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Autore: bluemary    22/05/2011    2 recensioni
La donna sollevò lo sguardo senza rispondere, rivelando gli occhi che fino a quel momento si erano rivolti altrove. Incapace di muoversi, la guardia la fissò sconvolto. L’iride nerissima era frammentata da piccoli lampi di grigio, come delle ferite che ne deturpavano l’armonia, donando al suo sguardo una sfumatura intensa quanto inquietante; ma era stato il centro stesso dell’occhio ad aver attratto da subito l’attenzione dell’uomo, che adesso la fissava quasi con terrore, le mani strette convulsamente alla lancia ed il respiro affannoso: al posto del nero della pupilla, si stagliava il bianco tipico degli Oscuri.
Cinque sovrani dai poteri straordinari, una ragazza alla ricerca della salvezza per una razza intera, un umano con la magia che sembra stare dalla parte sbagliata. Benvenuti su Sylune, una terra dove la speranza è bandita e dove gli ultimi uomini liberi lottano per non soccombere.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sylune'
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-Capitolo 22: La fuga-

L’Etereo aiutò Sky a rialzarsi, assicurandosi con una rapida occhiata che le funi con cui era stata legata fin troppo strettamente non le avessero causato alcun danno, quindi si diresse un po’ titubante verso l’assassina.
- Tutto bene?
Rafi si rimise in piedi barcollando, pallidissima.
Non degnò di uno sguardo i suoi alleati, tutto il suo essere stava lottando contro la nausea ed il sordo dolore che la trafiggeva ad ogni respiro, eppure, mentre si soffermava a studiare il cadavere dell’Oscuro ai suoi piedi, il suo volto lasciò trasparire un lampo di esultanza.
- Fuori uno. - mormorò, prima di accasciarsi contro il muro, una mano premuta contro la fronte ed il braccio stretto al fianco ferito.
- Rafi! - esclamò la ragazza più giovane, mentre già il mago si era lanciato in suo soccorso.
L’assassina gli puntò la spada al petto, con la mano che le tremava.
- Stammi lontano! - ringhiò.
- Ma tu sei ferita. - disse ancora Sky, nel vano tentativo di avvicinarsi a lei.
Senza staccare il braccio sinistro dal fianco, Rafi rivolse l’arma contro la compagna.
Nel suo sguardo glaciale ora velato dalla sofferenza si leggeva chiaramente il suo desiderio di prenderli a pugni entrambi, frenato solo dalla debolezza.
- La prossima volta, invece di fare gli idioti, uccidetelo subito.
Respirò profondamente un paio di volte e le parve che il dolore annidato nel suo fianco si espandesse come un’impietosa fiammata fino alla gola ed ai polmoni, tuttavia non emise un singolo gemito. Sotto gli occhi preoccupati dei due ragazzi parve racchiudersi in se stessa per contenere la sofferenza che la attanagliava, fino a quando, un secondo alla volta, le fitte al corpo ferito scemarono in un acuto ma sopportabile pulsare. Sempre combattendo contro la stanchezza che minacciava di sopraffare la sua coscienza, rinfoderò la spada e rivolse ai suoi alleati lo sguardo più imperturbabile di cui fosse capace, ignorando le loro espressioni interrogative.
Nonostante tutti i suoi sforzi, Kilik e Sky si erano accorti subito del suo comportamento sofferente e, per quanto l’assenza di sangue o ferite visibili sul suo corpo fosse almeno in parte una rassicurazione, non riuscivano a scacciare un consistente senso di angoscia per le sue condizioni.
Un colpo sordo alle loro spalle li fece voltare verso le porte principali.
Sconvolti dalla brusca rottura del contatto mentale con il loro padrone, i soldati si erano infine decisi a sfondare le porte e controllare cos’era successo.
Subito Kilik e la spadaccina cominciarono a studiare le pareti della sala in cerca della loro via di fuga: secondo la mappa che Lensin, l’amico di Alista, aveva disegnato per loro, ci sarebbe dovuta essere un’uscita segreta in quella stanza, attraverso la quale Ghedan poteva accedere comodamente alle celle nel seminterrato, e, una volta raggiunta quella parte del castello, sarebbe stato molto più semplice scappare.
