Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: RobTwili    10/06/2011    11 recensioni
Lui: Francis 'Frank Fagotto' Hudson.
Lei: Ashley Foster
Lui: Capitano de 'I Matematicici', Capitano de 'Gli elettroni spaiati' e suonatore di Fagotto nella banda del liceo.
Lei: Capitana indiscussa delle Cheer-leader, Capo volontaria del progetto 'Le infermiere della scuola'.
Lui: Innamorato di lei fin dall'asilo.
Lei: Non sa nemmeno che lui esiste.
Ma se, improvvisamente le loro strade si incrociassero? Potrebbe Francis, con molte difficoltà, compiere la vendetta di tutti i nerd facendo capire che l'aspetto non è tutto?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Nerds do it better'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
rotn








Uscii di casa velocemente, maledicendo Mac.
Perché le cose non potevano mai andare come uno sperava?
Erano le dieci e mezza, Mac e Ashley dovevano essere nel pieno della festa, e invece? La mia amica mi aveva chiamato, arrabbiatissima, dicendomi di raggiungerle.
Guidai velocemente e quando parcheggiai, qualche metro prima della casa di Kristy, cercai di respirare a fondo per calmarmi.
Scesi dalla macchina strusciandomi con un gesto istintivo le mani sudate sui jeans e, un passo dopo l’altro, mi avvicinai alla villa.
Riuscivo già a sentire la musica a volume altissimo e anche gli schiamazzi della squadra di football.
Stavo entrando nella tana del lupo.
Un coro di voci si stava impegnando al massimo per incitare qualcuno a bere una birra.
Arrivato davanti a casa inorridii.
Dove avevo fatto andare Mac?
C’erano quattro ragazzi che, senza maglia, si rincorrevano nel giardino e si sparavano con un fucile a vernice; poco più avanti due coppie, seminascoste dietro a un cespuglio, si stavano baciando molto appassionatamente.
«Mac?» sussurrai spaventato.
Come avrei fatto a trovarla?
Mi tastai le tasche dei jeans, trovando il cellulare; inviai la chiamata e al secondo squillo Mac rispose.
«Dove sei?» chiese urlando, cercando di sovrastare la musica altissima.
«Fuori». Due ragazze mi indicarono ridacchiando quando mi videro parlare al cellulare.
«Arriviamo». Chiuse la chiamata senza aggiungere altro e io, leggermente nervoso perché non era quello il mio ambiente naturale, cominciai a camminare avanti e indietro lungo il giardino.
«Francis». Udii la voce di Mac chiamarmi e mi girai trovandola abbracciata ad Ashley che rideva senza controllo.
«Che è successo?». In pochi passi mi avvicinai raggiungendole e inorridii: Ashley sembrava ubriaca.
«Francis-sei-venuto-a-divertirti?» biascicò tirandomi una manata sulla spalla.
Non sembrava ubriaca, lo era.
«Si è ubriacata?» chiesi prima di tornare a posare il mio sguardo su Mac. Annuì continuando a sorreggere con un braccio Ashley.
«Non ha bevuto nulla, fino a quando Kristy si è avvicinata a lei e le ha detto che le dispiace per quello che Alex ha fatto. Stava recitando, ma Ashley non l’ha capito. Le ha offerto uno shot dopo l’altro e Ashely si è ubriacata. Ha cominciato a ballare davanti ai ragazzi che la prendevano in giro, così ho pensato fosse meglio chiamarti per riportarla a casa. Hanno già abbastanza foto della serata» sussurrò spostandosi di un passo a destra perché Ashley l’aveva spinta ridacchiando.
«Ti sei divertita, eh Kenzie?» chiese Ashley picchiettandole un fianco con il gomito.
«Da morire. La festa più divertente a cui sia mai andata». L’umorismo di Mac mi faceva sempre sorridere.
