CAPITOLO 19
COLLOQUI E
CHIACCHERE NEL CAMINO
-
È davvero tornato
tutto alla normalità?
Chiese
alla fine,
temendo la reazione dell’altro. James lo guardò di
traverso, accigliato e
sorpreso da quella domanda.
-
Perché dovrei
mentire?
Chiese
James,
serio. Frank alzò le spalle, imbarazzato. L’arrivo
di Regulus, la loro
discussione e poi il malumore di James. Tutto sembrava strano,
insolito.
- Non
lo so, ma
Alice e Sirius non sono stati onesti. Possibile che tu li abbia
già perdonati?
Cercò
di spiegare
l’amico, fissando intensamente il proprio capitano. James
scosse la testa, poi
scoppio a ridere. La sua risata era cristallina come ai vecchi tempi,
prima che
una trafila incredibile di tragedie si abbattesse su di lui. Era
tornato tutto
a posto alla fine, per quando assurdo potesse sembrare. Il tempo dei
segreti e
delle bugie era finito. Entrambi sapevano che la lezione ad Alice e
Sirius era
servita e che probabilmente non avrebbero mai più mentito a
James.
- Hanno
già pagato
a sufficienza quando stavo male. Sarei uno stronzo se infierissi
ancora. Voglio
troppo bene ad entrambi.
Spiegò
James,
sorridendo. Non voleva più portare rancore a nessuno, solo
sorridere e godersi
la vita. Persino le parole di Regulus, che all’inizio lo
avevano fatto
arrabbiare alla fine gli erano scivolate via. Certo, la coppa era
importante ma
non al punto da farsi rovinare la giornata. Aveva chiarito con sua
cugina ed il
suo migliore amico e la ragazza più bella di tutto il
castello non aspettava
altro che uscire con lui. Si trattava di una vittoria su tutti i fronti.
-
Allora sono
contento.
Affermò
Frank,
sicuro. James non diceva mai balle. Se qualcosa ancora non andava lo
avrebbe
detto. Non era il tipo da nascondersi dietro un sorriso, specie dopo
quello che
gli era capitato negli ultimi tempi.
- Non
dovresti,
ricordi perché stiamo andando da Minnie?
Chiese
James,
tornando subito serio e furioso insieme. Regulus era venuto da lui con
il suo
sorriso strafottente, sicuro di colpirlo nel vivo. Nonostante la
vittoria
meritata, la squadra di Grifondoro aveva fallito.
Una
volta entrati
nello studio, James si guardò in giro. Era la prima volta
che andava nello
studio della McGranitt volontariamente, tutte le altre ci era stato
trascinato
da qualcuno in seguito a qualche scherzo finito male. Anche la donna
sembrò
sorpreso di vederlo lì, ma non appena notò Frank
capì di cosa si trattava e si
preparò a dare spiegazioni. Dopo tutto, quella visita se la
aspettava. Era
scontato che a James non sarebbero andate a genio le decisioni del
preside
riguardo all’ultima partita disputata.
I due
uscirono
dall’ufficio un paio di ore più tardi,
più silenziosi di quando ci erano
entrati. L’umore dei ragazzi, se possibile, era ancora
peggiore. James si
ritrovò a pensare che era la prima volta che lasciava quel
posto senza una
punizione. Lily di sicuro avrebbe detto di essere fiera di lui. Avrebbe
dovuto
festeggiare forse, ma non gli andava. Le cose erano anche peggio del
previsto.
La professoressa aveva confermato la versione di Regulus, alla fine, ma
con
risvolti decisamente peggiori. Non solo Grifondoro non aveva ritirato
la coppa,
ma questa rischiava di andare a Serpeverde senza che quei dannati maghi
oscuri
avessero fatto nulla per meritarla.
- Cosa
credi che
accadrà, adesso?
Chiese
Frank,
mordendosi un labbro come faceva sempre quando era nervoso. Guardava il
capitano con la testa piegata di lato ed un’espressione
corrucciata.
- Non
lo so,
davvero..
Rispose
James,
alzando le spalle. Era vero, non aveva la minima idea di cosa era
meglio fare.
