Capitolo
Ventidue
u
Pov
Elena
Erano passati due giorni
da quando io e Damon avevamo chiarito tutta la questione in merito alle bugie
che mi aveva detto per cercare di tenermi lontana da lui.
Gli altri erano stati ben
contenti di scoprire che erano tutte bugie e seppur mi sembrava strano, mi era
parso di vedere anche Bonnie rasserenarsi. Sembrava come se lei avesse creduto
davvero alle parole di Damon, ma allo stesso tempo una parte di lei non voleva
crederci e sapere che erano solo bugie l’aveva sollevata tantissimo.
Purtroppo in quei due
giorni non eravamo riusciti a trovare una cura per Damon nonostante tutti ci
impegnassimo tantissimo per farlo. Neppure Tyler in quanto licantropo aveva
idea di come aiutarlo.
Aveva cercato di scovare
nei suoi ricordi relativi al periodo in cui era andato via con Jules ogni
possibile reminiscenza che potesse condurlo alla soluzione del problema, ma non
ne era uscito nulla.
A suo dire, Jules non gli
aveva mai parlato di una possibile cura per il morso di licantropo e io
iniziavo a perdere attimo dopo attimo tutte le speranze.
Damon nel frattempo peggiorava
sempre di più ed erano iniziate quello che più temevo: le allucinazioni.
Aveva, infatti, iniziato a
confondere la realtà con la sua immaginazione, ma soprattutto il presente con
il passato.
Ero nel bagno nella stanza
di Damon e mi stavo lavando la faccia cercando di eliminare ogni traccia di
pianto anche se visti gli occhi gonfi e rossi i risultati di fare un buon
lavoro sarebbero stati davvero irrisori. Sembrava come se mi avessero preso a
pugni talmente sconvolto era il mio viso.
Non volevo farmi vedere
debole e fragile, Damon doveva potermi guardare negli occhi nei suoi momenti di
lucidità e capire che io ero certa che ci fosse una soluzione, che io ero certa
che non sarebbe morto.
Io dovevo essere
assolutamente la mia e la sua forza perché entrambi ne avevamo bisogno. E nonostante
dentro tutte le mie speranze si stavano sciogliendo come neve al sole, al di
fuori non potevo mostrarmi così debole e indifesa.
Mi asciugai con una
tovaglia e poi mi diressi di nuovo in stanza con lo sguardo puntato sul
pavimento, ma non appena alzai gli occhi vidi l’ultima cosa che avrei creduto
di vedere e la mia espressione era una maschera di stupore, preoccupazione e
incredulità.
Vicino al letto c’era la
mia esatta copia che accarezzava delicatamente il viso di un Damon dormiente.
Era talmente intenta a
guardare il volto di lui che non si era neppure accorta che fossi appena
apparsa in stanza.
“Mi dispiace Damon, non
sarebbe dovuta finire così” le sentii sussurrare e mi stupì di quelle parole.
Perché le aveva
pronunciate? Perché sembrava seriamente dispiaciuta? Ma soprattutto con che
coraggio si presentava qui dopo quello che aveva fatto?
Mi domandai come mai
Stefan o Caroline con il loro super udito non l’avessero sentita arrivare, ma
mi ricordai subito dopo che non potevano averla sentita perché erano tornati a
casa Martin per cercare altre informazioni per il nostro problema nei vecchi
libri dello stregone.
Mi voltai e vidi la tenda
della camera svolazzare e la finestra era del tutto spalancata, segno che la vampira
fosse entrata da lì.
La rabbia iniziò a
ribollire dentro di me e mi mossi di qualche passo cercando di avvicinarmi e fu
allora che la lei si accorse della mia presenza e subito scostò la mano dal
volto di Damon e grazie alla sua velocità vampiresca raggiunse la finestra pronta
a saltare da lì per uscire.
“Katherine, aspetta” le
dissi in tono quasi implorante.
Non avevo idea del perché
l’avessi fatto, ma quelle parole bastarono a farla bloccare all’istante.
“Non sarei mai dovuta
venire” mi disse dandomi ancora le spalle.
“E perché l’hai fatto
allora? Perché sei qui?” le urlai stavolta in preda alle lacrime.
Era lei la responsabile di
quello che era successo a Damon e io non avrei mai potuta perdonarla. Gli
avrei, forse, perdonato tutto perché era nel mio carattere cercare e trovare
del buono in tutti, ma quello, no, quello non potevo perdonarglielo.
Mi aveva strappato l’uomo
che amavo, l’unico uomo che, con ogni probabilità, avrei mai amato con
quell’intensità.
