Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Sunny    20/02/2006    66 recensioni
A vent'anni dalla scomparsa di Voldemort, il Mondo della Magia si vede ricomparire il suo Marchio Nero nell'oscurità della notte... ma questa volta in campo scenderanno anche nuove forze, più decise e più agguerrite che mai. Intrighi mortali, lotte all'ultimo sangue, amori inarrestabili e passioni travolgenti sconvolgeranno gli eroi della 'vecchia' e della 'nuova' guardia, in un mondo in guerra in cui il cuore ha la meglio anche sulla ragione...
Genere: Azione, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Alla mia piccola, grande Judie… e alla sua piccola, grande novità

Alla mia piccola, grande Judie… e alla sua piccola, grande novità! Ti auguro tutto il bene del mondo, amorina, prendi questa dedicuzza come un abbraccio fortissimo che ti darei dal vivo… ti adoro, o per meglio dire… vi adoro!!! *^______________^*

 

 

 

 

 

FIRE MELTS ICE

 

 

 

 

CAPITOLO 19: BUONGIORNO NOTTE

 

 

I will stay forever here with you, my love
The softly spoken words you gave me
Even in death our love goes on
Some say I'm crazy for my love, oh my love
But no bonds can hold me from your side, oh my love
They don't know you can't leave me
They don't hear you singing to me

                                               Even in Death, Evanescence

 

 

***************

 

 

Dan, Julie e Chad si muovevano a una tale velocità nei corridoi del San Mungo che continuavano a urtare gente e a tirarsi dietro commenti negativi sulla qualità delle nuove generazioni, ma a nessuno dei tre poteva importare qualcosa. Di rallentare non se ne parlava, semmai volevano raggiungere il prima possibile quella maledetta sala operatoria.

 

Purtroppo per loro, ormai conoscevano la strada… ci arrivarono nel giro di pochi minuti, affannando per la corsa, e nel corridoio bianco trovarono gli altri nella stessa condizione in cui si aspettavano di trovarli, a giudicare dai toni della lettera ricevuta solo qualche manciata di minuti prima. Hermione stava piangendo sommessamente fra le braccia di Ginny, mentre Mel le teneva la mano e ogni tanto le dava qualche pacca amorevole sulla schiena. Simon era più pallido di quanto non fosse stato negli ultimi giorni, ma si stava sforzando di sussurrare qualcosa all’orecchio del fratello… Jack probabilmente era quello più distrutto di tutti, ma non lo si poteva vedere perché si teneva la testa fra le mani e aveva lo sguardo incollato a terra.

 

“Mamma!” fece affannosamente Dan, mentre finalmente interrompeva quella corsa a perdifiato.

 

Ginny alzò la testa e li vide. Si districò il più dolcemente possibile dall’abbraccio di Hermione, lasciandola alle cure amorevoli di Mel, e si alzò per raggiungerli.

 

“Come sta Amelia?” chiese subito Dan, senza aspettare che il fiatone gli fosse passato.

 

Ginny badò bene a tenere bassa la voce. “Non ne sappiamo ancora niente, non mi hanno permesso di entrare… l’unica cosa che sono riuscita a sapere è che ha una brutta emorragia.”

 

Julie deglutì a fatica, cercando di riprendere fiato. “Ma la bambina?”

 

Ginny si passò nervosamente una mano fra i capelli rossi. “Non so neanch’io che dirti, Julie… non ce l’hanno fatta vedere nemmeno per un attimo, non so quali siano le sue ferite, non so se sono stati danneggiati anche gli organi interni, non so niente… potrei dirti che il San Mungo è ben attrezzato in casi di emergenze, che ci sono ottimi guaritori e che la magia ci aiuta molto, ma a volte nemmeno questo è abbastanza. Amelia ha perso molto sangue, non è mai una cosa buona in questi casi.”

 

“…no…” Julie si aggrappò al braccio di Chad, stringendolo forte. “Anche la piccola no… non è giusto!”

 

Chad le coprì la mano con la propria. “Non si sa niente dell’attacco?”

 

“Dov’è Katie?” incalzò Dan.

 

“Vostro padre, zio Ron e gli altri la stanno cercando in lungo e in largo. Ci sentiamo con un gufo ogni venti minuti, l’ultimo è di cinque minuti fa e non si sa ancora niente.” Ginny sembrava stanca… la sua reazione era stata pronta ed energica come al solito, soprattutto per essere utile almeno nel suo piccolo, ma i suoi occhi lasciavano trasparire tutta la stanchezza che quella vita così dura le aveva riservato.

 

Chad si sporse oltre per guardare Hermione. Continuava a fissare le porte chiuse della sala operatoria, e allo stesso tempo si voltava e guardava fuori dalla finestra… sembrava seriamente al limite di una crisi di nervi. “Forse sarebbe meglio se sua cognata partecipasse alle ricerche… stare qui è inutile, e poi le fa più male che bene… per come è fatta lei, che ha bisogno di sentirsi utile in ogni circostanza, dare un aiuto là fuori per Katie la farà sentire un po’ meno peggio.”

 

“Ha ragione lui, mamma.” Julie annuì. “Zia Hermione rischia di impazzire qui, sappiamo quanto vuol bene ad Amelia… è meglio se si concentra su Katie finchè non ci sono novità.”

 

Ginny aprì la bocca per replicare, ma la mano dolce e allo stesso tempo decisa di Dan le si posò sulla mano. “Andate tutte e due. Ci restiamo noi qui con Jack, non sarà solo… tanto purtroppo non c’è niente che tu o zia Hermione potreste fare per Amelia. Almeno con Katie una mano in più potrebbe servire a qualcosa.”

 

Ginny si passò stancamente una mano sul viso. “Si, forse avete ragione voi… però è importante che teniate sotto mano un gufo, perché ogni venti minuti dobbiamo poterci aggiornare sulle condizioni di Amelia e sulla ricerca di Katie. E’ molto, molto importante, capito? Zio Ron vi mangia vivi se mancate all’appuntamento, e per il prossimo gufo mancano più o meno…”

 

“Poco più di dieci minuti… abbiamo capito, mamma.” Dan le diede un bacio sulla fronte. “Non ti preoccupare. Hai bisogno anche tu di una boccata d’aria.”

 

“Ci penso io ai gufi.” le disse dolcemente Julie. “Rassicura zio Ron.”

 

Ginny annuì e tornò da Hermione, a cui sussurrò qualcosa all’orecchio. Hermione la guardò come se fosse in dubbio, esitando su quale decisione era meglio prendere, ma in soccorso di Ginny intervenne anche Mel, che annuì accoratamente. Hermione si asciugò gli occhi e annuì appena, aggrappandosi a Ginny per alzarsi in piedi come se non ce la facesse da sola. Jack distolse lo sguardo da terra giusto il tempo per ricevere il bacio di sua madre… era talmente stravolto che non sembrava neanche più lui.

 

Ginny la sostenne amorevolmente, ma Hermione si districò dal suo abbraccio per avvinghiarsi forte al braccio di Dan. “Vi prego, non li lasciate soli… e ditemi tutto, qualsiasi cosa, nell’istante stesso in cui riuscite a parlare con un guaritore…”

 

Dan le coprì la mano con la propria. “Pensiamo a tutto noi, tu stai tranquilla.”

 

“Ti mando un gufo ogni venti minuti, come mi ha spiegato mamma.” Julie le offrì un piccolo sorriso. “Lo sai che sono puntuale.”

 

“Fateci sapere anche voi… di Katie.” mormorò piano Chad.

 

Dan passò a sua madre la passaporta – una scatola di fiammiferi – e rimase a guardarle mentre si allontanavano, poi si voltò verso sua sorella e sospirò. Julie si morse le labbra e capì che toccava a lei farsi forza per prima… si avvicinò a Jack e si chinò sulle ginocchia finchè non fu alla sua altezza, appoggiandosi alle sue gambe per tenersi in equilibrio.

 

“Ehi…” gli disse con dolcezza. “Ci siamo anche noi adesso.”

 

Chad appoggiò una mano amichevole sulla spalla di Simon, che aveva un’aria genuinamente distrutta. “Una cosa alla volta, rimettiamo tutto a posto.”

 

“N-Nessuno mi dice niente.” mormorò rauco Jack. “Sono due ore che siamo qui, e nessuno mi dice niente.”

 

“Ci vuole il suo tempo per rimetterla in piedi, no?” Dan provò a fargli un debole sorriso d’incoraggiamento, e si nascose nelle tasche dei jeans le mani umide di sudore. “E poi sono in due, il lavoro è doppio… dobbiamo solo avere un po’ di pazienza in più, e vedrai che…”

 

Con un impercettibile scricchiolio la porta della sala operatoria si aprì e si richiuse un attimo dopo, e ne emerse un’infermiera con un catino colmo di asciugamani. La donna si rese conto di avere tutti gli occhi puntati su di sé, perciò si allontanò in fretta… ma non abbastanza, perché a nessuno sfuggì la vista di tutto il sangue che impregnava gli asciugamani appallottolati.

 

“Adesso basta.” Jack balzò in piedi e si diresse verso la sala operatoria.

 

“Jack, no…” Dan gli si parò davanti.

 

Chad lo affiancò. “Aspetta ancora un attimo, avranno quasi finito…”

 

“Levatevi di mezzo.” sibilò ferocemente Jack.

 

“Non puoi entrare lì dentro, quella sala deve rimanere completamente sterile mentre noi siamo pieni di microbi addosso, adesso torniamo a sederci…”

 

“Amelia ha bisogno di me!”

 

“Ha bisogno che tu resti calmo, però.” Gli fece notare Chad, usando un tono pacato per prudenza.

 

Jack si stancò di ascoltarli molto prima che potessero aiutarlo a capire… e se Dan e Chad non avessero avuto riflessi pronti e una buona resistenza, di certo li avrebbe travolti entrambi.

 

“Jack, no!”

 

“Fermo, ma che vuoi fare?”

 

“Levatevi, cazzo, devo andare da lei!!” Jack cercò di aprirsi un varco per passare. “Amelia!!”

 

“Jack, ti prego!” Julie gli si aggrappò al braccio, tirandolo indietro per quel che poteva. “Sii ragionevole, non puoi…”

 

Dan lo spinse indietro con una certa grinta. “Vuoi lasciare che i guaritori facciano il loro lavoro, si o no?!”

 

Jack perse ogni residuo di calma. “LEI HA BISOGNO DI ME!!”

 

Proprio quando Julie si rese conto che non sarebbero riusciti a trattenere il cugino un secondo di più, un ragazzo alto e grassoccio col camice verde addosso uscì precipitosamente dalla sala operatoria. Marsh West si sfilò la mascherina e la cuffietta senza grazia. “Ma insomma, che sta succedendo qua?!”

 

Battendo tutti in velocità, Jack afferrò il ragazzone per il bavero del camice, e lo sbattè di spalle contro il muro. “Te lo giuro sul sangue di Merlino, Marsh, se non mi dite che diavolo state combinando là dentro, io…”

 

“Sono qui apposta, se mi lasci parlare!” replicò irritato Marsh. Jack fece un passo indietro, mentre anche gli altri ragazzi si riunivano attorno ai due. “Prima di tutto comincia a calmarti… Amelia è viva, grazie al cielo il sangue che ha perso non apparteneva a lesioni interne, siamo riusciti a restituirglielo un po’ alla volta a botte di trasfusioni. Non sta rischiando la vita, mi sono spiegato? E un’altra buona notizia è che non ha subito violenza, sembra proprio che si sia difesa con le unghie e con i denti. E’ viva e non rischia di morire, per fortuna.”

 

“Sia ringraziato il cielo…” mormorò sorridendo Mel.

 

Jack assorbì l’informazione come se avesse appena attraversato un muro d’ovatta… erano ore che pregava con tutte le sue forze per una notizia simile, non riusciva a crederci… eppure la sua gioia fu tenuta a freno da un’ondata di terrore dovuta alla faccia non esattamente serena del suo amico guaritore. Si sentì mancare la terra sotto i piedi…

 

“L-la… è la bambina, vero? L’ha persa, non è così?”

 

Marsh inarcò le sopracciglia. “Ma tu ci senti quando parlo? Ho detto che non ci sono lesioni interne…”

 

“Allora sta bene anche lei?” chiese precipitosamente Simon.