«Sono felice. Mi sto divertendo tanto anche io. Torniamo dentro? Ho la gola secca, devo bere». Ashley cercò di divincolarsi dalla presa di Mac, ma non riuscì a reggersi in piedi e scivolò a terra ridendo.
«Francis, è ubriaca, portala a casa» mi consigliò Mac aiutandomi a rialzare Ashley.
«Co-cosa? A casa sua? E come spiego ai suoi genitori che Ashley è andata a una festa? Non sanno nemmeno che ci conosciamo. Se trovo Eric che cosa gli dico? Ciao sono Francis, il fratello di Cris, questa è tua sorella ubriaca? No, non ci penso nemmeno». Scossi la testa con decisione per scacciare il pensiero di Eric che mi picchiava perché avevo riportato sua sorella a casa ubriaca.
«Non possiamo lasciarla qui». Mac si sfregò il viso con le mani cercando di pensare.
«Ragazzi, io devo…». Ashley non terminò nemmeno la frase, si voltò e vomitò.
«Oddio. Che schifo». Deglutii cercando di non respirare per non fare lo stesso.
«Perfetto. Francis, andiamocene da qui». Mac circondò le spalle di Ashley con le braccia e tentò di farla camminare lentamente, perché non vomitasse di nuovo.
«E se viene a dormire a casa tua?» chiesi, improvvisamente speranzoso.
In fin dei conti Ashley poteva essersi fermata a dormire da un’amica, non sapevo nemmeno che cosa avesse raccontato ai suoi genitori.
«E dove dorme? In giardino? Francis, a casa c’è mamma e anche Sally. Rimane solo il divano, e sai che non si riesce a dormire su quello».
Mugolai qualcosa senza senso e ripensai a quando, qualche capodanno prima, avevamo dormito un paio di ore su quel divano.
Il giorno dopo nessuno era stato in grado di muoversi per ore.
Era il divano più scomodo del mondo.
«Non possiamo lasciarla per strada» dissi, tornando a guardare Ashley che si massaggiava lo stomaco con una mano. Era ovvio che non potesse rimanere da sola.
«Perché non a casa tua? I tuoi genitori sono fuori città per il week-end. Domani appena si sveglia la riporti a casa sua e non ci sono problemi, no?». Mac sembrava entusiasta della sua idea.
«U-u-una donna a ca-ca-casa mia?». Spalancai gli occhi per la sorpresa e Mac ridacchiò.
«Andiamo Francis! La tua casa è enorme. Dormirai nella camera di Chris, o in quella dei tuoi genitori, o se preferisci sul divano al piano di sotto. È solo per questa notte. È ubriaca». Entrambi guardammo di nuovo Ashley, che si era accucciata per guardarsi le ballerine che portava ai piedi come se fossero la cosa più interessante che avesse visto in vita sua.
«E se torna qualcuno? Cosa dico?» borbottai, spaventato a morte.
Come avrei spiegato la presenza di una ragazza nel mio letto?
«Dici che l’hai ubriacata e poi violentata. Che cosa vuoi dire, Francis? Era ubriaca a una festa e non riusciva a tornare a casa. Non fare l’idiota». Mac aiutò Ashley a ritornare in piedi lentamente.
«Ashley, adesso vai a dormire a casa di Francis, ok?» sussurrò con un sorriso.
«Chi è Francis?» ridacchiò Ashley.
Perfetto, non si ricordava nemmeno chi ero.
«So-sono io» mormorai salutandola con la mano.
«Oh, Frank Fagotto. Sì, sì. Va bene». Annuì avvicinandosi a me e mi abbracciò di slancio.
«Buonanotte Francis. E mi devi un favore». Mac si voltò e iniziò a camminare, allontanandosi sempre più da noi.
«Mac! Mac! Dove stai andando?». Non potevo muovermi perché Ashley mi stava ancora abbracciando.
«A casa. Ho la macchina». Fece tintinnare le chiavi che teneva tra le mani.
«E io come faccio?». Cercai di non far vedere che ero disperato.
