate, mentre il mio sguardo faceva capolino oltre la lista delle pietanze e sbirciava, ingordo, ogni espressione di Sole.
Era intenta a leggere da cima a fondo il menù e mi sembrò talmente concentrata che, ad un certo punto, tirò fuori la lingua al lato del labbro, neanche stesse risolvendo un teorema matematico.
Chi era che doveva immaginarsela racchia?
Mi ricordò, puntualmente, la mia coscienza. Ogni suo dannato comportamento, anche il più sciocco, mi provocava una tremenda attrazione nei suoi confronti e il mio corpo non si sarebbe mai saziato senza assaggiarne almeno un pezzettino.
Stai parlando di una ragazza o di un cosciotto d’agnello?
«Oh, ma piantala!» borbottai ad alta voce.
«Come?» mi chiese Sole e in quel preciso istante sbiancai.
«Ehm.. ecco..» dovevo accampare una qualche scusa, e alla svelta. «È incredibile quanto costi qui il rombo..».
Ma che razza di cazzata mi era venuta in mente?
«Eh, sì.. non potrei permettermi più della metà della roba che c’è qui..» mormorò sconsolata.
A quel punto sentii nuovamente quella sensazione d’istintiva protezione nei suoi confronti. Se fosse stata come le altre week-girl, le avrei comprato scarpe, vestiti, accessori e chi più ne ha, più ne metta, ma Sole era un grosso punto interrogativo e avevo come la sensazione che non si sarebbe lasciata comprare dalle cose materiali.
«Tanto la cena è gratis, ordina tutto quello che vuoi!» le dissi, pensando di farle un favore, invece lei sbarrò gli occhi e tornò a fissare il menù, tentando di nascondere un’evidente rossore sulle guance.
E ora che avevo detto di male?
«Scusami, ho forse detto qualcosa che ti ha offesa?» le chiesi, cercando di essere almeno galante.
Lei abbassò il menù, ma tentò di evitare in tutti i modi il mio sguardo.
In quel preciso istante, con un tempismo davvero perfetto, arrivò Ammicca con il blocchetto e l’acqua minerale.
«Scelto, bella signorina?» ammicca, ammicca.
Sole inghiottì nervosa, poi disse: «Un’insalata di mare e delle carote in umido per contorno».
Eh? Ma era forse impazzita? Non aveva capito che la cena era stata gentilmente offerta dal villaggio e che potevamo mangiare fino a scoppiare?
«Sicura che vuoi solo questo, miss?» ammicca, ammicca, ammicca, ma, fra il secondo e il terzo ‘ammicca’ giurai che le avesse guardato le tette.
«S-sì» balbettò, sempre più rossa in volto.
«E per te, giovanotto?» ammicca e sbirciata al decolté.
Allora, innanzitutto quel deficiente mi chiamava ‘giovanotto’ quando era evidente che avesse, al massimo, qualche anno in più di me. Seconda cosa, come cazzo si permetteva di fissare Sole come se fosse un cosciotto d’agnello?
Quello lo puoi fare solo te..
«Mi porti tutto quello che c’è sul menù» sibilai, guardandolo di sottecchi.
«T-tutto?» balbettò incredulo, senza ammiccare.
A quel punto mi alzai e lo accompagnai da una parte, per parlargli senza che Sole ci vedesse.
Da vero mafioso tirai fuori una banconota da 100 euro e gliela infilai nel taschino del gilet, dandogli delle pacche sul viso.
«Vedi di portarci quello che ho ordinato e di non guardare la mia ragazza come se fosse una delle volgari troie con cui te la fai» lo minacciai e lui ammiccò sette volte in risposta.
Tornai a sedermi mentre Sole si guardava intorno spaesata. Era evidente che quel mondo fatto di sfarzo e di lusso non le apparteneva, però, almeno esteriormente, l’avrei vista bene ad uno dei gala organizzati in onore della società di famiglia.
«Com’è hai ordinato solo un’insalata di mare?» le chiesi, senza malizia.
«S-sono a d-dieta..» balbettò lei, più rossa dell’aragosta che Ammicca aveva servito ad un cliente vicino.
Dopo quella risposta, per la prima volta da quando l’avevo conosciuta, l’idea che dimagrisse o che, in qualche modo, cambiasse quel suo dolce aspetto mi terrorizzò. Se fosse diventata più magra, gli altri ragazzi avrebbero cominciato a ronzarle intorno a frotte e mi sarei dovuto preoccupare di altri ‘Giorgio’ e ‘Tarzan’.