 

Marsh si grattò la nuca e fece una smorfia. “Sentite, è un po’ complicato da spiegare… cerchiamo di intenderci, ho detto che Amelia è viva, non che è al massimo della forma. Tutto il sangue che ha perso l’ha indebolita parecchio… aveva una ferita sulla schiena che andava dalla nuca ai reni, un medico babbano per chiuderla avrebbe potuto solo metterci una cerniera lampo, e se non avessimo la magia a nostra disposizione la bambina non sarebbe sopravvissuta. Il problema è che la ferita si è infettata, mentre parliamo Amelia ha la febbre molto alta ed è difficile gestire la situazione, perché…”

 

“Aspetta un momento.” Jack ingoiò a fatica… aveva appena sentito il cuore mancargli un battito alla notizia che anche la sua piccolina non l’aveva abbandonato, perché adesso Marsh stava usando quel tono così greve? “Hai appena detto che Amelia non ha perso la bambina…”

 

“Infatti non l’ha persa.” Marsh fece una smorfia sgradevole… evidentemente la cosa non piaceva nemmeno a lui. “Il punto è che se la febbre passa da sola, cosa che tutti speriamo visto che Amelia ha un fisico giovane e forte, allora non ci sono problemi. Ma se la temperatura dovesse continuare a salire, saremmo costretti a somministrarle qualcosa di forte prima che le crei dei problemi gravi… solo che questo genere di pozioni sono decisamente troppo forti per una donna in gravidanza. Capisci… quello che sto cercando di spiegarti?”

 

Jack rimase con la bocca socchiusa, incapace di proferir parola, e nemmeno avvertì Julie stringergli forte il braccio.

 

“Stai dicendo…” Dan scosse brevemente la testa. “…che se ad Amelia non passa la febbre, intervenite voi e automaticamente… lei perde la bambina?”

 

“Ho paura di si.” Marsh annuì a malincuore. “Se non lo facessimo, perderemmo entrambe. In una situazione di emergenza almeno possiamo salvare Amelia.”

 

I ragazzi reagirono in modo differente, chi deformando il viso in espressioni di tristezza, chi coprendosi il viso con le mani, chi mordendosi forte le labbra… Jack sentì gli occhi pungergli per un pianto che non era riuscito a buttare fuori, si sentiva completamente avulso dalla realtà attorno a lui, quasi fosse in shock… per un istante non riconobbe le mani di Marsh sulle proprie spalle, e perfino la sua voce gli sembrava provenire da lontano…

 

“Guarda che non è assolutamente detto che dobbiamo ricorrere al trattamento d’urgenza, è chiaro?” Marsh cercò di scuoterlo. “Amelia è giovane e forte, dopo la prova di stasera ha dimostrato di avere una resistenza fisica davvero straordinaria… sono tutti ottimisti, e devi esserlo anche tu. La stanno trasferendo in una stanza dove terranno sotto osservazione ogni minimo cambiamento, me ne sto occupando anch’io, abbiamo fatto e continuiamo a fare tutto il possibile… devi avere fiducia che andrà tutto bene, capito? Se le passa la febbre per domani mattina, al massimo domani sera è fuori da qui.”

 

Jack lo guardò dritto negli occhi. “Voglio andare da lei.” mormorò con la massima determinazione.

 

Marsh esitò. “Non è nelle migliori condizioni, forse è meglio se…”

 

Voglio andare da lei.” ruggì fra i denti il ragazzo rosso. “O mi ci porti, o ti demolisco l’ospedale muro dopo muro finchè non la trovo.”

 

Marsh sospirò, sconfitto, e scosse la testa. “Il lupo perde il pelo ma non il vizio… avanti, seguimi.”

 

Dan li fissò mentre sparivano oltre quella porta bianca così lugubre nella sua chiarezza quasi accecante… era tutto così difficile. Un colpo dopo l’altro, una pessima notizia dopo l’altra, un dolore e un’angoscia intermittenti… per un momento sentì il bisogno di chiudere gli occhi e trattenere il respiro. Era come se in quegli ultimi mesi la vita avesse rallentato il suo corso… i tempi sereni sembravano lontani anni luce da quelle ore.

 

Mel giunse le mani come in preghiera, e le avvicinò alle labbra. “Amelia e la bambina ce la faranno, ce la devono fare…”

 

“Anche perché se non dovessero, Jack perderebbe in un colpo solo la donna che ama e sua figlia.”

 

Tutti si voltarono di scatto verso Simon, sbalorditi e sconcertati.

 

“Come hai detto??”

 

“Sua figlia?!”

 

“Vuoi dire che Jack e Amelia…”

 

“Si può sapere tu che ne sai?!”

 

Simon sospirò stancamente e si sedette, appoggiando rumorosamente la schiena alla spalliera della piccola panca fredda. “Fareste meglio a sedervi, non è una storia breve questa.”

 

 

***************

 

 

Katie non disse una parola né mosse un solo muscolo del volto quando le sei figure vestite di nero vennero a prelevarla dalla orribile cella buia in cui l’avevano trascinata solo poche ore prima, e li seguì come le aveva abbaiato uno di loro lungo un corridoio tremendamente buio e umido, le cui pareti erano composte tutte di pietra grezza.

 

La marcia fu breve, presto giunsero in una specie di salone in pietra poco illuminato – se anche luce si potevano definire le otto fiaccole appese alle mura – e lì le guardie in nero si disposero in un largo semicerchio attorno a lei. In realtà non avevano bisogno di stare tanto all’erta, la stanzona era piena di figure in nero… tre in particolare colsero l’attenzione della piccola Weasley. Una era una ragazza sinuosa con i capelli color miele e l’aria terribilmente familiare…

 

…la sorella di Alex…

 

Katie le lanciò un’occhiata carica di risentimento e disgusto, mentre nello sguardo di Vera si leggeva solo un beffardo divertimento. Accanto a lei in piedi stava un uomo dalla mole decisamente intimidatoria, con le braccia incrociate sul petto massiccio e un sigaro in bocca, mentre le labbra dischiuse lateralmente scoprivano denti grossi e giallastri. Non la si poteva certo giudicare se quella montagna umana le avesse messo i brividi… sembrava quasi che aspettasse quatto quatto il suo momento per agire e divertirsi nella sua sadica maniera, proprio come una tigre appostata e in attesa di squartare la propria preda. E infine c’era quello seduto… a differenza del suo compare, questo era magro e asciutto di fisico, con dei piccoli occhi nerissimi e degli altrettanto scuri capelli molto corti.

 

Katie provò la terribile sensazione di essere colpita da raffiche di vento freddo quando l’uomo si alzò dalla poltrona in cui era comodamente sdraiato, e prese ad avvicinarsi a passi lenti. Non la scrutava tutta, piuttosto teneva i piccoli occhi bui puntati dritti sul suo viso, illuminati da una strana bramosia che la fece rabbrividire… non capiva che cosa volesse, chi fosse, perché l’avesse fatta rapire… in tutta onestà Katie cominciava a non capire più nulla, sapeva di essere stanca, sporca, agitata, in pena per Amelia, disperata per i suoi genitori e per l’angoscia che di sicuro stavano vivendo mentre la cercavano… continuava a vedere volti tetri e misteriosi attorno a sé, ma nessuno le aveva fatto nulla. Non sapeva cosa pensare, non capiva con chi avesse a che fare, ma una cosa era chiara: in particolar modo se quelli erano i responsabili di tutto il dolore e le paure degli ultimi mesi, mostrarsi spavalda e coraggiosa fino alla fine era un imperativo nel vero senso della parola. Sarebbe stato da ipocrita dire di non aver paura, ne aveva e tanta anche… ma non voleva che questo trapelasse. Lo doveva ai suoi genitori, che l’avevano tirata su dandole anche l’anima, ora meritavano che lei si comportasse all’altezza dei loro insegnamenti. E non aveva bisogno di soffermarsi a pensare per chiedersi come avrebbero reagito loro… avrebbero venduto cara la pelle. E altrettanto avrebbe fatto lei, paura o no.

 

Mortimer Lestrange si decise a fermarsi a pochi passi da lei. Le fece un sorriso sinistro, e incrociò le braccia dietro la schiena. “Benvenuta nella tua nuova dimora, Miss Weasley.” il suo tono era palesemente di scherno.

 

Katie si asciugò assentemente le mani sudate sui jeans, cercando di non mostrare la minima emozione. “Chi siete? Che volete da me?”

 

“Quante domande.” Lestrange si mosse di nuovo, sempre con la stessa snervante andatura lenta, e cominciò a girarle intorno. “La curiosità è una qualità che dovrebbe essere stimolata nei giovani… e la tua è stata un po’ troppo repressa, non crei? Direi che è arrivato il momento di far luce su un paio di argomenti che potrebbero interessarti molto.”

 

Katie voltò leggermente la testa per poter seguire quell’irritante movimento circolare attorno a sé, e due riccioli ribelli le scivolarono giù dalla coda scomposta più che mai. “Io non so di cosa parla.”

 

“E’ naturale, mia cara. Questa notte avrai le risposte che il tuo cuore ha sempre desiderato, e che non ha mai avuto il modo di trovare. Questa notte sarà tutto finalmente chiaro.”

 

“Io ho già tutte le risposte che voglio.” Gli ringhiò contro Katie. A corto di fiato, fremente per la rabbia, la biondina decise di non demordere e di sostenere lo sguardo… quegli occhi piccoli e nerissimi che la fissavano con fare quasi beffardo… a un certo punto furono attraversati da un lampo di qualcosa, un pensiero fugace… e quasi automaticamente lei si ritrovò a boccheggiare per un soffio d’aria. Immagini di morte a raffica le avevano inondato il cervello di punto in bianco, al punto che si portò le mani alle tempie doloranti.

 

La risata di Lestrange rimbalzò contro le mura di pietra. “Quante cose stai imparando da sola, piccola Weasley… leggere la mente ti avrebbe aiutato a non commettere più della metà degli errori che hai commesso di recente, ma tu non hai mai voluto approfondire i tuoi poteri… dovresti essermi grata.”

 

“Sei veramente convinto che questa specie di pulcino spennato sia la soluzione a tutti i nostri problemi?”

 

La gigantesca figura di Stephen McNair fece rabbrividire Katie, e Lestrange lo notò con crescente soddisfazione.

 

“E’ un’enfatica  che non sa di esserlo. Quanto tempo ci vuoi perdere dietro?”

 

Katie provò un moto di stizza, nonostante la paura. Detestava sentirsi trattare come un oggetto. “Io non sono proprio niente… e vi conviene lasciarmi andare subito, se non volete scatenare una guerra.”

 

“Ooh, allora ha ragione lui quando dice che come enfatica vali molto poco, piccola Weasley…” Lestrange si chinò su di lei in modo troppo pronunciato, invadendo il suo spazio personale senza darle la possibilità di allontanarsi, e le prese il mento fra le dita ferree. “…perché io la voglio una guerra, e la voglio anche molto sanguinosa… la voglio distruttiva… la voglio presto… e voglio vedere i cadaveri della tua mammina e del tuo caro papà, ne farò tappeti per la mia camera da letto.”

 

Katie si liberò da quella presa spinta da una rabbia cieca. “Morirete tutti molto prima di essere riusciti a torcergli un capello!!!” gridò.

 

Lestrange increspò le labbra in qualcosa che più che un sorriso sembrava una smorfia. “Al momento opportuno ne riparleremo, mia cara… non sprecherò un secondo di più con te, voglio vedere di cosa sei capace… e lo voglio immediatamente.”

 

Katie distolse lo sguardo. “Non sono capace proprio di niente… una strega vale poco senza bacchetta.”

 

“Una strega qualunque, forse. Ma a me non serve una strega qualunque.”

 

“Che volete da me?!”

 

“Voglio che tu impari quello che per tutto questo tempo non hai saputo mettere in pratica.” Lestrange fece un passo avanti, facendola arretrare. “Adesso imparerai a portare al massimo il tuo potere, e lo farai esplodere al massimo… per me.”

 

Katie si morse le rabbia. “Che cosa credete che sappia fare? Io non sono un fenomeno da baraccone… avete fatto un buco nell’acqua, da me non otterrete niente.”

