3 – Sarà il nostro
segreto.
Passai le giornate seguenti nel
mio palazzo a Parigi, ricevendo poche visite; l’argomento centrale di tutte le
conversazioni era la storia d’amore della Regina col conte svedese.
L’indiscreta vicenda stava facendo il giro di tutti i salotti della città ed
era arrivata, attraverso stampe satiriche, anche tra la povera gente del volgo.
Troppo abituata a tutto quel clamore, ero indifferente a quei tipici scandali
così comuni nel nostro ambiente. Per quanto mi sforzassi di concentrare la mia
attenzione su ciò che mi veniva detto dalla nobildonna di turno, non riuscivo a
farlo che per brevi momenti. Facevo finta di ascoltare interessata, ma in
realtà, come l’ago di una bussola che punta sempre verso nord, il mio pensiero
si fissava su un' unica persona.
Una persona che avevo desiderio
di rivedere e con cui avrei voluto parlare.
Ma non potevo raggiungerla come
comunemente avrei fatto, con un qualsiasi conoscente che frequentassi in
società. No, non avrei potuto.
La mia condizione di donna
nobile, sposata e rispettabile, non mi lasciava libera di frequentare chi
volessi, soprattutto non una persona di classe sociale inferiore; non un servo
come André. Invece, Oscar, sua amica e padrona, poteva frequentarlo in virtù
del suo ruolo, senza restrizioni e senza suscitare scandalo.
Ero pericolosamente ossessionata
da André, dai suoi occhi, dalla sua espressione, dalla sua dolcezza che
traspariva dai suoi gesti misurati, e ancor di più da ciò che avevo scoperto o
perlomeno intuito; il suo amore inconfessabile e segreto nei confronti di mia
sorella. Ma non capivo se lei fosse più o meno consapevole di questa verità.
E volevo scoprirlo anche per me
stessa. Volevo sapere se lei in qualche forma, potesse ricambiare quel
sentimento, se potesse accadere qualcosa fra loro.
Perché intuivo con un certo
timore, che stava accadendo qualcosa dentro me e dovevo capire cosa si era
mosso nel mio animo inquieto.
Mi sono sempre scelta
accuratamente i miei amanti e ho sempre evitato uomini troppo cinici e le
storie squallide di servi troppo compiacenti, qualche volta pronti anche al
ricatto. Avevo sempre detestato quelle storie di nobildonne dissolute che per
soddisfare i loro appetiti sessuali, si intrattenevano con i loro stallieri.
Per quanto in ogni relazione clandestina, sapessi di vivere un’illusione di
felicità, non ho mai saputo rinunciare al desiderio che mi fa tendere verso la
sua ricerca. Ma fino ad oggi, non ho mai trovato quello che vado cercando,
quella fiamma capace di scaldare e riempire il mio cuore, tanto da farmi
sentire quel palpito vitale che solo l’amore sa darci.
Una sera, per cercare di
distrarre la mia mente che si perdeva dentro pensieri e fantasie
irrealizzabili, andai a teatro da sola; lì, incontrai Fersen che mi raggiunse
nel mio palco durante la pausa, dopo il primo atto della rappresentazione.
In realtà avrei voluto restare
sola, a riflettere con me stessa e non dovermi intrattenere con nessuno, ma
pensai che sarebbe stato sciocco non approfittare di un’ occasione magnifica
per tastare da vicino un possibile coinvolgimento di Fersen con me.
“Siete bellissima, questa sera,
madame. Oso dire, una vera tentazione.” Esordì accennando un lieve inchino,
prima di baciarmi la mano.
Al di là dei suoi complimenti,
mi colpì la sua espressione; non era quella abituale, fascinosa che gli
conoscevo. Sembrava lievemente depresso, rattristato da pensieri poco felici.
“Galante come sempre. Mi
sembrate annoiato; deduco che non vi piace lo spettacolo.” dissi con noncuranza
e apparente disinteresse, mentre col binocolo osservavo i volti nella platea
sotto di noi.
