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Autore: ethelincabbages    28/05/2011    11 recensioni
Questa è la storia di quello che sarebbe successo se Harry e Hermione non fossero stati quei retti e leali eroi che noi conosciamo. Questa è la storia di quello che sarebbe potuto succedere in una tenda nascosta nel nulla inglese, una notte di dicembre, tra due ragazzi soli, spaventati e alla ricerca di un po' di calore. Questa è la storia di un errore.
Chi sei, Chris? Chi sei?
Un’incrinatura sul percorso lineare del destino. Sei un pensiero scritto frettolosamente nella stesura di una lettera altrimenti perfetta, una frase sbagliata che hanno cercato con sollecitudine di cancellare, sistemare, riordinare in qualche modo. E non ci sono riusciti.

Avvertimenti: Questa storia contiene una buona dose di drammaticità postmoderna, qualche triangolo amoroso, diversi cliché, personaggi che potrebbero essere considerati Out of Character e personaggi non presenti nella saga originale.
Genere: Angst, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley, Teddy Lupin | Coppie: Harry/Hermione
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da VII libro alternativo
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Capitolo 18
Ingiustizie

17 Agosto 1998, St. Leonards, Victoria, Australia
Gli ospedali sanno di disinfettante in ogni parte del mondo. Di disinfettante, di attesa, di rabbia, pianti e silenzi. Sanno di mura strette, chiuse, come prigioni. Sanno di vetri sterilizzati e manine quasi irraggiungibili.
Mani cucciole. Pugni chiusi, a vagare in aria, come due fragoline, su un corpicino fragile e addormentato. Dietro il vetro - piccola, piccola, piccola – stava il suo amore più grande.
“È perfetta.” Harry annuì di risposta alla voce del signor Granger, senza alzare lo sguardo da quel miracolo. Tua figlia, Harry. Come poteva lui aver contribuito alla creazione di tutto ciò, alla creazione di qualcosa di così etereo e reale, piccola e perfetta, così bella? Hermione. Ovviamente, tutte le cose più belle della sua vita erano merito di Hermione.
Aveva una voglia matta di ridere e una voglia matta di piangere. Non poteva lasciarla. Doveva davvero lasciarla?
“Non è giusto,” disse, col tono più cristallino che riusciva ad imitare in quel momento. Sentiva un grosso groppo bloccargli la respirazione al solo pensiero di dover abbandonare quel tesoro, il suo tesoro più grande; ma voleva che Edward Granger sapesse chiaramente quale fosse la sua opinione in proposito, la sua più completa e onesta opinione.
“No, non lo è.” L’uomo sospirò, mentre osservava quel ragazzo, appena diciottenne. C’erano stati momenti in cui lo aveva cordialmente odiato – d’altra parte, si era portato via tutto quello che restava della sua bambina –, e quando aveva urlato contro Hermione gli avrebbe volentieri sbattuto la testa contro il muro, solo lo sguardo di sua figlia lo aveva fermato. Ma in quel momento non riusciva a disprezzarlo, nemmeno un po’. Se lo avesse odiato, sarebbe stato più semplice. Invece, poteva vedere e capire: il modo in cui teneva gli occhi fissi sul quel corpicino addormentato, il modo in cui le sue dita si piegavano sul vetro dell’incubatrice. Si stava innamorando della piccola Chriseys, esattamente come lui. Anzi no, era già innamorato perso. E ti aspettavi altro, vecchio Ed?
“Se solo me lo lasciasse fare,” non era necessario che spostasse leggermente il capo verso l’esterno per capire a chi si riferisse, “potrei amarle e proteggerle e prendermi cura di loro, come non può neppure immaginare, signore.”