“Ciò che mi ha spinto a
venire non ha importanza. Addio Elena” mi disse in tono neutrale continuando a
darmi le spalle.
Mi avvicinai di qualche
passo e ripresi a parlare.
“Aspetta. Devo sapere una
cosa prima che tu vada via” le dissi cercando di calmarmi.
“Cosa?”
“Perché?”
“Perché cosa?”
“Perché hai permesso
questo? Perché hai portato quel licantropo con te? Perché li volevi morti
entrambi?”
Quando terminai di parlare
lei rimase in silenzio per qualche secondo, poi lentamente si voltò verso di me
dandomi la possibilità di guardarla negli occhi e ciò che vidi mi lasciò senza
parole.
I suoi occhi erano velati
di lacrime, lacrime che ero certa lei non avrebbe mai permesso di scendere, ma
c’erano. Erano lì sull’orlo dei suoi occhi che lottavano per scendere.
Non avevo mai visto
Katherine in procinto di piangere, non credevo neppure che fosse possibile.
“Non li ho mai voluti
morti, nessuno dei due” mi disse fissandomi negli occhi.
“Non sembrerebbe da come
ti sei comportata”.
“Se non avessi agito in
quel modo mi avrebbero ucciso loro e tu conosci già il mio motto. Meglio gli
altri che io. Stefan e Damon non mi avrebbero mai lasciato vivere. Dovevo
intervenire”.
Quando terminò di parlare
ogni traccia di lacrima scomparve dai suoi occhi e mi domandai se davvero io le
avessi viste o se fosse stato tutto frutto della mia immaginazione.
Molto probabilmente quella
corretta era la mia seconda ipotesi.
“Dovevi vendicarti di me,
non di loro”.
“Hai ragione”.
Mi stava dando ragione?
Era forse impazzita? Che diavolo era successo alla Katherine che conoscevo?
“Non sono impazzita Elena”
mi disse come se mi avesse letto nel pensiero “semplicemente il mio piano mi è
sfuggito di mano. Dovevi essere tu a soffrire, non loro”.
“Credi che io non stia
soffrendo?” le urlai come una pazza conscia del fatto che Damon era troppo
debole e non si sarebbe svegliato visto che si era appena messo a dormire “mi
hai portato via l’uomo che amo” continuai.
“L’ho portato via anche a
me” si limitò a rispondermi lei.
“Che vuoi dire?”
“Amo Stefan, lo amo
davvero. È stato e sarà l’unico uomo che io abbia mai amato e che mai amerò, ma
anche Damon per me è sempre stato importante e lo anche adesso. Sono state le
uniche due persone da quando sono diventata una vampira per le quali mi sia mai
importato qualcosa e non era questa la fine che volevo per loro. Non volevo che
Damon soffrisse anche nella morte, come se non avesse già sofferto abbastanza
durante la sua vita, e non volevo che Stefan perdesse suo fratello, né che mi
odiasse ancora più di prima se possibile. Volevo solo fare del male a te, tu
che mi hai portato via loro, ma mi è sfuggito tutto di mano perché il
sentimento che unisce loro a te è perfino più forte di quello che unisce me a
loro e questo non l’ho mai compreso a pieno, mai fino ad ora” prese a dire
credo con tutta la sincerità che potesse avere.
“Volevi farmi del male?
Cosa aspetti, Katherine? Sono sola. Stefan e Caroline non ci sono e lo sai
meglio di me altrimenti ti avrebbero sentita arrivare e sarebbero già qui e gli
altri non ci sentono e non verranno. Siamo solo io e te. Una vampira
sanguinaria e il suo peggior nemico che altri non è che una fragile umana.
Avanti, Katherine, uccidimi” le dissi quasi implorante.
Lei scosse la testa e
sorrise quasi sardonica.
“Non ti ucciderò Elena,
non lo farò”.
“Avevi promesso che dopo
avermi fatto soffrire, dopo avermi portato via le persone che amavo mi avresti
fatta fuori. Mantieni la tua promessa”.
La vampira mi osservò
attentamente e mise su nuovamente la sua espressione menefreghista e senza
cuore.
“Ho cambiato idea. Credo
che lasciarti in vita adesso che Damon morirà sarà la punizione migliore per
te” mi disse.
Ci avevo davvero visto del
buono in lei fino a cinque minuti prima? Come avevo potuto? Katherine era
sempre la solita, non sarebbe mai cambiata.
“Perché sei venuta qui
allora? Che diavolo speravi di ottenere?” le urlai in faccia arrabbiata.
Non avevo paura di lei,
non più. Non avevo più nulla da perdere.
“Vuoi la verità Elena? La
vuoi davvero?” mi chiese.
“Si”.