Dopo qualche tentativo sui muri attigui, Sky si diresse verso la parete dietro il trono e sollevò un pesante arazzo decorato con fili d’oro e pietre preziose, rivelando una porta incisa nella pietra e praticamente impossibile da intravedere se non si fosse saputo fin dal principio cosa cercare.
In un secondo Kilik fu al suo fianco, pronto a lasciare per sempre quel luogo che puzzava di sangue, ma l’esclamazione di Sky lo spinse a guardarsi alle spalle.
La ragazza più vecchia era ancora accasciata contro il muro e sembrava in bilico tra la veglia e l’incoscienza. Il volto pallido, ancora più bianco del solito, era contratto per la sofferenza e gli occhi chiusi facevano presagire che fosse prossima ad uno svenimento.
Subito l’Etereo la raggiunse, pronto se necessario a sostenerla nella fuga.
La sua sollecitudine nei confronti dell’assassina non era causata da un ipotetico desiderio di amicizia, quanto dal profondo senso di colpa per le proprie azioni: era stata Rafi a pagare il prezzo più alto per l’uccisione di Ghedan. Anche se non sapeva che genere di ferita la stesse facendo soffrire in quel modo, poteva ancora sentire attorno a lei una debole aura magica, sicuramente causata dall’ultimo incantesimo che le aveva torturato il corpo, e non poteva esimersi dal provare un acuto senso di rimorso nei suoi confronti.
Le si avvicinò per scuoterla, ma, un attimo prima che potesse sfiorarle la spalla, Rafi aprì gli occhi di scatto.
- Non mi toccare! - esclamò, schiaffeggiandogli la mano.
Il ragazzo fece un passo indietro e si morse le labbra per non replicare, mentre l’assassina raccoglieva le forze per staccarsi dal muro e rimanere in piedi senza alcun sostegno.
- Riesci a muoverti? - chiese Sky, avvicinandosi cautamente a lei.
Rafi si esibì nel suo solito sorriso sprezzante, questa volta più accentuato del solito.
- Perché non dovrei?
Nonostante il pallore, pareva essersi ripresa quanto bastava per camminare senza incertezze verso il corpo esanime dell’Oscuro.
- Sbrigati, non c’è tempo! - le urlò Kilik, quando la vide chinarsi su di lui
- Nessuno ti ha chiesto di aspettarmi. - replicò l’assassina.
Indifferente al clamore dei soldati fuori dalle porte ed all’urgenza presente nello sguardo dei suoi due alleati, afferrò il pugnale ancora conficcato nel corpo di Ghedan e lo estrasse con un colpo secco, ripulendo con le dita lo schizzo di sangue che aveva imbrattato la grande “L” incisa rozzamente sull’impugnatura.
Nonostante le sue parole, i due ragazzi erano rimasti ad attenderla e si mossero solamente quando lei li raggiunse.
In pochi secondi sgusciarono attraverso il passaggio che dava su una scalinata di pietra, mentre i colpi contro le porte divenivano sempre più forti.
- Perché dovrebbero cercare di ucciderci? In fondo abbiamo liberato Sylune da un oppressore! - esclamò Sky.
Kilik si appoggiò alla porta, richiudendola con il proprio peso.
- Non penso che prenderanno bene la morte di chi li pagava.
Per una delle rare volte l’assassina gli diede ragione.
- I soldati di Ghedan sono feccia. I peggiori assassini e delinquenti di Sylune. Per loro uccidere non è un lavoro, ma un divertimento. - commentò seccamente, prima di avviarsi lentamente verso il corridoio a stento illuminato dalle torce che si intravedeva alla base della scalinata.
Per un attimo l’Etereo fu tentato di lanciarle una provocazione, evidenziando la sua somiglianza con quegli uomini dell’impero, ma le condizioni della compagna lo dissuasero subito dal cominciare uno scontro da cui non avrebbe ricavato alcuna soddisfazione per la vittoria.
Una volta giunti in fondo alla ripida scalinata, si ritrovarono in un cunicolo buio e maleodorante, con una rientranza alla loro sinistra dove erano situati un tavolo e pochi mobili, probabilmente il posto in cui i soldati potevano sedersi e controllare che nessun prigioniero tentasse la fuga.
Delle guardie nessuna traccia.
- Kilik, cosa stai aspettando? - chiese Sky, non appena si rese conto che l’amico era rimasto indietro.