La sua testa era vuota ma allo stesso tempo troppo pesante. Sarebbe
voluto
correre da Lily, abbracciarla e stringerla a sé, ma aveva
troppe cose da
sistemare prima di poterlo fare. La sua vita era tornata alla
normalità, ma non
ancora abbastanza. In quel momento James si trovò ad
invidiare Peter e la sua
vita noiosa, scontata. Prevedibile in ogni dettaglio al punto da essere
quasi
rilassante in confronto alla sua. Mai una responsabilità,
mai aspettative al di
là delle sue possibilità. Tutto era ordinario,
normale.
- Vuoi
dargliela
vinta? Sarebbe come dimostrare che hanno vinto su tutta la linea.
Ribatté
Frank,
deluso dallo scarso entusiasmo del capitano. Certo, la notizia della
mancata
vittoria di Grifondoro aveva abbattuto anche lui, ma non era disposto a
stare a
guardare. Avrebbe lottato fino alla fine, dimostrando a tutti che si
meritava
in pieno di appartenere alla casa di Godrig.
-
Frank, non lo so.
Che pretendete tutti da me in questi giorni?
Sbottò
James,
irritato da quella situazione. Quella frase non era rivolta a nessuno
in
particolare, o forse a tutti quanti. Più si sforzava di
stare al passo con
quello che la gente gli chiedeva, più si sentiva chiedere di
più. Niente era
mai abbastanza. C’era sempre qualcosa d’altro da
fare. Un altro traguardo da
raggiungere.
- Che
tu faccia il
capitano. Quando sei dell’umore mi trovi in Sala Comune,
insieme agli altri.
Replicò
l’altro,
allontanandosi in silenzio. La reazione di James lo aveva colpito ed
offeso
insieme. Se al capitano non interessava nulla della squadra, a chi
doveva
importare allora? Si era fidato di lui, ci aveva messo impegno, tempo
ed
energie. Lo aveva fatto per il suo amico, non per sentirsi dire che si
aspettava troppo da lui. James rimase solo a riflettere, in esclusiva
compagnia
dei suoi pensieri che sembravano farsi continuamente gioco di lui.
Cominciava
ad accadergli spesso, forse valeva la pena di farci
l’abitudine. Le parole
della McGranitt continuavano a rimbombargli nella testa.
-
Signori, avete
sentito bene. La vittoria non è stata assegnata.
Aveva
detto la
donna in seguito alla proteste dei due grifoni. Erano entrati spavaldi,
sicuri
che Regulus avesse detto loro una balla. Dopo tutto, mai fidarsi delle
parole
di una Serpe, specie se questa è appena stata battuta.
Tuttavia, questa volta
si erano sbagliati. Il fratello di Sirius non aveva mentito.
-
Abbiamo vinto noi
e la coppa è andata a loro?
Aveva
chiesto
Frank, sul punto di perdere la pazienza. Tra tutte le ingiustizie che
aveva mai
subito nella sua vita, questa era di gran lunga la peggiore.
- Non
ho detto
questo Signor Paciock.
Aveva
replicato
-
Allora si spieghi
meglio.
Aveva
ribattuto
Frank, senza curarsi di sembrare impertinente o sgarbato. Per tutti e
sette gli
anni che aveva passato al castello era sempre stato gentile, ma dopo
quello che
era capitato negli ultimi tempi non ne aveva più voglia.
Alla fine aveva capito
quello che sua madre gli diceva da tempo: era ora di tirare fuori le
unghie.
-
Nessuna squadra
ha ritirato la coppa, semplice.
Aveva
spiegato la
professoressa di trasfigurazione, battendo nervosamente con il piede a
terra.
La smorfia di disgusto dipinta sulla sua faccia lasciava trasparire
senza ombra
di dubbio quale doveva essere il suo pensiero.
- Non
la seguo.
Aveva
mormorato
James, scuotendo appena la testa. In realtà il discorso gli
era abbastanza
chiaro, ma lui preferiva negare la realtà. Tutti gli sforzi
che avevano fatto
in quelle settimane e durante quell’ultima partita non
potevano veramente
essersi rivelati vani. Non era giusto.
-
Serpeverde ha
perso l’ultima partita, ma ne ha vinte due su tre con ottimi
punteggi.
