“Sinister Smile”
Chapter III
When I think about you
I never thought that you
could break me apart
I keep a sinister smile
and a hold of my heart..
(Boys like Girls
– Hero;Heroine.)
La testa nascosta sotto il cuscino continuava a pulsarle come se
qualcuno si stesse divertendo a colpirla con un martello e, di
conseguenza, tutti i suoni inarticolati che le uscivano di bocca non
potevano assumere significato coerente.
Le sue compagne di stanza l'avevano lasciata sola, dopo aver capito che
non sarebbero riuscite a trascinarla fuori dal castello, alla volta di
Hogsmade.
A Narcissa non importava nulla della solita gita settimanale. Era
così lontano da lei il concetto di divertimento e
distrazione, che probabilmente avrebbe passato il resto della giornata
a poltrire, almeno fino a quando non avrebbe iniziato a compatirsi in
modo veramente triste, tanto da insultarsi mentalmente e costringersi a
salire in sala grande per mangiare qualcosa.
Ci vollero ben tre ore prima che un processo simile facesse effetto,
mentre nella sua mente, il ricordo della sera prima andava
intensificandosi sempre più.
-Perché se
devo essere uno dei motivi che ti spingono ad
unirti a lui, allora lasciami.-
Non era stata capace di
dosare le parole e imporsi un freno, ma solo di
mostrare dolore e indignazione verso un fidanzato
che aveva pensato così tanto a lei, da considerarla
realmente poco.
-Non ti
permetterò di collegarmi a quella... cosa. Sono una
Purosangue, ne sono fiera, non tollero babbani e mezzosangue, ma allo
stesso tempo non sono disposta a perdere ciò che amo per la
supremazia della nostra razza.-
Onesta, diretta come un
pugnale nel cuore. Veloce e letale, ma non per
questo meno indolore.
Lasciarla.
Eresia.
Lucius si era avvicinato
veloce, quasi credesse fosse sul punto di
smaterializzarsi davanti a lui, forse pronta a scappare in un luogo
dove la sua sciocchezza non l'avrebbe più toccata. Ma
Narcissa non era nemmeno lontanamente tentata di farlo. Qualcosa la
inchiodava al pavimento, impedendole ogni movimento con testarda
ostinazione, pronta a picchiarlo pur di fargli cambiare idea.
-Non ti
lascerò mai.-
-Allora distruggilo.-
-Non posso.-
-Allora lasciami.-
-Non posso fare nemmeno
questo.-
Aveva tentato di
abbracciarla e stringerla forte, come era solito fare
quando si rendeva conto di aver commesso un passo falso, qualcosa che
poteva davvero mettere a rischio quello che si era creato. Ma lei
glielo aveva impedito, scostandolo in malo modo, con mano tremante e
una precaria stabilità sia fisica che emotiva.
Bellatrix doveva esserne
a conoscenza, e non l'aveva avvertita. Non le
aveva detto nulla, lasciando che Lucius si marchiasse e tornasse ad
Hogwarts da lei, sorridente e orgoglioso dell'azione compiuta. Come se
fosse un regalo talmente eccezionale da non meritare la sua
ingratitudine.
Come se fosse lei,
Narcissa, quella sbagliata che si rifiutava di
capire.
-Sono identico a prima.
Sono lo stesso.-
-Non è vero.
Ora sei uguale a tanti altri stupidi, accecato
dalla superiorità di cui ti credi investito, per accorgerti
che le tue azioni ricadono su altri. Su di me.-
-Ti ho pensata in ogni
momento, prendendo questa decisione.-
Sorrise stanca,
Narcissa, lasciando che l'infelicità
piombatale addosso straripasse dai confini del contegno che sempre si
era imposta. -Mi avrai anche pensato, non lo metto in dubbio, ma hai
deciso di scavalcarmi e rendermi passiva complice e compagna di tutto
questo.-
-Perché parli
come se ti avessi tradito?-
-L'ho pensato.- rise
lei, divertita da quanto patetici possono
diventare i pensieri di una donna persa nel limbo dell'insicurezza. -Ci
ho pensato sul serio. Ma alla luce dei fatti, non vedo molta
distinzione tra i miei pensieri e la realtà.