 

Lestrange non si scompose minimamente, mentre Stephen McNair scoprì i denti in un sorriso divertito senza perdere il sigaro che gli pendeva dalle labbra. “L’uccellino canta bene, si direbbe.”

 

Vera fece un sorriso acido. “Peccato che abbia la lingua più lunga delle ali, però.”

 

Katie la incenerì con lo sguardo. Fra tutti i pazzi presenti in quella sala, l’unica a farle solo rabbia e nessuna paura era proprio lei… la finta sorellastra.

 

“Evidentemente con te il realismo e la concretezza funzionano meglio delle parole, piccola Weasley. E noi possiamo senz’altro accontentarti.” Lestrange battè due volte le mani, sorridendo compiaciuto. “Vediamo se si può instaurare un dialogo adesso.”

 

La porta da cui erano entrati poco prima si riaprì, e ne entrarono due figure in nero che trascinavano qualcosa… o per meglio dire, qualcuno… e Katie inorridita si coprì la bocca con le mani quando si rese conto di chi fosse.

 

Alex non si reggeva in piedi e nemmeno sembrava cosciente, lo stavano trascinando per le braccia i due uomini in nero accanto a lui. Aveva la camicia aperta per metà strappata, da cui trasparivano ustioni, macchie di sangue, lividi e tagli ovunque. Il bel viso e i capelli biondi erano madidi di sudore e di sangue, in alcuni punti anche rappreso, ed era così pallido sa sembrare cadaverico.

 

“Alex!!!” Katie si gettò in ginocchio davanti a lui e gli prese il viso fra le mani, cercando contemporaneamente di capire se le sue ferite fossero mortali. “Alex, rispondimi!! Dimmi qualcosa… Alex!!”

 

Scosso dalle mani delicate ma tremanti della ragazza, Alex strinse gli occhi e poi li socchiuse. Non riusciva a vedere bene, era tutto poco chiaro… ma quando il volto spaventato del piccolo angelo di cui era pazzo comparve nel suo campo visivo, un impercettibile barlume di speranza si riaccese nel suo cuore e morì l’istante successivo… dunque erano riusciti a prendere anche lei. Vedeva tutto un po’ appannato, i contorni erano confusi, non riusciva ad assicurarsi se fosse incolume… sembrava solo terrorizzata, questo si. E aveva gli occhi lucidi. Quasi senza pensare tentò di farle un piccolo sorriso, e tese debolmente le dita della mano destra verso di lei. Katie sorrise fra le lacrime e si chinò a baciarlo disperatamente, stringendo il suo viso fra le mani.

 

Quell’attimo di pace fu interrotto da Stephen McNair, che strattonò Katie per un braccio e la tirò indietro, allontanandola da Alex.

 

“Che significa tutto questo?!” Katie si rivolse a Lestrange col fuoco negli occhi… la rabbia che provava ora era più forte di qualunque paura. “Che cosa gli avete fatto?! Lasciatelo andare immediatamente!!”

 

“Cominciamo col dire una cosa.” McNair la fece sussultare spingendola bruscamente. “Tu stai zitta e fai quello che ti viene detto, e vedi di ricordare che non sei un’ospite di riguardo qua dentro.”

 

Katie pestò un piede a terra. “Io non sto affatto zitta! Questo trattamento è intollerabile… è disumano!!”

 

“Se non te l’ha insegnato tuo padre quando devi chiudere il becco, lo faccio io adesso più che volentieri!” McNair alzò una grossa mano per colpirla.

 

“Non la toccare!!” Alex era rauco, ma la straordinaria determinazione che lasciava trasparire la sua voce era una gran prova di forza d’animo… qualcosa che riscaldò il cuore di Katie per un breve momento. Stephen, comunque, non gradì… perché gli sferrò un ceffone in pieno viso che fece trasalire la ragazza.

 

Lestrange incrociò le braccia sul petto e fece tre lenti passi avanti. “So che ti sta a cuore la vita del nostro giovane Malfoy… oh, che sbadato… Templeton, giusto?” con un sorrisetto crudele, l’uomo proseguì. “Qualunque sia il suo nome, piccola Weasley… la sua vita è nelle tue mani ora. Se mi obbedirai, gli permetterò di vivere… se ti negherai, vedrai la sua testa ruzzolare a terra in due secondi.”

 

Katie rabbrividì, e sentì una goccia di sudore scivolarle dalla nuca fin nella schiena. “Che volete che faccia?”

 

“Voglio che mi potenzi fino al massimo. Voglio che tu mi renda invincibile.” Lestrange puntò gli occhi piccoli e spietati in quelli della ragazza. “E a furia di farlo, voglio che tu mi renda immortale.”

 

Katie provò un forte senso di nausea quasi immediato. “Ma io queste cose non le so fare!”

 

“Sono i tuoi poteri. Se ti concentri abbastanza, vedrai che le cose verranno da sole. Per questo non ti ho chiesto subito l’immortalità, perché mi rendo conto che, dopo tutti questi anni passati a perdere tempo, ti ci vorrà più di un tentativo prima di riuscire a esprimere al massimo le tue capacità.”

 

“Non so neanche da dove incominciare… e poi non potrei fare una cosa del genere, voi lo sfruttereste per far del male alla gente… alla mia famiglia…”

 

Lestrange reclinò indietro il capo e rise a squarciagola. “Puoi ben dirlo, giovane ingenua… nemmeno la tua più fervida immaginazione può arrivare dove è in questo momento il mio piano. Ma vedi… se accetti il consiglio di una persona che ha molta più esperienza di te… ora è tutto un gioco di priorità. E al tuo posto mi preoccuperei del tuo amichetto qui.”

 

“I-Io…” Katie si sentiva disperata. Non sapeva neanche lei come uscirne, cosa fare, perfino quel coraggio che aveva deciso di mostrare fino all’ultimo ormai vacillava come un castello di carte… cercò lo sguardo di Alex, che scosse violentemente la testa, ma come poteva aiutarla lui? Semmai era lei che doveva pensare a salvare entrambi… ma a spese di chi? Praticamente di tutti, a cominciare da quelli che amava… oltre al fatto che… “…io non lo so fare… non so come farlo, vi prego, dovete credermi!”

 

“Benissimo.” Lestrange si sfilò la bacchetta dalla cintura e la puntò contro Alex. “Crucio.”

 

Le urla di dolore del ragazzo fecero sanguinare il cuore di Katie, che scattò verso di lui ma fu afferrata saldamente per le braccia da McNair. “Noo!! Basta, lasciatelo stare!!”

 

Lestrange abbassò la bacchetta, lasciando Alex a gemere fra gli affanni. “Accetti di fare quello che ti ho chiesto?”

 

Katie tremava dalla testa ai piedi. “Come glielo devo dire che non so come si fa?!”

 

“Crucio!”

 

Katie avrebbe tanto voluto tapparsi le orecchie, ma McNair non glielo permise… quelle urla e tutta quella sofferenza le rimbombarono forte in testa, mozzandole il fiato e impedendole di respirare per qualche attimo… lucidità, avrebbe detto sua madre. Le aveva sempre raccontato quanto la lucidità e la capacità di pensare nei momenti più critici le avesse salvato la pelle un’infinità di volte nella sua vita. Coraggio, sarebbe stato il suggerimento di suo padre… le storie su come era riuscito a cavarsela nei momenti più neri grazia a quella sua innata capacità le avevano fatto da bacio della buonanotte per tutta l’infanzia e anche di più. I suoi amatissimi genitori… che cosa le avrebbero consigliato loro? Li conosceva abbastanza da saperlo… le avrebbero detto di affidarsi al suo cuore e alla sua intelligenza. La sua intelligenza forse era impegnata a calcolare, a cercare soluzioni, ma il suo cuore vedeva una sola strada per uscire da quell’inferno…

 

“Basta!!! Basta, va bene… va bene, accetto!!”

 

Alex emise uno strano rantolio che non aveva nulla di una serie affannosa di respiri, mentre Lestrange abbassava la bacchetta con un sorriso vittorioso e soddisfatto. “Alla fine vedo che ci intendiamo.” L’uomo tornò a sedersi su quella specie di trono su cui stava prima. “Coraggio, dunque. Cominciamo subito. Ho sempre detestato le attese.”

 

Katie spostò lo sguardo su Alex, che le mormorò un disperato “No” fra gli affanni, e si morse le labbra. Lentamente avanzò verso il trono di Lestrange, col cuore che le tamburellava senza freni nel petto, finchè non gli fu sufficientemente vicina. Non sapeva nemmeno lei da dove iniziare… aveva solo tanta paura. Quell’uomo orribile voleva sentirsi invulnerabile… in che modo poteva aiutarlo lei? Forse concentrandosi… probabilmente funzionava con lo stesso meccanismo di quando si applicava per far sentire bene qualcuno, solo che ci voleva maggiore concentrazione…

 

Mamma, cosa devo fare… vorrei il tuo aiuto… lo vorrei tanto…

 

“Sto aspettando.” Lestrange fece scorrere le dita sulla bacchetta… la minaccia era velata eppure palese allo stesso tempo.

 

Le mani le tremavano, e la repulsione per quello che stava per fare le dava la nausea sul serio… ma Katie si fece forza e allungò le mani finchè i polpastrelli non ebbero modo di sfiorare la pelle ruvida delle tempie di quell’uomo così spietato e pericoloso. Chiuse gli occhi e provò a respirare più lentamente, nel tentativo di isolarsi dal resto del mondo e concentrarsi… mai le era risultato così difficile. Ma c’era in ballo la vita di Alex…

 

…non fare la stupida, non è il momento di aver paura questo… concentrati, pensa a quello che vuole questo perfido e immagina di volerglielo dare spontaneamente… avanti, come hai sempre fatto… immagina di volerlo semplicemente fare felice… forza, non fare idiozie… è per Alex… per Alex…

 

Tutta la determinazione di Katie crollò in un sol colpo quando la sua mente venne bombardata da un vortice di immagini impressionanti. Immagini di morte e devastazione… quello che avrebbe fatto quel mostro con la forza che lei gli stava regalando. Quello che avrebbe fatto al suo mondo, e alle persone che amava… la morte aveva perfino un odore e un colore in quelle immagini, e sapeva di carbone acre al punto da farle sentire la gola tappata… terrorizzata, Katie tentò di strappare via le mani.

 

Lestrange le afferrò i polsi in una stretta ferrea, così da non farle interrompere il contatto. “Non ti fermare, o sarà la morte per quel ragazzo!!”

 

Katie aveva definitivamente perso il controllo della situazione. Non riusciva più a distinguere le sue stesse urla da quelle degli altri, sentiva Alex gridare qualcosa ma non capiva cosa, riusciva a malapena ad avvertire l’eco delle voci tonanti dei due uomini che tanto le facevano paura… le immagini di morte e dolore non si erano interrotte, semmai intensificate, ed era come se piccole scosse elettriche le passassero attraverso il sangue per tutto il corpo… bruciava tutto, bruciavano le mani, il cuore le batteva all’impazzata…

 

“LASCIATELA STARE!!” Alex si sforzò invano di divincolarsi, ma fu costretto ad assistere impotente finchè Lestrange non lasciò i polsi della ragazza, e lei cadde di peso a terra, svenuta. “Katie!!”

 

“…portentoso…” Lestrange si alzò in piedi… non solo aveva l’aria di chi si sentiva rinato, ma anche fisicamente… sembrava quasi più giovane.

 

McNair lo osservò con un cipiglio interessato. “Si direbbe che funzioni.”

 

Alex li guardò con tutto il suo odio. “Maledetti bastardi… ve la farò pagare cara!!”

 

McNair gli fece ingoiare il resto degli insulti con un pugno dritto in faccia. “Tu chiudi il cesso, animale.”

 

“Portateli in una cella, e assicuratevi che stiano lontani l’uno dall’altra.” fece Lestrange, schioccando le dita in direzione di un gruppo delle sue guardie. “Mi raccomando, non torcete un solo capello alla mocciosa o ne dovrete rispondere direttamente a me.”

 

Stephen osservò in silenzio il gruppetto di guardie che portava via i due giovani prigionieri, e ne accompagnò il percorso con un sorrisetto. “A quanto pare la vittoria è sempre più a portata di mano.”