“Bene, ti accontenterò.
Quando qualche mese fa ho deciso di tornare a Mystic Falls volevo solo vendicarmi
di te, di te stupida umana che avevi rubato il cuore non a uno, ma ad entrambi
i Salvatore. Ho cercato di fare qualunque cosa per portare avanti il mio piano
fino alla fine, ma qualcosa è andato storto nel momento in cui mi avete
rinchiuso nel seminterrato. In quel momento mi sono detta che non c’era nulla
che potessi fare per ferirti, per farti del male, perché tu avevi qualcosa che
io non avevo. Avevi Stefan, avevi Damon e soprattutto avevi degli amici. Io non
avevo nulla da perdere in questa storia, ma ognuno di voi si e molto e io non
ho considerato questo, non ho considerato che era questa la vostra forza,
l’unione. Io ero sola, voi eravate in tanti” iniziò a dire lei.
Provai ad interromperla
per dire qualcosa, ma lei non me lo permise.
Mi guardò con il suo
tipico sguardo da “comando io” e riprese a parlare.
“Fammi finire” disse prima
di cominciare nuovamente “chiusa in quel seminterrato mi sono detta che se
sarei riuscita ad uscire avrei abbandonato il mio piano che mai come in quel
momento mi sembrò folle. Decisi che se sarei stata libera me ne sarei andata
lontano da qui,
dove Stefan e Damon non mi
avessero potuto trovare. Sapevo che Damon non me l’avrebbe fatta passare
liscia. Lui non ama le persone che gli pestano i piedi e mi avrebbe cercato anche
in capo al mondo, ma sapevo che Stefan e tu l’avreste convinto a lasciar
perdere perché ciò che contava era che io mi fossi tolta dai piedi, ma poi ho
capito che tu e Stefan non stavate più insieme, ho capito che tu ti eri
innamorata di Damon e stavate insieme ed è stato allora che mi sono resa conto
che fuggire non sarebbe servito a nulla. Damon non si sarebbe fatto convincere
da nessuno, lui mi avrebbe cercata dappertutto e non si sarebbe dato pace fino
a quando non mi avrebbe trovato. Non si trattava più solo di te in quanto donna
che lui amava, ma si trattava di te in quanto sua donna. Eri sua e nessuno
meglio di me sa quanto Damon voglia e sappia marcare stretto il suo territorio.
Non avevo scelta. O loro o io e ovviamente ho scelto me stessa nonostante mi
sia costato farlo. Ed ecco spiegato perché sono qui. Sono qui perché prima di
sparire avevo bisogno di vedere quello che ho combinato. Ho visto prima Stefan
chiuso nella sua camera a piangere e adesso ho visto Damon ormai andato. Adesso
posso sparire da qui per sempre” mi spiegò e io rimasi interdetta dalle sue
parole.
Riuscivo a scorgere
dell’umanità in lei attraverso quelle parole, ma non sapevo se fosse davvero
così o meno.
“E non hai paura di Stefan
adesso?” chiesi.
“Mi odierà come non ha mai
fatto in vita sua e cercherà vendetta, ma sarò già troppo lontana e nel
frattempo lui avrà voi che lo aiuterete. Adesso devo andare” mi disse
voltandosi e dandomi le spalle.
Se avessi avuto la
possibilità di ucciderla l’avrei fatto io stessa, ma non ne avevo la
possibilità e non potevo fare nulla per tenerla lì in attesa che Stefan
tornasse. Era Katherine e certo non era stupida.
Si girò e mi voltò le
spalle per dirigersi verso la finestra. Scansò la tenda pronta ad uscire.
“Katherine, aspetta” le
dissi.
“Che altro c’è?” mi chiese
spazientita.
“C’è un modo per salvarlo?
Voglio dire, non voglio che tu mi dica come, voglio solo sapere se sei a
conoscenza di una qualunque possibilità perché si salvi” le chiesi e solo Dio
sapeva quanto mi erano costate quelle parole, eppure per Damon avrei fatto di
tutto.
“Cosa ti fa credere che se
lo sapessi te lo direi?”
“Perché non faresti del
bene solo a me, ma anche a lui e Stefan e a quanto pare credo che siano gli
unici a cui tieni anche se in modo un po’ strambo e inusuale”.
“Vorrei poterti dire che
c’è, ma che non te la rivelerei mai, ma purtroppo non esistono cure, non
esistono antidoti. Fidati, cammino su questa terra da quasi trecento anni e non
ho mai visto nessun vampiro guarire da un morso di licantropo. La vita di Damon
è segnata. Anzi, se vuoi un consiglio, infilagli un paletto nel cuore e fallo
morire in pace”.
