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Autore: sihu    27/06/2011    5 recensioni
il sesto anno al tempo dei malandrini inizia in modo davvero movimentato. Lily e Sirius sono talmennte arrabbiati con James tanto da odiarlo e persino Remus ha pensato di strozzare l'amico con gli occhiali, l'unico problema è che James non si trova. che ne sarà stato di James Potter e che ne sarà dei malandrini? Dal terzo capitolo: Non voglio tediarvi con i particolari anche perché non sarebbe giusto nei confronti della famiglia. La notizia fino ad ora è rimasta riservata per non fare preoccupare nessuno e per motivi di privacy, tuttavia vorrei che tutti osservassimo qualche istante di silenzio e rivolgessimo una silenziosa preghiera per James Potter.” disse il vecchio preside abbassando la testa..
Genere: Malinconico, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, I Malandrini, Lily Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Broken Memories'
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CAPITOLO 19
COLLOQUI E CHIACCHERE NEL CAMINO

 James e Frank camminavano per i corridoi, in silenzio. James era troppo arrabbiato per parlare, Frank lo fissava e basta. Si vedeva lontano un miglio che il portiere aveva una domanda che gli frullava in testa da un po’, senza che si decidesse a farla.

- È davvero tornato tutto alla normalità?

Chiese alla fine, temendo la reazione dell’altro. James lo guardò di traverso, accigliato e sorpreso da quella domanda.

- Perché dovrei mentire?

Chiese James, serio. Frank alzò le spalle, imbarazzato. L’arrivo di Regulus, la loro discussione e poi il malumore di James. Tutto sembrava strano, insolito.

- Non lo so, ma Alice e Sirius non sono stati onesti. Possibile che tu li abbia già perdonati?

Cercò di spiegare l’amico, fissando intensamente il proprio capitano. James scosse la testa, poi scoppio a ridere. La sua risata era cristallina come ai vecchi tempi, prima che una trafila incredibile di tragedie si abbattesse su di lui. Era tornato tutto a posto alla fine, per quando assurdo potesse sembrare. Il tempo dei segreti e delle bugie era finito. Entrambi sapevano che la lezione ad Alice e Sirius era servita e che probabilmente non avrebbero mai più mentito a James.

- Hanno già pagato a sufficienza quando stavo male. Sarei uno stronzo se infierissi ancora. Voglio troppo bene ad entrambi.

Spiegò James, sorridendo. Non voleva più portare rancore a nessuno, solo sorridere e godersi la vita. Persino le parole di Regulus, che all’inizio lo avevano fatto arrabbiare alla fine gli erano scivolate via. Certo, la coppa era importante ma non al punto da farsi rovinare la giornata. Aveva chiarito con sua cugina ed il suo migliore amico e la ragazza più bella di tutto il castello non aspettava altro che uscire con lui. Si trattava di una vittoria su tutti i fronti.

- Allora sono contento.

Affermò Frank, sicuro. James non diceva mai balle. Se qualcosa ancora non andava lo avrebbe detto. Non era il tipo da nascondersi dietro un sorriso, specie dopo quello che gli era capitato negli ultimi tempi.

- Non dovresti, ricordi perché stiamo andando da Minnie?

Chiese James, tornando subito serio e furioso insieme. Regulus era venuto da lui con il suo sorriso strafottente, sicuro di colpirlo nel vivo. Nonostante la vittoria meritata, la squadra di Grifondoro aveva fallito.  

Una volta entrati nello studio, James si guardò in giro. Era la prima volta che andava nello studio della McGranitt volontariamente, tutte le altre ci era stato trascinato da qualcuno in seguito a qualche scherzo finito male. Anche la donna sembrò sorpreso di vederlo lì, ma non appena notò Frank capì di cosa si trattava e si preparò a dare spiegazioni. Dopo tutto, quella visita se la aspettava. Era scontato che a James non sarebbero andate a genio le decisioni del preside riguardo all’ultima partita disputata.