 

“Si.” Lestrange rise di gusto. Si sentiva rigenerato, inarrestabile… invincibile. “Oh, si…”

 

 

***************

 

 

Dan recuperò dalla macchinetta il secondo bicchierino di liquido caldo, e si avviò lungo il corridoio bianco immerso nel silenzio della notte… quasi sbuffò quando sentì il rumore delle ali del piccolo gufo di sua zia, quella povera bestiola che da qualche ora non faceva altro che andare avanti e indietro. Controllò l’orologio… non erano passati venti minuti dall’ultimo contatto. Posò immediatamente i bicchierini per leggere la pergamena, forse c’erano notizie di Katie… sfortunatamente niente. Ancora una volta avevano fatto un buco nell’acqua, lo zio Ron gli scriveva per sapere di Amelia e della bambina. Dan sospirò pesantemente e appoggiò la testa al muro. Capiva perfettamente l’ansia a cui erano sottoposti i suoi zii, a cercare una figlia chissà dove e a pregare per un’altra in condizioni critiche, ma anche lui si sentiva troppo sotto pressione a scrivere bigliettini senza novità ogni dieci minuti. Era assillante quasi più degli sguardi che gli rivolgevano le infermiere che passavano di tanto in tanto lungo i corridoi, principalmente per ripulire e controllare il sonno dei pazienti dell’ospedale.

 

Dopo aver scritto due righe agli zii e ripreso i bicchierini, Dan riprese la strada verso la stanza di Amelia. Vi si accedeva attraverso un corridoietto più piccolo, con due panche sui lati, e la luce era stata abbassata notevolmente tanto da renderlo un ambiente quasi in penombra. Era chiaro che quell’atmosfera poteva solo favorirlo il sonno… dell’intero gruppetto l’unico ancora sveglio era Chad, probabilmente l’unico abituato a stare di ronda la notte. Simon era crollato, dormiva pesantemente con la testa sulla spalla di Mel, che lo teneva stretto a sé e riposava con la stessa aria stanca. Julie si era accoccolata sulle gambe di Chad, forse aveva resistito più a lungo degli altri due, ma alla fine anche lei aveva ceduto al sonno… Chad invece era perfettamente sveglio e vigile, e teneva a portata di mano la bacchetta. Dan gli fece un cenno di saluto passando, che il ragazzo ricambiò, e poi spinse dolcemente la porta della stanzetta per entrare.

 

Aveva ragione Marsh, non era uno spettacolo bello da vedersi. Amelia era la sua più cara amica, e da che aveva memoria era sempre stata una ragazzina tutto pepe, una vera e propria piccola peste… non sembrava aver niente in comune con la ragazza pallida e sofferente sdraiata in quel lettino sulla destra della stanza. Dan richiuse piano la porta alle sue spalle, non voleva fare il minimo rumore… tecnicamente Amelia non dormiva, o se lo faceva il suo sonno era disturbato da smorfie di sofferenza e respiri affannosi, però cercare di non disturbarla gli sembrava il minimo che potesse fare. Più che altro, era Jack che non voleva disturbare. Dan si soffermò per qualche attimo a guardare suo cugino, e si rese conto che gli faceva ancora più tenerezza di Amelia. Da che era lì dentro non aveva fatto altro che prendersi cura di lei, si era armato di spugnetta e catino di acqua fredda e non aveva smesso un attimo di rinfrescarla, sussurrandole qualcosa che da fuori non erano riusciti a capire. Anche lì, a poca distanza, le parole arrivavano a malapena… però arrivava tutto l’amore con cui venivano pronunciate. E alla luce di tutto, Dan poteva solo immaginare come dovesse sentirsi quella testa calda di suo cugino per quello che era capitato alla sua Amelia.

 

“…e poi sai che ti dico, amore? Credo di aver deciso fra culletta e lettino…” Jack passò la spugna bagnata lungo il braccio della ragazza, e le baciò il polso e il palmo della mano. “Lo so che a te piace la culla, però ci ho pensato… col lettino è più comodo… così di notte la possiamo vedere anche senza doverci alzare, non credi? Sai com’è, finchè non ci facciamo l’abitudine…”

 

Dan si ritrovò a desiderare che Amelia potesse rispondergli, che potesse rassicurarlo, ma l’unica risposta di lei fu una smorfia di dolore e un piccolo gemito appena sussurrato.

 

Jack si coprì il viso con la mano per un momento, e cedette alla stanchezza. Appoggiò la testa sul cuscino accanto a quella di Amelia, e le accarezzò il viso amorevolmente. “…per favore… non mollare proprio adesso, adesso siamo insieme… dimmi che riesci a sentirmi…”

 

Dan tirò un sospiro profondo e avanzò lentamente finchè non gli fu dietro. “Forse dovresti prenderti una pausa. Vai a prendere un po’ d’aria, ci resto io con lei.”

 

“Mi muoverò da qui solo quando mi avranno assicurato che la bambina vivrà.” Jack si rimise eretto sulla sedia, e riprese la sua opera con la pezzuolina e l’acqua. “Katie?”

 

“La stanno ancora cercando.”

 

Jack strizzò più forte la spugnetta nel catino, poi la passò con estrema dolcezza sul viso e sul collo di Amelia. “Per favore, avverti mio padre che appena loro due saranno fuori pericolo, mi unirò alle ricerche.”

 

Dan scrollò le spalle. “Sono già in tanti, è meglio se resti qui…”

 

Jack si limitò a scuotere la testa, e riprese a coccolare Amelia a suon di carezze e piccoli baci.

 

Dan comprese che il senso di colpa se lo stava mangiando vivo, così pensò che sarebbe stato meglio cambiare argomento. “Non… sapevo se preferivi un caffè o una camomilla, li ho presi tutti e due.”

 

Jack afferrò il bicchierino col caffè e lo trangugiò in un sol sorso, poi ricominciò a dedicare le sue attenzioni alla ragazza accanto a lui.

 

Dan sospirò pesantemente. “Vorrei poterti aiutare.”

 

Jack scosse la testa con decisione. “Non merito l’aiuto di nessuno… è tutta colpa mia, Amelia sta male per la mia maledetta impulsività. E Katie è sparita perché io non l’ho protetta come mi avevano chiesto i miei genitori.”

 

“Questo non è assolutamente vero.” Dan scosse la testa con fermezza. “Una litigata è normale, così come è normale voler uscire a prendere aria per schiarirsi le idee… quello che non è normale è tornare a casa e trovare quello che hai trovato tu.”

 

“Tu non capisci.”

 

Dan fece una smorfia amara e annuì, abbassando gli occhi. “Già, lo so che nei momenti così ti sa prendere solo Amelia. Io ci ho provato, che posso dire.”

 

Jack esitò per un lungo momento, avvertendo quel tono triste nella voce del cugino, e girò leggermente la testa per guardarlo con la coda dell’occhio. “Ci sono delle cose che non sai… avresti schifo di me se te le dicessi ora…”

 

Dan fece un piccolo sorriso. “Ringrazia tuo fratello, che ti ha sollevato dall’incombenza… ci ha detto tutto quello che dovevamo sapere. E nessuno di noi si è schifato, sinceramente.”

 

Jack strinse forte i pugni sulle ginocchia. “Evidentemente Simon ha tralasciato di dirvi che razza di uomo di merda sono.”

 

Dan scosse la testa. “Non potrai sempre incolparti per tutto quello che succede a quelli che ami.”

 

“Ma stavolta è diverso, non ci arrivi, stavolta è successo tutto perché sono stato io a lasciare sole Katie a Amelia!” Jack aveva le orecchie rosse. “Dovevo restare a casa a difendere mia sorella, e invece per uno stupido attacco di rabbia me ne sono andato e le ho lasciate da sole… risultato: mia sorella è Dio solo sa dove, e in chissà quali condizioni, mentre la donna che amo sta soffrendo e mia figlia rischia la vita… e tutto questo, secondo te, per colpa di chi se non mia?”

 

Dan si sedette davanti a lui, risoluto a scacciare questa convinzione dalla mente del cugino. “Tu hai avuto la tipica reazione di una persona  impulsiva, che francamente di fronte a una notizia come quella che hai ricevuto non trovo affatto così assurda… anzi, se vuoi la verità, se al tuo posto ci fossi stato io non so se sarei stato capace di mantenere i nervi saldi e riuscire a ragionare con lucidità. E visto che hai tirato in ballo l’argomento, vediamo… dimmi, che sarebbe successo se tu non fossi arrivato in tempo, eh? Che ne sarebbe di Amelia e la bambina a quest’ora se tu non fossi tornato a casa?”

 

Jack scosse la testa e strinse la mano di Amelia fra le sue. “Dovrei esserci io in questo letto a star male… non lei. Non la bambina. Darei la vita perché stessero bene tutte e due…”

 

Dan provò un moto di profonda compassione per il cugino, e appoggiò stancamente la testa a una mano. “Amelia è in gamba, ce la farà… vi chiarirete, metterete tutto a posto, non lasciarti prendere dalla paura adesso.”

 

Jack sospirò pesantemente e diede un lungo bacio sulla tempia di Amelia, che si stava agitando nel suo sonno tormentato. “Quello che mi fa più male è che non le ho mai detto quanto la amo.”

 

“Lei lo sa.”

 

“Tu dici? Dopo che l’ho definita bugiarda e traditrice?” Jack fece una triste smorfia sarcastica. “Farà bene a disprezzarmi. E se… se succedesse qualcosa a nostra figlia… glielo chiederei io stesso di odiarmi.”

 

Dan rimase in silenzio per un lungo momento, quindi fece un piccolo sorriso e si sporse in avanti sulla sedia, mantenendo un tono di voce basso e rassicurante. “Credo di aver chiesto almeno un milione di volte ad Amelia perché quando litigavate di brutto, dopo massimo due secondi era pace fatta. E mi dava sempre la stessa risposta… ‘Jack prima agisce e poi pensa, ma non esiste qualcuno col cuore più grande di lui su questa terra’, questo mi ha sempre ripetuto.”

 

Jack abbassò gli occhi e fece una smorfia di rabbia, sentendo crescere il senso di colpa. “Non…”

 

“Il punto è che non è la sola a pensarla così.” Dan si sporse coi gomiti sulle ginocchia. “Non ci arrivi, Jack? Lei lo sa come sei fatto… sapeva che avresti reagito senza pensare, per questo aveva paura, per questo non ti ha detto niente fin dall’inizio… poi tu sei cresciuto, e l’hai fatto per lei, le hai fatto cambiare idea su di te, hai dato a tutti noi la dimostrazione di essere diventato finalmente un uomo con le palle.”

 

“Ma ti rendi conto che lei ha avuto paura di me?” mormorò disperato il ragazzo rosso.

 

“Ha avuto paura di farti soffrire, idiota, sono notizie che sconvolgerebbero chiunque! Ma il particolare più importante continua a sfuggirti… lei non se n’è andata, ti stava aspettando a casa. Anche se tu le hai vomitato di tutto addosso, anche se le hai detto canagliate, quello che vuoi… lei era ancora lì! Questo vuol dire che nonostante la rabbia, la tristezza, il dolore e tutto il resto, una seconda possibilità lei sperava con tutte le sue forze di dartela!”

 

“E infatti guarda cos’è successo per questo!”

 

“Non essere imbecille, siamo stati tutti bersagli di questi attacchi e non abbiamo mai potuto prevedere il giorno e l’ora in cui ci avrebbero fatto rischiare la pelle! Ma dannazione, hai il salame sugli occhi? Svegliati, ragazzino!” Dan spalancò le braccia in un gesto di ovvietà. “Hai commesso un errore, se così lo vogliamo definire… ma guarda che stai facendo adesso! Stai salvando tua figlia… la stai tenendo in vita con le unghie e con i denti esattamente come ha fatto Amelia prima… e questo non è amore? Non è maturità? Senti davvero di avere la colpa di tutto quello che è successo?”

 

“…io so solo che la voglio questa bambina.” Jack sussurrò quelle parole con un filo di voce. “Non ci voglio rinunciare… è parte della mia vita adesso, lascerebbe un vuoto incolmabile… e Amelia ci perderebbe la testa… Dio, se potessi barattare la mia vita con la sua…”

 

“Nessun baratto, non ce ne sarà bisogno.” Dan serrò la mascella e si costrinse ad assumere un tono più sicuro di quello che in realtà sentiva dentro. “Non ti offendere, cuginetto, ma dei due è lei quella più tosta. Mi gioco le palle che domani mattina sarà già in piedi, e conoscendola scalpiterà per uscire da qua dentro.”