- Voi intanto andate avanti. - disse l’Etereo, mentre adocchiava alcune panche abbastanza pesanti da poter rinforzare la porta di pietra.
La spadaccina scosse la testa.
- No, ce ne andiamo tutti assieme.
Kilik sorrise, notando il suo sguardo preoccupato.
- Non voglio mica fare l’eroe. Ma se riesco a bloccare la porta guadagneremo del tempo prezioso.
Conscio di come lui fosse l’unico con la forza necessaria a spostare quelle pesanti panche, viste le precarie condizioni di Rafi, sollevò la prima e si diresse verso la scalinata, con l’intenzione di usarla per barricare l’ingresso segreto.
Sky gli si avvicinò, nel tentativo di afferrare un lato del mobile.
- Allora ti aiuto.
Il ragazzo scosse la testa.
- Non possiamo battere i soldati in rapidità, abbiamo bisogno di un po’ di vantaggio. - si bloccò un attimo, lanciando un’occhiata eloquente verso Rafi - Una volta che avrò finito vi raggiungerò di corsa.
Sky comprese subito il significato implicito di quello sguardo: si erano accorti entrambi che l’assassina non sembrava in grado di avanzare molto rapidamente e non sarebbe mai riuscita a sfuggire ai soldati né a combatterli se si fossero fatti raggiungere. Inoltre, indeboliti com’erano dalla battaglia appena conclusa, solo nella più utopistica delle visioni avrebbero potuto uscire vittoriosi in uno scontro in forte inferiorità numerica con le guardie del castello.
Il mago approfittò del silenzioso assenso della spadaccina per accostare la panca alla porta, mascherando la stanchezza con un sorriso. In condizioni normali sarebbe riuscito a spostare il mobile senza troppa fatica, tuttavia l’uso dei suoi poteri l’aveva debilitato più di quanto pensasse e quel breve sforzo era bastato a prosciugarlo di ogni energia.
Fingendo indifferenza si appoggiò al muro, nella speranza che l’amica non si rendesse conto della sua debolezza.
- Voi intanto andate, io vi raggiungo tra qualche minuto. - promise, senza perdere il sorriso.
Dopo un attimo di incertezza la spadaccina annuì e riprese a camminare rapidamente verso il corridoio illuminato dalle torce, mentre Rafi la seguiva barcollando, con la mano premuta contro il fianco.
Il mago le seguì con lo sguardo.
- Fate attenzione! - le ammonì, un attimo prima che le sue alleate svoltassero l’angolo, scomparendo dalla sua vista.
Per loro fortuna quel consiglio si rivelò del tutto superfluo, visto che le poche guardie ancora presenti nei sotterranei non erano minimamente preparate ad un combattimento e vennero uccise senza alcuna difficoltà dalla spadaccina.
Dopo un paio di svolte ed un’ulteriore scalinata meno ripida della precedente, le due ragazze giunsero nella parte più profonda delle segrete, dov’erano tenuti gli sventurati con cui Ghedan si divertiva a passare il tempo.
La vista di alcuni prigionieri coperti di stracci incrostati di sangue le congelò sul posto.
Gli uomini e le donne incatenati alle pareti sembravano delle grottesche imitazioni di esseri umani: ad alcuni erano stati tolti gli occhi e le orbite vuote, prive anche delle palpebre, parevano fissarle; altri avevano squarci tanto profondi che le ossa spiccavano nitide attraverso i lembi di pelle nerastri e coperti di croste e sporcizia. I più fortunati erano legati in modo da potersi sedere sulla fredda pietra che rivestiva i sotterranei di quel castello, ma la maggior parte di essi erano sospesi a qualche centimetro dal pavimento.
Sky soffocò un grido con la mano e perfino Rafi non poté trattenere un gemito d’orrore quando si rese conto che quei corpi pieni di ferite e tanto magri da sembrare degli scheletri ricoperti di pelle appartenevano a delle persone ancora in vita.
Reprimendo un conato di vomito, la ragazza più giovane si accinse a passare oltre, ma l’assassina la trattenne per un braccio.
- Uccidili. - le ordinò, pronunciando quella parola con evidente fatica.
- Ma… - provò ad obiettare la spadaccina, subito interrotta dall’aspra voce della compagna.
- È l’unico modo per porre fine alle loro sofferenze.