I due uscirono dall’ufficio un paio di ore più tardi, più silenziosi di quando ci erano entrati. L’umore dei ragazzi, se possibile, era ancora peggiore. James si ritrovò a pensare che era la prima volta che lasciava quel posto senza una punizione. Lily di sicuro avrebbe detto di essere fiera di lui. Avrebbe dovuto festeggiare forse, ma non gli andava. Le cose erano anche peggio del previsto. La professoressa aveva confermato la versione di Regulus, alla fine, ma con risvolti decisamente peggiori. Non solo Grifondoro non aveva ritirato la coppa, ma questa rischiava di andare a Serpeverde senza che quei dannati maghi oscuri avessero fatto nulla per meritarla.

- Cosa credi che accadrà, adesso?

Chiese Frank, mordendosi un labbro come faceva sempre quando era nervoso. Guardava il capitano con la testa piegata di lato ed un’espressione corrucciata.

- Non lo so, davvero..

Rispose James, alzando le spalle. Era vero, non aveva la minima idea di cosa era meglio fare. La sua testa era vuota ma allo stesso tempo troppo pesante. Sarebbe voluto correre da Lily, abbracciarla e stringerla a sé, ma aveva troppe cose da sistemare prima di poterlo fare. La sua vita era tornata alla normalità, ma non ancora abbastanza. In quel momento James si trovò ad invidiare Peter e la sua vita noiosa, scontata. Prevedibile in ogni dettaglio al punto da essere quasi rilassante in confronto alla sua. Mai una responsabilità, mai aspettative al di là delle sue possibilità. Tutto era ordinario, normale.

- Vuoi dargliela vinta? Sarebbe come dimostrare che hanno vinto su tutta la linea.

Ribatté Frank, deluso dallo scarso entusiasmo del capitano. Certo, la notizia della mancata vittoria di Grifondoro aveva abbattuto anche lui, ma non era disposto a stare a guardare. Avrebbe lottato fino alla fine, dimostrando a tutti che si meritava in pieno di appartenere alla casa di Godrig.

- Frank, non lo so. Che pretendete tutti da me in questi giorni?

Sbottò James, irritato da quella situazione. Quella frase non era rivolta a nessuno in particolare, o forse a tutti quanti. Più si sforzava di stare al passo con quello che la gente gli chiedeva, più si sentiva chiedere di più. Niente era mai abbastanza. C’era sempre qualcosa d’altro da fare. Un altro traguardo da raggiungere.

- Che tu faccia il capitano. Quando sei dell’umore mi trovi in Sala Comune, insieme agli altri.

Replicò l’altro, allontanandosi in silenzio. La reazione di James lo aveva colpito ed offeso insieme. Se al capitano non interessava nulla della squadra, a chi doveva importare allora? Si era fidato di lui, ci aveva messo impegno, tempo ed energie. Lo aveva fatto per il suo amico, non per sentirsi dire che si aspettava troppo da lui. James rimase solo a riflettere, in esclusiva compagnia dei suoi pensieri che sembravano farsi continuamente gioco di lui. Cominciava ad accadergli spesso, forse valeva la pena di farci l’abitudine. Le parole della McGranitt continuavano a rimbombargli nella testa.

- Signori, avete sentito bene. La vittoria non è stata assegnata.

Aveva detto la donna in seguito alla proteste dei due grifoni. Erano entrati spavaldi, sicuri che Regulus avesse detto loro una balla. Dopo tutto, mai fidarsi delle parole di una Serpe, specie se questa è appena stata battuta. Tuttavia, questa volta si erano sbagliati. Il fratello di Sirius non aveva mentito.

- Abbiamo vinto noi e la coppa è andata a loro?

Aveva chiesto Frank, sul punto di perdere la pazienza. Tra tutte le ingiustizie che aveva mai subito nella sua vita, questa era di gran lunga la peggiore.

- Non ho detto questo Signor Paciock.