“Non lo farei mai. Troverò
il modo di aiutarlo”.
“Non esiste Elena, non
esiste nessun modo. L’unica cosa che può aiutarlo è che qualcuno velocizzi i
tempi uccidendolo”.
“Nessuno di noi lo farà”
gli dissi sicura di me.
“Conosco Damon e quando
capirà che nessuno lo farà con ogni probabilità lo farà da solo. Ucciderlo è
l’ultimo atto di gentilezza che potreste fare per lui”.
“Gentilezza? Sarebbe
gentile ucciderlo?” le urlai.
“Morirà comunque Elena,
avrà fatto pure i suoi errori, ma non merita certo di finire i suoi giorni in
questo modo”.
“Che ne sai tu? Che cavolo
ne sai tu? L’hai ridotto tu così, sei stata tu ad ucciderlo. Se morirà così
sarà solo colpa tua” le urlai con tutta la rabbia che avevo dentro.
“Posso farlo io” mi disse
solamente.
“Cosa?” chiesi curiosa.
“Posso porre fine a tutto
questo se voi non volete farlo. È quello che lui vorrebbe”.
“Katherine esci
immediatamente da qui dentro e non tornarci mai più o giuro che sarò la prima
ad attizzare Stefan o chiunque altro per venirti a cercare e farti fuori” le
urlai indicandole la finestra.
La vampira mi guardò e poi
prese a ridere malefica.
“Succederà comunque povera
sciocca ed ingenua umana. Addio” mi disse prima di scomparire senza che io me
ne rendessi davvero conto.
La tenda prese a
svolazzare, ma di lei non c’era più ombra. Era sparita con la stessa velocità
con la quale era arrivata e mi aveva messo addosso ancora più agitazione.
Aveva detto che non esistevano
modi per guarirlo e lei era molto “anziana”, se ci fosse stato qualcosa, forse,
l’avrebbe saputo.
Al diavolo le parole di
Katherine, lei era sadica e senza scrupoli. Molto probabilmente quella era
stata tutta una sceneggiata, anche se all’inizio dalla sua espressione potevo
capire che fosse seriamente dispiaciuta per quello che era successo.
Mi voltai a guardare Damon
cercando di scacciare via quei pensieri e lo vidi rigirarsi a letto.
Mi avvicinai e mi sdraiai
vicino a lui baciandogli una guancia e in quel momento gli vidi aprire gli
occhi sorpreso.
“Katherine” mi disse non
appena i suoi occhi incontrarono i miei.
“Damon, sono Elena, Elena”
gli risposi ripetendo due volte il mio nome, ma lui non sembrava capire.
Lui mi guardò e mi
sorrise, un sorriso innocente che non gli avevo mai visto in volto.
“Vi va una passeggiata
nella tenuta, Katherine?” mi domandò con fare dolce.
“Guardami, non sono
Katherine”.
“Allora una cavalcata a
cavallo o una corsa tra i prati. Voi amate correre e io amo inseguirvi. Ci
divertiremo” continuò lui continuando a guardarmi.
Stava delirando e non mi
era difficile capire che nella sua mente si stavano affacciando vecchi ricordi
del passato. Era già capitato nelle ultime 24 ore che succedesse.
“Potreste leggermi un
libro se vi va e deliziarmi con la vostra voce melodiosa. Stefan non è qui,
nessuno ci disturberà”.
“Damon guardarmi ti prego.
Sono Elena, mi riconosci? Elena” gli dissi implorandolo con lo sguardo e
costringendolo a guardarmi negli occhi.
Quando le sue pozze
azzurre incontrarono le mie cioccolato sembrò ridestarsi da uno sogno.
“Elena” disse solamente.
“Sono io, amore mio, sono
io” gli dissi stringendolo a me.
“Voglio trovare la pace,
non posso morire da mostro” mi sussurrò appena.
“Tu non sei un mostro”.
“Si che lo sono”.
“I mostri non amano, i
mostri non hanno sentimenti, i mostri non rischiano la vita per salvare quella
degli altri”.
I suoi occhi mi guardavano
fissi e in brevi secondi vidi una luce nuova nascere in loro: rabbia e odio.
Riuscivo a vedere solo questo.
Era tornato in balia della
sua immaginazione.
“Katherine” sputò con
rabbia.
Mi resi conto che stavolta
non stava parlando alla vampira del 1864, ma alla vampira che era adesso, al
mostro che lui avrebbe voluto uccidere.
“Katherine non c’è, non
tornerà più” provai a dire.
“Dopo oggi non ci sarai
più davvero. Ti pianterò un paletto dritto al cuore” continuò lui con rabbia
avvicinandosi sempre di più a me.
