Capitolo 10
Rent’s view.
I raggi del sole inondarono il cuscino di Rent, che aprì gli occhi e guardò
il cielo chiaro dalla propria finestra. Un uccellino cinguettò sul davanzale.
Lui tirò il cuscino contro la finestra chiusa, facendolo fuggire, e si tirò le coperte sulla testa imprecando.
«Buongiorno, cucciolo.» lo salutò sua madre.
«Trovati un lavoro.» lo salutò il padre.
«Non chiamarmi cucciolo!» si lamentò lui, sedendosi a tavola e prendendo un
giornale, «E tu dammi tempo, ho appena preso la patente!»
«Vuoi che aggiunga lo sciroppo alle cialde?» domandò sua madre,
indaffarata.
«Sono un adulto!» le ricordò Rent, «Sì, però, per
favore. Papà, lo mangi quel bacon?»
«No, l’ho lasciato da parte apposta per te.» rispose lui, gettandoglielo
nel piatto, «Trovati un lavoro, Rent.»
«Oggi vado a chiedere al Ministero come possono aiutarmi coi
lavori babbani, lo sai che non ho unvefodiblogma…»
disse Rent a bocca piena.
«Un diploma hai detto?» domandò sua madre, e lui annuì, «Hai idea di cosa
ti piacerebbe fare, adesso?»
«Nfo.» cercò di mandar giù l’enorme pezzo
di bacon per far spazio alle cialde, «Qualcosa coi
bambini. Il maestro d’asilo. Però ci vuole una grande preparazione, dovrei
andare all’università babbana credo…
Non penso di riuscirci, non so niente.»
«Ehi, tu puoi fare qualsiasi cosa.» decretò suo padre, incoraggiante, «Ora
mangia e poi vai a cercarti un lavoro che tu possa fare ora, o troverai
il mio stivale nel tuo sedere.»
Rent si sbatté la porta alle spalle e urlò con tutto il fiato che aveva nei
polmoni: «CIAO, JACK!»
«CIAO, RENT!» ululò Jack dalla finestra della sua camera.
Lui sorrise, aggiustandosi il giubbotto e salutando il
postino. Gettò il giornale in un cassonetto e sorrise a una bella
sconosciuta, prima di dare una mano alla signora Robosky
con la spesa.
«Che bravo giovanotto… Prendi questi.»
«Si figuri, signora.» rise lui, non accettando i soldi e sfuggendo con un
balzo dai gradini.
Si fermò davanti a un negozio di televisori e salutò il commesso,
controllando che ci fosse ancora la tv che voleva comprarsi come regalo di
Natale.
«Summers, guarda che oggi hanno riportato i dolci
al miele dalla signora Anderson.» lo avvisò McGuire,
il vigile del quartiere, mentre con una mano faceva cenno alle auto di fermarsi
per permettere ai bambini di attraversare la strada.
«Grazie!» esclamò lui, avviandosi quasi di corsa e canticchiando tra sé e
sé, finendo poi per il sollevare voce dopo aver acquistato i dolci che voleva per sé e per Jack. I passanti lo ignorarono,
conoscendolo bene.
«Canterino oggi?» domandò il fioraio, divertito.
Rent fece spallucce: «Me la dà una rosa? Lo vuole
un dolcetto?»
L’uomo rise, «No, tieni. Lascia stare, offro io
oggi.»
«Oh, grazie!» esclamò lui allegramente, per poi tornare verso casa e
portare tutto a sua madre.
«Ma…» cominciò la donna,
perplessa.
«Dai i dolci
anche a Jack quando passa. Toh.» fece, passandole la rosa.
«Rent, che sciocco…» ridacchiò lei, dandogli un
bacio su una guancia.
«Sei ancora
qui? Non sei a lavorare?» domandò suo padre e Rent
rise a voce ben alta in modo che lo sentisse anche lui.
«Ti voglio bene anche io, pa’!»
«Sparisci.» ribatté lui, «E porta dolci anche per
me la prossima volta!»
«Certo!
Prendo la tua macchina!»
«Stacci attento!»