“Oh, no. Lo spettacolo mi piace;
forse, sono io che non sono nella giusta disposizione d’animo.”
“Credo di capire; siete l’uomo
più chiacchierato del momento.”
“Per questo non dovreste
accettare la mia presenza accanto a voi.”
Le sue labbra si piegarono in un
sorriso amaro: non era difficile immaginare che stesse pensando alla situazione
che lo vedeva coinvolto con la nostra regina.
“Oh, non mi preoccupo troppo;
sono sempre la sorella del Colonnello Oscar, ricordate? Se lei può essere
vostra amica, allora posso esserlo anch’io.”
“Voi siete in una posizione
diversa; molto diversa.” commentò pacato.
“Perché sono sposata?
Sciocchezze! La mia reputazione non corre pericoli; è cosa nota che sono una
persona eccentrica.” Commentai con divertita ironia.
“Amate il rischio, vero
Danielle? Sembra che nulla vi spaventi. Neppure stare qui, con l’uomo più
discusso di Francia.”
“Il rischio dà un po’ di pepe
all’esistenza. Ho paura solo di non vivere pienamente la mia vita e io amo
cogliere le opportunità che essa mi presenta; detesto i condizionamenti
imposti, e se ora posso godere della vostra compagnia, perché non dovrei
approfittarne? Vi aprirei il mio salotto come ho già fatto con altri
personaggi, forse molto più discutibili di voi, senza nessun problema.”
“Contessa, badate: potrei
prendervi in parola…”
“Mi aspetto che lo facciate,
conte di Fersen…” lo incoraggiai con un sorriso convincente.
“Sono davvero impressionato. Sapete
contessa, ritrovo in voi, molto di Oscar: lo stesso coraggio, e un’ insolita
libertà di pensiero. Questo, se posso dirlo, vi rende ancora più affascinante…”
Il suo commento mi colpì,
dimostrando un certo acume. Se stava cercando di affascinarmi, tutto sommato
stava adottando la tattica giusta. Ma quello era: solo una tattica per entrare
nelle mie grazie, e magari nella mia alcova.
“Conte, vi confidereste con me
come fate con lei?”
“Lei chi?” chiese un attimo
incerto.
“Oscar.”
“Oh. Su che proposito?”
“Quello che volete: la prima
volta che ci siamo incontrati, avete detto che con Oscar non dovete pensare di
essere di fronte a una donna. E con me? A cosa pensate quando siete con me? Il
fatto che io sia la gemella di Oscar, stuzzica la vostra curiosità maschile?”
Una domanda apparentemente
ingenua, forse anche pericolosa, ma dovevo verificare certe mie primissime
impressioni; potevo immaginare tranquillamente i suoi pensieri e avrei
indovinato le sue fantasie nel dettaglio. La risposta non fece che confermare
ciò che già sapevo.
“Sono troppo sensibile alla
bellezza e subisco il vostro fascino. Siete una donna vitale che vive di
passioni; un uomo come me, se ne sente irrimediabilmente attratto, in un modo
tale che potrei dimenticare ogni altra cosa. Ma non so se riuscirei con voi, ad
instaurare un rapporto così singolare come quello che condivido con Oscar… Ve
lo confesso: accendete ben altri pensieri…” Il suo sguardo carico di sottintesi
non mentiva.
“Con madamigella Oscar non vi
succede? Eppure, è la mia gemella. Non dovreste sentirvi ugualmente attratto da
lei?” Esclamai un po’ divertita, giocando con la stessa malizia.
“No, direi di no. Curioso, non
trovate? Ma se riflettete un attimo, è normale: Oscar non ha potuto coltivare
la propria femminilità. O forse, sarebbe più giusto dire che è stata soffocata
dall’educazione ricevuta.” Sorrise amabile, senza preoccuparsi troppo delle sue
considerazioni discutibili. L’ultima frase del conte fece scattare dentro di
me, un moto di nervosismo, o forse una strana ribellione; che ne sapeva
quell’uomo della femminilità di una donna come Oscar? Quella femminilità che
altri occhi molto più attenti dei suoi, avevano saputo cogliere e che
celebravano con un impeto fiammante, con un calore tenero e delicato che
raramente avevo visto in altri sguardi più volgari.