Ma chi te lo fa fare? Fra nove giorni sarà finito tutto..
Colpo al cuore. Sentii un sordo tonfo nel mio petto e cominciai ad annaspare in cerca d’aria. Ma cosa mi stava prendendo? Nemmeno fossi una ragazzina alla prima cotta..
«Che hai? Stai bene?» mi domandò Sole preoccupata, vedendomi bianco come un lenzuolo.
«M-mi.. mi fa male il petto» dissi, senza quasi rendermi conto delle parole.
Tornai a guardare il suo viso e quei suoi occhi grigio-perla, accompagnati da quelle lentiggini coloro caffè. Che avesse capito? Era soltanto colpa sua se mi trovavo in quello stato..
«Sarà un soffio al cuore» rispose ingenua, sporgendosi sul tavolino e posando una mano all’altezza del punto dolorante.
Senza rendersene minimamente conto, si era completamente schiacciata sul tavolino, lasciandomi libera la vista del suo seno premuto contro la tovaglia. In quel momento feci appello a tutti i santi in paradiso per far sì che Walter rimanesse a cuccia.
«Oddio, ma soffri di tachicardia? Il tuo cuore sta per esplodere..» constatò lei, tornando al suo posto e permettendomi di ossigenare il cervello.
Il cuore non è l’unica cosa che sta per esploderti..
«Ecco qui!» disse Ammicca, arrivando con le più succulente porzioni che posizionò accuratamente davanti al sottoscritto, lasciando Sole alla sua misera insalata di mare.
«Pancia mia, fatti capanna!» esultai, lanciandomi sulle linguine allo scoglio.
Avrei continuato ad ingozzarmi come un maiale se non avessi incrociato lo sguardo di Sole che, per poco, non mi avrebbe fatto sputare tutta la pasta a furia di ridere.
Era completamente rapita da tutto quel ben di Dio, mentre teneva la forchetta a mezz’aria e tentava di centrare la bocca senza mai distogliere lo sguardo dalle succulente linguine che avevo davanti.
«Vuoi assaggiare?» le chiesi, dissuadendola da quel sogno ad occhi aperti.
«Ehm.. no.. non posso..» disse convinta, addentando un pezzo di polpo.
«Senti, per quanto apprezzi il fatto che tu mi abbia scelto per cena» dissi, alludendo all’ingrediente principale del piatto che aveva davanti e al soprannome che mi aveva dato, «non sopporto il tuo sguardo famelico da ‘deportata di Auschwitz’, perciò assaggia un po’ di tutto, altrimenti torni a piedi» la minacciai, arrotolando le linguine attorno alla mia forchetta e porgendole il tutto.
Lei mi guardò tentata, leccandosi le labbra in un modo ingenuamente sensuale che mi fece vacillare il braccio. In seguito spalancò la bocca e masticò il boccone, sorridendomi come una bambina che aveva appena mangiato la marmellata.
Quel suo modo di mangiare da me, fu talmente erotico che funzionò meglio delle ostriche che Ammicca voleva rifilarci. Se non avessi avuto il tavolino a coprire la mia zona Sud, sarei sprofondato volentieri dieci metri sotto terra.
Sole ed io mangiammo quasi tutto, assaggiando anche i piatti più strani e facendo sudare sette camicie ad Ammicca. Parlammo di tutto, della scuola, dell’università e di cosa avremmo fatto una volta finita la magistrale, poi, però, arrivò la nota dolente.
«Ehm.. posso farti una domanda personale?» le chiesi.
«Se io, poi, posso fartene una a mia volta» disse lei.
«Okay, allora comincio io». Ero relativamente curioso, perché non sapevo davvero cosa avrebbe potuto chiedermi, ma era come se avessi Giorgio sulla mia spalla che continuava a ripetermi di parlarle di lui.
«Cosa ne pensi del mio amico?».
«Quale?» chiese lei, nuovamente in imbarazzo.
«Giorgio, quello che stava in squadra con noi nel bosco» precisai, attendendo una risposta.
In quel momento non riuscii a reprimere un pensiero egoistico.
Dì che fa schifo, che lo trovi orripilante, che odi il solo pensarlo.. avanti, dillo!
«È carino». Prima coltellata. «Ha un animo davvero buono ed è molto intelligente». Seconda coltellata con relativo rigiramento nella piaga. «Quando abbiamo parlato, mi è sembrato così solo e mi ha fatto tenerezza. Ho capito che siamo molto simili io e lui, abbiamo tante cose in comune». Questa volta entrò in gioco direttamente il fucile, che sparò due pallettoni in direzione del mio povero cuore.