Perché tu mi hai davvero tradita.-
Tradimento.
L'azione che stava alla base del comportamento umano, babbani o maghi
che fossero.
Una constatazione piuttosto deprimente, ma sempre attuale. Come il
nero, non passava mai di moda.
Rimase a macinare pensieri e ricordi per ben una settimana, evitando
Lucius e mettendo ben in chiaro quanto la sua presenza non fosse
gradita, trovando in lui un inedito rispetto delle proprie
volontà.
E se anche Narcissa avesse accolto con favore quel suo comportamento,
non lo aveva mostrato, lasciando che si tenesse in disparte come un
cane bastonato fautore della sua stessa sofferenza.
-Signorina Black!-
Arrancando dietro di lei, con passo goffo e al tempo stesso solerte, il
Professor Slughorn cercava di attirare la sua attenzione in un buffo
agitarsi di mani e braccia. Decisamente, un uomo che non aveva il
minimo senso del ridicolo.
-Mi dica, Professore.-
Si era fermata attendendo il suo avvicinamento, già
accorgendosi del suo sorriso bonario e dell'imperterrito movimento
delle mani, segno di un nervosismo nemmeno troppo latente, mentre gli
occhi dell'uomo la fissavano ridenti e sollevati.
-Ah, Narcissa, volevo ringraziarti per aver accettato di buon grado la
mia richiesta.-
-Prego?- chiese lei confusa, lasciando che i suoi occhi indagassero il
volto del Professore per capire se le stesse mentendo o meno. Non per
sospetto, ma esclusivamente per diffidenza.
-Certo, Lucius mi ha detto che hai acconsentito a catalogare le pozioni
preparate degli studenti questo mese, con lui. Stasera.-
Oh, Lucius.
Oh, Malfoy.
Piccolo bas...
-E' un enorme favore che certamente, non dimenticherò.
Ricorda, questa sera alle dieci nell'aula di pozioni. Riceverete un
permesso speciale per trasgredire, a fini scolastici, il coprifuoco.-
Un incubo.
Un inetto incubo manovrato dal diavolo in persona, era andato a
scovarla per comunicarle la pena inflittale a causa del suo perverso
senso di vendetta.
Avrebbe dovuto immaginare che Lucius si sarebbe prodigato in una
subdola mossa offensiva, tipica di un bambino capriccioso e codardo. Ma
aveva preferito ignorarlo, concentrandosi sul suo astio e sull'unica
cosa che potesse vedere guardandolo in volto, da lontano. Dolore e
sofferenza, ben nascosti dietro una patina di gloriosa indifferenza
mondana, davanti a cui nessuno si sarebbe mai sognato di ipotizzare
problemi.
Decise velocemente, Narcissa, stringendo convulsamente la bacchetta e
ripercorrendo i passi che poco prima l'avevano allontanata dal
corridoio principale che portava al portone di Hogwarts.
La sua marcia fu inesorabile, cosparsa di piccoli studenti brutalmente
scostati dalla sua via e sorda ai richiami delle poche sparute compagne
ancora in circolazione.
Oltrepassò i cancelli scolastici senza incontrare altre
presenze inopportune, constatando nella sua mente quanto fosse stata
sciocca a credere in un'illusoria ritirata di Lucius.
L'aveva incastrata nel peggiore e, al tempo stesso, più
efficace dei modi, coinvolgendo un terzo pedone nella disputa.
Un professore.
Qualcuno il quale era impossibilitata a schiantare o ferire anche solo
superficialmente.
E se anche in quei giorni una vaga onda di triste depressione si fosse
insinuata in lei, in quel momento parve evaporare sotto il calore della
rabbia e dell'indignazione.
Il sottile limite che tacitamente si erano imposti durante le loro liti
era stato infranto, e non da lei.
-Black... Narcissa.-
Una voce famigliare, quella, insicura e vellutata come quella di un
timido bambino. Una voce che sapeva bene appartenere a Severus Snape.
Una presenza, la sua, difficile da individuare a prima vista per un
occhio non allenato a scrutare nel buio, tipico posto dove era solito
nascondersi quello strambo ragazzino. Un fedele accolito di Lucius,
degno di tale posizione sociale all'interno della casa Slytherin.