 

Jack fece un sorriso misto di malinconia e speranza, e baciò con dolcezza la mano di Amelia che stringeva fra le sue. “Dio solo sa se farei qualsiasi cosa perché questo si avverasse…”

 

“E togli tutti quei condizionali, cretino, Amelia ti avrebbe già riempito di botte per un discorso del genere.” Dan si alzò in piedi, si chinò sulla sua amica per stamparle un bacio affettuoso sulla guancia bollente, e gli scappò un sorrisetto allegro. “E dopo la performance combattiva di stanotte, io ci penserei due volte prima di mettermi contro la tua donna.”

 

Questo finalmente strappò un sorrisetto a Jack… e lo lasciò stupito di avere ancora la forza di sorridere dopo tutto.

 

Dan si sentì consolato nel vedere quel piccolo raggio di sole sul viso del cugino, e gli battè una mano sulla spalla. “E alla fine di tutto si può dire che ti abbia proprio messo in ginocchio in tutti i sensi, dimmi quand’è stata l’ultima volta che hai supplicato tu una donna, e non il contrario.”

 

Jack ridacchiò lievemente e annuì. “Ora come ora, se me lo chiedesse farei anche il giro del mondo a testa in giù.”

 

“Mi piace questa versione schiavizzata di Jack Weasley.” Dan gli strinse affettuosamente la spalla e si avviò verso la porta della stanza. “Falle compagnia e stai tranquillo, noi siamo qui fuori se ci vuoi.”

 

“Dan?”

 

“Mh?”

 

“…grazie.”

 

Dan gli fece un occhiolino. “Qualche volta i parenti sono anche utili.”

 

“Già.” Jack annuì una volta, poi riprese in mano la spugnetta intrisa d’acqua e ricominciò a rinfrescare Amelia, che si stava agitando un po’ di più nel sonno.

 

Dan socchiuse la porta alle sue spalle, ma sentì di nuovo la voce di suo cugino appena sussurrata, e prima di chiudere del tutto si voltò leggermente per sentire.

 

“…sentito, amore? Sono in troppi a credere in te perché tu possa deluderli.” Jack sfiorò le labbra di Amelia con le proprie, poi le fece scivolare una mano sul pancione. “E anche tu, gioia di papà… sei una Weasley, non puoi mica fare brutta figura, devi dimostrare a tutti quanti che sei forte come la tua mamma… vero che lo farai?”

 

Dan chiuse la porta e ci appoggiò contro la nuca, stringendo forte gli occhi e sospirando pesantemente. Amelia doveva per forza farcela… se avesse perso la bambina, né lei né Jack avrebbero retto il colpo. E a dirla tutta, nemmeno lui ce l’avrebbe fatta… perché non era giusto, niente di quello che stava succedendo era giusto, e se la bambina di Jack e Amelia fosse morta quella notte… sarebbe stato un po’ come se la loro speranza nella vita fosse morta con lei.

 

Stanco e provato sia fisicamente che psicologicamente, Dan raggiunse la saletta d’aspetto trascinandosi sui piedi e per un attimo invidiò gli altri, che nel sonno erano riusciti per qualche misero momento ad evadere da tutta quella pena. Chad fu l’unico che lo guardò dritto in faccia, in attesa di qualche novità, ma lo sguardo stanco e spento del ragazzo bruno furono una risposta più che esauriente.

 

“Qualche novità su Katie?”

 

“Nessuna, mi dispiace.”

 

Dan sbuffò e si piantò le mani in tasca. “Senti, io vado a prendere qualcosa da bere… che ti porto?”

 

“Nah, non ti preoccupare… non ho sete.”

 

“Allora ci vediamo fra un attimo.”

 

“Prenditela comoda, un po’ d’aria ti farà bene.”

 

Dan dovette convenire con Chad… gli serviva un po’ di aria fresca, e soprattutto qualcosa di forte da bere. Sfortunatamente sembrava che il distributore automatico del San Mungo fosse del parere contrario, perché il massimo alcolico che aveva da offrire era una burrobirra tiepida. Sbuffando per la frustrazione, Dan si frugò le tasche alla ricerca di una monetina per prendere almeno la birra… quando si ricordò che aveva speso l’ultimo falci per il caffè di Jack. Con una smorfia tra l’avvilito e l’ironico, il ragazzo bruno si allontanò dal distributore reo di averlo fregato.

 

“Finito gli spiccioli?”

 

Dan si voltò di scatto, e il suo viso si illuminò di gioia nonostante tutto. “E tu che ci fai qui?”

 

Sarah si passò una lunga ciocca di capelli dietro l’orecchio, e fece un breve sorriso. “Stavo andando a casa tua, e ho incontrato tuo padre e tuo zio coi loro uomini… come sta la piccola Amelia?”

 

Dan tirò su col naso e si grattò assentemente la nuca, guardando altrove. “Non troppo bene. Grazie al cielo è viva, ma rischia di perdere la bambina.”

 

“Che luridi porci.” Sarah scosse la testa con fierezza, curvando le labbra in un’espressione di disgusto. “Ma la devono pagare questa… tuo padre e tuo zio erano fuori dalla grazia umana, se li prendono stavolta l’incubo finisce sul serio.”

 

“Già.” Dan aveva sul viso una strana smorfia. “Nel frattempo mia cugina è in mano loro, e Amelia rischia il peggio che le potesse succedere. In fin dei conti, quando dopo passeremo alla vendetta, che cosa ci resterà se qualcosa dovesse andare storto?”

 

Sarah gli appoggiò una mano sulla sua. “Dan…”

 

“Ho finito adesso di fare il lavaggio del cervello a Jack che dobbiamo resistere per poterci vendicare. Ma metti che la fortuna ci voltasse le spalle… metti che Amelia perdesse la bambina… potrebbe uccidere mangiamorte a volontà, ma niente le restituirebbe mai quello che ha perso. Se a Katie fosse successo qualcosa di grave, se questa creaturina non riuscisse a sopravvivere… tutta la vendetta che vuoi, ma avranno vinto comunque loro.”

 

Sarah sospirò afflitta, ne soffriva a vedere in quelle condizioni il ragazzo sempre allegro e pieno di voglia di vivere che tanto amava… sentiva il suo bisogno di aiuto, e con tutta la dolcezza di cui era capace gli si avvicinò e lo abbracciò, consentendogli di appoggiarle la testa sulla spalla perché gliela potesse accarezzare. “Tesoro, mi dispiace tanto che tutto questo debba succedere proprio a voi, che non ve lo meritate tanto male… però sai che c’è? Io confido che tutto andrà bene alla fine… troveranno Katie, ne sono certa… avresti dovuto vederli tuo padre e tuo zio! E non erano soli, i loro uomini li stanno aiutando… come vedi, anche nel male non siete soli. Quanto ad Amelia, con la grinta che si ritrova potrebbe far ballare danza classica a Royson… è una ragazza in gamba, se la caverà. Ha lottato tutta la sera per salvare sua figlia, non smetterà di certo adesso. Abbi fiducia in lei, e in quello che possono fare i guaritori.”

 

Dan fece un piccolo sorriso, inalando il profumo dei capelli di Sarah e nascondendo meglio la faccia nel suo collo. Fino a quel momento si era imposto autocontrollo e razionalità fino all’ultimo, aveva rassicurato sua zia che si sarebbe preso cura lui dei ragazzi e che sarebbe stato vicino in particolar modo a Jack… ma anche lui era un essere umano con dei sentimenti, anche lui aveva bisogno di una spalla su cui appoggiare la testa… e gli sembrava incredibile che fosse arrivata proprio quella che più desiderava. “Sono così felice che tu sia qui.” le sussurrò.

 

“Pensavi che ti avrei lasciato solo in un momento come questo?” Sarah gli accarezzò dolcemente le spalle. “Posso solo immaginare quanto deve essere dura per Jack, e per te… non mi sarei mai perdonata se non fossi stata qui a tenerti la mano.”

 

Il profumo seducente ed elegante di quella ragazza così sensuale avevano sempre avuto il potere di trasportare Dan su un altro pianeta, e per un attimo ci riuscirono anche in quel momento… ma un istante dopo il ragazzo si scansò gentilmente da lei. “Stiamo dando spettacolo qui, speriamo che non ci siano curiosi in giro…”

 

Sarah per tutta risposta gli prese il viso fra le mani e lo baciò dolcemente. Le venne da sorridere quando vide la sua espressione basita. “Se c’è qualche curioso, che guardi pure… specie se è una donna, mi piace essere invidiata.”

 

Dan inarcò le sopracciglia e sbattè gli occhi. “Scusa… c’è qualcosa che mi sono perso…”

 

“Tu hai voglia di stare con me, di avermi al tuo fianco?”

 

“E me lo chiedi?”

 

Sarah sorrise in modo strano… diversamente dal solito… era meno seducente e più serena. “Vieni a sederti cinque minuti con me, vuoi?”

 

“Si, certo.” Dan l’accompagnò in una piccola saletta vuota, dove sembrava che l’unico rumore fosse quello delle lampade non particolarmente luminose sistemate lungo la parete. “Vieni… almeno qua avremo un po’ di pace.”

 

Sarah si sedette con la sua solita leggiadria, scansandosi i lunghi capelli scuri dalle spalle. “C’è una cosa che volevo dirti… ti confesso che quando ho progettato di dirtela, non credevo che l’avrei fatto all’ospedale… ma è molto importante. Non posso aspettare, e penso proprio che sia meglio dirti tutto subito.”

 

Dan fece un sorriso sarcastico e si lasciò cadere sul divanetto in fondo alla stanza, appoggiando la testa alla spalliera e chiudendo gli occhi. “No, altre notizie cattive no…”

 

Sarah gli sedette accanto, accarezzandogli i capelli. “Perché parli di cattive notizie?”

 

“Perché ultimamente ho ricevuto solo quelle.” Dan scosse leggermente la testa. “Solo non da te.”

 

Sarah si morse le labbra. “Non sono stata una buona compagna, non ti sono stata accanto finora…”

 

“Io ti ho sempre sentita vicina a me.”

 

“Beh, sarà tutto diverso da oggi in poi.”

 

“Perché?”

 

“Perché ho dato le dimissioni.”

 

Dan spalancò gli occhi e alzò di scatto la testa, guardandola basito. “Tu cosa?!”

 

Sarah non solo sembrava serena… la sua espressione era perfino sollevata. “Ho detto che ho dato le dimissioni. Non sono più la manager dei Cannoni.”

 

“…ma…perché?!” Dan era allibito. “E’ il tuo lavoro, l’hai sempre amato… sei la migliore nel tuo campo…”

 

Il sorriso di Sarah era così bello e limpido che lo lasciò ancor più senza parole. “Ti ricordi cosa mi hai detto un po’ di tempo fa?” gli chiese dolcemente, accarezzandogli il viso. “Che nella vita ci sono delle priorità, e che anche i sogni hanno una loro graduatoria… beh, fino a quasi un anno fa per me non era neanche lontanamente possibile immaginare una vita in cui un uomo avesse la precedenza su tutto… insomma, è il mio lavoro che mi ha sempre dato soddisfazioni, mi ha reso sicura, forte, indipendente… avevo la situazione sotto controllo, finchè… finchè non sei arrivato tu.”

 

Dan scosse lentamente la testa, stringendole una mano nella sua. “Sarah, no… poi finiresti per rimpiangerlo tutta una vita…”

 

“No, no, ascoltami.” Sarah s’inumidì le labbra e proseguì con la stessa serenità di prima. “Non potrò mai rimpiangere questa scelta, perché per la prima volta in vita mia c’è qualcosa che è più importante della mia carriera… ci sei tu, ci siamo noi. Fra vent’anni potrei anche essere nel gruppo di management della nazionale, ma non avrebbe nessun significato se questo deve allontanarmi dall’uomo che amo… e questo è tutto quello che ho da dire in proposito. Non ho intenzione di tornare indietro, è una scelta ragionata, voluta, non me ne pentirò… perché finalmente posso essere la tua ragazza, posso stare con te. E posso pensare a come sarebbe bello… se venissi a stare da me.”

