ATTENZIONE:
In
questa storia verranno sfiorati alcuni temi importanti
come demenza mentale, stalking e abuso
di minori* . Gli avvenimenti narrati sono riportati in una
realtà un po’
diversa di The Vampires Diaries dove non si sono verificati i seguenti
eventi: la
morte dei genitori di Elena, l’incontro di Elena con i
fratelli Salvatore, la
morte di Lexi, l’amicizia di Elena, Caroline e Bonnie.
(*)
per abuso di minori non
si intende assolutamente abuso sessuale.
1.Rintocchi
dal passato [Prologo]
Era
solo una serata come le altre nulla di più. Il crepitio del
fuoco era il suo
unico compagno in quella notte silenziosa, tra i mobili antichi di casa
Salvatore.
Il
vampiro, con un gesto stanco, aprì l’anta del
mobile a vetrinetta e con
accurata scelta tirò fuori una bottiglia di Bourbon
invecchiato. Inspirò a
fondo quasi a voler trattenere il respiro e versò il liquido
ambrato nel
bicchiere cilindrico.
Era
solo, quella sera, e a Stefan non piaceva rimanere solo.
Fissò
per un attimo il liquore nel bicchiere e dopo averlo fatto vorticare
abbastanza
ne bevve un sorso che gli arse la gola.
E’
facile, quando non hai altra compagnia che te stesso, affondare nei
ricordi più
oscuri e pericolosi che la mente può offrirti; i rimorsi si
insinuano piano
come un orrendo serpente pronto a balzare e ad affondare i suoi denti
per
iniettarti il veleno, pronto a spalancare le sue fauci per lasciarti
nell’agonia più assoluta.
Il
pendolo batté le undici e Stefan si ritrovò
seduto sulla poltrona accanto al fuoco.
La luce rossastra gli rimbalzava sul viso pallido e freddo, troppo
rigido e antico
per provare nuove emozioni.
Le
palpebre si chiusero nascondendo gli occhi verdi e Stefan
reclinò la testa
sullo schienale della poltrona in cerca di un sonno ristoratore.
Una
bambina, con le trecce bionde e le guance rigate di lacrime fu tutto
ciò che
gli apparve.
Il
vampiro si alzò di scatto, ansimando, per poi affondare
entrambe le mani nei
capelli. Cosa aveva mai fatto? Quale terribile peccato aveva commesso e
ancora
non riusciva a scontarne la pena?
Aggrottò
le sopraciglia e irrigidì la mascella, devastando quel suo
volto dal dolore più
assoluto. Continuava a sentirle, quelle urla innocenti e piene di
terrore,
quelle lacrime che avrebbero fatto cedere il più crudele tra
gli assassini, ma
non lui. Accecato dalla sete e dalla pazzia, si era spinto a compiere
il gesto
più deplorevole in assoluto, macchiando il candore di
un’ingenua ragazzina.
Si
sentii soffocare in una morsa e non riuscii a frenare un istinto
violento.
Getto il bicchiere e il suo contenuto tra le fiamme roventi e un
barlume di
pazzia mista a odio si fece largo tra i suoi occhi. Doveva placare le
sue
sofferenze, porre fine a quell’agonia ed esisteva un unico
modo.
Un
rumore di tacchi rimbombò per la stanza vuota e Stefan
aguzzò l’udito e
irrigidì i muscoli.
«Vedo
che sei piuttosto malridotto».
Una
voce alle sue spalle lo costrinse a voltarsi e ad abbassare la guardia.
Quella
era un visita del tutto improvvisa e non aveva alcuna voglia di
parlarle,
avrebbe preferito bruciare all’inferno piuttosto che
intraprendere una
conversazione con la vampira più crudele che avesse mai
incontrato.
«Non
sono affari che ti riguardano, Katherine».
La
vampira sorrise beffarda rimirando alcune fotografie appese alle
pareti,
ricoperte di polvere così come il resto della casa, chiusa
da troppo tempo.
«Cosa
ti spinge a crogiolarti così nel tuo dolore?».
Con
uno sguardo attento Katherine era riuscita ad arrivare nella mente di
Stefan e
a capire il suo stato d’animo. Nonostante la stanza semibuia
per via della
fioca luce del camino, lo sguardo della vampira scintillava e appariva
più
malefico e distruttivo di quanto lo fosse alla luce del sole.