-Ti serve qualcosa, Severus?-
Si fermò con apparente calma, voltandosi ad osservarlo con
il più gentile degli sguardi e, per questo motivo, il
più sospettoso di essi.
Diffidenza.
Un chiaro sentimento che poté leggersi sul volto del
ragazzino senza difficoltà alcuna, improvvisamente pentito
di aver agito d'istinto.
Istinto o per ordine che fosse, però, Narcissa non lo aveva
ancora capito.
-Allora? Non guardarmi a quel modo, stavo andando a Hogsmade e mi stai
facendo ritardare.-
Sapeva bene che una simile esortazione non gli avrebbe facilitato il
compito, ma d'altronde, non era quella l'intenzione di Narcissa.
-Be', ecco... io, ho sentito quello che ti ha detto Slughorn... -
-Lo avevo intuito.- rispose secca Narcissa, prodigandosi in un
minaccioso passo avanti. -Sembri sempre essere al posto giusto al
momento giusto, Severus. Vuoi illuminarmi?-
-Lucius... non sa che sono qui.- mormorò con voce sommessa,
quasi quel particolare lo salvasse da una così blasfema
confessione.
-Puoi ripetere?- gli chiese Narcissa, ora realmente disposta a perdere
qualche attimo del suo tempo per parlare con lui.
-No!- si
fece indignato Piton. -Però... lui non è
andato a Hogsmade, è in camera sua, a Slytherin.- E dopo
un'imbarazzante pausa in cui nessuno dei due sembrava disposto a dire
altro, il ragazzo si sentì in dovere di chiarire. -Io..
credevo lo stessi cercando e, non lo avresti certamente trovato al
villaggio e...-
-Ti ha detto lui di avvertirmi?-
-No!-
Troppo precipitoso, quasi incapace di mentire per qualche sfortunato
difetto congenito.
-Devi imparare a mentire, Severus Snape, o non sarai mai utile a
nessuno. Men che meno a te stesso.-
Se lo lasciò alle spalle, piccolo e atterrito, con la
sensazione di aver colto nel segno e, forse, di averlo traumatizzato
con parole a prima vista innocue, ma per lui troppo pesanti.
Pensieri leggeri che la sfiorarono solo marginalmente, troppo intenta a
seguire il piano di Lucius, palesandosi nella sua camera.
Esattamente come lui voleva.
A volte era così frustrante...
Per qualche attimo accarezzò l'allettante idea di andare in
cerca di Avery, in modo da trascorrere qualche ora con lui, fingendosi
preda di un improvviso attacco di tolleranza e gentilezza. Se solo non
fosse stato un essere così scaltro, avrebbe potuto cascare
in quel piccolo tranello.
Abbandonata quell'idea, Narcissa decise di seguire i capricci del suo
fidanzato solo per informarlo personalmente della sua improvvisa voglia
di vedere Avery.
Infantile. Quanto di più futile le fosse venuto in mente, ma
chi conosceva Malfoy tanto quanto lei era ben consapevole che le
sciocchezze in grado di far ridere il più piccolo dei
bambini, erano invece in grado di turbarlo fortemente.
Un sorriso divertito le nacque in volto, dando vita, inconsapevolmente,
al primo passo verso il lato di lei privo di rabbia e pieno di
divertito stupore. Perché si, ancora si stupiva di quel
ridicolo lato del suo carattere.
Irrazionale e senza senso, come del resto le difficili scelte che era
in grado di operare in brevissimo tempo, senza soffermarsi troppo a
pensare.
Arrivò a Slytherin senza nemmeno ricordare il percorso
appena compiuto, realizzando che ogni qual volta il suo pensiero si
focalizzava su di lui, qualcosa in lei si perdeva senza che potesse
averne il minimo controllo.
-Dannato Malfoy.-
Lo trovò riverso su una poltrona accanto al camino acceso,
apparentemente intento a leggere un piccolo libro dall'aspetto assai
antico e usurato.
Il mento, poggiato quasi distrattamente alla mano diafana, rimaneva
seminascosto da dita sottili, intente a coprire una smorfia del volto
che sicuramente non sarebbe stata impassibile.