Con le lacrime agli occhi, Sky affondò la lama in quei corpi contorti ed irriconoscibili che un tempo erano degli esseri umani, regalando loro la morte che tanto a lungo avevano atteso nei giorni precedenti.
Proprio quando l’ultimo di quegli sventurati cadde a terra esalando l’ultimo respiro, un rumore di passi proveniente dalle loro spalle le fece voltare entrambe, l’una con le spade sguainate, pronta allo scontro, l’altra, troppo debole per poter utilizzare la sua arma preferita, con la mano già stretta al pugnale.
Pochi secondi più tardi, con immenso sollievo, videro il volto ansante dell’Etereo far capolino in quell’angusto corridoio.
- Spero solo che le panche con cui ho sbarrato la porta reggano per qualche minuto. - commentò - Però è meglio se ci sbrighiamo ad andarcene, ho sentito che i soldati sono riusciti ad entrare nella sala.
Si guardò attorno e la voce gli si smorzò all’improvviso.
- E questo cos’è, una sorta di cimitero?
Sky deglutì a stento, sentendo l’aspro sapore dei propri succhi gastrici che minacciava di invaderle la bocca.
- Erano vivi. - mormorò.
L’Etereo si voltò a fissarla.
- Cosa?!
Il suo sguardo allibito vagò sui cadaveri senza riuscire a concretizzare l’orrore di quella scoperta, poi un pensiero improvviso lo scosse, con tale intensità da farlo tremare da capo a piedi.
- Kohori. - sussurrò, cercando invano in quei corpi devastati le familiari sembianze del gemello.
All’improvviso cominciò a correre, incurante delle due ragazze ancora ferme in mezzo al corridoio, che, prese alla sprovvista lo guardarono sparire senza nemmeno provare a seguirlo.
Avanzando alla massima rapidità con cui Rafi riusciva a camminare, si lanciarono al suo inseguimento attraverso quel passaggio buio e quasi spettrale che le aveva condotte alla scoperta delle perverse abitudini di Ghedan. Dopo pochi passi raggiunsero un altro corridoio, ancora più oscuro del precedente; questa volta le celle erano tutte deserte, fatta eccezione per una sagoma simile ad un ammasso di stracci abbandonata contro la parete.
Kilik era fermo davanti al cadavere di quello che pareva un ragazzo della sua età, con il volto consumato dal tempo ed il torace deturpato da ustioni e bruciature, ancora visibili nonostante fossero passati diversi giorni dalla sua morte.
Incurante della sporcizia e del disgustoso odore proveniente dal suo corpo inerte, gli stava accarezzando una guancia con mano tremante, chiamandolo a bassa voce, come se le sue parole servissero a riportarlo in vita.
Sky lo guardò con gli occhi lucidi.
Durante i giorni scorsi, Kilik le aveva raccontato ogni cosa di Kohori e della sua presunta morte e poteva solo immaginare quale dolore l’Etereo stesse provando nel ritrovarsi fronte al cadavere del gemello. Per un attimo lanciò un’occhiata preoccupata a Rafi, temendo che la compagna si esibisse in una delle sue solite provocazioni, ma, forse a causa della debolezza, forse perché perfino lei poteva non poteva negare un accenno di pietà in simili circostanze, l’assassina si limitò a contrarre le labbra in una smorfia e rimase in silenzio.
Dopo quelli che parvero interi minuti di mutismo ed immobilità, Sky ricordò all’improvviso che presto i soldati li avrebbero raggiunti e quindi non potevano permettersi di perdere altro tempo.
- Kilik… - lo chiamò con tono esitante.
L’Etereo la ignorò.
Con il cuore in gola, la spadaccina fece un passo nella sua direzione.
- Dobbiamo andare. - lo esortò dolcemente.
- Voi andate. - rispose lui, con una voce atona che non aveva mai utilizzato prima.
Sky scosse la testa.
- Presto i soldati arriveranno fin qui. - disse, mentre gli afferrava il braccio con dolcezza, nel tentativo di smuoverlo dalla sua posizione. Nonostante avesse mantenuto la voce tranquilla, tra le sue parole si poteva percepire l’eco della stessa angoscia che le attanagliava il volto.
L’Etereo si liberò dalla sua presa con un brusco strattone, senza nemmeno voltarsi a fissarla.