«Francis, andiamo. La fai salire in macchina e poi la fai entrare a casa tua. Segui l’istinto. Non è difficile» disse prima si sparire dalla mia vista, inghiottita dal buio.
«Ok, bene» inspirai a fondo cercando di ragionare. Dovevo farla salire in macchina. «Ashley, a-a-a-andiamo, devi salire in macchina. Ti porto a ca-ca-casa». Cercai di scostarla da me posandole le mani sui fianchi ma sussurrò qualcosa impossibile da capire. «Fo-fo-forza». Con un po’ più di forza riuscii a terminare quell’abbraccio dovuto all’alcool.
«Dove andiamo?» domandò confusa prima di scostarsi i capelli dalla fronte con una mano.
«A do-do-dormire». Aprii la portiera dell’auto e la feci salire senza farle sbattere la testa. «Aspetta che ti metto la cin-cin-cintura di sicurezza».
Mi schiarii la voce in completo imbarazzo non appena sfiorai il suo corpo per agganciargliela.
Velocemente salii in macchina. Quando l’accesi, l’autoradio iniziò a trasmettere una canzone a volume alto e Ashley si coprì le orecchie con le mani.
«Abbassa! Ti prego, mi scoppia la testa» urlò per sovrastare la musica.
Pigiai il pulsante e improvvisamente calò un silenzio innaturale dentro all’abitacolo.
«Grazie» sussurrò Ashley.
«Fi-figurati». Abbozzai un sorriso lanciandole un’occhiata sbieca, per non distrarmi dalla guida.
Il resto del viaggio lo passammo in silenzio.
Sentivo Ashley respirare lentamente, ma non volevo guardarla per evitare di fare qualche figuraccia.
«Si-siamo arrivati» bofonchiai sistemandomi gli occhiali sul naso, dopo aver parcheggiato la mia auto nel vialetto, come sempre.
Guardai Ashley e mi accorsi che si era pesantemente addormentata.
«Oh no. No, no, no». Mi sganciai la cintura di sicurezza muovendomi irrequieto sul sedile.
Non poteva dormire, io non ero abbastanza forte per portarla in casa.
Era magra, ma aveva anche tette, come mi aveva sempre fatto notare John, e i muscoli sulle mie braccia erano di fatto inesistenti.
Uscii dalla macchina e aprii lo sportello del passeggero toccandole leggermente una spalla. «Ashley? Siamo arrivati» sussurrai, per non farla svegliare di colpo.
«Mmhm» mugugnò sistemandosi meglio sul sedile e continuò a dormire beata.
«No, Ashley, forse non hai capito. Si-siamo arrivati». Parlai leggermente più forte, avvicinandomi al suo viso perché mi sentisse meglio.
Sorrise appena e non accennò a svegliarsi.
«Dannazione. Lo sapevo che sarei dovuto andare in palestra!» sussurrai tra me e me, andando ad aprire la porta di casa e bloccandola in modo che rimanesse spalancata.
Tornai verso l’auto e guardai Ashley.
Non potevo lasciarla dormire lì.
«Ok…» sussurrai abbassandomi per sganciarle la cintura di sicurezza. Alzai delicatamente un suo braccio e me lo portai dietro le spalle. «Sarebbe più facile se riuscissi ad aggrapparti, non ho molta forza» cercai di spiegarle scuotendola appena. Inutile.
Circondai con un braccio la sua schiena e con l’altro sostenni le sue gambe.
Non sapevo nemmeno come sollevarla.
Riuscii, dopo qualche minuto di prova, a prenderla in braccio e goffamente la tirai fuori dalla macchina.
Sospirai di sollievo ma mi accorsi di non avere poi molta aria nei polmoni, così decisi di velocizzare i movimenti: chiusi lo sportello dell’auto con un calcio e velocemente camminai verso l’entrata di casa.
Le braccia cominciarono a farmi male, Ashley stava diventando sempre più pesante e la porta d’ingresso sembrava allontanarsi sempre di più.