Gli occhi fissi, troppo per qualcuno intento ad un momento di lettura,
erano così impegnati a non fissarla, che sicuramente
l'avevano notata.
Probabilmente l'aveva percepita ancora prima che irrompesse nella sua
camera privata.
-Ti stai forse dedicando al manuale del piccolo Mangiamorte, Lucius?-
chiese sarcastica Narcissa, guadagnandosi un'occhiata di puro biasimo
evidentemente non programmata.
A quanto pareva, l'argomento non era soggetto ad ilarità di
alcun tipo.
-Devi scusarmi, non
volevo offenderti.-
Lo schiocco stizzito che gli uscì di bocca
dimostrò molto chiaramente il valore che lui attribuiva ad
una menzogna così palese e pronunciata con insolito gusto.
-A cosa devo questa tua visita?-
Quel fare superbo, prima o poi, lo avrebbe portato alla tomba.
-Severus mi ha detto che eri qui e volevi vedermi.-
Cristallina. E nemmeno così palesemente bugiarda.
-Dubito Severus abbia potuto inventarsi una menzogna simile.-
Un'incertezza nascosta maldestramente nel profondo era riaffiorata
improvvisa, dando modo a Narcissa di dubitare e cogliere il barlume di
ira emerso dagli occhi del suo prezioso fidanzato.
Insicuro.
Rovistando nella sua memoria, non riuscì a trovare altro
momento in cui i suoi pensieri fossero stati così allo
scoperto come in quel preciso istante.
Un evento che sarebbe rimasto piacevolmente scolpito nella sua memoria,
rendendola l'oggetto in grado di frantumare la sua apparenza tutta d'un
pezzo.
-Davvero? Eppure Severus Snape non è un tipo che mente. Non
ancora, almeno. Devi addestrarlo meglio, tesoro.-
Inquieto, Lucius Malfoy scrutava la sua fidanzata come fosse uno strano
animale, raro e per cui privo di precise indicazioni sul comportamento
da tenere in sua presenza.
Solitamente simili dubbi non lo avrebbero mai colto, ma da quando
entrambi avevano accettato la possibilità di condividere il
resto delle loro vite, era la prima volta che qualcosa di serio si
frapponeva tra di loro.
Per colpa sua.
Anche in quel preciso momento, nonostante il sorriso rassicurante che
era pronta a donargli, Narcissa glielo stava rinfacciando.
-Quando lo addestrerò meglio, tesoro, non potrai
più venirmi davanti e pretendere di smascherarmi.-
Un'implicita ammissione che la rese vincitrice, solo per un breve
istante.
Alzandosi e gettando a terra il libro, Lucius le si avvicinò
con fare guardingo, aspettandosi forse una fuga o il balenare
improvviso di una bacchetta ostile.
Nulla di tutto ciò avvenne, lasciando che la sua marcia si
compisse senza danni e senza gloria, privandolo della solita
accoglienza che solo pochi giorni fa avrebbe ricevuto.
Compiere stupidaggini implicava perdere dei privilegi. E la benevolenza
di Narcissa Black poteva considerarsi tale a tutti gli effetti.
-Hai ragione.- assentì docile lei, soffermandosi in una
prolungata pausa incredibilmente d'effetto. -Dopotutto, in futuro,
potrei non avere titolo alcuno per fare ciò.-
Ovvero, in futuro potrei
essere sposata con il tuo peggior nemico e
dimenticare l'immane quantità di sciocchezze da te
abitualmente compiute.
Una minaccia ben precisa, abilmente camuffata da sventurata predizione.
-L'unico e indiscutibile,
diritto che avrai in futuro sarà
quello di partorire un mio erede in qualità di moglie. Non
illuderti.-
Letteralmente infuriato, Lucius Malfoy era stato sul punto di
commettere un atto di cui si sarebbe immediatamente pentito,
scaraventando Narcissa sul letto e incatenandovela fino a quando le sue
idee non si fossero rischiarate.
Un'idea che probabilmente lei comprese con un solo sguardo ai suoi
occhi, sottili e schiusi come quelli di un predatore abituato alla
vittoria.