- Non m’importa, io non mi muovo.
Strinse i pugni, pervaso da una collera quasi priva d’umanità, e per un attimo la spadaccina ebbe davvero paura di lui.
Il suo volto solitamente atteggiato ad un’espressione amichevole, o quantomeno pacifica, si era trasfigurato in qualcosa di terribile: i lineamenti scolpiti dalla collera parevano quelli di un assassino senz’anima; gli occhi non mostravano traccia di lacrime, ma guardavano fisso il vuoto davanti a sé, con un’immobilità inquietante. Le labbra erano contratte in una smorfia minacciosa e per un attimo parve che la magia di cui era in possesso lo racchiudesse tra le sue ali, pronta a saettare in ogni direzione.
Mentre richiamava il poco potere che gli rimaneva, l’Etereo percepì una morsa dolorosa nel suo petto, come se una mano stesse comprimendo i suoi polmoni, impedendogli di respirare, ma lì, dove il cuore pulsava ad un ritmo quasi insostenibile per un essere vivente, poteva percepire la magia, nitida e violenta come mai era stata prima.
La cercò, bramandola con una tale intensità da rasentare la follia, pronto a distruggere il suo stesso corpo pur di poterla utilizzare un’ultima volta. Lasciò che la rabbia fungesse da richiamo e si annullò in essa, senza nemmeno comprendere razionalmente ciò che l’istinto ed il dolore gli suggerivano di fare. E la magia gli rispose, frantumando ogni freno dentro di lui, invadendogli la mente ed i pensieri con un unico ordine di distruzione, vasta, inarrestabile, una forza primordiale che pulsava nelle sua mani in attesa di essere liberata.
Troppo furente per sorprendersi di poter utilizzare ancora il proprio potere, Kilik socchiuse gli occhi viola, lasciando intravedere il cupo bagliore presente nel suo animo, simile ad presagio di morte che si sarebbe abbattuto sui suoi nemici senza alcuna pietà.
Accarezzò un’ultima volta la guancia del fratello ed un’ondata di magia riempì ogni cellula del suo corpo, una forza terribile ed implacabile, che mai gli era appartenuta prima d’ora.
- Li ucciderò tutti.
Sconvolta da questo brusco cambiamento, la giovane rimase a fissare come ipnotizzata il compagno.
Proprio quando la magia stava per concretizzarsi in un’aura oscura e quasi palpabile attorno al suo corpo, Sky lo abbracciò da dietro, appoggiando la guancia alla sua schiena.
- Ti prego, Kilik. Noi abbiamo bisogno di te… Viridian ha bisogno di te!
L’Etereo si irrigidì. Aveva ancora gli occhi fissi sul cadavere del fratello, tuttavia, quando sentì le lacrime della spadaccina bagnargli la schiena e la sua voce tremante ricordargli la sua stessa promessa, la rabbia ed il potere che essa aveva risvegliato parvero abbandonarlo all’improvviso.
Ansimando come se fosse rimasto senza energie, crollò in ginocchio. Solo in quel momento si rese conto di quanto era stato vicino a perdere la vita, consumando in quell’ultima fiammata di collera tutta la magia che gli rimaneva.
Quando si sentì abbastanza in forze per rimettersi in piedi, si alzò ed incrociò gli occhi colmi di lacrime e preoccupazione dell’amica.
Con un movimento dolce, del tutto diverso da quello precedente, la strinse al petto, conscio di non poter esprimere a parole quel variegato intreccio di dolore, rabbia e senso di colpa che si agitava nel suo animo.
- Scusa. - le mormorò.
La ragazza si strinse ancora di più a lui, poi gli rivolse un sorriso appena abbozzato a cui il mago rispose con una rapida carezza sulla guancia.
Una volta che si furono allontanati di un passo, Kilik sollevò lo sguardo, sorpreso che Rafi si fosse fermata qualche metro più avanti per aspettarli, ma forse era semplicemente troppo esausta per proseguire senza una pausa.
- Andiamo. - mormorò, avviandosi assieme alle due ragazze verso la parte di corridoio ancora inesplorata.
Non incontrarono più nessuno: secondo le informazioni che Lensin aveva dato loro non c’erano guardie adibite a controllare i prigionieri ventiquattro ore al giorno e ormai tutti gli uomini di Ghedan erano accorsi nella sala del trono, per capire cosa fosse successo al loro re.