Edward sorrise, suo malgrado. “Lo immagino, Harry. Lo immagino benissimo.” Cosa pensava quel ragazzino? Non si era forse innamorato perdutamente anche lui, diciannove anni prima? Non aveva forse affrontato dubbi, eccitazioni, e il primo dentino, e il primo sventolio di magia? Non aveva forse dovuto lasciare che la sua cucciola crescesse in fretta, diversa da tutti, speciale? Non l’aveva forse vista prendere un treno rosso che l’aveva condotta lontana da lui, ogni anno di più, un passo più lontana da lui, un passo più vicina a una guerra che non apparteneva al suo mondo, un passo più vicina a Harry Potter?
“Lei non crede ch’io ne sia capace, non è così?” Harry finalmente distolse gli occhi dalla piccolina, per rivolgerli diretti e rabbiosi al suo interlocutore. D’istinto chiuse la mano a pugno, come a ricordarsi di trattenere l’ira. Odiava l’atteggiamento condiscendente del padre di Hermione, odiava quella finta comprensione. O forse odiava soltanto l’idea che sarebbe stato lui a prendersi il suo ruolo. Odio, odio, odio. Non avrebbe dovuto riempire la mente di tutto questo odio, proprio quel giorno. Non ti meriti tutto questo, amore.
“Sei così,” Edward scosse la testa, quasi volesse scacciare un pensiero, “giovane. Impulsivo, insicuro.”
“Lei non ha la minima idea di quello che ho dovuto affrontare, così giovane.” Quando doveva portare sulle sue spalle la giustizia del mondo, nessuno si era preoccupato della sua giovane età. Quando doveva uccidere o morire per mano del Mago Oscuro più potente di tutti i tempi nessuno gli aveva rinfacciato i suoi diciassette anni. ‘Vai, Harry! Sei la nostra salvezza!’ Così, gli avevano detto. “Io ho dovuto ucc-”
“So benissimo,” lo interruppe Edward, intercettando l’occhiata curiosa di un inserviente di passaggio “cosa e chi hai dovuto affrontare, Harry. Conosco il tuo coraggio, il tuo senso del dovere, la tua lealtà. I miei resoconti su di te sono sempre stati piuttosto parziali.” Harry si trovò ad arrossire leggermente riuscendo solo a immaginare quali lunghe filippiche Hermione avrebbe potuto tirare fuori per lui, o contro di lui, durante i primi anni a Hogwarts. “Ma hai ancora tanto da imparare. Dovete crescere ancora entrambi, per quanto maturi vi siate dimostrati nell’ultimo anno. E,” si schiarì la voce, marcando sulla congiunzione, “avere un rapporto sessuale non protetto non è un atteggiamento maturo.”
Dal pulsare della vena giugulare del signor Granger, Harry ebbe la percezione di quanto gli fosse costato mantenere un tono civile nel pronunciare l’ultima frase.
Il ragazzo si trovò di nuovo ipnotizzato dalla bimba che sonnecchiava dietro il vetro dell’incubatrice. Stai attento quando la sfiori. È così piccola, è così delicata che potresti romperla. Non vuoi romperla, vero Harry?
“Io e Helen non siamo perfetti, Harry, nessuno lo è. Abbiamo fatto tanti, tanti errori. Avremmo dovuto capire … Non siamo e non saremo mai i genitori ideali. Ma come io sono onesto con te, tu devi esserlo con me. Pensi davvero di esserne capace, sapresti aiutarla a crescere nel migliore dei modi, quando il primo a farlo dovresti essere tu?”
“Potremmo crescere insieme,” rispose col primo pensiero che gli sfiorò la mente, con l’unica obiezione che riusciva a fare. Sentì il calore di una mano posarsi sulla sua spalla.
“Non te la sto portando via, Harry. Non voglio e, anche se volessi, non potrei mai portartela via sul serio.”
Non vuoi romperla, vero Harry?
 