Rent salutò con un gesto della mano e uscì, esclamando: «Che bella giornata
oggi!»
«Parli da solo?» domandò Jack, affacciato alla sua finestra.
«Ti h portato dolcetti al miele! Stai studiando?»
Jack annuì, «Ha detto mia madre di dire a tua madre che sta facendo il caffè se ne vuole.»
«MAMMA! ZIA
FA IL CAFFE’!»
«OKAY!» rispose lei con lo stesso volume.
Rent alzò un pollice verso Jack che rise.
«Ciao! Salve
di nuovo!» aggiunse, rivolto alla signora Robosky che stava ripartendo alla carica.
Si infilò
nell’auto del padre e mise dentro la cassetta con le canzoni dei film Disney,
canticchiando insieme a Odette.
«A Natale assumono…» canticchiò sulle note di
“Far Longer Than Forever”, svoltando con l’auto mentre si sporgeva per
vedere un foglio appeso alla vetrina di un locale, cercando di capire se
fossero in cerca di camerieri.
Quando riaprì gli occhi era steso su un letto e la
faccia di Jack lo guardava dall’alto con espressione scettica.
«Un incidente?» domandò Rent, confuso.
«Un
incidente. Sei un mago o cosa? Come hai
fatto?»
«Non ne ho idea.» rispose lui, mettendosi a sedere, «Non
sento dolore. Sono morto?»
«Cosa stai… come potresti essere morto se sono qui con te e sei in
ospedale, idiota? Non senti dolore perché per fortuna l’altro non stava
correndo troppo, quel deficiente…»
«Fregatene…» commentò Rent, «Posso alzarmi e
andarmene?»
«No, vogliono
tenerti per dei controlli alla testa. Non si sa mai che tu diventi più scemo…» borbottò Jack, «Tua madre sta parlando col dottore.
Sei un mago, quindi sono sicuro che tu non ti sia fatto nulla, ma tuo padre era
un po’ isterico ed è svenuto, quindi hanno deciso di tenerti qui per sicurezza
tutta la notte.»
«Si è messo a piangere, vero?» sghignazzò lui.
«Sì, però tua madre gli ha dato uno schiaffo.»
«Ovvio.»
«Ah, domani siamo invitati a casa di Sally-Anne,
passiamo la vigilia con loro se tu non hai altri incidenti.»
Rent ghignò, «Dipende da quanto sono belle le infermiere qua dentro.»
Ma le infermiere non erano belle e soprattutto non erano neanche molto
gentili o presenti, considerato che volevano restare a
casa loro per addobbare, quindi Rent se la filò serenamente dalla sua stanza
appena si furono allontanate e fece un giro, cercando un po’ di compagnia.
Finì col girare due piani e poi si ritrovò in un reparto molto colorato,
che notò essere pieno di bambini.
«Sei un gigante!» esclamò una vocetta acuta e lui
si ritrovò a pensare a Charlotte per un momento. Ma
ovviamente non era la piccola Runcorn, era una bambina sconosciuta, in
vestaglia e con una cuffietta sulla testa.
«No, i giganti sono molto più alt…» Rent si interruppe e si schiarì la gola, «Voglio dire, certo!
Sono un amico di Babbo Natale, sono venuto a vedere se vi state comportando
bene.»
Tutti i bambini si voltarono verso di lui, improvvisamente sveglissimi.
Rent sogghignò e fece l’occhiolino alla bimba.
«Sembra proprio di sì…»
«Posso avere la neve?» domandò un bambino, «A
Natale? Qui non nevica mai!»
«Oh, fidati, domani nevicherà eccome.» promise Rent.
«Ci darai tutto quello che vogliamo?» domandò un altro.