Il sipario si stava sollevando,
gli attori tornavano in scena; stava per cominciare il secondo atto della
commedia. Volevo chiudere il primo della mia.
Fu il momento per interrompere
quel colloquio con Fersen, rinnovando l’invito per un prossimo incontro in cui
continuare quel confronto. Ma supponevo che il palco e gli attori coinvolti,
sarebbero stati diversi.
Nei giorni successivi, nella
solitudine malinconica di Palazzo Recamier, non smettevo di pensare all’affascinante
attendente, che era stato compagno anche della mia infanzia. Stanca di essere
così in tensione a causa dei miei pensieri, presi la carrozza e decisi di
andare a trovare mia sorella, ma non certo per il desiderio di vedere lei. Non
la trovai, perché era andata a Versailles, ma trovai André che stava per
raggiungerla. Ne approfittai subito.
“André?”
“Dite, Madame…”
“Mia sorella è assente, ma posso
aspettare che ritorni. Intanto, pensavo di fare una cavalcata nei dintorni. Dal
momento che non posso andare da sola, ti chiederei di accompagnarmi, André.”
“Ecco, veramente… Oscar mi
aspetta a Versailles…”
“Penso che per una volta, lei
possa fare a meno di te; Oscar sa badare benissimo a se stessa e tu lo sai.
Avanti André, non vorrai che una signora come me, cavalchi da sola nelle
campagne circostanti, con i pericoli che potrebbe incontrare; mio marito non te
lo perdonerebbe mai.”
In realtà, mio marito si sarebbe
curato ben poco delle mie iniziative più o meno stravaganti.
André non oppose alcun’ altra
obiezione e d'altronde, non avrebbe potuto rifiutarsi. Anche la balia, la
vecchia Nanny, lo esortò ad accompagnarmi.
“Ma certo, Andrè. Non possiamo
permettere che Madame Recamier, cavalchi da sola; chissà che direbbe il
generale, se lo venisse a sapere! Falle preparare uno dei cavalli da Marcel.”
Silenzioso, Andrè si allontanò,
puntando in direzione delle scuderie. Ricordavo che non amava fare discussioni
con sua nonna.
“Benissimo, allora! Intanto, io
vado nelle mie vecchie stanze a prepararmi. Nanny, mandami di sopra una
cameriera con un abito da amazzone, che mi aiuti. Ne avrete uno da qualche
parte.”
“Ci sono quelli di vostra
sorella Orthense; ne ha portati qui alcuni, l’ultima volta che è venuta in
visita.”
Mi adattai. Orthense aveva una
corporatura simile alla mia; era solo un poco più robusta di me.
Andrè mi fece preparare il
cavallo migliore della tenuta, assicurandosi egli stesso che i finimenti e la
sella fossero in perfetto ordine. Poi attraversammo il cortile della dimora,
costeggiammo le ali laterali del giardino e insieme, ci inoltrammo nella radura
circostante il palazzo.
La giornata era piacevole e
fresca, il cielo era terso e luminoso.
Spronammo i cavalli al galoppo
per diversi minuti buoni. Io sono un’ottima amazzone, quasi quanto Oscar e
l’equitazione, una delle mie attività preferite, mi ha sempre dato una certa
eccitazione; sentire il vento che mi investe il volto mi inebria e mi fa
sentire viva.
“Dobbiamo rallentare e far
riposare un po’ i cavalli, madame.”
Mi giunse la sua voce calda e profonda.
