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Autore: ferao    18/06/2011    4 recensioni
- Me ne frego se sei un Gorgocoso o altro, certe cose non... E diavolo, non chiamarmi Ace!
Perché? Mi piace; hai una faccia un po' da Ace.
- Ah sì? Allora non ti dispiacerà certo che io ti chiami Rupy!
E perché dovresti farlo? Non ho mica una faccia da Rupy, io!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Horace Lumacorno, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Il neo-professor Lumacorno si svegliò, il mattino dopo, con la bocca impastata come se avesse bevuto prima di addormentarsi e la testa ronzante.
Altro che brillante... quel giorno avrebbe dimostrato almeno dieci anni di più, e i suoi studenti se ne sarebbero accorti.
Vagamente confuso si alzò dal letto; dopo una serie di soddisfacenti sbadigli Horace decise che una bella lavata con l'acqua fredda sarebbe bastata per tonificare la pelle del viso e dargli un'aria rispettabile.
Non fece in tempo ad avvicinarsi al bagno che una noiosa vocetta – con cui avrebbe, ahimè, dovuto imparare ad avere confidenza – gli ronzò nell'orecchio.
 
Perbacco, Ace, già sveglio? Sono solo le sei!
 
“Oh no! Allora non l'avevo sognato!”
 
Hai fretta di andare a fare colazione, eh? Tranquillo, avrai modo di allargare il tuo girovita anche più tardi, non è necessario che arrivi per primo; anche perché, in questo caso, gli altri professori potrebbero rimanere senza cibo e questo sarebbe davvero un…
 
“Merlino, ma perché parla? È così dannatamente fastidioso! Magari se fingo di ignorarlo se ne andrà…”
 
Ti piacerebbe? E invece no, che non me ne vado! Ed è inutile fingere di ignorarmi, sento i tuoi pensieri come se parlassi a voce alta. Allora, che si fa oggi?
 
Horace sbuffò. Forse era meglio assecondarlo. In fondo, quell’esserino aveva più di quattrocento anni, era normale che avesse voglia di compagnia… e poi scambiare due chiacchiere con qualcuno non fa mai male.
Decise quindi di soprassedere sui riferimenti di Rupert al suo peso e rispose nel modo più gentile che poté.
- Non so te, ma i miei studenti mi aspettano tra due ore; quindi, se permetti, vorrei lavarmi e prepararmi...
 
Oh, ma prego! Non volevo certo disturbarti, anzi. Fai pure con comodo, non ti darò assolutamente fastidio. Mi limiterò a frugare nella tua testa, ti spiace?
 
- Ma che... - Il povero Horace non riuscì a finire la frase: mille pensieri si affollarono nella sua mente.
 
Però! Quante cosine interessanti.. Ops! Questo forse non dovevo vederlo; accidenti però, sei più atletico di quanto pensassi, almeno negli esercizi orizzontali… e che carina questa Melita!
 
- Mel... Un momento! Non puoi farlo, non hai il diritto di...
 
E chi me lo può impedire? Tu? Guarda, Ace, che non è mica colpa mia; sono un Gorgosprizzo, sono stato creato per farmi gli affari degli altri!
 
- Me ne frego se sei un Gorgocoso o altro, certe cose non... E diavolo, non chiamarmi Ace!
 
Perché? Mi piace; hai una faccia un po' da Ace.
 
- Ah sì? Allora non ti dispiacerà certo che io ti chiami Rupy!
 
E perché dovresti farlo? Non ho mica una faccia da Rupy, io!
 
Horace scosse la testa, rassegnato e decisamente confuso. Stava solo perdendo tempo, e doveva ancora sbarbarsi e vestirsi.
Attese in silenzio qualche secondo, ma la fastidiosa vocina sembrava essersi placata; sollevato, andò in bagno e prese il rasoio. Dopo qualche minuto si osservò soddisfatto: i baffetti che iniziava a farsi crescere andavano definendosi, dandogli un’aria decisamente interessante.
Si svestì e gettò incurante il pigiama sulla poltrona.
 
Eh no, diamine! Che ti ho detto ieri sera, Ace?
 
Sobbalzò. Diavolo!
- Ma che vuoi! Ho solo...
 
Senti, si dà il caso che su questa poltrona ci dormo da quattrocento anni, quindi vedi di smettere di usarla come fosse roba tua, chiaro?! Tsk... Questi ragazzini...
 