Appena varcai la soglia, chiusi il portone con un calcio e, a grandi passi, mi diressi verso il divano.
«Facciamo una pausa» sussurrai sedendomi, distrutto, lasciando che Ashley rimanesse seduta sulle mie gambe.
Piagnucolò qualcosa, stringendo più forte il braccio attorno alle mie spalle.
Si spostò con il volto a pochi centimetri dal mio collo e inspirò profondamente. Mi ritrovai a rabbrividire sentendo il suo alito sulla pelle.
«Hai cambiato profumo. Mi piace… Alex». Mi immobilizzai dopo aver sentito quel nome.
«Ashley, so-so-sono Francis» cercai di spiegarle, perché non si spaventasse nel lontano caso che potesse capire e tornare lucida.
«Certo. Va bene amore» sussurrò di nuovo, immergendo la mano tra i miei capelli e accarezzandomi il collo con il naso.
Oddio, qualcuno aveva alzato il termostato?
«Ashley…» cominciai di nuovo, scostandomi appena. Era ubriaca e non sapeva nemmeno chi fossi, doveva assolutamente dormire. «… è me-me-me-meglio se ti po-po-po-porto a letto». La sollevai di nuovo, cercando di farmi forza. Non volevo che cadesse.
In fin dei conti dovevo solo fare dieci scalini.
Uno.
Perché quella casa era stata progettata su due piani?
Due.
Perché non avevano potuto semplicemente svilupparla tutta al pian terreno?
Tre.
Rischiavo seriamente di lasciarla cadere.
Quattro.
Strinsi di più le dita della mano destra sulla sua canottierina perché non mi scivolasse per terra.
Cinque.
Riposo.
Respirai profondamente appoggiandomi con la schiena al muro e aiutandomi con una gamba a sostenere Ashley.
«Non so dove tu metta tutti questi chili, soprattutto non so nemmeno con quale forza le altre cheer-leader ti lancino in aria, però posso garantirti che non sei così leggera» bisbigliai, consapevole che stesse dormendo.
Gli altri cinque scalini li feci quasi di corsa.
Arrivai in camera mia e, senza nemmeno accendere la luce, raggiunsi velocemente il letto.
Distesi Ashley con attenzione, senza muoverla bruscamente, le posai la testa sul cuscino, le tolsi le scarpe e la coprii con una leggera coperta.
Mi fermai a guardarla per qualche secondo e improvvisamente mi ritrovai a sorridere.
Era bellissima, illuminata appena dalla luce emanata dallo schermo del PC, con i capelli sparsi sul mio cuscino, con quella buffa espressione sul viso.
Le accarezzai una guancia con l’indice.
In quel momento capii che era inevitabile innamorarsi di lei.
Era così bella, così dolce e così perfetta.
Quando sentì il mio dito solleticarle la guancia sorrise appena e si sistemò meglio sul letto.
«Buonanotte Ashley» mormorai chiudendomi la porta alle spalle. Tentai di fare piano per non svegliarla.
Andai in bagno a lavarmi il viso e fissai la mia immagine allo specchio.
Ero sudato per lo sforzo di portare Ashley in braccio; la cosa che mi preoccupava di più però era il sorriso idiota che non se ne voleva andare dalla mia faccia.
Quando, ore prima, avevo acceso la televisione, l’avevo fatto convinto di passare una serata tranquilla, davanti a un vecchio film della pay-tv, con la casa vuota.
Ora ero costretto a dormire sul divano di casa mia perché una ragazza occupava il mio letto.
Era la prima volta in diciassette anni che un individuo di sesso opposto al mio dormiva lì; se si escludevano mamma e nonna, naturalmente.
Indossai un paio di pantaloni della tuta, una maglietta grigia e scesi le scale.
Non avevo nemmeno più voglia di dormire.
Andai in cucina e, dopo aver aperto il frigo, presi una bottiglietta d’acqua e cominciai a berne qualche sorso.
Ashley, quella Ashley, stava dormendo nel mio letto.