“Certo André, hai ragione… -
lasciai passare qualche minuto prima di proseguire col discorso che mi premeva
affrontare con lui - …l’altra volta non hai voluto rispondermi, quando ti ho
chiesto se sei innamorato di Oscar…”
Mentre cavalcavamo affiancati,
osservavo il suo profilo dalle linee regolari e leggermente marcate, il naso
diritto, le labbra morbide, il mento volitivo e la mascella decisa; pensai
nuovamente che era davvero affascinante e immaginai senza vergogna e un lieve
stupore, di baciare quelle labbra che si piegarono in un sorriso ironico prima
di rispondermi. Si ostinava a guardare la strada davanti a sé, senza incontrare
i miei occhi.
“Ma come ti è venuta un’ idea
del genere?” domandò. Ridacchiava e tentava di mantenersi indifferente.
“Intuito femminile: ho visto
come la guardi a volte, e soprattutto, come guardi Fersen.” Dissi con aperta
convinzione.
“Io e Oscar siamo amici,
nient’altro.” Mi rispose secco e deciso. Probabilmente sperava di scoraggiarmi,
ma io non sono una che cede facilmente; la tenacia è una delle caratteristiche
che mi rende molto simile a Oscar.
“Da parte di Oscar senz’altro è
così, ma per te?” Insistevo, ma anche Andrè era tenace e non voleva arrendersi.
“Siete un po’ indiscreta, non
trovate? Perché vi interessa saperlo?”
“Se ti decidi a darmi del tu e
chiamarmi Danielle, te lo dico.”
“Allora Danielle, perché vuoi
saperlo?”
Non volevo espormi troppo e
giocai d’astuzia.
“Perché siamo amici di vecchia
data, forse… e gli amici condividono tutto. Anche i segreti…”
“Stai dicendo che mi consideri
tuo amico? Hai dimenticato che sono solo un servo… non dovresti cercare le tue
amicizie in ambienti più consoni al tuo rango?”
“Ti prego André, non dire così.
Sai anche tu quanto siano false le amicizie all’interno della nobiltà; le
persone ti cercano solo per stringere alleanze di potere o perseguire scopi
personali.”
“E per questo motivo, cerchi
l’amicizia di un servo? Pensi che la nostra potrebbe essere più sincera? Cosa
te lo fa credere? Non hai uno scopo personale anche adesso?”
C’era ostilità nelle sue parole.
Aggrottai le sopracciglia, mettendomi sulla difensiva.
“Non parli come un servo, Andrè.
Sei anche un poco sfrontato.”
“Hai cominciato tu, chiedendo
cose che non hai il diritto di chiedere... Non puoi lamentarti.”
Dunque, prima che un servo,
Andrè era un uomo orgoglioso. Non potevo biasimarlo, aveva ragione; non potevo
pretendere che mi raccontasse ogni dettaglio della sua vita privata, né che
rivelasse tanto apertamente i suoi sentimenti, di cui si stava dimostrando geloso.
“Sei così diretto anche con
Oscar?”
“Quando occorre…”
“Ma non su tutto, però… E lei
apprezza questa tua qualità?”
“Non sempre…”
Ci fu un momento dove udimmo
solo il canto degli uccelli, in cui nessuno di noi parlò. Non potevo lasciare
calare l’imbarazzo, dovevo sciogliere quel nodo che ci bloccava, che serrava
tra le labbra le parole più giuste che avrei voluto dire.
“Sbagli a non fidarti di me. Ci
conosciamo da così tanto tempo, che non potremmo ingannarci. Io non lo farei
mai, verso di te… e tu… forse anche tu hai bisogno di un’amica con cui parlare
liberamente di quello che senti…”
“Quello che sento io ha poca
importanza; io devo solo proteggerla, è questo il mio compito.”
Disse ancora risoluto, ma
sentivo che se avessi insistito avrebbe ceduto.
“Un compito che inevitabilmente
ha finito per coinvolgerti troppo; ammettilo André.”