-Fallo. Ti prego, fallo. Dammi il motivo decisivo per piantare te e le
tue menzogne. Posso assicurarti che lo coglierei al volo.-
Oh si, lo avrebbe fatto. Senza esitare.
Non erano necessarie brutali percosse per far scattare la sua
bassissima soglia di tolleranza, lo sapevano bene entrambi, come erano
perfettamente a conoscenza del fatto che Lucius non si sarebbe mai
spinto così oltre.
Una consapevolezza che Narcissa aveva deciso di ignorare, accusandolo
di qualcosa che nella sua mente aveva preso forma di incubo.
-Fino a quando hai intenzione di farmela pagare?-
-Fino a quando non ti scuserai. Fino a quando non sarai in grado di
ottenere il mio perdono. Fino a quando sarai capace di non farmi
più sentire arrabbiata.-
Rifiutò un suo ulteriore avvicinamento con una smorfia in
volto, adoperandosi in un doloroso passo indietro che probabilmente la
dispensò dal cadergli tra le braccia, insultandolo e
pregandolo di tornare come prima.
Pulito, arrogante e borioso... senza l'ombra di qualcuno a vegliare
sulle sue azioni.
E così lo lasciò solo, privo di qualsiasi
contatto o rassicurazione, come un bambino che, ancora, non aveva
ricevuto il segno del perdono.
Un segno che andava guadagnato a caro prezzo.
Solo quando Narcissa si chiuse la porta alle spalle, Lucius si rese
conto di non averla nemmeno sfiorata.
Ricordati di questa sera.
Silenziose speranze a cui non era stata data libertà di
essere espresse, trattenute nella mente di un povero stolto.
Quella sera, Narcissa, non si stava preparando per incontrare Lucius,
bensì per adempiere al dovere che il Professore si aspettava
lei compisse.
Un dovere estorto con l'inganno, ma lo stesso Slughorn non poteva
saperlo.
Intenta a spazzolarsi i capelli a mo' di rituale che aveva il potere di
rilassarla, osservò con fastidio le sue compagne di stanza
rientrare al dormitorio, nella camera che condividevano.
-No davvero, ragazze.- asserì con grande forza di
persuasione la più pettegola. -Ines lo ha saputo dalla sua
amica Charity, che lo ha saputo da sua sorella Irma, a sua volta
testimone di un'indiscreta conversazione tra i suoi genitori, venuti a
saperlo tramite un'importante famiglia altolocata.-
Come già testimoniato, le notizie importanti viaggiavano in
fretta e nel modo più tradizionale.
-Ne sei assolutamente certa?-
Le altre due compagne di stanza si fecero facilmente inglobare dal
pettegolezzo, pendendo dalle labbra di una ragazzina troppo esperta nel
commercio di informazioni a buon mercato.
-Assolutamente si. Pare che questo gruppo di maghi oscuri frequenti le
vie dei paesi magici della Gran Bretagna, esclusivamente passata la
mezzanotte. Nessuno li ha ancora presi, nonostante numerose famiglie di
Mezzosangue siano state attaccate. Ora i poveri sciocchi sono nel
panico.-
E per quanto Narcissa si fosse sempre imposta un sacro disinteresse,
per nulla faticoso, nell'origliare passivamente le discussioni di
quelle compagne troppo inferiori alla media dell'intelligenza umana,
quella volta il discorso la toccava nell'intimo.
La stretta sulla spazzola, che rischiò di caderle a terra
con un tonfo testimone del suo disagio, non fece che rinsaldarsi di
fronte al proseguo della discussione.
-Si sa chi siano?-
-Nessuno lo sa, sciocca.-
-Ma dico, tra di noi,
si sa chi siano?-
-Giusto, certamente non possono essere Gryffindor o Hufflepuff.-
-Ve lo ripeto, assolutamente no. Non possono fidarsi di nessuno,
è troppo rischioso quello che stanno facendo.-
-E cosa starebbero facendo?-
Troppo partecipe, seppur in modo silenzioso e perfettamente
dissimulato, Narcissa non era stata in grado di esimersi dal porre
quella domanda. Prima e ultima, per quanto la riguardava, ma certamente
un modo per saperne di più scavalcando la posizione di
Lucius.