Fu in quel momento che mi
alzai dal letto cercando di allontanarmi da lui e dalla furia che vedevo nei suoi
occhi.
Mai come in quel momento
non era se stesso.
Mi allontanai
indietreggiando e lui si alzò e lentamente si avvicinò a me, poi senza che
nemmeno me ne rendessi conto mi ritrovai sbattuta la muro con le sue mani sul
mio collo che stringevano forte. Il suo sguardo era furente e colmo di rabbia.
Davanti ai suoi occhi non
c’era nessuna Elena, c’era solo Katherine, la donna che lo aveva ridotto in
quel modo, l’artefice di tutto quel disastro.
Per quanto la forza me lo
permetteva cercai di mettere una mano su un suo braccio per fargli allentare la
presa sul mio collo, ma non ci riuscivo visto che i suoi muscoli sembravano
fatti d’acciaio e nonostante adesso fosse più debole era comunque più forte di
me.
“Damon…sono io…” provai a
dire a fatica visto che la sua presa sul mio collo si faceva sempre più ferrea
“sono Elena, la tua Elena” continuai nonostante respirare mi veniva, ormai,
difficile “Katherine non c’è…non sono lei…sono Elena” ripresi a dire e la sua
presa si fece più debole, ma non abbastanza perché io potessi liberarmi.
Guardò i miei occhi, li
fissò per minuti interminabili, ma se non avessi ripreso a parlare non ero
certa che avrebbe capito.
“Sono io…” iniziai di
nuovo “i miei…i miei capelli sanno di cocco…le mie labbra di fragole…”
continuai cercando di fargli venire alle mente particolari che lui stesso mi
aveva fatto notare “sono Elena e ti amo” conclusi poi approfittando del suo
momento di sbandamento e riflessione per avventarmi sulle sue labbra.
E quando queste toccarono
le mie la sua presa mi sciolse del tutto e ricambiò il bacio.
Quando ci staccammo mi
osservò.
“Elena, oddio scusami, io…io
non volevo. Non ero in me” prese a dire.
“Lo so amore mio, lo so”.
“Io ti amo”.
“So anche questo”.
“Mi dispiace”.
“Per cosa?
“Per non essere riuscito a
renderti felice, per non averti dato l’amore di cui avevi bisogno e per non
averti dato il vissero felice e contenti
che meritavi”.
“Mi rendi felice sempre e
mi hai dato tutto il tuo amore, questo vale più di ogni altra cosa” gli risposi
e in quello stesso istante lui prese a tossire.
Mi avvicinai a lui e
cercai di riportarlo a letto, ma la tosse aumentò e del sangue iniziò a
uscirgli dalla bocca.
Oddio, cosa dovevo fare?
Lanciai un urlo più forte
che potei sperando che qualcuno sotto venisse a darmi una mano.
In pochi secondi Rick
aprii la porta con forza.
“Elena che succede?” mi
domandò avvicinandosi affannato per via della corsa.
“Non lo so. Sputa sangue e
in quanto a delirio siamo messi sempre peggio” gli dissi prendendo a piangere.
Rick mi aiutò a sdraiarlo
sul letto, poi gli ripulì la faccia e gli diede un’altra sacca di sangue che
Damon bevette in poco tempo.
Quando terminò crollò di
nuovo nel mondo dei sogni e Rick riprese a guardarmi e si soffermò sul mio
collo.
“Che è successo?” mi
domandò forse notando il rossore.
“Niente” dissi cercando di
coprire il collo con le mani.
“Cosa ti ha fatto?”
insistette lui.
“Credeva fossi Katherine
mi ha sbattuto al muro cercando di strangolarmi, ma sono riuscita a farlo
tornare in sé”.
“Non è più prudente che
resti qui con lui da sola. D’ora in poi a turno qualcuno starà qui con te”.
“No, non serve. So
cavarmela da sola. So come gestirlo”.
“Non più”.
“Fidati di me, Rick, per
favore. Adesso andiamo giù. Ho bisogno di mettere qualcosa sotto i denti. È un
giorno intero che non mangio e voglio approfittarne mentre dorme” gli dissi.
A dire la verità non avevo
poi così fame, anzi non ne avevo per nulla, ma dovevo mantenermi in forze per
potergli stare accanto al meglio.
Lui annuii senza dire
nulla, così io mi avvicinai delicatamente al volto di Damon e lo baciai a fior
di labbra.
“Ti amo” gli sussurrai all’orecchio, ma consapevole che anche Rick mi avesse
sentito, poi entrambi uscimmo dalla stanza dirigendoci sotto.