La resa arrivò espressa in un
sospiro pesante. Avevo finalmente fatto breccia nel muro di riservatezza che
aveva eretto perché disse, quasi rassegnato: “Dunque, è così evidente…”
“No, sta tranquillo; è una cosa
che ho notato solo io e lo terrò per me. Sei il migliore amico che una donna
come Oscar possa avere…”
“Certo, non potrei sperare di
essere altro. Non l’ho mai preteso…”
I nostri cavalli avanzavano lentamente
lungo il sentiero; li guidavamo con tranquillità attraverso la silenziosa
campagna circostante, mentre la muraglia verde degli alberi ci riparava dal
sole, allungando l’ombra delle loro chiome sul terreno. In quel silenzio, mi
sentivo quasi in pace, serena.
“Sai, un po’ la invidio…”
“Cosa? Perché?” si era voltato a
guardarmi finalmente. Questa volta era sinceramente sorpreso.
“Io non ho mai avuto un amico
come te, André. Anche da bambina, Oscar ha sempre avuto l’esclusiva; certo, io
giocavo con voi, ma era per gentile concessione sua. In qualche modo, ho sempre
sentito di essere esclusa. Oggi vorrei tanto avere qualcuno che si preoccupasse
davvero per me, che mi fosse sempre accanto, capace di ascoltarmi, parlare con
me; ho un marito, ma purtroppo non fa nessuna di queste cose. Siamo come due
estranei e tra noi c’è solo una fredda e vuota forma di rispetto… forse anche
meno.”
“Perché mi fai confidenze del
genere, Danielle?”
“Sei l’unico a cui posso
farle...”
“Hai dei figli, però… Non
dovrebbero venire prima di qualsiasi amico? Non sono motivo di consolazione per
te?”
“Sì, e li amo immensamente. Ma
ti assicuro che non bastano i figli ad essere felici, se mancano altre cose
nella tua vita… io penso che tu possa capirmi, André.”
“Sì, capisco cosa vuoi dire.
Danielle, mi dispiace. - Improvvisamente avvertii il tono di Andrè cambiare;
una nota trattenuta di profonda commozione vibrò intensa nel suono della sua
voce calda. - Devi sentirti molto sola; non me n’ero mai reso conto…”
“Sì, a volte la solitudine è intollerabile;
faresti di tutto per colmare quel vuoto… ” la mia voce si fece amara.
“Già, lo so. Lo so bene…”
Mi aveva risposto in tono grave
e comprensivo. Ero impressionata.
Che uomo dolce e meraviglioso!
In due minuti era riuscito a capirmi più di mio marito, con cui vivo da molti
anni ormai. Mi chiesi se Oscar sapesse quale tesoro avesse accanto e lo chiesi
anche a lui.
“André, dimmi: mia sorella è
consapevole di essere fortunata ad averti al suo fianco?”
Mi sorrise e abbassò lo sguardo,
ma non mi rispose.
Io continuai a cercare di
forzare il suo riserbo.
“Ti senti solo, André?”
“A volte capita… anche ai servi
come me.”
Riprendemmo la marcia dei nostri
cavalli e tornammo a palazzo dove trovammo Oscar ad attenderci; era tornata
prima da Versailles.
Ci accolse con un sorriso, sulla
soglia, mentre apostrofava André con un tono divertito. Troppo a mio avviso.
“Ecco perché non mi hai
raggiunto; eri a spasso con mia sorella.”
Scesi da cavallo; reggendo il
frustino sotto un braccio, andai verso di lei, sfilandomi i guanti da amazzone.
“Perdona Oscar, se te l’ho
rubato per qualche ora, ma non volevo cavalcare da sola. Sai, io e André
abbiamo avuto un piacevole scambio di opinioni.”
André mi guardò quasi allarmato
prima di allontanarsi taciturno verso le scuderie con i nostri cavalli.
“Bene, raccontami; voglio sapere
tutto.”
“Oh, abbiamo parlato di molte
cose; del passato, della vita in generale… e di Fersen.”
Buttai lì il nome così,
intenzionalmente; volevo cogliere la reazione di Oscar.
“Di Fersen?” esclamò, tentando
di dissimulare il suo interesse.
“Sì, sai tutte quelle voci che
circolano su di lui e la regina.”