Dopo qualche altro minuto di cammino giunsero infine in una stanza rotonda, dove mezza dozzina di soldati stavano passando il tempo sonnecchiando o giocando a dadi. Il loro arrivo li prese totalmente di sorpresa, così Sky non ebbe alcun problema ad affrontarne un paio e Kilik, ancora in parte pervaso da quella rabbia incontenibile e quasi folle che lo aveva infiammato qualche minuto prima, uccise i rimanenti con i suoi pugnali.
Frugando i loro cadaveri trovarono poi le chiavi con cui poter aprire la porta dinanzi a loro, forse l’ultima barriera per la libertà. Consci di aver perso fin troppo tempo in quel sotterraneo, la varcarono di corsa e si lanciarono su per la ripida scalinata, probabilmente utilizzata dai soldati di guardia per poter raggiungere direttamente l’esterno, che li portò ad una piccola porta in superficie.
La aprirono, guardando cautamente fuori per controllare che non ci fosse nessuno a sorvegliare quell’uscita, e, rapidi e silenziosi, sgusciarono all’aperto, attenti ad allontanarsi dal castello il più discretamente possibile.
Dopo qualche metro Sky lanciò uno sguardo alle sue spalle, preoccupata per l’amica, ma Rafi pareva aver essersi ripresa quanto bastava per camminare senza sforzo a pochi passi da loro. La spadaccina continuò quindi ad avanzare a fianco del mago, pronta ad ogni secondo a lottare per la vita contro le sentinelle dell’Oscuro, ma, a quanto pareva, la confusione generata dalla morte di Ghedan aveva impedito ai soldati di compiere il regolare turno di guardia lungo il perimetro del castello, perché non incontrarono nessuno.
Continuarono ad avanzare con cautela, utilizzando i cespugli e gli alberi come copertura fino a quando non si reputarono abbastanza distanti per poter uscire allo scoperto. Finalmente liberi, corsero fino ai cavalli legati nella parte più fitta di un bosco poco vicino, mentre nel palazzo alle loro spalle si spargeva la notizia della morte di Ghedan.

Kyzler stava camminando con gli occhi socchiusi, assaporando con piacere quasi infantile il contatto con il suolo ancora umido di pioggia.
Amava l’erba.
La carezzò ancora una volta con il suo passo leggero ed in quel momento di pace e tranquillità la pesante oppressione che si agitava nel suo petto parve annullarsi tra lo stormire delle foglie ed i mille rumori della natura.
Corrugò la fronte quando un urlo di donna turbò la quiete perfetta di quel bosco.
Alla sua destra apparve all’improvviso una fanciulla, tesa in una corsa disperata per poter sfuggire ai due briganti che la seguivano. Nonostante fosse il terrore a guidare le sue gambe sottili, non riuscì a distanziarli e presto cominciò a perdere terreno, accorgendosi con un gemito d’orrore dei suoi aggressori sempre più vicini.
L’Oscuro guardò senza espressione gli uomini a pochi metri da lui che erano infine riusciti a raggiungere la giovane ed ora, ridendo della sua paura, stavano cercando di spogliarla dei suoi abiti.
Stanco delle sue grida e due suoi tentativi di liberarsi, uno dei due la zittì con un violento manrovescio, spaccandole il labbro. Con un gemito la ragazza si portò le mani al volto per lenire il dolore del colpo improvviso, ma con quel gesto istintivo permise ai suoi aguzzini di avere libero accesso al suo corpo e ben presto dai vestiti strappati cominciò ad apparire la sua pelle nuda.
Kyzler le si avvicinò, lo sguardo fisso sul rivoletto di sangue che da un lato della bocca le stava colando sul mento.
I suoi occhi sbiaditi seguirono la prima goccia vermiglia nella sua discesa, fino a vederla frantumarsi in mille invisibili schizzi su uno stelo d’erba, donandogli parte del suo colore.
- Andatevene. - mormorò.
- Che cosa?! - esclamò il più grosso dei due malviventi, come se solo in quell’istante si fosse accorto di lui, mentre il compagno scoppiava a ridere, pregustando un ulteriore atto di violenza.
Kyzler continuò a fissare l’erba ai suoi piedi, senza degnarli di uno sguardo.