 

Dan le accarezzò il viso, sorridendo con incredulità e gioia. “Allora dillo che hai fatto tutto questo perché non puoi resistere a me di primo mattino.”

 

Sarah rise e annuì. “Anche.”

 

Dan sorrise gioiosamente per la prima volta in tutta la nottata. “Mi giuri che questo non diventerà mai un fantasma fra me e te?”

 

“Nessun fantasma.” Sarah gli baciò il palmo della mano. “Io voglio essere la tua donna e basta. E ce ne sono un’infinità di lavori che mi possono permettere di esserlo.”

 

Dan scosse la testa, ridendo di gioia, dimenticandosi per un attimo di tutti gli orrori di quelle ore, e la prese fra le braccia per baciarla come meritava di essere baciata. Si sentiva così felice che il cuore gli batteva all’impazzata nel petto… e quando oltre la porta a vetri tre giovani infermiere furono così poco discrete da parlottare vivacemente alla vista del campione dei Cannoni con la sua “nuova fiamma”, Dan e Sarah per la prima volta nella storia della loro relazione ci risero su e le salutarono allegramente… difficilmente insieme potevano dire di aver vissuto un momento più bello.

 

 

***************

 

 

“Beaver, va’ con Rogers. Frugate tutta Knockturn Alley, rivoltatela come un calzino ancora una volta, non mi interessa! Ci deve essere un figlio di cane che sappia qualcosa, trovatemelo! Lucas, prendi i ragazzi e coprite tutto il perimetro esterno di Hogsmeade, non fate passare nessuno senza averlo prima identificato, è tutto chiaro?”

 

“Si, colonnello.”

 

“Usate i talismani per comunicare, e che nessuno prenda iniziative. Voglio essere contattato appena si apre un qualunque spiraglio, uno qualsiasi, va bene?”

 

“Sissignore.”

 

“Forza, non perdiamo tempo.”

 

Harry fece un cenno di approvazione col capo quando le truppe si allontanarono in direzioni diverse, tutti più che pronti ad eseguire i suoi ordini, e tornò a voltarsi verso il suo migliore amico. “Andiamo, io e te diamo un’occhiata in tutti i posti utili che ci vengono in mente.”

 

Ron non sembrava neanche più lui, aveva un’aria stravolta… la sua immagine di instancabile e irriducibile colonnello dei War Mage era stata completamente sostituita da quella del padre angosciato per la sorte della sua bambina… da che avevano iniziato le ricerche di Katie, tutti gli uomini che in segno di grande fedeltà si erano messi a loro disposizione si erano aspettati di ricevere ordini e indicazioni da lui, ma a Harry si era stretto il cuore, perché Ron era stato in grado si e no di biascicare qualche parola di senso compiuto.

 

“Ron?” Harry gli battè una mano sulla spalla e lo scosse. “Andiamo?”

 

“Harry!”

 

Ginny e Hermione… sotto sotto Harry si aspettava di vederle spuntare, prima o poi. E se Ron aveva l’aria stravolta, Hermione era ridotta anche peggio di lui… spettinata, con gli occhi rossi e gonfi, le guance rosso fuoco… proprio lei, che avevano sempre definito ‘la mente razionale’ del gruppo, tutto sembrava fuorchè razionale.

 

Ron si dovette fare un’idea sbagliata nel vederle arrivare di corsa in quel modo, perché impallidì visibilmente. “Amelia…?”

 

Hermione subito scosse la testa. “No… no, è ancora stabile, non ci sono novità… Jack e i ragazzi sono con lei, il San Mungo è pattugliato. Katie dov’è, avete già una pista?”

 

Ron ingoiò a fatica. “Ancora nessuna, stiamo cercando.”

 

“Stiamo cercando, come sarebbe stiamo cercando?!” Hermione parlava così veloce che sembrava si mangiasse le parole. “Sono già tre ore e mezza che la cercate, e non è saltata fuori neanche una pista?!”

 

Harry comprese la sua angoscia, ma negò con la testa. “Senza indizi procediamo alla cieca, stiamo…”

 

“Non esistono crimini senza indizi!!” urlò lei, stravolta. “Ci deve pur essere un maledetto punto di riferimento, un inizio… un dannatissimo qualcosa da cui partire!!”

 

Ginny cercò di calmarla. “Hermione, tutto il circondario è braccato, non possono arrivare…”

 

“La mia bambina è nelle loro mani, qualcuno lo capisce???”

 

Harry alzò la voce a sua volta. “Tu che dici?!”

 

“IO RIVOGLIO MIA FIGLIA!!!”

 

“BASTA!!”

 

Hermione guardò sconvolta suo marito, mentre Ron in due rapide falcate le si avvicinò e le piantò le mani sulle spalle, scuotendola leggermente. “Ti supplico… ti prego, Hermione, senza di te non ce la possiamo fare… nessuno di noi qui sa usare il cervello meglio di te nelle situazioni di emergenza… e io ho bisogno di te e del tuo aiuto… non possiamo ritrovare Katie senza di te, ti prego… calmati…”

 

Hermione scosse brevemente la testa, e finalmente si concesse un pianto liberatorio e di sfogo fra le braccia robuste di Ron. “…è la nostra piccolina, Ron…” piagnucolò. “…che cosa le staranno facendo, noi non siamo lì a proteggerla…”

 

“Non le succederà niente, la riporteremo a casa sana e salva.” le mormorò fra i capelli Ron. Deve essere così, o potrei anche perdere la testa…

 

Harry cercò lo sguardo di Ginny, e lo trovò ugualmente angosciato e triste, ma per lui era diverso… Ron e Hermione erano stati la sua famiglia quando nessuno gli aveva offerto un po’ di calore umano, non lo avevano abbandonato mai, nemmeno quando erano troppo piccoli per capire bene cosa stessero facendo, o in nome di quale ideale si stessero buttando a capofitto per lui e insieme a lui… e adesso che li vedeva in quello stato sentiva una pulsione naturale a rendersi utile, a far capire a entrambi che non li avrebbe mai e poi mai abbandonati. Di più… che li avrebbe aiutati fino alla fine e anche oltre.

 

“Ron ha ragione… ma per una volta concediamo a Hermione di pensare per seconda, ci provo io a sostituirla.” mormorò con un piccolo, breve sorriso carico d’amore mentre le appoggiava una mano sulla testa. “Usiamo la testa: non è facile, ma ci aiuterà a capire un paio di cose piuttosto utili… come ad esempio il fatto che Katie sia viva e molto probabilmente illesa mentre parliamo.”

 

Hermione singultò. “Come fai a dirlo?”

 

“Perché quando hanno attaccato Dan, Julie, Jack e Simon, hanno cercato il modo più efficace per farli fuori, non si sono posti il problema di portarli via per esecuzioni in privato… non è così che funziona la loro mente, no? E’ l’unica cosa che ci è chiara finora: il loro esibizionismo. Chi è dietro tutto questo sta giocando con noi, è come se stesse facendo nascondino… a volte vuole essere visto, a volte no… ma sappiamo che i nostri figli gli servivano per altri motivi, giusto?”

 

Ron si accigliò, cercando di fare il vuoto in testa e seguire il ragionamento del cognato. “Dove vuoi arrivare?”

 

Harry scosse la testa, abbozzando un sorriso diretto prima a Ron e poi a Hermione. “Che Katie ha un altro scopo… ci vogliono ricattare, probabilmente hanno scoperto di noi e adesso vogliono tenerci in pugno. Motivo per cui lei è troppo preziosa per farle del male.”

 

“Sono d’accordo con lui.” Ginny tirò fuori la sua voce più ferma e sicura. “Ora più che mai Katie confida sulla nostra presenza di spirito e sulla lucidità che ci hanno salvato la pelle così tante volte in passato… rimbocchiamoci le mani e non la deludiamo, siamo insieme e quindi non possiamo fallire.”

 

“Li troviamo.” Harry tese la mano verso Ron. “E poi ne facciamo carne da macello.”

 

Ron trasse un sospiro e gliela strinse. “Quando gli avrò messo le mani addosso, il bacio del Dissennatore sembrerà un regalino di Natale rispetto al mio trattamento.”

 

Hermione si asciugò gli occhi e annuì. “Avete ragione voi… è da idioti piangere invece di rendersi utili… mia figlia ha bisogno anche di me, non è il momento di cedere ai nervi. Non potrei mai tradire la sua fiducia.”

 

Harry le strizzò l’occhiolino. “Questa è la Hermione a cui sono abituato.”

 

“Andiamo.” Hermione si scansò i capelli dal viso e strinse forte la mano di Ron nella sua. “La mia bambina è stata via anche troppo per i miei gusti.”

 

 

***************

 

 

Lentamente Katie riaprì gli occhi… fu la sensazione di freddo sotto la schiena a svegliarla, e dopo qualche istante passato a mettere a fuoco gli avvenimenti delle ultime ore, la ragazza ricordò tutto con suo profondo orrore. Si sollevò su un gomito, e avvertì il freddo e l’umido della pietra nuda sotto di sé, poi il buio quasi totale e soffocante di quell’ambiente le fecero capire senza troppi dubbi la situazione: doveva essere in una cella. Una prigione in piena regola, visto che alla caviglia aveva legata una catena che la teneva vincolata alla parete alla sua destra. Katie si passò una mano sulla faccia, frustrata e avvilita, e si guardò in giro… trasalì quando vide Alex, privo di conoscenza e ferito gravemente, incatenato alla parete opposta.

 

“Alex!!” Katie imprecò contro la catena che le impediva di sporgersi oltre per raggiungerlo. “Alex, rispondimi! Alex!!”

 

“Non continuare a sprecare il fiato, faccia d’angelo.”

 

Katie si girò di scatto e vide uscire dall’ombra una sagoma sinuosa e altera, che si stava avvicinando a passi lenti e scivolosi. Le bastò un attimo per riconoscere i capelli color miele, lo sguardo lascivo e le labbra carnose e abbondantemente truccate della giovane donna che ora si mostrava in tutta la sua avvenenza alla luce di una delle fiaccole.

 

“Povero caro.” Vera finse un’espressione rattristata, guardando il ragazzo con falsa compassione. “Gli ultimi giorni non sono stati esattamente facili per lui, direi che ha proprio bisogno di riposare un po’, non credi?”

 

Katie detestava la disonestà e le bugie, le aveva sempre detestate e ora ancora di più. Aveva una voglia di rovinare a graffi e morsi quella faccia tanto curata e infingarda che le stava davanti. “Gente come te dovrebbe vergognarsi di esistere.”

 

Vera gettò indietro la testa e rise. “E’ questo il meglio che sai fare?”

 

“E il tuo, di meglio? Ma tanto non mi devi nessuna spiegazione… basta guardarti e si capisce perché ti tengono qua dentro.”

 

“Patetico. Come patetica è tutta questa situazione.” Vera scrollò una singola spalla, e inarcò un sottile sopracciglio. “Non so davvero di cosa si è innamorato Alex. Lo conosco molto bene, se capisci cosa intendo, e credimi, non è il tipo che si lascia prendere dagli occhi azzurri di una verginella slavata.”

 

Katie schizzò in piedi. “Certo, adesso capisco molte cose… non so nulla di lui né della sua vita, ma mi è chiaro il perché lo odi tanto… cos’è, ti brucia di essere stata la sua puttana e niente di più?”

 

“Come osi…” Gli occhi di Vera furono attraversati da un lampo di rabbia feroce, nonché da un certo stupore nel notare tanta grinta in una ragazzina all’apparenza così fragile.

 

“Che c’è? Puttana ti sembra pesante?” Katie rise di scherno. “Forse preferisci sgualdrina? O più semplicemente… valvola di sfogo dei bisogni animaleschi di un ragazzo? Perché è questo che sei stata per Alex… lui è capace di amare, tu solo di sedurre… lui ha un cuore, tu no… lui prova dei sentimenti, tu non ne sei capace… è per questo che lui è mio come io sono sua anche senza aver fatto l’amore, noi ci apparteniamo! Invece qualsiasi cosa tu sia riuscita a fare con lui, ormai fai parte del suo passato… come tutte le puttane.”