«B-bene.. quindi ti piace» azzardai, andando subito al sodo.
Sole divenne rossa dalla vergogna e cominciò a torturare un lembo del tovagliolo. «N-non so.. non lo conosco bene quanto te..».
Cos’era? Una metafora per farmi capire che, in realtà, ero io che le piacevo?
Oddio, stavo cominciando a farmi le pippe mentali come una ragazza.
«Quindi credi di conoscermi bene?» le chiesi, forse apparendo un po’ arrogante.
Sole spalancò gli occhi e cominciò a balbettare confusa. «C-cioè.. intendevo che con te ho passato più tempo e credo di conoscerti meglio di lui..».
«Tranquilla, tranquilla, scherzavo» ridacchiai. «Ora spara la tua domanda».
Non poteva esserci niente di peggio ora che sapevo che Giorgio, almeno per il momento, non le interessava.
«Bene» prese tempo. «H-ho saputo delle week-girl da Claudia e Ginevra.. perciò mi chiedevo per quale motivo.. beh.. tu non ti volessi legare».
Ma guarda quelle due piccole serpi, non potevano farsi gli affaracci loro? L’argomento delle week-girl era taboo, soprattutto con Sole, ma loro erano riuscite a spifferarglielo.
«Quando te l’hanno detto?» le chiesi un po’ spazientito, facendo un cenno ad Ammicca perché ci portasse il conto che avremmo dovuto dare all’albergo.
«Beh.. q-quando sono venute per prepararmi.. og-oggi pomeriggio..».
Ora si spiegava quell’insolita trasformazione da brutto anatroccolo a gnocca con i contro-cazzi. 
«Vabbè, comunque non sono cose che riguardano loro, né tantomeno te..» tagliai corto, perdendo ogni segno d’ilarità che mi aveva contraddistinto per tutta la serata.
Ammicca ci portò il conto e telefonò al villaggio per far sì che fosse tutto saldato. Dopodiché non dissi nulla e mi diressi alla macchina senza nemmeno aspettare Sole.
Odiavo le domande sulla mia vita personale, perché odiavo la mia vita. Meno persone sarebbero venute a conoscenza di ciò che ero e meno dolore avrei lasciato loro addosso.
Ripercorremmo il tragitto in silenzio, senza nemmeno accendere la radio.
Sapevo di aver reagito male e Sole si era rinchiusa nuovamente nel suo guscio, fredda come il ghiaccio, ma quella domanda mi aveva spiazzato. Se avessimo cominciato ad aprirci l’un l’altro, come una vera coppia, cosa sarebbe successo allo scadere dei nove giorni rimasti?
Parcheggiai l’Audi vicino ai bungalow, facendo scendere Sole e chiudendo la macchina con il comando a distanza. Era arrivato il momento decisivo.
«Grazie della serata» disse Sole, completamente atona.
«Capirai, per così poco» risposi.
A quel punto l’avrei salutata, senza troppi convenevoli, ma il cellulare cominciò a suonare, facendo partire la canzone dei Dire Straits.
«Scusami» le dissi, poi accettai la chiamata.
Ehi, bello! Non ti ricordi del nostro piccolo patto?
La voce di Stefano, all’altro capo del telefono, non prometteva niente di buono.
«Che vuoi?» gli dissi, apparendo estremamente scocciato.
Solo prendermi la mia foto, quella del bacio tuo e di Moby.. avanti, avvicina le labbrotte e baciala! Noi siamo qui dietro al cespuglio, quello in alto a destra, con la macchina fotografica pronta.
Oh, Signore! Mi ero completamente dimenticato di quella dannata prova che quei mentecatti volevano.
«C’è.. per caso Giorgio?» chiesi, sussurrando appena il nome del mio migliore amico.
No, quella checca sta passeggiando sulla spiaggia.. forza! Bacio, BACIO, BACIO!
E dal telefono si udirono dei cori simili a quelli da stadio.
Chiusi la chiamata e mi decisi a fare quel passo, tanto Giorgio non c’era e potevo anche dire che mi avevano costretto. Gesù.. era solo un bacio.. capirai!
Tornai da Sole che mi aspettava inquieta.
«Io torno in hotel, si sta gelando qui fuori» disse, rabbrividendo.
A quel punto mi sfilai la giacca e gliel’avvolsi sulle spalle, facendola sorprendere. Qualche volta riuscivo ad essere ancora galante.
«Aspetta, non te ne andare» la supplicai.