“Ancora questa storia: ti prego,
Danielle, non ne voglio più sentir parlare!”
La voce le uscì alterata e la
sua reazione mi parve eccessiva; corse in casa velocemente, senza aspettare che
la seguissi. Io la raggiunsi nel piccolo salotto dove era andata a rifugiarsi.
“Scusami Oscar, so che non ti
piacciono questo genere di discorsi, non volevo metterti in imbarazzo… ma
cos’hai? Sembri preoccupata.”
Abbiamo sempre avvertito con
chiarezza gli umori mutevoli una dell’altra, e in quel momento, Oscar era
nervosa per qualcosa; era una speciale sintonia che c’era sempre stata tra noi.
Lei si portò una mano alla tempia come se fosse pesante.
“Oggi ho avuto un colloquio
privato con la regina; mi ha chiesto di fare una cosa…”
“Posso sapere di che si tratta?”
chiesi con un filo di apprensione.
“Devo portare un messaggio a
Fersen…”
“Che genere di messaggio?”
“Riguarda il loro prossimo
incontro; sono la persona meno indicata per questa faccenda.”
“Già, ma Sua Maestà si fida solo
di te, giusto?”
“Esatto.”
“Puoi mandare qualcuno fidato al
posto tuo?”
“No, è una faccenda troppo
delicata e Sua Maestà ha incaricato me personalmente.”
“Capisco. Beh, allora non hai
scelta. Personalmente, io non trovo il conte così interessante, tra l’altro
girano voci di una sua relazione con una nota contessa…”
“Il conte di Fersen è un uomo di
nobili sentimenti come se ne trovano pochi a Versailles, e io di solito, non presto
fede alle chiacchiere di salotto.”
Era la prima volta che sentivo
Oscar palesare così apertamente la sua ammirazione per quell’uomo ed era stata
la mia provocazione ad animarla. Ma non rinunciai all’occasione di strapparla
al suo incanto, per instillare in lei il dubbio.
“Fai male, mia cara, perché
qualche volta nei pettegolezzi, per quanto irritanti, si trova anche la verità;
bisogna usare il setaccio come per la segale e saperla riconoscere. Comunque, a
quel cicisbeo di Fersen, trovo molto più piacevole la compagnia del tuo
attendente: perché non è qui con noi?”
Questa volta suscitai veramente
tutta l’attenzione di Oscar, che finalmente mi guardò con sorpresa e curiosità,
distraendosi dai suoi pensieri.
“Sarà in giro, vuoi che lo
faccia chiamare?”
“Sì, te ne prego. Sarà come ai
vecchi tempi.” Non nascosi il mio entusiasmo. Oscar mi fissò un attimo, prima
di commentare con una vena di leggero disappunto.
“Non definirei Fersen, un
cicisbeo…”
“E io ti dico che lo è: conosco
troppo bene il genere. Se ne vedono così tanti a corte… Ma non hai appena detto
che non volevi più parlare del conte?”
Ero impaziente anch’io di
chiudere l’argomento e non mi preoccupai di nasconderlo.
Andrè ci raggiunse poco dopo e
passammo tutti insieme un piacevole pomeriggio, parlando di svariati argomenti.
Il tempo trascorse lieto e in allegria tornando anche sui vecchi episodi
dell’infanzia; una marachella, un litigio, le lezioni di ballo che Oscar non
voleva prendere perché erano da femminucce, quella volta che Andrè, per
spaventarci, si era cacciato in testa un lenzuolo per fare il fantasma. E più
stavo con lui, più mi accorgevo che mi piaceva e avrei ritardato all’infinito
l’ora del ritorno verso casa. Lo guardavo ridere rapita, ascoltavo le sue
parole scendere nella mia anima, mentre il loro suono pareva miele per le mie
orecchie.
Percepivo chiaramente una
bellissima sensazione di benessere che ero quasi certa di non aver mai provato.
Col passare delle ore mi resi conto che stava accadendo qualcosa che non avrei
mai pensato potesse cogliermi impreparata e senza difese; sentivo nascermi nel
cuore un sentimento assolutamente nuovo e conturbante.