Aveva replicato la McGranitt, senza perdere la calma. Sapeva che l’argomento era delicato. Lei stessa era andata su tutte le furie quando aveva saputo. I suoi ragazzi avevano vinto, toglier loro la coppa era stata la peggiore delle bassezze. Solo un Serpeverde avrebbe potuto proporlo. Nessun altro. Ad ogni modo, lamentarsi non sarebbe stato un comportamento degno della casa di Grifondoro. I suoi ragazzi non avevano bisogno che lei si lagnasse, ma che trovasse un modo che permettesse loro di dimostrare tutto il loro valore sul campo.

- Allora si spieghi meglio.

Aveva ribattuto Frank, senza curarsi di sembrare impertinente o sgarbato. Per tutti e sette gli anni che aveva passato al castello era sempre stato gentile, ma dopo quello che era capitato negli ultimi tempi non ne aveva più voglia. Alla fine aveva capito quello che sua madre gli diceva da tempo: era ora di tirare fuori le unghie.

- Nessuna squadra ha ritirato la coppa, semplice.

Aveva spiegato la professoressa di trasfigurazione, battendo nervosamente con il piede a terra. La smorfia di disgusto dipinta sulla sua faccia lasciava trasparire senza ombra di dubbio quale doveva essere il suo pensiero.

- Non la seguo.

Aveva mormorato James, scuotendo appena la testa. In realtà il discorso gli era abbastanza chiaro, ma lui preferiva negare la realtà. Tutti gli sforzi che avevano fatto in quelle settimane e durante quell’ultima partita non potevano veramente essersi rivelati vani. Non era giusto.

- Serpeverde ha perso l’ultima partita, ma ne ha vinte due su tre con ottimi punteggi.

Aveva sospirato la McGranitt, nervosa. Era una vera sofferenza fare un discorso simile ai suoi ragazzi. Sapeva quanto si erano impegnati, in particolare James. Ci aveva messo anima e corpo nella squadra. Aveva dato tutto, senza lasciare indietro nulla. Nemmeno i compiti arretrati e i mesi di studio da recuperare.

- Quindi niente coppa per loro..

Aveva sottolineato a quel punto Frank, con una punta di rabbia nella voce. Avevano fatto più punti delle Serpi, la coppa era loro di diritto. Se non l’avessero ritirata loro non la poteva certo dare ai loro avversari.

- Noi invece abbiamo vinto l’ultima partita con un punteggio che di sicuro passerà alla storia..

Aveva continuato la donna, ignorando il commento di Frank. Questa volta, però, fu James ad interromperla.

- ..ma abbiamo perso le prime due, giusto?

Aveva completato il capitano tristemente, indovinando dove sarebbe finita la discussione. La McGranitt aveva sospirato ed abbassato la testa, sconsolata.

- Purtroppo è così, maledizione.

Aveva imprecato la professoressa, battendo il pugno sulla scrivania di faggio senza più trattenere le sue emozioni. Per un attimo aveva dimenticato dove si trovava e soprattutto con chi. Era solo un’insegnante che aveva spinto i suoi ragazzi a dare il massimo, li aveva visti vincere e non poteva lasciarli festeggiare.

- Nessuno prenderà la coppa quest’anno?

Aveva chiesto Frank, stranito. Da che Hogwarts esisteva la coppa era sempre stata assegnata, tranne qualche raro caso quando c’erano di mezzo strane morti ed incidenti lugubri. Ad ogni modo, non avveniva da molti anni.  

- Questa era l’idea iniziale del preside, si. Ma a me e Lumacorno non sembrava per niente giusto. Vi siete impegnati duramente, non lo meritavate.

Aveva sospirato la professoressa, senza soffermarsi a raccontare la dura lotta che doveva esserci stata tra i due professori. Né la McGranitt né tanto meno Lumacorno erano tipi famosi per arrendersi facilmente. Nella sua voce traspariva l’affetto che provava per la sua casa. James riusciva quasi ad immaginarsi la dura lotta che doveva aver sostenuto con i colleghi e con il preside, mettendo da parte l’affetto e la stima che provava per lui. I ragazzi di Grifondoro prima di tutto.

- Cosa proponete?

Aveva chiesto Frank, insofferente, anticipando il suo capitano.