La luna irradiava la passeggiata che si diramava per ogni bungalow e le luci soffuse dei lampioni non riuscivano ad oscurarne la bellezza. I capelli di Sole, alla luce del nostro satellite, sembravano fatti d’argento e sentii quel dolore al petto tornare a fare capolino.
«Non ti ho mai ringraziato» le dissi, guardandola fissa negli occhi e prendendole la mano.
Lei sussultò a quel contatto, ma non si ritrasse.
«Di cosa?» chiese ingenua, come sempre.
«Come di cosa?» sorrisi. «Di avermi salvato la vita in quel bosco».
Pensava, forse, che me lo fossi dimenticato? Dannazione, se non fosse stato per lei, sarei morto dissanguato in un posto dimenticato da Dio.
«Non era niente, l’avrebbe fatto chiunque» sussurrò imbarazzata, abbassando lo sguardo per celarmi quei suoi dolci rossori.
Quello era il momento giusto.
Le alzai il viso con il pollice e l’indice, intrappolandolo e lasciandolo alla mercé del mio sguardo affamato. Quei suoi occhi mi avrebbero dannato, già lo sapevo, ma sarebbe bastato un semplice bacio a fior di labbra, e poi la fine di tutto.
Raccolsi un po’ di coraggio e mi avvicinai, sospirandole sulle labbra. L’ultima volta che avevo tentato di baciarla, avevo ottenuto solo un bel ceffone, ma quando mi fermai a pochi centimetri dal suo viso, lei chiuse gli occhi e fu come un invito ad entrare per me.
Posai le mie labbra sulle sue, calde e morbide. Avevo calcolato ogni dettaglio, persino il tempo sufficiente per scattare quella maledetta fotografia, ma non appena sfiorai la sua bocca, una scossa elettrica percorse tutta la mia spina dorsale e s’infranse nel cervello.
Volevo di più, dannazione, ogni fibra del mio corpo la desiderava.
A quel punto mandai tutto a puttane e l’afferrai per una mano, trascinandola dietro un bungalow, in modo da nasconderci dagli sguardi indiscreti dei miei amici.
«C-cosa..?» riuscì solo a balbettare, prima che m’impossessassi nuovamente delle sue labbra, spingendola contro il muro e sentendo in suo corpo morbido aderire al mio.
Avrei voluto farla mia, in quel preciso istante, anche sul sedile della mia macchina se fosse stato necessario, ma cercai di fare appello a tutto il mio autocontrollo per frenarmi. Sole non era una delle tante, c’erano troppe cose in ballo per rovinare tutto.
Aprii le labbra e passai sensualmente la lingua sulle sue, una volta, due volte, fino a quando non le indussi a schiudersi. Non appena la mia lingua sfiorò quella di Sole, lei gemette con un suono gutturale che s’infranse all’interno della mia bocca e che non fece altro che aumentare il mio desiderio.
Avevo paura di spingermi troppo oltre, varcando il punto di non ritorno.
Al diavolo!
Le passai una mano dietro la schiena, carezzandola dolcemente e facendo aderire il suo corpo al mio. Potevo sentire il suo petto che mi si schiacciava addosso e non potei fare a meno di ricordare l’immagine della cena che mi aveva sconvolto qualche momento prima. Purtroppo Sole era rigida come un ciocco di legno, tutto il contrario delle gatte morte che mi portavo a letto da una vita e che non vedevano l’ora di arrivare alla cintura dei miei pantaloni.
«Rilassati» le soffiai vicino all’orecchio, scostandole i capelli e cominciando a riempirle il collo di una scia calda di baci.
«I-io.. ah.. n-non ho..» farfugliò, tentando di connettere nuovamente il cervello alla bocca.
Mi riempì d’orgoglio sapere di farle quell’effetto, ma non riuscii a pavoneggiarmi troppo perché ero dannatamente concentrato su di lei.
Sole, in un gesto quasi innato, cercò nuovamente le mie labbra e, stavolta, fu lei ad insinuare la lingua nel mio palato, alla disperata ricerca della mia. Sentivo i suoi timidi tentativi di imitare quel piacere che le avevo fatto provare poco prima e riuscii solo a pensare a come sarebbe stato bello istruirla sui miei punti deboli.
A quel punto però, forse per caso o magari per comodità, Sole insinuò una gamba tra le mie e strusciò involontariamente contro un Walter fin troppo arzillo.
Cazzo! Nel vero senso della parola.. se non fossi stato abituato alle peggio porcate, sarei venuto così, seduta stante, nei pantaloni come un cretino.