- State insudiciando il mio bosco.
Il brigante che aveva parlato si unì alla risata dell’amico, prima di alzarsi in piedi per fronteggiare il suo interlocutore.
- Il tuo bosco? Ragazzino, ti consiglio di andartene se non vuoi fare una brutta fine. - disse, brandendo un lungo pugnale per rendere le sue parole ancora più minacciose.
Finalmente l’Oscuro sollevò lo sguardo, permettendo ai due uomini di riconoscere le bianche pupille del quinto re di Sylune.
Completamente pietrificati dal terrore, i briganti rimasero muti e tremanti per diversi secondi, prima di riuscire ad inginocchiarsi davanti a lui.
- V…vi chiedo perdono, mio signore.
- Per favore, lasciateci andare. Non volevamo offendervi. Prendete pure la ragazza, se volete.
Gli occhi dell’albino divennero totalmente inespressivi, cancellando quell’antica malinconia che solitamente lasciavano affiorare durante le sue passeggiate solitarie.
- Avete deturpato i miei possedimenti.
- Ve lo giuro, non volevamo fare nulla di male. Lasciateci in vita e vi serviremo fedelmente come soldati fino alla nostra morte. - supplicò il più grosso dei briganti, chiedendosi se avrebbe avuto abbastanza coraggio per tentare una fuga disperata, magari lasciando il compagno e la giovane in balia dell’Oscuro.
Kyzler rimase in silenzio per qualche secondo, il volto teso verso l’orizzonte.
- Quanta verità ci può essere in una promessa nata dalla paura? - sussurrò, una domanda apparentemente rivolta a se stesso più che ai due uomini inginocchiati di fronte a lui.
Non fece alcun cenno, si limitò a fissare negli occhi i malviventi.
Come se avesse dato loro un ordine perentorio, i due si alzarono di scatto con i coltelli sguainati e si attaccarono.
Incuranti delle ferite che si infliggevano a vicenda, continuarono a pugnalarsi, sotto lo sguardo terrorizzato della loro vittima e l’espressione impassibile dell’Oscuro. Le loro grida di dolore crebbero d’intensità fino a spegnersi in un roco gorgoglio, quando, nello stesso momento, si colpirono alla gola.
Kyzler li vide cadere al suolo e contorcersi nel loro stesso sangue senza alcun cambiamento d’espressione.
Una volta che i due uomini giacquero immobili, si volse verso la ragazza, ancora a terra.
I suoi occhi spalancati dal terrore erano fissi su di lui, ma non c’era alcuna razionalità nel suo sguardo, come se la paura avesse soffocato qualunque emozione, rendendola cieca e sorda. Tremava in maniera convulsa e nemmeno quando il sangue dei suoi aguzzini giunse a lambirle un piede nudo diede segno di accorgersi di ciò che accadeva accanto a lei. Semplicemente incapace di proferir parola, rimaneva immobile, in attesa che quell’Oscuro decidesse il suo destino.
Il mago le diede le spalle.
- Vattene.
Lei non rispose, non cercò nemmeno di coprirsi con i brandelli di abiti che le rimanevano.
Kyzler attese invano che la ragazza, troppo terrorizzata per muoversi, lo lasciasse solo, ma già quella giovane non gli interessava più, perché in quel momento aveva percepito senza possibilità d’errore la morte di uno di loro.
Sgombrò la mente, fino a quando non vide il castello di Ghedan, la sala del trono infestata dai soldati ed il suo corpo privo di vita al centro di una pozza di sangue. Rapido come il pensiero, vagò ancora tra le stanze di quell’oscuro maniero, penetrando in ogni angolo alla ricerca degli assassini, ma col passare dei minuti lo sforzo con cui stava divinando un luogo in cui non era mai stato si fece sempre più gravoso e presto ogni particolare divenne sfocato.
Riaprì gli occhi.
Non era riuscito a scoprire chi l’avesse ucciso, tuttavia sapeva per certo che erano stati in tre e possedevano la magia.
Un sorriso strano gli accarezzò le labbra.
Incurante della ragazza che finalmente aveva trovato il coraggio per muoversi a piccoli passi verso il villaggio, si sedette sull’erba ancora profumata di pioggia, appoggiando la schiena ad una grande quercia, ed attese la chiamata di Daygon.
   
 
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