-Stanno dando a quella gente ciò che meritano. Una lezione.
Hanno invaso il nostro mondo come un branco di Doxie, contaminando ogni
cosa. Ora si accorgeranno che per sopravvivere a noi, è
necessario essere maghi veri, non pallide imitazioni sfornate da sudici
babbani.-
Indubbiamente, sarebbe andata d'accordo con sua sorella Bellatrix.
Babbani, Mezzosangue... esseri totalmente privi di attrattiva per
Narcissa, quindi assai facili da dimenticare. Un simile accanimento per
qualcosa di così infimo non era comprensibile da parte sua.
-Capisco. Allora non ci resta che seguire lo spettacolo con cui ci
delizieranno questi eroi.-
Poggiando la spazzola accanto alla specchiera, si sistemò
un'ultima volta i capelli, lisciando poi con cura le pieghe della gonna
e afferrando la bacchetta posta sopra al cuscino, a mo' di soffice
sacrario.
-Io vado. Interessante conversazione, ragazze.-
-Un attimo, dove vai?- osò chiederle la più
coraggiosa di loro, o la più stolta.
-Slughorn aspetta me e Lucius per un lavoro di volontariato.-
sospirò, sentendosi in vena per la prima volta, di
rispondere sinceramente alla controparte che divideva il dormitorio con
lei.
-Oh. E a proposito di Lucius... non l'ho visto in giro da qualche notte
a questa parte.- insinuò maliziosa, ottenendo in cambio un
cauto allontanamento delle sue compagne, le quali prendevano
materialmente le distanze da un simile gesto d'insubordinazione.
-Stai per caso monitorando gli spostamenti del mio fidanzato?-
Colta in contropiede da una simile accusa, la ragazza si fece
improvvisamente incerta, imbarazzata e consapevole di aver osato troppo.
-Ecco, no. N... no... certamente no, Narcissa.- balbettò, in
preda ad un'imminente crisi d'ansia.
-Bene.- le sorrise in cambio Narcissa -Mi sarebbe dispiaciuto doverti
schiantare.-
A soli cinque minuti di ritardo, Narcissa si trovò davanti
un'aula riempita della sola presenza di Lucius, oltre le numerose
scatole colme di pozioni da catalogare. Slughorn a quanto pareva se
n'era andato immediatamente, lasciando le chiavi dell'aula a Lucius, in
modo che richiudesse il posto una volta finito il loro compito.
Ancora si stupiva di fronte a simili gesti di plateale fiducia nei suoi
confronti, da parte di persone che si sarebbero supposte vagamente
intelligenti, o dotate di un minimo sesto senso. Ma l'età
non era portatrice di nessuna delle due cose, a quanto poté
constatare Narcissa.
Nel tintinnio sommesso che pervadeva la stanza, nessuno dei due si
spinse tanto oltre da pronunciare un'intera frase a scopo personale,
limitandosi a lievi sussurri superficiali e del tutto privi di
consistenza.
“Mi passi
quella fiala?”
“Si.”
“Dove devo
riporle, ora?”
“Nell'armadietto.”
Non si erano spinti oltre e non solo per semplice orgoglio.
Una sorta di cauta tensione stava inconsciamente controllando ogni loro
minimo gesto, come a voler impedire il verificarsi di un evento
catastrofico, fautore di una rottura insanabile.
Non erano necessari gesti eclatanti per portare ad una rottura fra
loro, bastavano le parole. Parole sbagliate, prive di considerazione
per l'altro, e indelicate verso i reciproci sentimenti.
-Non è da te essere in ritardo.-
Lucius aveva rotto il silenzio con una banale constatazione, suscitando
la discreta ilarità di Narcissa, troppo impegnata a
nascondere un sorriso all'interno dell'armadietto delle pozioni.
Era in difficoltà, Lucius Malfoy, rappresentante di tutti i
rampolli viziati esistenti al mondo.
-Ovviamente, è nuovamente tua la colpa.-
E questa volta sul serio. Se non si fosse soffermata ad elargire
inutili minacce alle sue compagne, per poi doversi subire conseguenti
scuse, Narcissa sarebbe arrivata in orario e, certamente, di umore
migliore.