Faceva
paura, faceva molta più paura della solitudine
perché Stefan sapeva bene che se
avesse parlato si sarebbe sentito come un assassino che confessa il
proprio
omicidio, e questo non sarebbe riuscito a tollerarlo.
La
vampira avanzò calma attraverso
l’oscurità posizionandosi a pochi passi
dall’uomo dai cui occhi traspariva solo disgusto e profonda
vergogna.
«Non
starai pensando a quella bambina?» sussurrò e con
un veloce scatto all’indietro
evitò il colpo che Stefan si stava preparando a sferrare.
Adesso
era furioso: odio profondo misto a disprezzo si mischiavano in quella
maschera
sfigurata che aveva cancellato il dolce e tenero ragazzo del
diciannovesimo
secolo, quando la sua anima innocente era stata brutalmente indirizzata
verso
morte certa.
«Come
sai di lei?» sputò il vampiro con tutta la ferocia
possibile immobilizzando la
donna al muro.
Katherine
non sembrò intimorita da questo sprazzo di follia
dell’uomo e mantenne quel
sorriso agghiacciante proprio a pochi centimetri da lui.
«So
bene come e cosa hai fatto esattamente undici anni fa qui a Mystic
Falls»
scandì bene le parole e penetrò il suo sguardo
negli occhi vitrei del vampiro
pallido in viso quasi come se avesse visto un fantasma, il suo.
«Non
ne ho parlato con nessuno, eccetto che con…» si
fermò e sgranò gli occhi. Si
umettò le labbra e aggrottò le sopracciglia
tentando di ricordare qualche
misero particolare.
Katherine
lo fissava e il sorriso sembrò trasformarsi in un ghigno e
ampliarsi per tutta
la larghezza della faccia.
«Damon»
concluse Stefan sprofondando nella poltrona nella quale poco prima
sedeva. Il
suo volto era quello di un uomo finito, distrutto, senza più
vita né motivo di
vivere.
«Dimmi
cosa sai di questa storia?» chiese con voce roca pronta a
rompersi in pianto.
Sapeva che stava crollando, ma voleva resistere ora che era arrivata
l’ora del
giudizio.
Katherine
prese posto in una delle tante sedie attorno al fuoco.
Accavallò le gambe e con
un gesto spostò i capelli lisci su una spalla.
«Eri
qui undici anni fa. A quel tempo ti cibavi ancora di sangue umano, ti
rendeva
instabile, pazzo e incredibilmente
forte. Per qualche strano motivo ti balzò in mente
un’idea, la credesti la più
ovvia, la più giusta in assoluto - povero
sciocco. Rubasti una bambina, la consideravi la tua scorta
personale. Eri
ossessionato, da lei e dal suo sangue. Eri sicuro che non
l’avresti uccisa
vedendola così piccola ed indifesa. Invece arrivasti ad un
punto estremo, non
riuscisti a controllarti e in breve tempo ciò che sarebbe
stata la tua salvezza
in realtà diventò la tua rovina.»
La
vampira smise di parlare prolungando la pausa e lasciando a Stefan
tutto il
tempo per poter rielaborare le sue parole.
«Sai
dell’altro?» gracchiò Stefan con lo
sguardo basso pronto a rievocare alla mente
il più doloroso dei ricordi.
Katherine
prolungò l’agonia versandosi un po’ di
liquore in uno dei bicchieri e
assaporando il gusto acre dell’alcol scorrerle giù
per la gola, un sapore amaro
in confronto a quello delizioso del sangue caldo.
«Ti
cibasti di lei, fino all’ultima goccia di sangue, fino a
quando non sentisti il
suo cuore rantolare il suo ultimo battito» concluse fredda. I
suoi occhi ormai
erano macchie di petrolio nell’oscurità
più assoluta della stanza.
«Poni
fine a questa mi agonia» singhiozzò. Stefan non
riuscì a trattenere le lacrime,
gli argini cedettero e il fiume poté trovare un nuovo
percorso da solcare.
Il
fuoco del camino divenne un ammasso di carboni roventi che non
provvedevano ad
illuminare la stanza, impedendo ad entrambi di scrutare i loro visi.