Aveva
sospirato
-
Quindi niente
coppa per loro..
Aveva
sottolineato
a quel punto Frank, con una punta di rabbia nella voce. Avevano fatto
più punti
delle Serpi, la coppa era loro di diritto. Se non l’avessero
ritirata loro non
la poteva certo dare ai loro avversari.
- Noi
invece
abbiamo vinto l’ultima partita con un punteggio che di sicuro
passerà alla
storia..
Aveva
continuato la
donna, ignorando il commento di Frank. Questa volta, però,
fu James ad
interromperla.
- ..ma
abbiamo
perso le prime due, giusto?
Aveva
completato il
capitano tristemente, indovinando dove sarebbe finita la discussione.
-
Purtroppo è così,
maledizione.
Aveva
imprecato la
professoressa, battendo il pugno sulla scrivania di faggio senza
più trattenere
le sue emozioni. Per un attimo aveva dimenticato dove si trovava e
soprattutto
con chi. Era solo un’insegnante che aveva spinto i suoi
ragazzi a dare il
massimo, li aveva visti vincere e non poteva lasciarli festeggiare.
-
Nessuno prenderà
la coppa quest’anno?
Aveva
chiesto
Frank, stranito. Da che Hogwarts esisteva la coppa era sempre stata
assegnata,
tranne qualche raro caso quando c’erano di mezzo strane morti
ed incidenti
lugubri. Ad ogni modo, non avveniva da molti anni.
-
Questa era l’idea
iniziale del preside, si. Ma a me e Lumacorno non sembrava per niente
giusto.
Vi siete impegnati duramente, non lo meritavate.
Aveva
sospirato la
professoressa, senza soffermarsi a raccontare la dura lotta che doveva
esserci
stata tra i due professori. Né
- Cosa
proponete?
Aveva
chiesto
Frank, insofferente, anticipando il suo capitano.
- Uno
spareggio,
una partita. Secca, senza guardare ai punteggi precedenti.
Aveva
risposto la
donna, seria e severa come suo solito. Guardava i due ragazzi con aria
di
minacciosa, lasciando solo intendere quali terribili punizioni avrebbe
inflitto
loro se avessero perso oppure, caso ben peggiore, non avessero giocato.
- Chi
fa più punti,
ha la coppa.
Aveva
sospirato James.
Era la soluzione più logica, certo, ma implicava giocare
ancora. Nell’ultima
partita aveva messo tutto se stesso. Non era certo di poter ripetere
quella
esperienza, sia fisicamente che psicologicamente.
-
Esatto, sarà la
prossima domenica..
Aveva
continuato
- Prego?
Aveva
chiesto
James, incredulo. Sia
-
Qualche problema,
Potter?
Aveva
chiese la
professoressa, scrutandolo con attenzione. Il suo fare minaccioso,
tuttavia,
non scalfiva la calma innaturale di James. Era inspiegabile che lui
fosse
contrario a giocare, eppure era così.
- Non
trovo
assolutamente giusto tutta questa storia.
Aveva
risposto
James, scattando in piedi con i pugni ben chiusi.
-
Nemmeno io, visto
che la coppa dovrebbe stare già da qualche giorno sulla mia
scrivania. Ad ogni
modo, non abbiamo scelta.
Aveva
replicato la
donna con insofferenza mentre Frank cercava qualcosa di sensato da dire
per far
ragione il suo compagno di squadra.
- Ma..
Aveva
iniziato
James, subito bloccato dalla donna.
-
Niente ma,
Potter. Se non giocate, la coppa va alle Serpi.
Aveva
esclamato
-
Sarebbe orrendo.
Aveva
commentato
Frank, il volto stravolto dall’orrore. L’idea di
chiudere la sua carriera ad
Hogwarts come portiere da perdente era semplicemente inconcepibile.
Anche se
avrebbe voluto fare i salti mortali per riuscire a stare dietro a tutto
quanto,
esami compresi, avrebbe giocato.
-
Decisamente,
Paciock. Cercate di non farlo succedere. Sarebbe la più
grande disfatta di
Grifondoro da sempre.