-Illuminami, ti prego.-
Il quieto sospiro di lui la spinse a voltarsi, fronteggiandolo come era
solita fare i primi tempi della loro relazione, quando ancora non lo
conosceva e per lui provava solo il disprezzo provocato dalla
frustrazione dell'apparenza.
-Le vostre
gesta stanno iniziando a diventare famose.- E la particolare
cura con cui calcò quel “vostre”, fu
sufficiente a Lucius per illuminare la sua comprensione. -Non hai nulla
da dirmi? Ad esempio, in quale valorosa missione ti sei cimentato? Hai
per caso spaventato qualche Mezzosangue, di recente?-
Sorpresa e stupore fecero sincera mostra sul volto di un ragazzo troppo
giovane per essere già accusato di simili reati, punibili
con il carcere magico. Azkaban.
Per quanto potesse riempirsi di boria, la realtà era una
soltanto.
Lucius Malfoy non aveva ancora la minima idea in cosa si fosse
immischiato. Ma Narcissa... oh, la sua vista la portava a guardare
lontano, osservando il pericolo della legge incombere su di lui. Su di
loro.
-Chi ti ha informato?-
-Hai smesso di mentirmi, quindi?-
Un piccolo passo, per una grande causa.
-E la mia sincerità... sarà in grado di non farti
più sentire arrabbiata?-
Il fatto che fosse ancora memore delle sue parole, ebbe il potere di
lusingarla, facendole assaggiare il tipico potere di cui era munita
qualsiasi donna.
-Potrebbe essere un inizio. Un inizio che non ci sarebbe stato, se lo
fossi stato in precedenza.-
-In precedenza avresti avuto la presunzione di proibirmelo.-
-E' possibile.-
-E' certo.- la corresse Lucius.
Forti di essere nuovamente su un sentiero a loro famigliare, tutto
divenne più semplice. Ogni parola era solo l'esatta
espressione dei loro pensieri, non troppo lontani dalla loro privata
routine.
-Sono state le mie compagne di stanza a illuminarmi sulle vostre gesta.-
E non tu.
Un'accusa precisa che i suoi occhi non avrebbero mai smesso di
muovergli, o almeno, non tanto
presto.
-Se non sbaglio, una di loro sta frequentando Avery... è
possibile che abbia parlato troppo.- ipotizzò Lucius,
evidentemente infastidito dall'increscioso incidente.
Di nuovo lui. Sempre lui.
-Nonostante mi complimenti con i suoi ottimi gusti, in ambito
femminile, posso assicurarti che molto presto non sarà un
semplice pettegolezzo scolastico a farvi conoscere al mondo.-
La Gazzetta del Profeta.
Il ministro.
Gli Auror.
L'intero mondo magico si sarebbe mobilitato per un tale affronto
all'ordine pubblico.
-Sei così preoccupata per me?-
-Sei un'idiota che pone domande altrettanto idiote, Lucius Malfoy.-
E ora sarebbe stato difficile spiegare per quale motivo entrambi
ridessero in quel
particolare modo, privo di nome ma altrettanto saturo
di molteplici significati.
Non era un perdono totale e completo, quello che aveva ottenuto Lucius,
e lui stesso ne era al corrente. Ma la semplice e incondizionata
ammissione che un'eventuale separazione non sarebbe stata sopportata da
nessuno dei due. Improvvisamente deboli e insicuri quando si veniva a
patti per accettare un eventuale addio.
Minacce ed insulti erano serviti a ferirli, non erano novizi di quel
pericoloso gioco, ma di fronte alla concreta possibilità di
mettere in pratica l'idea del risentimento, la proverbiale codardia
Slytherin aveva fatto mostra di sé, arrivando in superficie
in modo imbarazzante.
-Quindi, credi che potrai guardarmi le spalle, per un po'?-
Un'offerta di fuga che non si sarebbe mai sognato di elargire con tanta
stupida magnanimità se solo avesse sospettato una possibile
fuga. Lo sapevano entrambi, ed entrambi recitarono la parte alla
perfezione.