Non riuscivo a pensare ad altro.
Tornai in sala e mi distesi sul divano accendendo la televisione per cercare un film abbastanza noioso da farmi dormire.
Quando, dopo una ricerca di quasi cinque minuti, trovai una commedia romantica di serie B, sorrisi sistemandomi meglio.
 
«Moccioso. Moccioso svegliati». Chris?
Mio fratello?
Non era al college?
«Mhm?». Avevo un braccio che mi copriva gli occhi. Era troppo pesante perché riuscissi a muoverlo.
«Moccioso, muoviti. Dobbiamo andarcene, entro poche ore ci sarà la fine del mondo». Era decisamente mio fratello.
Ma perché mi stava parlando?
Poi i miei neuroni e le mie sinapsi cominciarono a lavorare e compresi quello che mi stava dicendo.
Fine del mondo?
Mi alzai a sedere di scatto e, sempre tenendo gli occhi chiusi, cercai gli occhiali sul mio comodino; mi scontrai però con qualcosa di morbido, qualcosa che assomigliava al mio divano.
Improvvisamente ricordai che mi ero addormentato davanti alla tv accesa.
Trovai gli occhiali sopra al tavolino di vetro e, una volta indossati, guardai mio fratello.
«Che succede? Fine del mondo?» chiesi assonnato, non riuscendo ancora a capire quello di cui stava parlando.
«Sì. Sono andato in camera tua perché non mi ero accorto che eri qui, e indovina? Una ragazza sta dormendo sul tuo letto! La fine del mondo è vicina, altrimenti perché mai ci sarebbe una biondina al piano di sopra, eh?». La pacca cameratesca che mi diede sulla spalla mi fece immobilizzare, ma più di tutto ci riuscirono le sue parole.
Biondina.
Camera.
Letto.
Ashley.
Che l’avesse riconosciuta?
«Chris, non è come sembra…» cercai di giustificarmi alzandomi dal divano.
«Oh, certo. Tranquillo moccioso. Casa libera per il week-end, nessuno tra i piedi… sono più vecchio di te». Ammiccò verso di me e io provai orrore per i suoi pensieri.
«No. Lei era a una festa ubriaca e non sapevo dove abitava…». Una piccola bugia ci poteva anche stare, visto che comunque non potevo dirgli che era la sorella di uno dei suoi migliori amici. «… così l’ho portata a casa». Era la scusa più simile alla verità che potessi inventarmi.
«Non la conoscevi nemmeno? Mi stupisci moccioso. Non pensavo fossi uno da una botta e via.  Allora sono riuscito a insegnarti qualcosa, anche se in ritardo» sogghignò dopo aver tirato un’altra pacca sulla mia spalla.
«No, Chris… lei è…». Non potevo dirglielo. «…una mia compagna di scuola, la stavano prendendo in giro e non volevo che lo facessero». Mi stavo arrampicando sugli specchi.
«Ehi, non devi darmi spiegazioni. Ora vi lascio da soli, tranquillo. Ero solo venuto a vedere se ti serviva qualcosa… ma a quanto vedo ci hai pensato da solo» ghignò prendendo uno zaino e avvicinandosi alla porta.
«Chris, aspetta. Dove stai andando?». Dovevo spiegargli come stavano le cose, tralasciando l’identità della ragazza, magari…
«Vado a trovare Eric. È da un paio di settimane che non ci vediamo. Usciamo a bere qualcosa, ma non credo di tornare, quindi dacci pure dentro, fino a quando hai casa libera… e mi raccomando, stai attento». Mi ammonì con l’indice prima di chiudersi la porta alle spalle.
Oddio.
Oddio, mio fratello pensava che avessi fatto l’amore con una ragazza.
Quello che non sapeva, fortunatamente, era il suo nome.
Sospirai di sollievo pensando che per una volta la fortuna fosse dalla mia parte.
Non sarebbe ritornato e Ashley avrebbe potuto svegliarsi tranquillamente, poi l’avrei riaccompagnata di corsa a casa sua.