Rent si inchinò a terra per parlargli, «Beh, non
si può sempre dare tutto, altrimenti poi gli altri bambini restano senza
niente. E poi se uno ha tutto non desidera più niente
e si annoia. Però quest’anno, solo quest’anno, io darò
una mano a Babbo e vedremo cosa portarvi. Ricordatemi cos’avete chiesto…»
«Perché stai
comprando tutti questi giocattoli? Non volevi risparmiare i soldi per prenderti
una macchina tutta tua e il televisore per la tua stanza?» domandò Jack,
confuso e mezzo scocciato dall’essere spintonato da tutti i babbani in cerca di
regali dell’ultimo minuto, «Stanotte arriva-»
«Arriva Walter e domani siamo tutti insieme da
Perks, lo so.» finì Rent per lui, prendendo una bambola, «Ma come si fa a
giocare con queste, mi son sempre chiesto. Cosa fai,
le pettini? Oh, guarda che capelli morbidi!»
«Rent…»
«Ah già. Non
posso dirti perché li sto comprando, è una missione top
secret. Comunque ho trovato un lavoro.»
«Bene. Aspetta, cosa?
Quando?»
«Stamattina,
prima di essere dimesso. Farò l’animatore per il reparto infantile
dell’ospedale, mi vestirò da clown e cose così, farò credere ai bambini di
saper fare le magie.» e fece un gran sorriso a Jack, «Praticamente
verrò pagato per giocare! Non è molto, ma penso che lo avrei fatto anche gratis…»
Jack abbassò lo sguardo sui giocattoli e sorrise. Rent sapeva che aveva già
capito tutto.
«Hai gironzolato molto?»
«Nah, ho passato la notte a farli addormentare
più che altro.»
«Pago metà.» decise l’altro, arrivati alla cassa.
«Ma non credo proprio, neanche tu hai un lavoro!»
«Ho una
paghetta. E se Walter fosse qui pagherebbe un terzo
anche lui, sapendo che è per i bambini dell’ospedale.»
La cassiera rivolse loro uno splendido sorriso.
«Sono qui!» esclamò Walter, facendoli sobbalzare.
«No, dai, ma come fai?» domandò Rent con tanto d’occhi. Poi si accorse
dell’aria seria di Walter, «Che è successo?»
«Paghiamo e
ve lo spiego. Quanto è un terzo di tutto questo?»
Saltò fuori che Michael appena arrivato da Hogwarts se n’era andato dai
Diggory e aveva scoperto che suo padre non andava al lavoro da quattro giorni,
dopo un periodo in cui ci si era trascinato più morto che vivo. Aveva quindi
telefonato Walter, dicendogli di chiamare anche Jack e Rent se avessero voluto,
per fare una sortita a casa sua.
«È convinto che sia opera di sua madre, che stava già dando i numeri più
del solito.» spiegò Walter, «Ha detto che sarà pericoloso ma…»
«Ma figurati.» sbottò Rent, poggiando i regali sul letto di Jack, «Andiamo
adesso.»
«È meglio aspettare ancora qualche ora perché sia notte.» suggerì Jack,
«Magari la madre dorme… o è in giro a uccidere.»
Tutti sorrisero nervosamente.
«Non me la sento di ridere perché magari è vero.» ammise Walter.
«Che problema
c’è, è solo una strega sola contro di noi. Andiamo, trasciniamo il padre di
Mike in salvo e poi domani festeggiamo la vigilia a
casa della Perks con tutti.» disse Rent, «E di notte io faccio una capatina dai
bimbi.»
«Rent…» chiamò Walter, guardando fuori dalla
finestra, «Ma tuo padre ha avuto un incidente? Che è
successo alla macchina?»
«Che problema c’è, è solo una strega contro tutti noi…» borbottò Rent, mezzo congelato e fermo al buio tra i
cespugli, saltando per aria ad ogni rumore, «Una strega che ha messo trappole
in casa sua, che ha cani da guardia, un elfo psicotico e…»
Un basso ringhiare lo distolse dalle sue lamentele; si voltò e si trovò
davanti due enormi cani neri che non riusciva a distinguere bene ma che avevano
gli occhi rossi e i denti in vista.
Poi, tutto nello stesso momento, un esplosione
arrivò dal piano più in alto, uno strillo da bashee
dalla sua sinistra e un «JACK, ABBASSATI!» da qualche parte sempre in alto. I
cani scattarono e Rent con loro, correndo a perdifiato verso la porta.
«Ci hanno scoperti!»