Aveva
urlato la
donna, ritirandosi nelle sue stanze private e lasciando intendere ai
ragazzi
che era arrivato il momento di tornare nella loro sala comune. Il
discorso era
chiuso: la partita ci sarebbe stata domenica, giocare o no era affar
loro.
James
uscì
dall’ufficio della donna frastornato. Quelle ultime parole,
la più grande
disfatta dei Grifondoro da sempre, continuavano a rimbombargli nella
testa.
- Ho
radunato la
squadra..
Iniziò
Charleen,
andando incontro a Frank non appena questi sbucò dal
ritratto della Signora
Grassa. Quando vide il ragazzo scuro in volto, ma soprattutto solo, si
bloccò,
interdetta. Era evidente che qualcosa non andava.
- James?
Chiese
uno dei
battitori con cautela, anticipando la riccia.
-
Lascia perdere,
meglio.
Sbottò
il portiere,
scontroso. Dirigendosi verso la più vicina poltrona.
- Non
fare il
presuntuoso Frank, sono qui.
Esclamò
una voce a
cui fece seguito subito dopo un ragazzo con i capelli scompigliati.
Frank si
voltò, osservando perplesso il compagno di squadra. A quanto
pareva questa
volta il momento di solitudine dell’amico era durato
veramente poco rispetto ai
suoi soliti standard. Forse era davvero tornato il solito matto di
sempre.
Quando
sentì la
voce dell’amico, Sirius alzò la testa di scatto.
Per tutto il tempo che James e
Frank ci avevano messo a tornare era rimasto fermo, immobile. incapace
di
scacciare del tutto quella brutta sensazione che gli aveva artigliato
lo
stomaco. Per quanto poteva cercare di mentire a se stesso, la vista di
James e
Regulus che parlavano tra di loro lo aveva destabilizzato. Era
assolutamente
insensato, eppure accadeva sotto i suoi occhi. Assurdo. Ad ogni modo,
adesso
James era lì e quel sorriso che gli aveva rivolto era la
prova che tutto era
tornato come prima.
- Meno
male, ero
già quasi convinto di dover fare tutto io.
Sbuffò
Frank,
sollevato ed insieme esasperato.
-
Saresti un
pessimo capitano.
Lo
apostrofò James,
inclinando la testa di lato.
Il
resto della
squadra, tra cui figuravano anche Alice, Seba e Sirius, osservava la
scena
perplesso ed insieme curioso. Nessuno riusciva a seguire il discorso,
ma era
abbastanza evidente che dopo aver discusso su qualcosa Frank e James
erano
finalmente d’accordo. James, inoltre, sembrava essere tornato
lo stesso ragazzo
dell’anno prima, prima che fosse venuto a sapere della morte
del padre.
-
Qualcuno spiega
anche a noi qualcosa, di grazia?
Chiese
Charleen
alla fine, spostandosi nervosamente dalla faccia i riccioli scuri.
Odiava
perdere i pezzi di discorsi e non capire il senso delle frasi, era
più forte di
lei. Lily la definiva una mania, quasi un’ossessione.
Charleen le dava ragione,
ma lo stesso non riusciva a fare a meno di comportarsi così.
-
Concordo. Vorrei
una bella festa con una bella coppa.
Esclamò
Seba, con
un sorriso che andava da un lato all’altro del volto.
- La
festa sarà
domenica sera, prima però dobbiamo battere le Serpi.
Spiegò
James, osservando
con attenzione i visi dei compagni. Sapeva bene che la loro reazione
non si
sarebbe certo fatta aspettare.
-
Ancora?
Sbottò
il battitore
con il braccio fasciato, incredulo. Le loro reazioni erano le stesse di
James e
Frank. Quelle di ragazzi che avevano dato tutto per vincere e che
adesso si
ritrovavano punto a capo. L’unico fattore positivo era la
casa di Grifondoro:
questa volta sarebbe stata senza dubbio dalla loro parte.
-
Abbiamo già
vinto, ricordi?
Ricordò
Charleen,
senza capire cosa stava dicendo James. Doveva aver per forza capito
male, era
l’unica spiegazione. Il capitano era ancora confuso, per
questo diceva cosa
senza senso.
- Non
conta,
dobbiamo giocare ancora. Loro hanno vinto due partite su tre, noi solo
una.