Più tardi Oscar ci lasciò per
assolvere il delicato incarico affidatole dalla regina.
Io e André fummo nuovamente soli
in casa.
“È stato uno splendido
pomeriggio, André. Mi ha fatto davvero piacere parlare con te e Oscar. Spero
tanto di poter passare altre giornate come questa…”
Mentre lo dicevo sentivo la nota
d’emozione che mi serrava la gola.
“Mi fa piacere, Danielle. Sono
stato molto bene anch’io.”
“Perché nei prossimi giorni non
venite a trovarmi a Parigi tu e lei? Potreste stare da me per un po’; mi
farebbe veramente piacere.”
“Se davvero ci tieni, credo che
Oscar verrà volentieri.”
“E tu André? Tu verrai volentieri a
trovarmi?” assunsi un tono volutamente suadente.
“Ma certo; anche se sarò lì in
qualità di attendente, ne sarò felice.”
Lo guardai per un lungo istante,
cercando di intuire i suoi pensieri. Il fatto che Oscar fosse andata da Fersen
probabilmente lo infastidiva, ma davanti a me cercava di non palesare nulla.
“Sai Andrè, sei molto bravo a
mascherare i tuoi sentimenti, e capisco perché Oscar non abbia mai notato
nulla.”
“Danielle, ti prego…”
“Non c’è bisogno di dire niente.
Te l’ho detto, questo sarà il nostro segreto, una cosa tra me e te.”
Fuori il cielo si stava
oscurando e nuvole nere si profilavano all’orizzonte; a breve avrebbe iniziato
a piovere. Andrè era evidentemente in ansia per Oscar; guardava fuori dalla
finestra e osservava il cielo cupo con aria seria. Decise di andare a cercarla;
tentai di dissuaderlo senza successo.
“Devi proprio andare? Perché non
aspettiamo che torni da sola? Non credo che corra il rischio di perdersi…”
“Devo andare a prenderla; con
questo tempo le verrà un febbrone da cavallo, le porto almeno il mantello
perché possa coprirsi.”
Si avvolse nel pesante mantello
di lana e corse fuori con quello di Oscar sotto al braccio, affrettando il
passo verso le stalle.
E mentre lo osservavo dalla
vetrata che si apriva sul maestoso giardino, sentii per la prima volta una
dolorosa fitta al cuore. Lo guardavo allontanarsi velocemente a cavallo, lungo
l’ampio viale d’ingresso per andare a cercare lei e sentivo che avrei voluto
piangere. Eppure ricacciai le lacrime in gola.
E compresi all’istante il senso
di quell’acuta sofferenza che sentivo nell’anima; io mi stavo perdutamente e
inevitabilmente innamorando di Andrè, quell’uomo che amava profondamente e
senza una vera speranza la mia gemella.
Seppi con certezza in quel
momento, che ero solo all’inizio della mia pena.
Continua…
Io sono davvero felice
e sorpresa per l’entusiasmo che dimostrate per questa storia. Vi ringrazio per
i vostri numerosi commenti che non mi aspettavo, e scusatemi se non sono
riuscita a rispondere singolarmente a tutte.
Lo faccio ora in una
volta sola.
Mi avete fatto tante
domande a cui cercherò di rispondere attraverso questo racconto; come sempre,
spero che sia piaciuto fino a qui, e attendo i vostri pareri e le vostre
impressioni su Danielle, questa gemella/alter-ego degna sorella del colonnello
Oscar, donna complessa e complicata, o almeno è così che io tendo a vederla.
Non è facile, ma è molto stimolante. Ora però vorrei chiedervi un parere: io vorrei mantenere la voce narrante di Danielle, mi sforzerò di farlo per quanto possibile, ma potrei trovarmi costretta a cambiarla se la scena di spostasse su Oscar e Andrè, e temo di perdere la fluidità della storia. Secondo voi?
A presto e grazie per tutto.