Dopo alcuni minuti, in cui ero rimasto a guardare la porta d’entrata chiusa, pensai di svegliare Ashley.
Non poteva di certo non tornare a casa.
Presi due aspirine e le sciolsi dentro a un bicchiere d’acqua; non sapevo nemmeno se fosse il rimedio giusto, visto che non mi ero mai ubriacato, ma ero quasi sicuro che in tutti i film facessero così.
Salii le scale lentamente, rilassandomi grazie al rumore dell’aspirina che si scioglieva.
Quando aprii la porta della mia camera presi un respiro profondo.
«Ashley? A-A-Ashley sono Fr-Fr-Francis». Meglio mettere le cose in chiaro.
«Mmhm, la testa» bofonchiò girandosi tra le coperte.
«Ashley, sono Francis, s-s-s-sei a casa mia, qui ho de-de-delle aspirine per te». Meglio non dirle della festa, si sarebbe potuta spaventare.
«COSA?». Si alzò a sedere di scatto, facendomi sussultare spaventato. «Che cosa ci faccio a casa tua?» continuò, portandosi una mano sulla fronte e distendendosi di nuovo.
«Ie-ie-ieri sera sei an-an-andata alla festa con Mac, ma ti s-s-sei ubriacata e sono venuto a pr-pr-prenderti io. Non sapevo co-co-come farti to-to-tornare a casa e ti ho portato da me. Ma ho do-do-do-o-rmito sul divano io, non pr-pr-preoccuparti». Dire la verità… sempre cosa buona e giusta.
«Ho bisogno delle aspirine». Allungò la mano, continuando a tenere un braccio davanti agli occhi.
Sorrisi avvicinandomi e le passai il bicchiere.
«A-a-a-apro la finestra» annunciai prima di schiudere le ante di colpo e illuminare la stanza.
«No così» si lamentò Ashley.
«Sc-sc-scusa, ma è pieno giorno, e tu hai bisogno di svegliarti» sussurrai sedendomi su una sedia a qualche metro dal letto.
Ashley ingoiò il contenuto del bicchiere tutto d’un fiato e poi rabbrividì.
«Grazie» mormorò aprendo con cautela gli occhi e appoggiando il bicchiere vuoto sul comodino.
«No-o-on c’è problema». Divertito continuai a osservarla.
Aveva gli occhi neri per il trucco colato della sera prima, i capelli erano tutti arruffati e la maglia era messa male.
«Sono un disastro, non è vero?» chiese legandosi i capelli con un elastico che aveva al polso.
Non potevo di certo dirle che per me era bella anche così.
«No-o-n pr-proprio…» bofonchiai sistemandomi gli occhiali.
Sbuffò sedendosi sul bordo del letto. «Francis, volevo ringraziarti per quello che hai fatto. In pochi mi avrebbero portata via da quella festa e dato un alloggio per la notte» sorrise timidamente e io arrossii per la vergogna.
«Fi-figurati. Vuoi qualcosa da mangiare?» chiesi per cambiare discorso e alleggerire l’atmosfera.
«Non saprei… immagino di aver dato il meglio di me ieri sera, no?». Con le dita cominciò a torturare la mia coperta e io capii che non potevo farla sentire in colpa.
«U-u-un po’, ma eravamo ne-ne-nel giardino di Kr-Kr-Kristy, quindi direi che non ci sono pr-pr-problemi» scherzai facendola ridere. «Vado a preparare qual-qual-qualcosa allora…». Mi alzai velocemente dalla sedia dirigendomi verso la porta quando Ashley mi chiamò.
«Francis… lo so che è chiedere troppo… e forse, anzi senza forse, è anche imbarazzante, però… potrei farmi una doccia veloce? Puzzo come una distilleria» farfugliò.