Invece riuscii soltanto a staccare la bocca da quella di Sole e ad annaspare alla ricerca di una qualche forma di ossigeno.
Voleva forse uccidermi?



Rimasi interdetta quando interruppe improvvisamente quel bacio, puntando le braccia sul muro e reggendosi a stento, come se avesse corso una maratona.
Per me era tutto nuovo, ma i ragazzi erano notevolmente più strani di noi donne. Che cosa gli avevo fatto?
Lo guardai dubbiosa, ma quando tirò fuori uno dei suoi meravigliosi sorrisi, con le fossette appena annunciate, non resistetti lontano dalle sue labbra. Mi sentivo avvampare dappertutto e percepivo una scia di brividi intensi lungo tutto il corpo, mentre le gambe mi si facevano sempre più molli.
Quando il suo corpo entrava a contatto con il mio, percepivo distintamente qualcosa di grosso e duro che premeva contro la mia coscia, ma, contrariamente a quanto mi sarei aspettata, non ne fui terrorizzata.
Mi sentivo sporca nel pensare quelle cose, ma un profondo calore al basso ventre mi suggerì che fosse una reazione normale del mio corpo.
Calma, è una cosa normale. Non è altro che liquido vaginale che lubrifica la tua entrata per permettere al pene di compiere l’atto sessuale per perpetrare la specie..
Smetti di essere così razionale!
Intanto Francesco aveva spostato le mani sui miei fianchi, facendole risalire lentamente verso il seno e catturandolo in una presa che mi lasciò sfuggire un gemito sorpreso. Era così esperto ed io mi sentivo una ragazzina alle prime armi con lui..
Gli lasciavo fare ogni cosa, mentre con le labbra andava a lambire l’incavo del mio collo ed io socchiudevo gli occhi guardando la luna che ci spiava.
Mi stavo letteralmente sciogliendo tra le sue braccia, mentre quella bocca sarebbe stata la mia dannazione, fino a quando, una delle sue dita affusolate, non trovò la zip del vestito e tentò di abbassarla.
Scattai sull’attenti e sgranai gli occhi.
Cosa voleva fare? Oddio.. non ero pronta, non ancora..
«Asp-aspetta..» soffiai, annaspando in cerca d’aria.
Lui non parve ascoltarmi, mentre continuava indisturbato il suo assalto. Dovevo fermarlo, non volevo che finisse così..
«Fermati!» gli dissi, spingendomelo via di dosso.
Francesco mi guardò con le iridi completamente larghe, proprie dell’eccitamento sessuale, mentre sembrava disorientato.
«S-scusami..» riuscì solo a mormorare, mentre indietreggiava sempre più spaventato.
«Dove vai?» gli domandai, sperando di non averlo offeso.
Gli occhi verde-acqua di Francesco mi fissarono terrorizzati, ma non feci in tempo a fermarlo che lui girò i tacchi e cominciò a correre via, lontano da me.
Non avevo mai visto quello sguardo e mi chiesi se fosse stata solo colpa mia.


αиgσℓσ ∂ι ισ_иαяяαитє

Cosa dire? Mi mancano le parole, come la sensibilità alle dita dopo aver scritto ben 16 pagine di Word.. avevo gli occhi incollati al monitor!
Insomma, insomma.. finalmente Francy si è deciso a fare il grande passo (non il matrimonio xD), ma chissà come si ripercuoterà questa storia sul suo amichetto del cuore Giorgio? Boh! A dire il vero non ne ho idea!
Ma che ne pensate di 'Ammicca'.. mi sono sganasciata dal ridere scrivendo quel pezzo.. non riuscivo più a contenermi..
Cmq vi anticipo che c'è una spiegazione plausibile alla 'fuga' di Francy, ma non so quando sarà spiegato.. devo inserire un super-colpo-di-scena!
Ringrazio con il cuore le 8 persone che mi hanno recensita!!! Uhhhhhh! Se arrivo a nove, per questo chappy, vi faccio una statua!! *supplica miseramente anche perché è il suo compleanno*
Inoltre dico Thank u alle 37 persone che mi seguono, alle 5 che hanno messo la storia nelle Ricordate e le 8 che l'hanno messa nelle Preferite!
Inoltre ringrazio, come sempre, anche i lettori silenziosi! 186 visite!!!

Per chi mi volesse aggiungere su fb, in modo da seguire gli sviluppi della storia e sapere qualche spoilerino, cerchi IoNarrante Efp!
Kiss Kiss
_Marty_
   
 
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