Sospirò
Frank,
lasciandosi cadere seduto. I compagni lo fissarono con attenzione, per
poi
passare a James. Era evidente che il ragazzo era serio. Non
c’erano possibilità
di aver capito male o che quello fosse uno scherzo.
- Ma il
punteggio..
Iniziò
Alice,
imbronciata. Lei non aveva giocato, certo, ma sapeva bene quanto
impegno di
avevano messo i ragazzi per dimostrare a tutti quanto valevano davvero.
Se la
meritavano quella coppa.
- Anche
io penso
che sia una buffonata, ma dobbiamo giocare questo spareggio.
Tagliò
corto James,
incrociando lo sguardo di Frank. Il portiere sorrideva, era sicuro che
il
compagno alla fine avrebbe fatto la scelta giusta. Dargli tempo per
pensare da
solo era servito.
-
È una pazzia.
Siamo stanchi e tra poco ci sono anche gli esami.
Protestò
il terzo
cacciatore, alzando gli occhi al soffitto. Era evidente che si trattava
dell’ennesimo brutto scherzo che i Serpeverde avevano fatto
loro.
-
Vogliamo
dargliela vinta senza nemmeno giocarcela?
Chiese
Frank,
fissando uno per uno tutti i compagni. Poteva sentire la loro
insofferenza ma
riusciva anche a percepire la loro voglia di alzare quella benedetta
coppa al
cielo. Per lui sarebbe stata l’ultima volta, non poteva
perdere
quell’occasione. O meglio, non voleva lasciarsi scappare la
possibilità di
guardare per un ultima volta le Serpi dal podio del vincitore.
- Io
non posso
obbligare nessuno, non ho nemmeno l’autorità per
farlo. Però io in campo ci
vado, anche da solo.
Continuò
Frank,
deciso. James fissò appena lo sguardo determinato del
compagno e seppe di avere
preso la decisione giusta.
-
Sentitelo, vuole
la gloria tutta per sé..
Sbuffò
James,
lanciandosi di peso addosso all’amico.
- Siamo
una
squadra. Sette leoni in campo fino alla fine. Comunque vada.
Esclamò
Charleen,
sicura, guardando i due amici che giocavano come bambini. Quando
finalmente
ebbero concluso la loro lotta, prese da parte James con discrezione,
tirandolo
piano per la manica della veste e parlando a bassa voce. Voleva che
solo lui, e
nessun altro, sentisse.
- Sei
proprio
sicuro?
Chiese
al
cercatore, diventando improvvisamente più timida ed insicura
di quanto fosse
mai stata fino a quel momento. Il capitano la guardò
perplesso, poi sorrise.
-
Certo, dobbiamo
giocare.
Ribatté
James,
stringendo un pugno. La ragazza sospirò, e spiegò
meglio.
-
Dicevo dei
cacciatori. Non credi sia meglio far giocare Alice, Seba e Sirius.
Farebbero
carte false per giocare. Dovevi sentirli, prima.
Continuò
Charleen,
senza guardare il proprio capitano negli occhi. Le costava dire quelle
cose.
Avrebbe dato carte false per essere in campo, ma doveva pensare al bene
della
squadra.
- Ha
ragione lei.
Sospirò
una voce triste
alle spalle dei due ragazzi. James si voltò e vide tutta la
squadra riunita.
Compreso Frank, scuro in volto.
- Siete
matti?
Chiese
James,
sgranando gli occhi e fissando uno ad uno i compagni.
-
James, ragiona..
Riprese
Charleen,
decisa ma allo stesso tempo paziente.
- Se
giocano quei
tre, cercati un altro portiere.
Dichiarò
Frank,
deciso, indicando Alice, Sirius e Seba che erano a qualche passo da
loro e che
non stavano sentendo quella conversazione. Alice era la sua ragazza e
Seba il
suo migliore amico, ma non avrebbe voluto altri che i ragazzi che erano
stati
al loro fianco in quelle settimane.
- Sta
zitto Frank!
Sbottò
James, senza
nemmeno staccare gli occhi dai compagni o girarsi verso
l’amico.
- Siete
infortunati?
Riprese
il
capitano, con un tono stranamente calmo.
- No.