-Per un po'.- assentì Narcissa. -Fino a quando non mi
sarò stancata di preoccuparmi per te o immaginarti morto in
qualche vicolo, accanto ad un bidone della spazzatura e sovrastato da
un Auror in attesa di un'immeritata promozione.-
Un quadretto confortante, senza dubbio.
Confortante quanto realistico, si soffermò a pensare Lucius,
poco prima di prenderle il volto tra le mani, alzandolo all'altezza del
proprio viso e baciandolo con un'inedita delicatezza, capace di mettere
a disagio Narcissa più di una palpata indecente.
-Sono ancora arrabbiata.- gli soffiò sulle labbra. -Ma se
non fossi così tanto preoccupata per te, ti avrei lasciato
andare, scaricando il compito di accudirti ad un'altra povera
sfortunata.-
Un'apparente dichiarazione di devozione che agli occhi di Lucius era
apparsa quanto più vicino ci fosse ad una dichiarazione
d'amore da parte di Narcissa Black.
Cose che avrebbero potuto comprendere solo loro vennero tacitamente
ammesse ed accettate durante lo sfiorarsi di mani tremanti, in cerca
della solidità dell'altro, come un sostegno che non sarebbe
mai dovuto venire a mancare.
Un sostegno resistente allo sfogo di Narcissa sul suo corpo, intenta ad
afferrare biondi capelli come fili d'erba maligna, da estirpare
all'interno di un giardino perfetto. O come candidi denti racchiusi su
labbra sottili e assai fragili, segnate dalla pressione di canini
abilmente affondati nella pelle.
Il sapore del puro sangue di mago si sparse nelle loro bocche,
suggellando un implicito patto di fedeltà e sangue, molto
più vincolante di qualsiasi teschio o serpente tatuato in
parti troppo esposte del corpo.
Avambracci.
Che idiozia.
Accettare passivamente quello sfogo di rabbia fu l'eroico atto che
Lucius si impose di tollerare con stoica forza e resistenza, almeno
fino a quando Narcissa non decise di lasciarlo libero e in grandi
condizioni di gioia. Fisica, gioia.
-Da domani, mi imporrò una maggiore sogli di sopportazione
verso le tue stupidaggini.- gli sussurrò piano Narcissa,
pericolosamente vicina al lobo dell'orecchio del ragazzo -Ma fino allo
scoccare della mezzanotte puoi considerarti soggetto e possibili
cambiamenti d'idea o punizioni, a mia discrezione. Quindi sono certa
che sarà per te un piacere, finire da solo questo immane
lavoro. Io mi siederò in disparte, ho portato con me un
libro da leggere, in previsione di probabili momenti di noia.-
E sequestrandogli la chiave dell'aula con un incantesimo non verbale,
Narcissa si allontanò con ostentata gioia dall'essere che
tanto aveva avuto la presunzione di farla soffrire.
Un essere che con la sua morte, probabilmente l'avrebbe annientata
definitivamente, lasciandola vuota e sola.
E forse era proprio da quell'inaspettata scoperta che la rabbia aveva
iniziato a fluire, quella notte, alla vista del marchio nero.
Scoperta e messa alle strette da quella orrida cosa.
Inconcepibile per lei.
Da parte sua, Lucius Malfoy si crogiolava, in quel momento, nella
tipica convinzione maschile di far cambiare idea alla propria donna col
passare del tempo, rallegrandosi del novello perdono. E ponderando, al
tempo stesso, un ferreo accordo matrimoniale che le avrebbe impedito di
lasciarlo per qual si voglia motivazione.
Una donna doveva proteggersi, e un uomo doveva assicurare il futuro per
entrambi.
Stolta supponenza
maschile.
Lo avevo detto, questa sarebbe stata una breve fiction, e la parola
è stata mantenuta. Non altrettanto il tempo veloce di
aggiornamento, ma quando mi do alla multi pubblicazione il rischio
è sempre presente, sorry.
Per qualsiasi cosa potete trovarmi anche qui su FB.
Intanto io vi saluto e ringrazio, mi sono affezionata a questa perlina
di fiction quindi credo che con Lucius e Narcissa sia solo un
arrivederci.
Un abbraccio a ogni lettore e recensore, gente!