«Oh, sì. Sì, ce-ce-certo. Sc-sc-scusa se non ci ho pensato prima. I-i-i-l bagno è qui a destra, la se-se-seconda porta. Fai come se fo-fo-fossi a casa tua. Io, io… ehm… vado a preparare qual-qual-qualcosa». Le mie guance erano in fiamme, non sapevo che cosa dire e soprattutto speravo di aver detto qualcosa di sensato.
«Grazie» bisbigliò appena, seguendomi fuori dalla stanza.
Quando sentii la porta del bagno chiudersi corsi veloce giù dalle scale.
Improvvisamente mi serviva dell’acqua.
Aprii il frigo e bevvi direttamente dalla bottiglietta, prosciugandone quasi metà.
Dovevo stare tranquillo.
Non c’era assolutamente niente che non andasse.
Ashley Foster si stava solo facendo la doccia, nuda, al piano di sopra.
Sì, perché nessuno si faceva la doccia in costume.
Dovevo tenere la mente occupata… cucinando, magari.
Ma io sapevo cucinare? No, diamine!
Non sapevo nemmeno fare la pizza, nonostante tre sere a settimana lavorassi in pizzeria per consegnare gli ordini a domicilio.
Che cosa cucinava di solito mamma?
Lei cucinava tante cose, ma come faceva?
Ok, avrei dovuto solo mantenere la calma; era una colazione, non un pranzo.
Non ci sarebbero stati waffel con sciroppo d’acero e nemmeno frittelle, potevo prendere marmellata e burro d’arachidi, qualche fetta di pane tostato e qualche merendina preconfezionata.
Aprii ogni singolo scaffale e posai sulla tavola quasi tutto quello che mi capitò per le mani; non sapevo nemmeno i suoi gusti.
«Francis?». Quando la voce di Ashley gridò il mio nome dal piano di sopra mi irrigidii.
Cosa voleva, che le spalmassi il sapone sulla schiena?                      
Oddio, che cosa stavo pensando?
John mi aveva contagiato con i suoi pensieri stupidi.
«Sì?» risposi salendo le scale per raggiungerla.
«Come diavolo si apre questa porta?» urlò picchiando contro la porta della mia stanza. Ma come mai era tornata in camera mia? Pensavo fosse in bagno.
Ridacchiai avvicinandomi di qualche passo.
«Sp-sp-sp-spostati un po’ in-in-indietro».
Mamma mi aveva sempre rimproverato perché non volevo cambiare quella serratura difettosa.
Picchiettai con il pugno per due volte vicino alla maniglia e la abbassai, facendo scattare la serratura.
«Grazie, pensavo di rimanere chiusa qui dentro» sospirò Ashley sedendosi sul bordo del letto.
«Sì, è dif-f-fettosa, avrei do-do-dovuto avvertirti». Cominciai a camminare nervoso per la stanza.
«È un horror?» chiese improvvisamente, dopo qualche minuto di silenzio.
«Co-cosa?». Di che cosa stava parlando?
Seguii il suo sguardo che si era posato su una locandina dei Vampire Weekend e non riuscii a trattenermi cominciando a ridere.
«Che c’è?». Era stupita, non si rendeva minimamente conto di quello che aveva detto.
«So-so-sono un gr-gruppo musicale» biascicai tra una risata e l’altra.
«Ah». Si immobilizzò e arrossì, rimanendo con lo sguardo rivolto verso il basso.
«Ehi, dai. No-o-n fa nulla. No-o-n tutti li co-conoscono» cercai di rimediare alla gaffe che avevo fatto.
Sorrise timidamente alzando il viso. «Quello però, anche se non l’ho mai visto, so che è un film» indicò la locandina con il logo di Star Wars che era appesa sopra alla testiera del mio letto.
«Sì, be’, di-diciamo che sono un po’ di film. Ma sul se-serio no-o-n ne hai mai visto uno?». Ero sorpreso.
Chi non aveva mai visto almeno un film della saga Star Wars?
Era come non aver visto Il Padrino.
Impossibile.
«No, dovrei?» chiese timorosa.