 

Accecata dalla rabbia, Vera avanzò a passi rapidi. “Piccola stupida sciacquetta, te li calmo io i bollenti spiriti…”

 

“Non credo che ti convenga farlo.”

 

Le due ragazze si voltarono sentendo la voce dura e solenne che proveniva dalla porta aperta della cella. Vera incrociò le braccia sul petto e assunse un atteggiamento seccato. “E tu che vuoi, che ci fai qui? Ti permettono di fare il buon samaritano con il tuo amico?”

 

“Si da il caso che Lestrange ci tenga al suo nuovo giocattolo.” Anthony le mostrò con aria beffarda il vassoio con pane e scodella d’acqua che aveva in mano. “Non penso proprio che presentargliela con cinque dita sulla faccia farebbe la gioia del tuo capo, perciò fai un favore alla comunità, alza il tuo bel culo da batta e tornatene a giocare al piccolo alchimista in camera tua.”

 

Vera gli si avvicinò con deliberata lentezza, dopo aver atteso quei pochi secondi necessari a garantire che era una sua scelta andar via e non l’esecuzione di un ordine, e si soffermò a guardarlo con gli occhi stretti in due cupe fessure. “Io e te regoleremo i nostri conti molto presto.” Sibilò appena in un sussurro.

 

Anthony fece una smorfia ironica e la ignorò completamente, attese che fosse uscita dalla cella e poi si voltò verso Katie. La ragazzina aveva negli occhi un bel miscuglio di paura e determinazione a non cedere… per quanto ardore potesse concederle la catena attorno alla caviglia, ovviamente. Uno spiritello coraggioso il suo. “Non voglio farti del male.” le disse rapidamente, deponendo a terra il vassoio ed estraendo una fialetta di liquido rosso dalla tasca. “Sono un amico di Alex.”

 

“…un amico?” Katie tentò di avanzare, ma la catena la fece ricadere sulle ginocchia. “Aiutalo, ti prego… fa’ qualcosa per lui!”

 

Anthony annuì mentre raggiungeva a passi svelti il suo amico. Stappò in fretta la fialetta e gliela fece trangugiare tutta d’un fiato, poi estrasse la bacchetta e gli medicò alla men peggio una brutta bruciatura sul petto e i lividi sulle costole rotte. Ci volle qualche interminabile istante di attesa, ma alla fine Alex tossì un paio di volte e socchiuse gli occhi.

 

“Ok, ok, piano… piano, è tutto a posto, tira un respiro profondo… ci sei, Malfoy?”

 

Alex biascicò il nome del suo amico e sbattè gli occhi, così da poter riacquistare del tutto la vista.

 

“Alex, come stai?”

 

La voce accorata della ragazza lo svegliarono del tutto, e il biondo alzò la testa. “Katie!”

 

Anthony rise amaramente quando lo vide sforzarsi di spezzare quelle catene pur di raggiungere il suo amore. “Tira il freno, Malfoy… ti ho dato qualcosa per aiutarti un po’, non sei in condizione di agitarti tanto da spezzare le catene.”

 

“Amore, stai bene??”

 

Katie sentì le lacrime pungerle gli occhi… Alex era ridotto in quello stato, eppure pensava a lei. “Si… si, ma sei tu che stai male! Riesci a respirare, ci vedi…”

 

“Ehi, biondina, dagli un attimo per riprendere fiato!”

 

Alex voltò leggermente la testa in direzione del ragazzo moro accanto a lui, non senza fatica. “Anthony, devi aiutarmi. Dobbiamo farla uscire da qui.”

 

“Io non vado da nessuna parte senza di te!” scattò automaticamente Katie.

 

Anthony scosse la testa. “Alex, io ho già fatto il massimo che potevo… Stephen mi tiene d’occhio, ho le mani legate…che potrei fare in queste condizioni?”

 

“Tu non devi fare proprio niente.” Alex deglutì con difficoltà, come se anche parlare gli costasse fatica. “Avvicina uno dei suoi parenti, uno qualunque… faranno tutto loro, basterà dirgli qual'è la situazione e dove siamo…”

 

“E salveranno tutti e due, o proprio nessuno!” s’intromise ostinata Katie.

 

“Malfoy, come faccio…”

 

“Ti prego…” con uno sforzo Alex tese la mano, finchè non riuscì a sfiorare con le dita la spalla dell’amico. “…ti prego… la uccideranno se resta ancora qui, lo sai… non m’importa niente di quello che succederà a me, ma lei no… lei deve uscire da qui… Anthony, sei la mia ultima possibilità… te lo chiedo con tutta l’anima…”

 

Anthony distolse lo sguardo e lo abbassò, ingoiando il vuoto a fatica.

 

 

***************

 

 

Il primo raggio di sole annunciò gradevolmente l’arrivo del nuovo giorno nella piccola stanza del San Mungo, e Jack avvertì direttamente sul suo viso il calore della luce. Gli ci volle qualche attimo, quel tanto che si stropicciò gli occhi e rimise a fuoco la stanza d’ospedale in cui per un attimo aveva dimenticato distare da ore ormai, e subito si detestò per aver ceduto al sonno. Si era addormentato, sfinito, con la testa sul petto della sua Amelia… lì dove poteva sentirla respirare, dove poteva sentire il suo cuore battere stabilmente… per non dimenticare che nonostante tutto, era ancora viva.

 

Jack si rimise seduto, stiracchiandosi brevemente i muscoli tesi, poi scrutò con attenzione il viso della sua ragazza. Era ancora pallida, ma dormiva tranquillamente… sembrava proprio che avesse smesso di ansimare faticosamente, ora il respiro le usciva lento e silenzioso dalle labbra socchiuse. Erano passate solo poche ore dall’inferno che aveva vissuto, eppure a vederla così aveva un’aria così serena… Jack si chinò su di lei e le baciò dolcemente la guancia pallida, lì dove era più spruzzata di piccole lentiggini chiare… e quasi gli mancò il respiro. Era fresca… fresca e asciutta, non scottava più! Provò a scansarle anche la frangia dalla fronte per assicurarsene… era vero, la febbre era completamente scomparsa.

 

“…Dio, grazie…” Jack sorrise e chiuse gli occhi, appoggiando la testa sul cuscino accanto a quella di lei. “…grazie, grazie, grazie…”

 

Fu un istinto naturale allungare la mano per accarezzare quella pancia rotonda, baciarla, sussurrarle che orgoglio fosse per lui… esattamente come fu un istinto riempire di baci quel viso tanto amato e tenero. Amelia e la bambina salve… era una gioia troppo grande per poterla quantificare, Jack sentiva solo il cuore battergli all’impazzata e se quello era un sogno, non aveva la minima intenzione di svegliarsi.

 

Non tenne nemmeno lui il conto di quanto tempo rimase a guardare la sua piccoletta riposare, forse fu per un’ora, forse due… non era importante. L’avrebbe fatto anche tutta la vita, dopo averla vista in quelle condizioni catastrofiche solo poche ore prima era quasi necessario rimpiazzare le immagini con quelle più serene… e grazie alle sue carezze dolci e alle parole d’amore appena sussurrate, il sonno pacifico di Amelia si prolungò di un po’… finchè anche lei non strizzò gli occhi e li aprì lentamente, guardandosi attorno spaesata e confusa.

 

Jack le sorrise largamente, senza smettere di accarezzarla. “Ciao Popò.”

 

Amelia sbattè lentamente gli occhi e mosse le labbra. Sembrava intontita e stanca, ma stava cercando di dire qualcosa… aveva la gola così asciutta che le venne fuori poco più che un filo di fiato. “…la bambina…”

 

“Sta bene.” Le rispose subito Jack, baciandole il dorso della mano che stringeva. “Hai salvato nostra figlia, amore… non potrò mai ringraziarti abbastanza.”

 

Amelia emise un debole sospiro di sollievo e chiuse gli occhi, beneficiando della buona notizia. Sentì la mano calda di Jack accarezzarle ancora la guancia, e riprese a guardarlo… i suoi grandi occhi blu erano velati dalla stanchezza e da un’angoscia buttata alle spalle solo da poco, ma soprattutto erano colmi di… tristezza. Era in ospedale, a giudicare dalla stanza, e lui era con lei…

 

“…cosa…” la voce era troppo fioca, così provò a schiarirsi un po’ la gola. “…cosa è successo?”

 

Jack le scansò la frangia dalla fronte. Ora non sorrideva più. “Frank Famble non ti ha… non ha avuto la possibilità di farti niente, sono tornato in tempo… e ora non è più un problema.”

 

Amelia cercò il suo sguardo. “Tua sorella…”

 

“La stanno cercando.” Jack abbassò gli occhi. “L’hanno presa quei bastardi… e non puoi convincermi del contrario stavolta, tutto questo maledetto casino è colpa mia.”

 

Lei voltò leggermente la testa verso di lui, guardandolo in faccia. Era così stanco, così pallido e cupo, era evidente che dopo quanto era successo i sensi di colpa se lo stessero mangiando vivo.

 

“I-Io… io vorrei chiederti scusa per quello che ho fatto, ma so che non mi potresti perdonare mai.” Jack chiuse forte gli occhi e si avvinghiò alla mano di lei che stringeva forte. “Ho reagito come un ragazzino… non ti ho voluto ascoltare, e guarda che ho combinato… Katie è in pericolo, e per poco tu e nostra figlia non ci rimettevate la vita… se mi odi fai bene, è giusto, me lo merito… non me la sento nemmeno di chiederti di non lasciarmi, perché dopo il male che ti ho fatto è il minimo che mi devo aspettare. Non…” le lasciò la mano, e cercò di guardare altrove per tenere a bada il groppo in gola. “Giuro che stavolta non ti chiedo niente, anche se ci sto morendo dentro, ma tu hai solo ragione ad odiare un verme come me… non mi meriterei mai una figlia adesso, dopo aver permesso che la uccidessero quasi… a-anzi, se vuoi esco, ci sono tutti gli altri qui fuori, Dan o Simon possono starti vicino molto meglio di me…”

 

Amelia gli strinse la mano attorno al polso quando lo vide alzarsi in piedi per andarsene, e così facendo non solo lo trattenne, ma riuscì ad avere anche il suo sguardo. Si guardarono negli occhi per un lungo momento, poi lei gli fece scivolare la mano sottile lungo il corpo finchè non ebbe raggiunto il suo petto… lì la tenne ferma sul suo cuore. Batteva così forte, batteva come un tamburo impazzito…

 

Jack la vide sorridere dolcemente e aprì e chiuse la bocca un paio di volte, incapace di dire qualcosa di utile. Coprì la sua mano con la propria, e la guardò in cerca di una spiegazione… quando gli fece cenno di avvicinarsi, lui si chinò su di lei.

 

“Io ti sento…” gli sussurrò piano Amelia, toccandogli le orecchie. “…non qui…” poi riportò la mano sul suo cuore. “…qui.”

 

Jack sentì il groppo in gola amplificarsi, e gli venne fuori un sorriso quasi lacrimoso. “Che cosa senti?” le chiese con un filo di voce strozzata.

 

Amelia prese una delle sue mani grandi e se l’appoggiò sulla pancia. “…che ci vuoi bene…”

 

“Allora hai sentito male… io vi adoro.” Jack non ebbe il minimo riguardo per l’aria stanca di lei, la baciò e lo fece con tutto il suo amore e le sue emozioni, che mai come in quel momento andavano a mille all’ora, la strinse fra le sue braccia nel tentativo di proteggerla anche dall’aria, e quando sentì una delle sue mani sottili che si insinuavano sulla nuca, gli parve di toccare il cielo con un dito. Per un momento tutto sfumò… la guerra, Katie in pericolo, la battaglia che avrebbero dovuto affrontare, il sangue di cui dovevano macchiarsi le mani più di quanto non avessero mai fatto prima… perché Amelia era di nuovo al suo fianco. E non c’era nulla che insieme non avrebbero potuto affrontare e vincere.

 

Amelia lo allontanò con dolcezza per riprendere fiato, ma fu più che felice quando lui non rinunciò a tenerla fra le braccia… ora si sentiva protetta, si sentiva amata… si sentiva bene. Si rannicchiò contro il suo petto, col viso nel suo collo, e lasciò che la sensazione delle carezze e delle parole amorevoli di lui la facessero sentire sempre meglio, cancellandole dagli occhi la faccia di Frank Famble e dalle orecchie le sue risate vittoriose. Ebbe un brivido, ma si sentì stringere ancora di più… Jack aveva ragione. Ora erano insieme, era tutto a posto. E la piccola stava bene. Potevano affrontare tutto il resto insieme.