Restai lì per circa due
ore. Mangiai un misero toast tanto per restare in piedi e poi mi misi a cercare
anche io nei libri qualsiasi cosa che avrebbe potuto aiutarci.
Quando mi decisi a tornare
su consapevole che di lì a poco Damon si sarebbe svegliato vidi Stefan e
Caroline rientrare.
“Dov’è Damon?” chiese
Stefan preoccupato non appena mise il piede dentro casa.
“È su che dorme” gli
risposi.
“Impossibile” rispose lui.
“Che significa
impossibile? L’abbiamo lasciato lì a dormire nemmeno due ore fa” spiegò loro
Rick.
“Car c’è qualcosa che non
va? Lo senti?” disse Stefan rivolgendosi a Caroline.
“Non c’è nulla da sentire”
gli rispose quella.
“Appunto” furono le uniche
parole di Stefan prima che a velocità vampiresca insieme a Caroline si
dirigessero al piano superiore.
“Che diavolo sta
succedendo?” chiesi agli altri.
“Non ne abbiamo idea” mi
rispose Tyler a nome di tutti.
“NOOOOOOOOOOOOOO
DAMONNNNNNNNNNNNNNNNN” fu l’urlo straziante che sentimmo da parte sia di Stefan
che di Caroline, un urlò che sembrò riecheggiare per tutta la casa.
Un brivido mi percorse
tutto il corpo e corsi verso il piano superiore diretta nella camera di Damon,
ma non appena arrivai alla soglia Stefan a velocità vampiresca mi prese per i
fianchi e mi allontanò.
Iniziai a scalciare per
farmi lasciare, ma lui non sembrava intenzionato a mollare la presa.
Riuscii a sentire le sue
lacrime bagnarmi la maglietta e vidi Caroline che, inginocchiata a terra,
versava lacrime copiose.
“Stefan lasciami andare.
Che succede?” urlai sperando che questo potesse servire.
Nel frattempo tutti gli
altri ci raggiunsero, ma a loro a differenza mia era permesso vedere e quando
lo fecero le lacrime scesero sul volto di tutti, lacrime che sapevano solo di
dolore e disperazione.
“Ho detto lasciami”.
“Calmati per favore” mi
supplicò lui.
“Mi calmerò solo quando mi
lascerai andare”.
“Non puoi vedere Elena,
non posso fartelo vedere”.
“Stefan” gli sussurrò Rick
avvicinandosi a lui e posandogli una mano sulla spalla “lasciala andare. Ne ha
diritto. Vedere o non vedere non cambierà il suo dolore” concluse e a quel
punto Stefan mi lasciò andare davvero.
Corsi verso l’interno
della camera e ciò che vidi mi tolse anima e cuore in un solo istante.
Lanciai un urlo che tanta
era la potenza sembrava avesse il potere di far crollare tutta la casa, poi mi
misi le mani sulla testa del tutto sconvolta.
Il letto era vuoto e su di
esso faceva bella mostra di sé l’anello di Damon. Mi avvicinai e lo presi
accorgendomi che al centro c’era incisa proprio una “D”, l’unico segno che
differenziava i due anelli dei fratelli Salvatore. In uno c’era una “D”
nell’altro una “S”, non c’erano dubbi, quindi che quello fosse di Damon.
Sul letto c’era anche un
biglietto stropicciato, lo presi e lo lessi a voce alta con il cuore in gola:
Questo non
gli servirà più. Ho solo fatto quello che nessuno di voi avrebbe mai avuto il
coraggio di fare, ho fatto quello che lui stesso avrebbe voluto che qualcuno
facesse: ho fatto cessare le sue sofferenze. Ricordate che la morte non è il
morire, ma ciò che avviene prima di morire, immediatamente prima, quando questa
non ha ancora penetrato il corpo, e se ne sta immobile, bianca, nera, viola,
livida, seduta sulla sedia più vicina. La sua ora era già arrivata, ho solo
accelerato i tempi. Non ci sono cure per un morso di licantropo. Addio,Katherine.
Non potevo credere a
quello che leggevo, non poteva averlo fatto davvero. Con che diritto? Non ci
aveva già fatto male abbastanza.
“Ha segnato la sua
condanna a morte. La troverò anche se dovessi girare tutto il mondo e la farò
morire in modo lento e doloroso” urlò Stefan sconvolto mentre io cercavo ancora
di elaborare quanto fosse successo.
Non potevo credere a
quelle parole. Katherine non aveva potuto uccidere Damon, no, era impossibile.
“Stefan dimmi che non l’ha
fatto davvero” dissi prendendo l’anello tra le mani e voltandomi a guardare il
minore dei fratelli che mi aveva raggiunto dietro cercando di calmarsi e di
calmare anche me.