«Grazie al ca…» fu la gentile risposta di Walter,
«Attento alle trappole!»
«Attento ai cani!» rimbeccò lui, lanciando loro le bistecche che si era portato. I cani le ignorarono. «Merda, nei film
funziona!»
«Vogliono carne viva!» urlò Michael, «Aiuto!»
Rent si sbatté la porta alle spalle e corse per le scale a dargli una mano
mentre l’amico trascinava il padre di peso, forse incosciente, e sembrava
spaventato a morte. In effetti a lui quella non
sembrava una casa in cui avrebbe potuto avere bei ricordi, sembrava piuttosto
una villa un tempo abitata da persone ricche che poi erano tutte morte di morte
violenta restando a infestarla.
«Ho legato l’elfo.» annunciò Jack in tono di scuse, con un occhio che si
stava gonfiando.
«Tua madre butterà giù la porta appena trova la bacchetta.» disse invece
Walter, guardandosi indietro, «Da dove usciamo?»
«La barriera anti-smaterializzazione finisce a diversi metri da qui e ci
sono i cani.» ricordò loro Rent, «Mi sento male a colpirli.»
«Io no, prendi mio padre.» disse Michael, «È svenuto, te lo metto sulle
spalle.»
«Ma cos’ha?» domandò Jack, ansioso.
«Credo, credo, che lo stesse avvelenando. Ricordatemi di non sposare
una pazza.»
«Dove lo portiamo?» domandò Walter, «A casa mia va bene? Mia madre dovrebbe
avere qualcosa per curarlo.»
«A casa tua sia.» accettò Michael, e poi sentirono il rumore di una porta
scardinata, «ORA!»
Rent pensò di non aver mai corso tanto veloce con tanto peso addosso, o
forse non era mai stato più consapevole di tutto quello che stava facendo, come
quando, inseguito da una strega potenzialmente omicida, due cani altrettanto
bendisposti e con il peso del padre di Michael sulle spalle, percorse tutto il
giardino illuminato soltanto dalla luce della luna e dagli incantesimi lanciati
da Michael e Walter, con Jack accanto a lui a controllare la strada davanti a
loro.
Era ovvio che, smaterializzandosi a casa Hopkins, si fecero tutti male, chi
perdendo un pezzetto di pelle di gamba, chi di braccia, chi quasi ci rimise le
orecchie e, per lo spavento, ruzzolò violentemente a terra come Walter.
«MAMMA!»
«SIGNORA MAMMA DI WALTER!» ululò anche lui e, con
enorme sollievo, vide le luci di due stanze accendersi.
«E che diavolo!» sbottò la voce di Wayne.
«Oh sì, Megan lo sta contagiando…» ridacchiò
Michael; Rent sentì dalla sua voce che stava piangendo, così evito di guardarlo
ma aggiustò la presa sul padre: «Walter, aprimi la porta che lo appoggio da
qualche parte.»
«Che è successo?» strillò la signora mamma di Walter, apparendo in
vestaglia pesante da notte.
Rent ormai era senza fiato quindi non poté neanche flirtare decentemente,
ma pensò come al solito che era una donna veramente bella e il signor Hopkins
era stato un immenso idiota, non importava quanti anni avesse la sbarbatella con cui aveva procreato di nuovo. Alla fine le
sorrise languido dopo aver poggiato il padre di Mike sul divano e lei lo salutò
con una piccola pacca sulla guancia. Notò distrattamente che Michael si
asciugava il viso con aria stupita. Tipico di lui non accorgersi di stare
piangendo l’unica volta all’anno in cui lo faceva.
«Sei dimagrito, Walter.»
«Mamma, non è il momento… Questo è il padre di
Michael.» spiegò lui.
«Oh, Wayne mi ha raccontato.» disse subito la signora mamma di Walter, «Che
gli è successo?»
«Lo stava… avvelenando…
credo!» spiegò Michael, senza fiato.
«Ci penso io.» decise lei, e poi cambiò immediatamente modo di fare.
«Walter, vai e prendi la cassetta del pronto soccorso che ho in camera mia, il
secondo cassetto del comò. Wayne, portami una bacinella, avrà la nausea.