«Dovrei? È qual-qualcosa che bi-bisogna fare». Era come imparare a leggere.
Indispensabile.
Inaspettatamente il cellulare nella mia tasca cominciò a vibrare e io sussultai spaventato.
«Scu-scusami un attimo» mormorai uscendo dalla mia camera e socchiudendo la porta.
Guardai il display confuso.
Perché Mac mi stava chiamando?
«Mac? Che succede?». Non la salutai nemmeno.
«Ciao, come procede?» chiese, leggermente assonnata.
«Bene. Sì». Come potevo farle capire che Ashley era all’ascolto?
Era di per sé già una situazione insolita e decisamente imbarazzante.
«Oh, non puoi parlare, giusto?». Mac era un genio.
«Esatto, allora ci sentiamo più tardi, no?». Cercai di non far capire ad Ashley quello che ci stavamo dicendo.
«Perfetto. Ciao». Mac chiuse la conversazione e rientrai nella mia stanza con un sorriso.
«Scu-scusami, era Mac». Probabilmente l’aveva sentito e non mi andava di farla passare per una spiona.
«Forse dovrei scusarmi con lei, non mi sono comportata bene ieri sera. L’ho lasciata da sola». Sembrava che stesse pensando ad alta voce. «Abita molto distante da qui?» domandò e mi guardò con occhi confusi.
«No, saranno ci-ci-cinque dieci minuti a pi-pi-piedi. Se vuoi ti a-a-a-accompagno» proposi, felice che Ashley in qualche modo si sentisse in dovere di chiarire quello che era successo la sera prima con Mac.
«Mi faresti un grande piacere. Anche perché dovrei tornare a casa. Ieri sera avevo detto a mia mamma che non sapevo se avrei dormito a casa di un’amica, ma non vorrei che si preoccupasse». Di nuovo quel tono ansioso.
«Pu-pu-puoi chiamarla con il telefono di casa, se vu-vu-vuoi» consigliai sorridendole.
«Grazie Francis, sei gentile. Però forse è meglio che vada da Mac e poi torni a casa. Potresti accompagnarmi?».
Subito?
Dovevo accompagnarla subito?
E la nostra colazione assieme?
«C-c-certo, pr-pr-prendo le chiavi della macchina» sorrisi senza farle vedere che ero rimasto deluso a causa delle sue parole.
Salimmo in macchina e, una volta arrivato davanti a casa di Mac, Ashley si girò per salutarmi.
«Grazie di tutto Francis. Ci vediamo lunedì a scuola, allora». Mi sorrise e prima di scendere posò le sue labbra sulla mia guancia.
Quando, dopo aver chiuso lo sportello dell’auto, sventolò la mano, riuscii solo a risponderle con una debole smorfia.
Ashley Foster mi aveva dato un bacio sulla guancia.
Ashley Foster aveva dormito nel mio letto.
Ashley Foster si era fatta una doccia nel mio bagno.
Ashley Foster mi aveva detto “Ci vediamo lunedì a scuola”.
 
 
 
 
 
Salve ragazze!
Allora, ecco svelato che cosa era successo alla festa, visto? :P
Questo capitolo era uno dei primi che avevo pensato, mi sono divertita veramente tanto a scriverlo e spero che vi sia piaciuto leggerlo.
Per i prossimi capitoli non so ancora quando li pubblicherò, come potete vedere questo l’ho postato in anticipo perché aggiorno non appena trovo un po’ di connessione.
Sapete per caso se si può aggiornare anche da cellulare?
Se qualcuno lo sa e me lo fa sapere mi farebbe un grande piacere! :)
Nel frattempo ringrazio di nuovo Malia85, che nonostante un esame e la febbre alta ha trovato il tempo e la voglia di correggere il mio capitolo! Ma dove la trovo un’altra beta come lei!? :)
Come sempre ringrazio preferiti, seguiti e da ricordare. Chi legge e chi commenta!
Spero di sentirvi presto.
Un bacione!
   
 
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: RobTwili