Lui abbassò la testa e mi
strinse forte, ma io cercai di liberarmi da quella stretta per guardarlo di
nuovo negli occhi.
“Ti prego Stefan, dimmelo”
lo supplicai, ma ancora lui non rispondeva così continuai “dov’è? Dov’è Damon?”
conclusi iniziando a dare dei pugni sul suo petto.
Non c’è l’avevo con lui,
ma era l’unico che mi avrebbe capito fino in fondo. Le sue lacrime iniziarono a
bagnarmi la maglietta e compresi che come me anche lui si stava disperando
piangendo.
“Dove Stefan? Dov’è?”
continuai a urlare colpendolo.
Lo guardai e vidi i suoi
occhi fissare qualcosa proprio dietro le mie spalle e a quel punto smisi di
prendermela con il suo petto e mi voltai notando che tutti guardavano in quella
direzione.
Quando i miei occhi
puntarono quel preciso punto raggelai all’istante e tutto il sangue mi confluii
in testa.
La tenda della finestra
era stata spostata in modo da far entrare il sole e lì, a terra c’era della
cenere, tanta, troppa cenere.
Nella mia mente si
affollarono i ricordi della morte di Isobel, di mia madre che strappatosi la
collana aveva preso a bruciare al sole decomponendosi
sotto i miei occhi fino a
formare della semplice cenere che il vento aveva portato via.
Mi staccai da Stefan e mi
avvicinai alla finestra. Quando fui ad un passo dalla cenere mi inginocchia e
ne presi un po’ in mano, poi iniziai a piangere come una forsennata.
“NO DAMON, NOOOOOOO” urlai
con tutto il fiato che avevo in gola “DAMONNNN” continuai come se lui potesse
davvero sentirmi, ma non arrivò nessuna risposta.
Nessun sorriso sghembo o
sardonico, nessun ghigno soddisfatto, nessuna battutina tagliente o a doppio
fine, niente.
Damon era sparito, anzi
no, Damon era morto e c’era una differenza tra le due cose.
Chi sparisce può sempre
tornare, chi muore no.
Sentii qualcuno avvolgermi
con le sue braccia e non mi fu difficile capire che era Stefan e nonostante in
quel momento erano altre le braccia che volevo mi lasciai cullare da quella
stretta.
“Stefan ti prego, dimmi
che queste ceneri non sono le sue, ti prego dimmelo” lo supplicai.
Sapevo perfettamente che
non fosse così, sapevo che appartenevano a Damon, ma non potevo crederci e in
quel momento avrei creduto a qualunque cosa Stefan mi avesse detto, anche ad un
bugia e sperai con tutta me stessa che lui me la dicesse questa bugia.
“Shh, Elena non piangere”
mi disse, invece, stringendomi più forte.
“Stefan ti prego dimmelo,
anche se devi dire una bugia dimmelo ti prego” lo supplicai.
“Non posso, non posso
farlo. E tu adesso non hai bisogno di bugie. Damon non c’è più, è morto, Elena,
ma vivrà sempre qui” mi disse toccandomi il cuore.
“NOOOOOO” presi ad urlare
più forte che potei iniziando a scalciare, lanciare pugni, tirarmi i capelli.
Volevo farmi male, volevo
che il dolore fisico potesse essere più intenso di quello psicologico.
Stefan si fece più vicino
e mi strinse più forte a sé. Anche gli altri si avvicinarono in quel momento e
non sfuggirono ai miei occhi le lacrime di molti di loro. Perfino Bonnie
sembrava molto addolorata.
“Si aggiusterà tutto” mi
disse Jenna mettendomi una mano sulla spalla.
Guardai l’anello che avevo
in mano, poi tornai a guardare tutta quella cenere e a quel punto non c’è la
feci più.
Mi allontanai da loro e li
guardai come se fossero degli sconosciuti.
“Non ho bisogno della
vostra compassione. Niente si aggiusterà e lo sapete meglio di me. Nessuno è
capace di far resuscitare un morto” urlai con tutto il fiato che avevo.
“Elena ci saremo noi con
te, ti aiuteremo” mi disse Jeremy.
“Lo capite che nessuno può
aiutarmi?” continuai ad urlare “voi non siete Damon e io è solo lui che voglio”
conclusi correndo verso il bagno e chiudendomi lì dentro.
Appoggiai la schiena alla
porta e mi lasciai cadere posando la testa tra le ginocchia e prendendo a
piangere come non avevo mai fatto in vita mia.
“Elena apri, ti prego” mi
disse Stefan dolcemente.
“Andate via” urlai.