Michael, avvisa i Diggory che resterai qui, vai a prendere le tue cose. Non
credo ci sarà bisogno di portarlo al san Mungo, dovrei avere tutto ciò che serve
qui. In ogni caso Jack, o Rent, o insieme, se vi scrivo un indirizzo, potreste
andare e dire che vi mando io? Un mio ex collega abita qui vicino e potrebbe
dargli un’occhiata anche lui, se non è al turno di notte.»
«Sissignora, signora!» saltò su lui, «Lavoravi al san Mungo?»
«Molti anni fa.» rispose lei nostalgica.
Il padre di Mike in quel momento gemette e aprì gli occhi, cercando di
mettersi a sedere.
«Stai giù!» esclamarono tutti.
«Papà, Hydra ti stava avvelenando, non potevo
lasciarti lì!» cominciò Mike, velocissimo.
«Lo so.» lo interruppe il padre, per poi sorridere, «Grazie, Mikey.»
Sembrava molto più giovane ora che i suoi capelli non erano tirati
severamente indietro e che sorrideva, col viso pallido che sembrava già
riprendere colore al pensiero di essere in salvo. Rent notò che Mike l’aveva
chiamato papà senza neanche fare una smorfia.
La signora madre tornò dalla cucina insieme a Wayne che mise un secchio a
terra. Lei asciugò il sudore dalla fronte del padre di Mike con un panno, ma il
padre di Mike la fermò.
«Faccio io…» borbottò.
«Ma si figuri! Lei deve riposare!» esclamò lei, dolcemente severa.
Fu in quel momento che lui e lei si guardarono in faccia ed entrambi
ammutolirono per qualche secondo, mentre la signora madre gli teneva ancora la
mano col panno asciutto sulla fronte. Poi lui abbozzò un sorriso, «La madre di…?»
«Di Walter e Wayne.» rispose lei, ritraendosi. Rent notò che adesso le sue
guance erano decisamente rosse, cosa che la rendeva ancora più attraente.
«Walter, sì…» ricordò lui.
Walter e Wayne spostarono lo sguardo dall’una all’altro, raccapricciati.
Michael era incredulo e Jack affascinato.
«Noi andiamo…» mormorò Jack alla fine,
trascinando anche lui quasi di peso.
«Ma hai visto?»
«Sshh!»
«Vado anche io!» sentirono esclamare a Michael.
«Io resto.» dissero contemporaneamente Walter e Wayne.
Al tono delle loro voci, Rent non poté fare a meno di ridere, rovesciando
la testa indietro e ululando alla luna.
«Sei sicuro?» domandò per l’ennesima volta Wayne.
Rent sbuffò.
«Vi raggiungo il giorno di Natale, va bene?» ripeté Michael, «Oggi resto
con mio padre, poi io e Monica veniamo per cena domani.»
«Sì, anche se mamma non sembra avere problemi a restare sola con lui anche
se si conoscono appena.» puntualizzò Wayne, che non sembrava più disgustato
all’idea.
Walter borbottò qualcosa di incomprensibile.
«Dobbiamo portare qualcosa?» domandò Jack.
«Boh.» rispose saggiamente lui, «Io so che dopo cena mi sposto un momento
per mandare i regali ai bambini.»
«Che bambini, Rent?» domandò subito Michael.
«Ti spieghiamo domani.» rispose Jack di fretta.
«Secondo me vuole vedere subito la sua fidanzata…»
commentò Walter.
«Non sono un pedofilo.» puntualizzò Jack.
«Sta per compiere tredici anni, eh.» fece presente Michael, cercando di non
ridere.
«La finite?»
«Mike, hai già mandato gente a prendere tua madre?» domandò poi Rent.
Michael si incupì e annuì, «Ci ha pensato il signor Amos.»
«Dai, Mikey.»
«Non chiamarmi così.»
Rent rise: «Tuo padre l’ha fatto ieri.»
Michael si passò una mano tra i capelli, chiaramente imbarazzato, «Non mi
chiamava così da quando ero un bambino.»