- Uno spareggio, una partita. Secca, senza guardare ai punteggi precedenti.

Aveva risposto la donna, seria e severa come suo solito. Guardava i due ragazzi con aria di minacciosa, lasciando solo intendere quali terribili punizioni avrebbe inflitto loro se avessero perso oppure, caso ben peggiore, non avessero giocato.

- Chi fa più punti, ha la coppa.

Aveva sospirato James. Era la soluzione più logica, certo, ma implicava giocare ancora. Nell’ultima partita aveva messo tutto se stesso. Non era certo di poter ripetere quella esperienza, sia fisicamente che psicologicamente.

- Esatto, sarà la prossima domenica..

Aveva continuato la McGranitt, imperterrita, dando per assodato che i suoi ragazzi non l’avrebbero tradita e sarebbero scesi in campo ancora una volta.

- Prego?

Aveva chiesto James, incredulo. Sia la McGranitt che Frank si erano voltati verso di lui, increduli. Nella voce del capitano si avvertiva una nota di protesta, quasi non avesse la minima intenzione di disputare quella partita.

- Qualche problema, Potter?

Aveva chiese la professoressa, scrutandolo con attenzione. Il suo fare minaccioso, tuttavia, non scalfiva la calma innaturale di James. Era inspiegabile che lui fosse contrario a giocare, eppure era così.

- Non trovo assolutamente giusto tutta questa storia.

Aveva risposto James, scattando in piedi con i pugni ben chiusi.

- Nemmeno io, visto che la coppa dovrebbe stare già da qualche giorno sulla mia scrivania. Ad ogni modo, non abbiamo scelta.

Aveva replicato la donna con insofferenza mentre Frank cercava qualcosa di sensato da dire per far ragione il suo compagno di squadra.

- Ma..

Aveva iniziato James, subito bloccato dalla donna.

- Niente ma, Potter. Se non giocate, la coppa va alle Serpi.

Aveva esclamato la McGranitt, fuori di sé. Era evidente che considerava orrendo quel pensiero. Anzi, forse fino a quel momento non ci aveva ancora pensato. Era scontato che i suoi ragazzi avrebbero giocato e avrebbero vinto. Ne andava dell’onore e dell’orgoglio della casa di Grifondoro dopo tutto.

- Sarebbe orrendo.

Aveva commentato Frank, il volto stravolto dall’orrore. L’idea di chiudere la sua carriera ad Hogwarts come portiere da perdente era semplicemente inconcepibile. Anche se avrebbe voluto fare i salti mortali per riuscire a stare dietro a tutto quanto, esami compresi, avrebbe giocato.

- Decisamente, Paciock. Cercate di non farlo succedere. Sarebbe la più grande disfatta di Grifondoro da sempre.

Aveva urlato la donna, ritirandosi nelle sue stanze private e lasciando intendere ai ragazzi che era arrivato il momento di tornare nella loro sala comune. Il discorso era chiuso: la partita ci sarebbe stata domenica, giocare o no era affar loro.  

James uscì dall’ufficio della donna frastornato. Quelle ultime parole, la più grande disfatta dei Grifondoro da sempre, continuavano a rimbombargli nella testa.

 

- Ho radunato la squadra..

Iniziò Charleen, andando incontro a Frank non appena questi sbucò dal ritratto della Signora Grassa. Quando vide il ragazzo scuro in volto, ma soprattutto solo, si bloccò, interdetta. Era evidente che qualcosa non andava.

- James?

Chiese uno dei battitori con cautela, anticipando la riccia.

- Lascia perdere, meglio.

Sbottò il portiere, scontroso. Dirigendosi verso la più vicina poltrona.

- Non fare il presuntuoso Frank, sono qui.

Esclamò una voce a cui fece seguito subito dopo un ragazzo con i capelli scompigliati. Frank si voltò, osservando perplesso il compagno di squadra. A quanto pareva questa volta il momento di solitudine dell’amico era durato veramente poco rispetto ai suoi soliti standard. Forse era davvero tornato il solito matto di sempre.