Mormorò
lei,
scuotendo la testa. Lo stesso fecero gli altri, alle sue spalle.
- Non
avete voglia
di giocare?
Chiese
ancora James,
guardandoli severamente.
- Non
è questo il
punto.
Cercò
di dire lei,
giustificando la sua decisione.
-
Allora giocate,
chiuso il discorso.
Sbottò
deciso
James. Charleen sorrise e annuì mentre l’altro si
allontanava. In pochi istanti
si era portato alle spalle di Lily. Una volta sistemata la squadra
doveva
pensare a lei. Era la sua priorità, adesso.
La
ragazza era
rimasta per tutto il tempo con Cristal, Peter e Remus, in disparte. Non
sapeva
nulla di quello che si erano detti i ragazzi. Li vedeva parlare
concitati,
aveva intuito che stava succedendo qualcosa che doveva riguardare la
squadra e la
loro ultima partita, ma non sapeva di preciso cosa.
- Mia
bella Lily,
niente appuntamento domenica.
Sospirò
James,
triste, lasciandosi cadere seduto per terra ai suoi piedi. La rossa
aggrottò appena
le sopracciglia, credendo si trattasse di uno scherzo.
- Mi
tormenti da
anni e poi quando ti dico si ti tiri indietro?
Chiese
Lily,
incredula, quando fu chiaro che il capitano era fin troppo serio. Il
suo sguardo
dispiaciuto non lasciava dubbi.
-
Credimi, mi sento
un idiota.
Ammise
James,
abbassando gli occhi. Lily presa la sua mano, calda come sempre, poi
sorrise. Bastò
quel piccolo gesto a far tornare il buon umore al ragazzo.
-
Punizione con
Provò
a buttare lì
la ragazza, sorridendo appena per il nervosismo di James. Lui
sbuffò, poi
scosse la testa energicamente.
-
Più o meno.
Minnie vuole che dimostriamo sul campo che i campioni siamo noi e che i
Serpeverde stanno bene solo in un posto buio e umido..
Spiegò
il capitano
di Grifondoro, tornando allegro. Era inutile girarci intorno, pensare
all’imminente
sconfitta delle Serpi lo metteva decisamente di buon umore. Regulus
avrebbe
smesso di ridere, questa volta una volta per tutte.
- Il
sotterraneo?
Chiese
Lily,
divertita, provando ad indovinare. James aggrottò le
sopracciglia e finse di pensarci
su.
-
Pensavo un po’
più in basso.
Mormorò
James alla
fine, scuotendo la testa. Lily annuì, senza staccare lo
sguardo dal ragazzo. Il
suo viso era dannatamente bello. Perfetto, armonioso, solare. Ormai non
poteva
pensare a lui se non in quei termini. Il ragazzo borioso e pieno di
sé aveva
lasciato spazio ad un ragazzo generoso, sorridente e forte. O meglio,
forse in
realtà era sempre stato così, ma lei se ne
accorgeva solamente ora.
-
Giocate ancora?
Chiese
Cristal,
incredula, interrompendo l’osservazione incantata
dell’amica che riscosse
subito, leggermente imbarazzata per essere stata sorpresa a sbavare
dietro al
capitano di Grifondoro come tutte le altre ragazze della sua casa.
-
Spareggio per la
coppa.
Spiegò
Frank,
comparendo alle spalle di James con un braccio intorno alle spalle di
Alice. La
ragazza era rilassata, forse per la prima volta da qualche mese a
quella parte.
Tranne il dettaglio della partita da rifare, tutto era tornato alla
perfezione.
Si respirava un’atmosfera irreale, perfetta. Sarebbe durata
poco, certo, ma
tanto valeva godersi quel momento.
- Non
è giusto,
avete stravinto.
Protestò
Remus,
sbuffando. Alle sue spalle, Peter annuiva deciso. Non aveva capito bene
la
situazione, ma di certo il suo amico non poteva sbagliarsi. Remus non
sbagliava
mai, un po’ come James e Sirius.
- Se
hai bisogno di
tre cacciatori..