*

 
27 Agosto 1998 – Air China International, Rotta Melbourne – Pechino
Chissà perché non esisteva la Metropolvere Internazionale. Probabilmente i viaggi attraverso le canne fumarie avevano un limite spaziale; o era forse una questione di sicurezza? Una volta scesa da quell’aereo avrebbe chiesto al signor Weasley.
Gli aerei le avevano da sempre dato molto più fastidio rispetto a un semplice volo in scopa, in groppa a qualche grosso ippogrifo, o cavalcando un Thestral invisibile qualunque. Non che avesse gradito quei particolari viaggetti a cui la sua memoria stava facendo ritorno, ma perlomeno quelle erano state sempre questioni di vita o morte. Invece, adesso, quell’immenso Boeing-747 le appariva eccezionalmente piccolo e soffocante.
Soffocava. Come se stesse affogando, senza aria, senza appigli, senza punti di riferimento. Ed era stata lei a buttarsi in quel mare nero. A scegliere di affogare.
Bollicina, dove sei? Starai bene? Adesso?
Martellava con le dita sul volantino delle istruzioni da seguire in caso di emergenza, appiccicato sullo schienale del posto di fronte al suo, desiderando mettere il più rapidamente possibile piede a terra. Il film proiettato nei monitor di bordo non riusciva a prenderla abbastanza da farla addormentare, né tantomeno i suoi buffi pensieri sui mezzi di trasporto magici aiutavano.
Tre mesi. Appena possibile, torneranno in Inghilterra. Devi solo aspettare tre mesi. Lasciò scorrere altre lacrime. Possibile che le lacrime non finissero mai? Credeva di aver esaurito la sua scorta personale quando l’aveva tenuta in braccio l’ultima volta. Tre mesi. Sua madre glielo aveva specificato chiaramente: “Quando sarà possibile, la porteremo a casa.” Le aveva sussurrato da dietro la spalla, come se temesse di disturbarla nel suo piccolo momento con la bimba.
I medici le avevano concesso di tenerla in braccio per un po’. Solo un po’. Era nata troppo presto. Sei già una piccola combina guai, eh, tu? E lei, la piccolina, cogli occhi spalancati, sembrava quasi osservarla; le aveva stretto l’indice e non aveva nessuna intenzione di lasciarlo andare. Non voglio lasciarti andare.
Avrebbe voluto tenerla così per l’eternità. Tutte le persone che aveva intorno le parvero una minaccia: sua madre, accanto a lei, Harry, dall’altro lato del letto, che non smetteva un secondo di fissare la bambina, l’infermiera che sarebbe tornata per riportarla nella sua incubatrice, suo padre sulla porta che osservava dubbioso. Loro non capivano. Non avrebbero mai capito. Sarebbe stato semplice dirlo. Sono la tua mamma, bollicina, e non voglio lasciarti andare. Non lo disse. Ti amo più di ogni altra cosa al mondo; è per questo che devo lasciarti andare.
“Possiamo sempre tornare indietro, sai?” La voce di Harry la raggiunse attutita dal maglioncino che usava come coperta. Si era rannicchiato dall’altro lato, con la testa per metà poggiata sullo schienale, e per l’altra metà penzoloni verso il finestrino; gli occhiali tondi erano malamente caduti sulla fronte. Hermione sentì quei due occhi verdi scrutarla come tentassero di attraversarla. Neanche una briciola di sonno nella loro vivace attenzione.
Credevo stessi dormendo,” disse lei, distogliendo lo sguardo. Harry riassettò i propri occhiali sul naso e se stesso in una posizione più appropriata.
“Non dormo da anni ormai.” Accennò un vago sorriso, mentre asciugava, sullo zigomo di lei, un paio di lacrime sfuggite all’accurata perlustrazione delle mani di Hermione.
“Ouff, quando smetterai di ripeterlo?” Hermione si convinse a piegare leggermente le labbra al buffo senso dell’umorismo di Harry: era dal quinto anno a Hogwarts che il ragazzo continuava a ribadire il suo ormai definitivo addio a una dormita coi fiocchi.
Harry preferì non rispondere, e lasciò andare la guancia della ragazza, appoggiandosi allo schienale del proprio posto, puntando lo sguardo sulla sua testa, alle curiose bocche per l’aria condizionata, focalizzando tutta un’altra immagine nella sua memoria: un corpicino lungo quanto il suo avambraccio, fasciato in una copertina colorata da pupazzi; una testolina già piena di spettinati capelli castani, incornicianti un faccino tondo, rosso e morbido, un nasino all’insù e due occhi troppo grandi di un indefinito color grigio-verdastro. “Possiamo tornare indietro,” mormorò, continuando a contemplare nella sua mente l’immagine della piccola Chriseys tra le sue braccia.
“Devo ripeterti la lista dei motivi per cui è questa la decisione migliore?” domandò Hermione, non davvero pungente. La mano d’istinto le cadde sulla tasca dei jeans dove teneva al sicuro una delle prime foto della bambina.
“Dannazione, Hermione! A che ti serve una lista di Pro e Contro in cui non credi neppure tu? Sono passate tre ore e già mi manca. Ti manca.” Sottolineò, costringendola a guardarlo. “Mi dici come faremo per il resto della vita? Come farò a tirare avanti per tutta la mia fottuta esistenza sapendo di aver abbandonato mia figlia?”
Hermione avrebbe voluto imporgli di stare zitto. Scosse la testa, nervosa, ancora sull’orlo di una crisi. Che ne sapeva lui? Cosa accidenti ne sapeva lui di quale luogo di tortura fosse la sua mente in quel momento? Cosa poteva capire Harry? Aveva forse convissuto e lottato per sopravvivere insieme alla sua bollicina per nove mesi? Sapeva forse Harry quanto quella bollicina le fosse diventata indispensabile per respirare?
Eppure si trattenne. Ancora una volta, doveva essere lei quella forte. Ancora una volta, doveva mostrare a Harry la strada giusta. Giusta, Hermione? Giusta? La strada più ragionevole: due adolescenti appena scampati ad una guerra non possono prendersi cura di una neonata, due adolescenti non sicuri dei propri sentimenti non hanno le basi per tirare su una famiglia, due adolescenti senza uno straccio di titolo di studio non hanno i mezzi per tirare su un futuro.
Harry sbuffò, ancora riluttante ad accettare del tutto la prospettiva che la ragazza cercava di spiegargli in continuazione. Con rabbia malcelata, rivolse gli occhi all’esterno – dappertutto, tranne che su Hermione – scorse qualche nuvola bianca, e desiderò come non mai avere la propria Firebolt sottomano.
 

   
 
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