«Se
ti dicessi che è ancora viva?». Il pendolo
batté mezzanotte e quei rintocchi
furono i più potenti in assoluto. Il corpo del vampiro fu
scosso da tremiti e
un’ondata di rabbia accecò l’ormai
annebbiata mente dell’uomo. I suoi occhi si
iniettarono di sangue e rivelò il mostro con il quale aveva
imparato a
convivere per più di un secolo.
«Tu
menti!» gridò e affondò le unghie sul
collo della vampira che un tempo aveva
amato con l’intento di farla tacere per sempre.
Questa
volta Katherine aveva paura, questa volta i suoi occhi roteavano veloci
e le
mani artigliavano i polsi dell’uomo davanti a lei
nell’estremo tentativo di
liberarsi da quella morsa.
«So
il nome-» gracchiò con quel filo di voce che le
rimaneva «- so il nome della
bambina».
Quelle
parole scossero Stefan che lasciò subito la presa. Uno
sguardo vacuo si
impossessò dei suoi occhi e aspettò pazientemente
che la vampira smettesse di
tossire e di riprendere fiato.
«Caroline,
Caroline Forbes» riuscì a dire tra un colpo di
tosse e l’altro, massaggiandosi
la trachea e dove poco prima le dita di Stefan avevano creato un solco
profondo. La vampira strisciò a terra fino a riprendere
completamente il
controllo di se stessa.
«Come
può essere» mormorò a mezza voce il
vampiro ancora incredulo di ciò che aveva
appena scoperto. Aveva passato undici anni a maledirsi e ad odiarsi per
essersi
abbassato a un tal misero livello, aveva passato le notti a piangere
per quella
bambina innocente, a disprezzarsi e a farsi disprezzare da suo
fratello. Ora
era tutto diverso, ora le cose erano cambiate, ma le colpe del passato
non
erano state cancellate: aveva ucciso molti uomini e altrettante donne,
ma non
si era mai perdonato di aver ucciso quella povera bambina che aveva
strumentalizzato e reso vittima di un mostro assassino. Come avrebbe
potuto
rivederla senza che lei provasse ribrezzo nei suoi confronti.
«E’
viva, quindi? E abita ancora qui?» chiese con quel suo tono
sollevato che
Katherine conosceva bene e che non era cambiato nel corso degli anni.
Avrebbe
pensato a rimediare, a parlarle per rassicurarsi che non ricordasse
niente
dell’orrore che aveva dovuto subire, sarebbe stato suo amico
per un po’ di
tempo per poi scomparire e lasciare che la vita seguisse il suo ciclo.
Katherine
mostrò uno dei sorrisi più innocenti che avesse
mai mostrato e il colorito
olivastro della sua pelle venne illuminato dai raggi della luna che si
affacciavano da una delle finestre.
«Vive
ancora qui a Mystic Falls, ma non è più
viva» disse decisa facendo comparire
un’insolita ruga sulla fronte liscia del vampiro di fronte a
lei.
«E’
un vampiro, Stefan. Un vampiro come lo eri tu, come lo sono io, e sai
cosa
hanno bisogno i vampiri?» mostrò i denti
scintillanti che risplendevano anche
nel buio della notte. Stefan non lo avrebbe permesso, non avrebbe
permesso che
quella bambina diventasse ciò che un tempo lui stesso era
stato. Ma come fare?
Come avrebbe potuto aiutarla se il mostro
era proprio lui?
Inarcò
un sopraciglio e spostò lo sguardo su un punto indefinito
della casa ormai
quasi ridotta in macerie. Aprì la bocca quasi come se
volesse parlare ma poi la
richiuse, mordendosi il labbro inferiore. La vampira più
furba e scaltra di lui
lo precedette nella domanda.
«Aiutala
se vuoi, arriverà qui domani. Sta a te scoprire se ricorda o
no» disse flebile
per poi fuggire a grande velocità.
Stefan
ancora in silenzio inclinò la testa avanti e indietro quasi
come se stesse
annuendo ad un interlocutore invisibile: non aveva scelta, non poteva
fare
altrimenti.
Sarebbe
stato tutto come undici anni fa: lui, la piccola Care, e il sangue, tanto sangue.