Propose
Alice,
indicando se stessa ed i due ragazzi al suo fianco. James
guardò con attenzione
la cugina, Sirius e Seba e poi sospirò. Aveva già
preso quella decisione, tanto
valeva comunicarla anche a loro. Forse non l’avrebbero presa
bene, ma doveva
essere sincero fino in fondo.
- Ne
abbiamo appena
parlato. Con la squadra, dico. Non sarebbe giusto, noi non giochiamo
per il
risultato ma per la squadra.
Disse
alla fine il
capitano. Quelle parole gli pesavano, ma doveva essere giusto e tenere
fede ai
suoi discorsi. Alzò lo sguardo sui tre, convinto di
intercettare occhiate di
fuoco. Contro ogni previsione invece, sorridevano. Sembravano calmi,
perfettamente
consci che sarebbe finita così.
-
Sapevo che avresti
detto così, ma volevo che sapessi che siamo con te.
Aggiunse
Alice,
lasciandosi abbracciare da Frank.
- Io
comunque in
panchina ci voglio essere.
Precisò Sirius, serio. James
annuì, mentre un sorriso gli si allargava da un lato
all’altro della faccia. Con
suo fratello a bordo campo perdere era escluso. Avrebbe giocato anche
per lui,
per Alice e per Seba. Alla fine della partita poi, quella dannata coppa
l’avrebbero
alzata tutti insieme.
-
Sarà un onore,
fratello.
Disse
James,
lasciandosi stringere da Sirius in un abbraccio che potesse scacciare
tutte le
paure, i dubbi e le bugie di quei mesi.
Il
tutt’altro punto
del castello, diversi piani più in basso alcuni ragazzi
parlavano con una donna
che compariva dal camino. Bellatrix Lestrange. L’umore delle
Serpi, ad onore
del vero, era completamente diverso da quello dei Grifoni. Praticamente
opposto.
In quella piccola stanza si respirava paura, ansia e frenesia.
- Hai
sentito,
Serpeverde deve giocare ancora..
Iniziò
Piton,
incerto, mentre la donna nel camino sbuffava guardando un ritratto
nella sala
comune di Serpeverde. Doveva essere un antenato di suo marito, ma non
ricordava
il suo nome. Era davvero buffo, sette anni in quel posto e non riusciva
nemmeno
a ricordare il nome di un quadro.
- Non
me ne importa
nulla del trofeo, che se lo tengano pure. Si è salvato ed ha
ricordato tutto.
Non poteva finire peggio.
Sbuffò
Bellatrix,
nervosa, riferendosi a Potter. Tutto quello che poteva andare male,
alla fine
era andato peggio. Quel dannato ragazzino era vivo, felice ed aveva
anche
chiarito con i suoi amici. Non solo non era morto, ma ormai non
avrebbero
nemmeno potuto cercare di portarlo dalla loro parte. Il loro piano era
definitivamente fallito, sotto ogni punto di vista.
- Ma
forse..
Provò
ad iniziare
Piton, subito zittito da un’occhiata della donna. Bellatrix
non era mai stata
una donna paziente, soprattutto in situazioni come quelle. Quasi un
anno prima
il suo signore le aveva ordinato di portare scompiglio nella casa di
Grifondoro, uccidendo e portando più ragazzi che poteva
dalla loro parte. Nonostante
il suo impegno e la collaborazione di quelle insulse Serpi, tutto era
andato
male. Anzi, peggio del previsto.
- Cosa?
Credi forse
che se Grifondoro perde Potter morirà di tristezza? Io lo
voglio morto,
capisci?
Tuonò
lei, senza
preoccuparsi del fatto che altri ragazzi potessero sentirla.
-
Pensiamo a
qualcosa, allora..
Mormorò
Piton,
mettendo da parte il nervosismo. Sapeva che si era cacciato in una
brutta
situazione. Bellatrix Lestrange non accettava fallimenti: o successo o
morte.
Senza parlare del fatto che anche lui voleva vedere Potter morto. Per
questo
aveva accettato di aiutare Bella, quasi un anno prima.
-
Questa è bella..
credi davvero che io e Lucius ci fidiamo ancora di te?
Chiese
Bellatrix,
inclinando appena la testa. L’ultima frase del ragazzo
sembrava averla
divertita parecchio. Piton arrossì violentemente, umiliato,
ed inizio a
balbettare frasi sconnesse e senza senso.