Ecco cosa avrebbe dovuto fare Horace quel giorno: chiedere al preside Dippet di avere un'altra stanza.
Urgentemente.
 
 
 
Tutto sommato, la primissima lezione della sua vita andò bene.
I ragazzi avevano sentito parlare di lui, ed erano rimasti affascinati: lo aveva potuto dedurre dai loro volti. Dalle matricole a quelli del settimo anno, era riuscito a conquistare tutti. Per fortuna.
A pranzo assaggiò un po' di tutto, affamato. Conversò amabilmente con tutti i professori, in particolare con Silente: era stato il suo insegnante di Trasfigurazione, e il fatto di potergli parlare da pari a pari era quanto mai emozionante.
Così emozionante che Horace si era quasi scordato del suo piccolo amico rumoroso.
Quasi.
 
Però, te la spassi, eh?
 
Rabbrividì, sentendo di nuovo quel lieve ronzio. Eppure, dalla mattina non lo aveva più disturbato.
“Insomma, che cavolo vuoi?”
 
Mah, sai, solo fare conversazione. I miei vecchi coinquilini erano dei tali noiosoni... sempre lì a fissare nel vuoto e a chiedersi se fossero pazzi perché sentivano le voci. Tu almeno non ti fai questi problemi, o sbaglio?
 
“No, non sbagli, ma ti avverto che questa storia durerà poco”.
Mentre comunicava con Rupert il Gorgosprizzo, Lumacorno aveva smesso di mangiare e fissava il suo bicchiere colmo a metà. Si accorse che Silente lo fissava incuriosito, e si affrettò a portare il bicchiere alle labbra e bere.
 
Ehi, lo sai cosa fa un Babbano che entra in un caffè? Splash!
 
Non riuscì a trattenersi: schizzò metà del vino elfico dalle narici, e rischiò di strozzarsi con l'altra metà. Ora non era solo l'insegnante di Trasfigurazione a guardarlo, ma tutta la tavolata dei professori.
- Ehm... - tossì, più per darsi un contegno che per necessità. - Io... scusate, un colpo di tosse.
- Non preoccuparti; tieni. - Silente gli porse un tovagliolo, poi lo guardò sospettoso. - Sembra che qualcosa ti abbia fatto ridere, o sbaglio?
- Ridere? No no, assolutamente, cosa ci sarebbe da ridere? Nessuno mi ha fatto ridere! - Si affrettò a rispondere, confuso. Il professor Silente lo guardò da sotto i suoi occhiali a mezzaluna, ma non disse nulla; tornò a concentrarsi su ciò che aveva nel piatto.
Il povero Horace, invece, si vergognava terribilmente. Aveva fatto una figuraccia, per colpa di quella battuta idiota di quell'idiota di un Gorgocoso. Non vedeva l'ora di parlare col preside Dippet: se quel mostriciattolo iniziava a seguirlo anche fuori dalla sua stanza, allora si trovava in grossi guai.
Chissà che scherzi poteva combinargli, in aula, durante la lezione…
Meglio non pensarci. “Anche perché, se ci penso, lui potrebbe sentirlo…”
Sentire cosa?
 
“Ecco, appunto…”
 
 
 
 
 