Alla fine si salutarono e si smaterializzarono tutti davanti a casa Perks,
già addobbata come l’anno precedente. Rent fu il primo a bussare e quando
Sally-Anne gli aprì, sempre splendida, le fece il baciamano.
«Principessa.»
«Finiscila, Summers.» lo rimbrottò lei, un po’
bonaria e un po’ altezzosamente compiaciuta, «Siete i primi, il che significa
che mi darete una mano a prendere altre sedie, i miei mi hanno lasciato la casa
libera ma non so più quanti siamo stasera. Michael?»
«È rimasto a casa mia con suo padre.» rispose Wayne.
Sally-Anne ci pensò un momento, poi scosse la testa: «Non ho capito.»
«Vieni, ti spieghiamo.» si intromise Walter, facendo capolino dalla porta.
«Hopkins.» lo salutò lei, non nascondendo un sorriso.
Rent pensò che fosse terribilmente cambiata dall’ultima volta che l’aveva
vista, e commentò a modo suo: «Vado un attimo al bagno.»
«Al piano terra c’è Charlotte che fa la doccia, vai al primo. Seconda porta
a destra.»
«Grazie.» rispose lui, felice che Charlotte fosse già lì.
Poi bussarono di nuovo alla porta, e mentre saliva le scale sentì
Sally-Anne accogliere Megan e un altro gruppo di invitati, forse Stephen, Susan
e Quill.
Si bloccò ad ammirare anche il bagno e la splendida vasca idromassaggio, e
poi, una volta uscito, sentì chiamare il proprio nome.
«Sei tu, Rent?»
Si voltò e vide Georgia affacciata a una porta. Notò subito che i suoi
capelli erano molto mossi, a differenza del solito, e che aveva qualcosa di diverso
che inizialmente non riuscì a definire.
«Sì, sei tu. Ciao, buona vigilia.» lo salutò lei con un sorriso, i denti
bianchi perfetti che spiccavano sotto le labbra rosse.
Rent capì in quel momento che era leggermente truccata, cosa che le donava
molto. «Ciao e buona vigilia a te, cara.»
I denti di Georgia sparirono di nuovo sotto le labbra, arricciate ora in
uno strano mezzo sorriso beffardo, uno che non era il suo solito sorriso da
brava ragazza. Gli fece l’occhiolino, e Rent notò anche quanto i suoi occhi
fossero belli sotto il trucco scuro, poi fece qualche passo sparendo dalla sua
vista, lasciando la porta aperta.
Rent la raggiunse, incuriosito, trovandosi nella camera da letto che
Sally-Anne le aveva preparato. Poi vide che Georgia indossava un vestito
nero senza maniche, per la sua gioia, e
con una gonna un po’ più corta del solito, sempre per la sua gioia.
«Bellissimo vestito.» si complimentò infatti, entusiasta. Mike era un
idiota di prima categoria, senza dubbio.
«Chiudi la porta.» ordinò lei, e Rent ubbidì, sorpreso.
«Che devi farmi?» le domandò scherzoso.
Quando si voltò Georgia si era già avvicinata di nuovo, muovendosi sinuosa
come una gatta.
«Cosa vorresti che ti facessi?» domandò lei, scandendo bene le parole.
Lui si perse un momento tra il guardarle le labbra e il guardarle la
scollatura, poi si fece forza.
«Sapessi… Ma penso dovremmo scendere, è arrivata
Megan e…» tentò di dire, mentre lei continuava ad
avanzare e lui a indietreggiare, pensando a se fosse una cattiva idea aprire la
porta e scappare, piuttosto che approfittare del fatto che fosse ubriaca,
«Quanto hai bevuto, gioia?»
«Neanche un goccio. Senti odore di alcol?» disse lei, mettendo le mani sui
lacci del suo mantello e tirandolo giù, «Senti.»
E poggiando le labbra sulle sue, Rent poté constatare che diceva il vero e
che le sue labbra erano molto, molto morbide.
Il prossimo capitolo lo pubblico domani... perché non sono così disgraziata da
lasciarvi una settimana con una cosa simile. Grazie come sempre!