 

“Scusate tanto il disturbo, eh!”

 

Jack fece una smorfia nel vedere il suo amico Marsh sulla soglia della porta, e non accennò a mollare Amelia. “Ehi, mi sto occupando io della mia piccoletta, non ci serve un guaritore.”

 

Marsh aveva un sorriso furbesco che gli andava da un orecchio all’altro. “Per quanto in questo momento darei oro per avere una macchina fotografica e spedire questa foto alla Gazzetta del Profeta, ufficialmente devo fare il mio dovere e assicurarmi che questo titano in miniatura stia bene.”

 

Amelia sorrise, Jack invece mise su la sua espressione più orgogliosa. “Arrivi tardi, bello, sono ore che la febbre è andata via, sia la piccola pulce che la mamma stanno che è una bellezza… giusto, amore?”

 

Marsh ridacchiò. “Arrivo tardi, eh? Che strano, mi sembrava proprio di essere passato stamattina presto, solo che un certo salame rosso dormiva con la bocca spalancata tipo cane bavoso…”

 

Jack guardò Amelia e scosse la testa. “Altro che guaritore, il guardone questo doveva fare.” Lei rise piano contro il suo petto.

 

Marsh scansò l’amico in modo allegro… era tutto diverso dalla notte precedente. “Avanti, muovi il culo… vogliamo vedere la pupetta? Ha fatto la monella, ma è di fibra tosta, eh? Tutta la mamma.”

 

Amelia si accarezzò la pancia. “E’ salva… vero?”

 

“Mentre dormivi stamattina ho fatto un piccolo controllo, scoppia di salute, tesoro. Adesso ti faccio prendere un paio di pozioni che ti rimetteranno in piedi in una manciata di ore, sarà una vera e propria esplosione di salute.” Marsh le scoccò un occhiolino. “E a proposito di esplosioni… c’è qualcuno che muore dalla voglia di salutare la nostra mammina.”

 

Il ragazzone si fece indietro, mostrando lo specchio-vetro dietro cui stavano spiaccicati tutti, Dan e Sarah, Chad e Julie, Simon e Mel, intenti a salutare come dei pazzi ridendo di gioia. Jack sollevò i pollici in alto, ridendo felice, e Amelia sorrise dolcemente e fece un debole cenno di saluto con la mano. Era bello poter ridere per una bella notizia, anche se solo per qualche istante…

 

 

***************

 

 

“Non ci posso ancora credere.” Julie scosse la testa, e i lunghi capelli ramati le si agitarono sulle spalle. “Sono felicissima per Amelia, e sono angosciata fino all’inverosimile per Katie… sarà umano provare delle sensazioni così contrastanti nello stesso momento?”

 

Chad fece una smorfia buffa, mentre insieme camminavano verso il bar dell’ospedale. “Si, se accadono due cose così opposte come la guarigione completa di Amelia e il rapimento di Katie.”

 

“Si, si, ma in entrambi i casi io mi sento una spettatrice passiva, e la cosa non mi piace per niente!” Julie si passò una mano fra i capelli soffici, sbuffando. “Se solo potessi dare una mano più concreta, non so neanche io come, mi sentirei meglio…”

 

“Più concreta di così, ti sei sobbarcata la spesa di sette caffè più una dozzina di cornetti caldi!”

 

“…ecco, lo sapevo! Ho pure dimenticato il portafogli di sopra! Che sfortuna nera…” Julie sbuffò ancora, appoggiando le mani sui fianchi in un modo assai simile a quello di sua madre. “Anticipami i soldi, per favore, vado di sopra a prendere la borsa.”

 

“Stavo in pensiero.” Fece rassegnato Chad, mentre si cacciava di tasca il portamonete e si avviava verso la cassiera del bar – alquanto scandalizzata dalla scritta ‘WARNING: ATOMIC POWER HERE’ sulla sua maglietta.

 

Julie pigiò il bottone dell’ascensore e attese che questo arrivasse, ma non ci volle poco tempo… e nel frattempo notò di non essere più la sola ad aspettare: c’era anche un ragazzo castano con un berretto nero calato sulla fronte. Irritata per la lentezza dell’ascensore, Julie imprecò a bassa voce e pigiò ripetutamente il bottone.

 

“Sei tu Julie Potter?”

 

Julie spostò lo sguardo basito sul ragazzo, e istintivamente trasse un passo indietro. Non erano tempi in cui era una cosa positiva che uno sconosciuto sapesse il suo nome. “Chi sei tu?”

 

“Non c’è tempo per le presentazioni. Sono qui per la piccola Weasley.”

 

Julie spalancò gli occhi. “Katie?! Cosa ne sai?? Dov’è, sta bene? Ma chi diavolo sei tu?!”

 

“Andiamo a parlare in un posto sicuro.” Anthony la sospinse per il gomito verso l’ascensore, che finalmente era arrivato e si era svuotato dalla folla di persone che erano scese, ma non appena i due ragazzi furono entrati sopraggiunse una furia coi capelli biondi e blu, che costrinse Anthony contro una delle pareti dell’ascensore, bacchetta piantata nella gola senza tanti complimenti. La porta si chiuse dietro di loro con un piccolo ‘tic’.

 

“Chad, no!” protestò Julie.

 

“Se la tocchi di nuovo, ti faccio cadere le mani.” Sibilò il ragazzo.

 

Julie sbattè con rabbia la mano sul bottone per bloccare l’ascensore. “Sa qualcosa di Katie, maledizione!”

 

Chad non si mosse. “Questa è un’altra dannata trappola, Jay.”

 

Anthony mantenne degli straordinari nervi saldi… aveva calcolato che tutto questo potesse avvenire. “Rilassati, specie di punk… non sono armato e non è una trappola. Mi ha mandato qui Alex Templeton.”

 

Chad fece una risata aspra. “Ma che referenze di merda ti sei scelto, amico mio… Alex Templeton ci ha venduti al nemico come cani, non è esattamente un modello di onestà.”

 

“Alex sta morendo per salvare quella ragazzina!” replicò rabbiosamente Anthony. “E’ innamorato di lei, si è messo nei guai per salvarla, e se sono qui è perché sono suo amico e lui vuole salvare Katie Weasley a tutti i costi.”

 

Julie si morse le labbra. “Come facciamo a fidarci di te?”

 

Anthony fece una smorfia irritata. “Non vi devo certo supplicare io. So dov’è tua cugina, posso farvi arrivare da lei… e se non mi credete bene, cazzi vostri, ma non vorrei essere al vostro posto una volta usciti da qua dentro… quando saprete che avreste potuto fare qualcosa per salvare la ragazzina e invece non avete alzato un dito per diffidenza.”

 

Chad continuò a guardarlo in cagnesco, sembrò perfino sul punto di sputargli addosso qualche frase velenosa, ma Julie gli abbassò la mano in cui stringeva la bacchetta.

 

“Voglio che tu mi dica tutto quello che sai. E bada a te… se mi accorgo che ci stai prendendo per culo, ti giuro che ti cuocio a fuoco lento come un maledetto tacchino al forno.”

 

 

 

************************

 

 

 

Prima di tutto, io vi devo delle scuse… non è da me sparire per un mese intero e non aggiornare la mia storia! Ma non è stata esattamente colpa mia… contate che questo chap era nella mia testa da un sacco di tempo, e il prossimo lo è ancora di più… ma è stato un mese che dire caotico è dir poco! O_____o Innanzitutto ho dato i miei primi due esami (il prossimo è dopodomani!) all’università e sono andati benone (27 e 28), in più la mia adorata sorellona ha discusso la tesi e si è laureata proprio la settimana scorsa con… un 110 spettacoloso! *^_________^* E adesso si può dare tranquillamente alla specialistica, beata lei… Terzo e ultimo: signori, siate fieri di me… ho trovato un lavoro! XD Così finalmente mi guadagno il pane quotidiano, era una cosa che mi ero ripromessa di fare una volta fuori da scuola e sono felicissima di averlo fatto… anche se rimpiango la calma di prima, perché ora è molto caotico, però va bene così… per il momento mi impegna tutti i pomeriggi, perciò potete immaginare perché non sono riuscita ad aggiornare prima!

 

E’ stato un mese particolare, tutto insieme è successo! Per questo motivo, non me ne vogliate amori miei, non posso rispondere a ognuno di voi come vorrei altrimenti questo capitolo lo pubblico nel 2020… e mi dispiace da morire, perché ci sono un sacco di “new entry” fra i miei recensionisti che per le belle parole mi hanno commossa! Prometto di rifarmi col prossimo chap, senza lauree né esami, almeno posso calcolare meglio i tempi e gestire gli aggiornamenti in modo più ragionevole… purtroppo non dico che aggiornerò una volta al mese (farò il possibile per velocizzare!), ma lavorare e studiare (… e avere possibilmente una vita sociale…) è un gran casino! O_____o Quindi non vi spaventate, non abbandonerò mai e poi mai FMI, ci metterò solo un po’ di più… guardate il lato positivo, visto che siamo alle battute finali, così rimandiamo la fine quanto più si può! ^_____-

 

Prima di ringraziarvi uno ad uno almeno per nome, pochi piccoli avvisi:

 

Alle ragazze a cui avevo promesso una dedica per questo chap: considerate che il vostro nome sia lassù, dolcissime, ma ho proprio dovuto dare la precedenza alla Judie, che mi ha dato la notizia più bella che si potesse dare… non potevo resistere! *^___^*

 

Alle fan del forum su HP di Inzaghina e Heather… VI ADOROOOOO!!!!! XD ::lol:: Mi accettate anche se posto poco? Perché ogni tanto vengo a guardarmi il vostro forum, specie le sezioni Kickers, ed è così bello… *.* Voglio farne parte pure io!! °^____^°

 

A tutti quelli che di recente mi hanno scritto una mail: non ne ho ignorata neanche una, anzi… sono tutte scrupolosamente conservate in una cartellina! Negli ultimi tempi ho sfruttato ogni secondo libero al pc per scrivere questo chap, ma adesso che è finalmente finito, uno alla volta risponderò a tutti! ^______-

 

A Judie… già sai! ^_____- Ti adoro, e adoro il Sovversivo!!! *^_______________^*

 

…ecco, detto tutto ciò, vorrei abbracciare davvero di cuore, ma proprio tanto, tutti quelli che hanno recensito con pazienza lo scorso chap… e soprattutto che non mi hanno minacciato di morte per lo scandaloso ritardo! >______< E sono:

 

Ruka88, Giugizzu, Iceygaze, Elly, Strekon, Lily, Marikotter, Heather, Caillean, Hiromi, MandyJJ, MM1981, Rachele90, Angele87, Saty, Roby92, Syssy5, Daisy05, Anduril, Lilychang, Sharkie, Marty92, Alewen, Larya, Karien, Saphira89, Vale, Giuggy, Sirius4ever, Euridice, Fabry, Kim, Lazyl, Carol87, Selphie, Meggie, Avana Kedavra, ValeWolf, Maga Magò, Deepderk, Ayashi, Cloe Sullivan, Ale, Cho Potter, Inzaghina, Daffydebby, Judie, Lady Numb, Phoebe80, Nagini, Giuggia89, Lilith, Topomouse, Dark_Iori, Aantos, Pyros Ikari, FedeHermy, Miky Black, Funkia.

 

…credo di non aver dimenticato nessuno! *^____^* In ogni caso, dal momento che quando non mi dedico all’angolino dei thanks mi sento profondamente colpevole, se nei commenti del chap precedente c’era qualche domanda a cui tenevate e io, povera polla con l’aviaria, non ho potuto dar risposta, non esitate e rifatemela! Bene, e adesso è proprio ora di nanna, domani si lavora e c’è in programma il ripassone pre-esame… vi voglio benissimo, grazie ancora se non avete smesso di seguirmi nonostante la mia incostanza… e ci vediamo – speriamo con tanti commentuzzi ancora! – al prossimo chap “Non dire addio” (X_____x) Sau ragassuoli, buonanotte! ^_____-

 

Sunny

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 66 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Sunny