Più tardi, quel pomeriggio, un nervosissimo Horace Lumacorno bussò all'ufficio di Dippet.
- Ehm... mi scusi, preside…
- Entra, entra, caro figliolo!
Il preside lo accolse festante; mise da parte le carte che stava esaminando e si alzò per andare incontro al giovane professore. Horace era felicissimo di vedere come quell'anziano mago lo stimava e lo considerava; magari non lo avrebbe preso per pazzo se gli avesse detto...
- Ecco, preside, - esordì Horace, mentre si accomodava di fronte alla scrivania, - io non volevo disturbarla, ci metterò pochissimo...
- Oh, ma non mi disturbi affatto! - Il volto rugoso di Dippet si distese in un largo sorriso. - Dimmi, ragazzo, hai bisogno di qualcosa? Gli studenti ti hanno infastidito, oggi?
Era una persona davvero premurosa; Horace pensò che nessun altro preside avrebbe potuto mai essere migliore di Dippet.
- Oh, no, gli studenti sono meravigliosi... Il fatto è...
- Riguarda il cibo? Oggi ho visto che hai avuto problemi a pranzo...
- No, no, il cibo è ottimo, e io sono una buona forchetta! - Rise, carezzandosi la pancia prominente. - Ma vede...
- Ho capito, ho capito, è Pix il Poltergeist a infastidirti. Abbi pazienza, fa così con tutti ma in fondo non è cattivo!
- No, ma... Insomma, preside...
- Ma se va tutto bene, allora di che hai bisogno?
Horace deglutì. Nel migliore dei casi lo avrebbe preso per matto. Nel peggiore lo avrebbe sbattuto fuori da Hogwarts e preso per matto.
- Ecco... - inspirò e prese coraggio. - … Avrei bisogno di cambiare stanza, preside.
Dippet lo guardò confuso, ma sempre sorridendo. - Cambiare stanza? Come mai? Non ti trovi bene? Eppure è comoda, riscaldata, vicina all'Aula di pozioni, studio interno, vista sul fondale del Lago Nero... un po' umida ma...
- In realtà, preside, il problema non è l'umidità ma... ecco... - inspirò nuovamente. - … La… come dire… compagnia.
A quelle parole, il sorriso scomparve dal viso di Dippet.
Perché? È presto detto.
Quelle erano le stesse, identiche parole che gli aveva detto il professor Brewier il suo primo giorno di lezione, tre anni prima. Lo stesso Brewier era letteralmente impazzito, giusto verso la fine del precedente anno scolastico; Dippet lo aveva fatto congedare e aveva cercato di mettere tutto a tacere, ma il fatto che quella singolare coincidenza si ripetesse proprio in quel momento lo portò a riflettere.
Che ci fosse un collegamento? O una semplice coincidenza?
Guardò Horace con serietà: sul viso di quel povero ragazzo non c'era traccia di follia, ma solo imbarazzo. Dippet decise di chiarire quella storia una volta per tutte. Si schiarì la voce con decisione.
- Dimmi, Lumacorno: cosa intendi esattamente per “compagnia”?
Horace si sentì sollevato: meno male, Dippet non aveva deciso di cacciarlo via subito!
- Oh... Beh... Vede preside, ieri sono entrato in camera e...
- E ci hai trovato qualcuno? Uno spettro forse?
- No, ecco... all'inizio lo pensavo ma... insomma...
“O la va o la spacca”, pensò Horace. Si inumidì le labbra.
- Preside, lei ha mai sentito parlare dei Gorgosprizzi?
Dippet sobbalzò. Allora era vero, il povero Brewier non era pazzo, oppure lo era diventato solo in seguito.
I… Gorgosprizzi! Santo cielo, una cosa del genere… nella sua scuola… Qualcuno doveva aver maledetto la camera degli insegnanti di Pozioni, senza dubbio; una maledizione bella forte, se chi ne veniva colpito si convinceva dell’esistenza di creature immaginarie fino alla pazzia…
... Ma lui che poteva fare? Divulgare quella notizia?
Assolutamente no! Una cosa simile avrebbe portato lo scandalo a Hogwarts; nessun professore si sarebbe sentito al sicuro, figuriamoci gli studenti e i loro genitori. La scuola si sarebbe svuotata, e sarebbe stata ricordata per sempre come “il luogo maledetto”. Doveva assolutamente fare qualcosa.
Nella fattispecie, doveva far sì che quel grassone di Lumacorno tacesse.
- Gorgosprizzi, eh? - sibilò tra i denti. - Quegli esserini invisibili che confondono le idee, giusto?
Horace si rianimò; forse Dippet gli avrebbe veramente dato retta!
- Sì, preside, proprio quelli! - esclamò, e fece per lanciarsi nel resoconto della sera prima. - Ce n'è uno nella mia stanza, si chiama Rupert e...
- Horace Lumacorno!
Il giovane professore fece un salto. Dippet si era alzato in piedi e torreggiava su di lui da dietro la scrivania, rosso in volto.
- Le tue scuse sono patetiche! Hai una stanza che farebbe invidia a chiunque, e vai in giro raccontando storielle di esseri INESISTENTI!
Il povero Horace impallidì. - M-ma preside, i-io... - pigolò.
- Cosa credi che sia Hogwarts, un hotel a cinque stelle? - tuonò Dippet. - “Sono il professor Lumacorno, vorrei la suite imperiale con vista mare...”. Senti, se credi di poter portare sensazione in questa ONORATA e RISPETTABILE scuola, te lo puoi scordare! Ora fuori di qui, e ti proibisco di parlare ancora di questa storia con chicchessia!
- M-ma...
- CON CHICCHESSIA! - urlò Dippet, la voce salita di un'ottava, mentre Horace veniva lanciato fuori dall'ufficio e la porta gli sbatteva sul naso.
- Ahia! - gridò.
 