- Il
mio piano
stava per funzionare. È andato in coma, non è
certo colpa mia se poi si è
svegliato.
Sbuffò
Piton alla
fine, infastidito dal tono della donna. Non era stato lui a fallire, si
era
trattato di una serie di coincidenza fortunate e fastidiose.
- Sta
zitto,
lasciami pensare a qualcosa.
Tuonò
Bellatrix,
muovendo le mani quasi si fosse trattato di scacciare una mosca
fastidiosa che
le ronzava intorno. Piton si ammutolì, ma non smise di
pensare, frenetico, ad
una soluzione. Non poteva deluderla ancora, ne andava della sua vita.
Un altro
fallimento avrebbe significato morte certa.
- Forse
Regulus
potrebbe..
Iniziò
Piton,
ancora una volta bloccato da un gesto della donna e da una sua occhiata
severa.
-
Neanche per
sogno, non se ne parla. Mio cugino meno ne sa e meglio è per
tutti.
Tagliò
corto lei,
alzando la voce ed allo stesso tempo guardandosi intorno per essere
certa che
Regulus non fosse lì, nascosto da qualche parte a sentirli.
-
Credevo ti
fidassi di lui.
Mormorò
Piton,
stranito. Improvvisamente tutto gli fu chiaro: Regulus non conosceva il
piano. Anche
lui aveva creduto che quello di Potter era stato un incidente. Per
qualche
oscura ed incomprensibile ragione, Bellatrix lo aveva tenuto fuori da
quella
storia.
- Mi
fido, ma lo
conosco. Una parte di lui è come Sirius, sentimentale. Si
farebbe venire un
sacco di dubbi e alla fine li avvertirebbe per salvarli.
Spiegò
Bellatrix,
disgustata da quell’eccesso di buoni sentimenti e di senso
dell’onore che si
era creato all’interno della sua famiglia.
- Cosa
proponi,
allora?
Chiese
Piton,
curioso. Era evidente che Bellatrix avesse già pensato a
qualcosa, solo che
ancora non le andava di dividerlo con lui.
-
Dobbiamo portare
il piccolo Peter dalla nostra parte. Questa volta li colpiremo e faremo
loro
del male.
Spiegò
lei,
sorridendo appena. I suoi occhi brillavano, illuminati di puro male.
- Vuoi
intervenire
subito?
Chiese
Piton,
nervoso. Sentiva che quella era la sua ultima occasione, non voleva
fallire e
proprio per quello aveva paura.
- Non
c’è fretta,
lasciamo loro credere di essere al sicuro. Li attaccheremo quando meno
se lo
aspettano.
Concluse Bellatrix Lestrange, sparendo nell’oscurità con la stessa discrezione con la quale era arrivata.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
Per prima cosa, grazie della pazienza se ancora leggete queste mie righe. Negli ultimi mesi ho avuto da fare, ma adesso eccomi di nuovo qui. Questa storia è quasi agli sgoccioli, mancano solo due capitoli. Ho già pronto il seguito, che parletà dell'estate dei nostri eroi. Un'estate certamente movimentata ed anche piuttosto tragica.
Ma
ora non pensiamoci, veniamo ai commenti!
STECULLEN94: Grazie mille per la pazienza, so che aspettavi questo capitolo da tanto. Ebbene si, Regulus è interessato solo alla partita ed è del tutto estraneo ai complotti di Piton e Bellatrix.. Ebbene si, esiste il seguito e posso anche dirti il titolo: L'estate dell'amicizia, del tradimento e del sangue. Come immaginerai da sola, ne succederanno delle belle!
CLOE BLACK: Grazie mille per la pazienza! Prometto che con il prossimo capitolo sarò più veloce. Ammetto che la tua mail con le ipotesi l'avrei letta volentieri, davvero. Ad ogni modo, nel prossimo capitolo SAPRAI! Già qui qualche sospetto c'è.. Come ho già detto: il seguito esiste di già, dovrebbero essere 18-20 capitoli. :D
OUT OF MY HEAD: Grazie del commento e complimenti per il nick. è bellissimo! Prometto che con i prossimi due capitoli sarò più veloce!