“Tesoro, apri la porta.
Per favore” mi supplicò Caroline tra un singhiozzo e l’altro.
“No, lasciatemi da sola.
Va tutto bene” li pregai sperando che comprendessero il mio volere.
Ci fu un attimo di
silenzio, poi sentii qualcuno dare uno spintone alla porta molto forte.
“Rick lascia stare. Vuole
rimanere da sola, ne ha bisogno” disse la voce di Jenna.
Compresi che era stato lui
a strattonare la porta.
“Non possiamo lasciarla
sola in questo stato” provò a dire lui.
“Saremo di sotto e loro
due sentiranno tutto se dovesse succedere qualcosa” continuò la zia riferendosi
ovviamente ai due vampiri.
“Jenna ha ragione,
lasciamola da sola” disse Caroline con fare dolce.
“Non posso lasciarla
chiusa lì dentro da sola” fece notare Stefan piangendo e disperandosi.
Aveva perso un fratello.
Il suo dolore era intenso quanto il mio.
“Non farà nulla”.
“Ho promesso a lui che mi sarei
preso cura di lei” continuò.
“Lo farai, ma adesso ha
bisogno di restare sola” gli disse Caroline e non so come lo convinse.
Li sentii andare via uno
ad uno e ringraziai mentalmente Jenna e Caroline per aver compreso le mie
ragioni.
“Elena, ti voglio bene”
sentii dire dalla mia amica vampira prima che anche lei uscisse dalla stanza.
Quando sentii la porta
chiudersi uscii dal bagno e mi avvicinai a quelle ceneri inginocchiandomi.
Fu in quel momento che
iniziai a bagnarle con le mie lacrime, lacrime che copiose scendevano sul mio
volto.
Damon non c’era più, se ne
era andato con la stessa velocità con la quale era arrivato e non potevo
accettare che fosse stata Katherine a portarmelo via. Lei non aveva nessun
diritto di farlo. Poteva esserci una cura, doveva esserci una cura e io, noi
l’avremmo trovata, invece lei non c’è ne aveva nemmeno dato il tempo.
E adesso?
Adesso Damon era morto e
con lui ero morta anche io. Che potevo fare? Potevo solo continuare a farlo
vivere dentro di me e ospitarlo nella mia intimità costringendomi quasi a
donargli la vita più felice che si potesse avere, quella vita felice che lui
non aveva avuto il tempo di godersi.
Il dolore che provavo era
immenso, ma lo sapevo già. Io avevo già perso delle persone importanti per me,
ma Damon, con lui era diverso.
Credevo ci sarebbe stato
sempre per me, fino alla fine.
E solo ora mi rendevo
conto che era vero quello che si diceva sulla morte di una persona amata:
questa non è mai una cosa naturale, è sempre un omicidio, un vero e proprio
furto.
È come perdere un arto:
non ci si può rassegnare e io sapevo già che non mi sarei rassegnata mai.
Robsten23
SPAZIO AUTRICE:
Eccomi qui con un altro capitolo.
Lo so che mi volete uccidere e ne
avreste tutti i diritti, ma ricordate che anche io come voi amo, adoro e
stravedo per Damon.
Non ho molto da dire dopo un capitolo
del genere. Voglio solo avvisarvi che siamo giunti quasi alla fine di questa
storia. Mancano due capitoli più un altro che sarà l’epilogo.
Lo so che dopo un capitolo del genere
non avrete più voglia di leggere. Cavolo, direte, è morto Damon, chi se ne
frega della storia. La storia è lui, ma fidatevi di me, continuate a leggerla,
tanto manca davvero poco. Potrebbe valerne comunque la pena.
Ok, adesso la smetto. Mi ritiro nel
mio angolino sperando che nessuno di voi mi trovi.
Come sempre vi lascio sempre una
piccola immagine come spoiler del nuovo capitolo e anche un piccolo pezzettino:
In un momento di ira gettai il libro lontano da me
e solo in quel momento mi resi conto che da questo cadde un foglio.
Mi avvicinai e lo presi. Era piegato a metà e con
una calligrafia che riconoscevo perfettamente essere quella di Damon notai che
c’era scritta una data: 17 Gennaio 2011.
Leggere ciò mi fece subito comprendere che quella
lettera fosse stata scritta dopo che Damon era stato morso.
Lo aprii e riconobbi subito la sua perfetta
calligrafia. Una parte di me non voleva leggere per paura di quello che ci
avrei potuto trovare, l’altra parte, invece, non riuscii a resistere
all’impulso e così dopo un respiro profondo presi a leggere.
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Un bacione e grazie ancora.
Prossimo aggiornamento: Martedì 31
Maggio