Forse avrei dovuto avvertirti: Dippet è molto suscettibile, e se pensa che qualcosa potrebbe nuocere al buon nome di Hogwarts preferisce seppellirla e scordarsene. Ti avevo avvertito, non puoi liberarti di me se non sono io a decidere di andarmene!
 
Ecco, ci mancava solo quella stramaledetta vocina!
“Ma perché non mi lasci in pace, santo cielo?!” gridò Horace nella propria testa. “Hai la tua poltrona, e l'avrai per sempre. Ora perché non la pianti di seguirmi?”
 
Perché mi rispondi, ed è piacevole parlare con qualcuno. Sai, i tuoi predecessori alla fine o iniziavano a ignorarmi o trovavano scuse per licenziarsi, tu invece mi rispondi sempre. È figo! Se avessi anche tu quattrocento anni ti renderesti conto che, a un certo punto, hai veramente bisogno di trovare qualcuno che…
 
I suoi predecessori lo ignoravano? Ma come si faceva a ignorarlo?! Horace lo trovava impossibile. Mentre scendeva le scale per tornare nel suo studio, il giovane pensò che probabilmente avrebbe fatto la fine di Brewier: pazzo furioso.
 
... e quindi, insomma, ma mi stai ad ascoltare?
 
“Sì, scusami, ero sovrappensiero...” rispose senza riflettere.
 
Ah! Allora mi ascolti ancora! Questa sì che è una buona notizia! Vedi che faccio bene a parlare con te?
 
Si sbatté una mano sulla fronte. Diavolo!
“Senti, io non so come facessero gli altri a fare finta di non sentirti, perché sei dannatamente fastidioso!”
 
E tu sei un gran maleducato, lo sai Ace? Ma ti pare! Vorrei vedere te, se ti dicessero tutti in faccia quello che pensano! Ronan Cladwell, primo banco, terza fila da sinistra, pensa che quei baffetti ti facciano sembrare un idiota, ma mica te lo viene a dire!
 
Horace sobbalzò. Cladwell? Era uno degli studenti del quarto anno di Corvonero, era stato attento e gentile per tutta la lezione… davvero pensava una cosa simile?
“Ma scusa, tu… come fai a sapere che...”
 
Oh, è facile. Basta entrare da un orecchio e uscire dall'altro senza fare troppo chiasso. Sai, un bzzz e via. Il risultato è che lui perde l'attenzione per due secondi, e io so quello che sta pensando. Ti inviterei a provare, ma tu sei davvero troppo largo per una cosa del genere, faresti più danni che altro e questi ragazzi, per quanto tonti, non si meritano uno sventramento dei padiglioni auricolari…
 
Cladwell pensava che i suoi baffi fossero da idioti. Chissà cosa pensavano gli altri studenti...
“Scusa, Rupert” pensò, mentre lentamente riprendeva a scendere le scale, “ma… insomma, sai davvero leggere nel pensiero?”
 
Mi pare di avertelo già detto. Vuoi che entri in quelle orecchie e ti tolga un po’ di cerume?
 
“Ma che schifo! No, dicevo… tu potresti… potresti leggere nel pensiero degli altri per me?”
 
Uh, lo sapevo! Fino a due minuti fa ero un invisibile rompiboccini, adesso tutto ad un tratto sono il tuo confidente preferito. Eh no, caro, non ci casco! Se vuoi che faccia il lavoro sporco per te devi impegnarti a darmi ascolto tutte le volte che voglio! E comunque, in confidenza, fossi in te non mi soffermerei troppo a considerare quello che pensa Cladwell: è solo un cretino senza talento. L'unica cosa che sa fare è menare sul Bolide come un ossesso, magari ha futuro nel Quidditch...
 
 
Horace Lumacorno, quel giorno, aveva subìto fin troppe emozioni per prestare attenzione all’ultima frase pronunciata da Rupert il Gorgosprizzo. Ci fece caso solo in seguito, appena in tempo.
Da allora iniziò la sua fortuna.



















Ebbene sì, la storia continua ^^
Dal prossimo capitolo chiarirò il senso sibillino del finale di questo... anche se voi, oh miei sagaci, avrete già iniziato ad intuire qualcosa.
Come vi ho già detto, scrivo questa long per divertimento puramente personale, ma se piace anche a voi ne sono lieta.

Alla prossima
Fera

   
 
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