Quando sentì la voce dell’amico, Sirius alzò la testa di scatto. Per tutto il tempo che James e Frank ci avevano messo a tornare era rimasto fermo, immobile. incapace di scacciare del tutto quella brutta sensazione che gli aveva artigliato lo stomaco. Per quanto poteva cercare di mentire a se stesso, la vista di James e Regulus che parlavano tra di loro lo aveva destabilizzato. Era assolutamente insensato, eppure accadeva sotto i suoi occhi. Assurdo. Ad ogni modo, adesso James era lì e quel sorriso che gli aveva rivolto era la prova che tutto era tornato come prima.

- Meno male, ero già quasi convinto di dover fare tutto io.

Sbuffò Frank, sollevato ed insieme esasperato.

- Saresti un pessimo capitano.

Lo apostrofò James, inclinando la testa di lato.

Il resto della squadra, tra cui figuravano anche Alice, Seba e Sirius, osservava la scena perplesso ed insieme curioso. Nessuno riusciva a seguire il discorso, ma era abbastanza evidente che dopo aver discusso su qualcosa Frank e James erano finalmente d’accordo. James, inoltre, sembrava essere tornato lo stesso ragazzo dell’anno prima, prima che fosse venuto a sapere della morte del padre.

- Qualcuno spiega anche a noi qualcosa, di grazia?

Chiese Charleen alla fine, spostandosi nervosamente dalla faccia i riccioli scuri. Odiava perdere i pezzi di discorsi e non capire il senso delle frasi, era più forte di lei. Lily la definiva una mania, quasi un’ossessione. Charleen le dava ragione, ma lo stesso non riusciva a fare a meno di comportarsi così.

- Concordo. Vorrei una bella festa con una bella coppa.

Esclamò Seba, con un sorriso che andava da un lato all’altro del volto.

- La festa sarà domenica sera, prima però dobbiamo battere le Serpi.

Spiegò James, osservando con attenzione i visi dei compagni. Sapeva bene che la loro reazione non si sarebbe certo fatta aspettare.

- Ancora?

Sbottò il battitore con il braccio fasciato, incredulo. Le loro reazioni erano le stesse di James e Frank. Quelle di ragazzi che avevano dato tutto per vincere e che adesso si ritrovavano punto a capo. L’unico fattore positivo era la casa di Grifondoro: questa volta sarebbe stata senza dubbio dalla loro parte.

- Abbiamo già vinto, ricordi?

Ricordò Charleen, senza capire cosa stava dicendo James. Doveva aver per forza capito male, era l’unica spiegazione. Il capitano era ancora confuso, per questo diceva cosa senza senso.

- Non conta, dobbiamo giocare ancora. Loro hanno vinto due partite su tre, noi solo una.

Sospirò Frank, lasciandosi cadere seduto. I compagni lo fissarono con attenzione, per poi passare a James. Era evidente che il ragazzo era serio. Non c’erano possibilità di aver capito male o che quello fosse uno scherzo.

- Ma il punteggio..

Iniziò Alice, imbronciata. Lei non aveva giocato, certo, ma sapeva bene quanto impegno di avevano messo i ragazzi per dimostrare a tutti quanto valevano davvero. Se la meritavano quella coppa.

- Anche io penso che sia una buffonata, ma dobbiamo giocare questo spareggio.

Tagliò corto James, incrociando lo sguardo di Frank. Il portiere sorrideva, era sicuro che il compagno alla fine avrebbe fatto la scelta giusta. Dargli tempo per pensare da solo era servito.

- È una pazzia. Siamo stanchi e tra poco ci sono anche gli esami.

Protestò il terzo cacciatore, alzando gli occhi al soffitto. Era evidente che si trattava dell’ennesimo brutto scherzo che i Serpeverde avevano fatto loro.

- Vogliamo dargliela vinta senza nemmeno giocarcela?

Chiese Frank, fissando uno per uno tutti i compagni. Poteva sentire la loro insofferenza ma riusciva anche a percepire la loro voglia di alzare quella benedetta coppa al cielo. Per lui sarebbe stata l’ultima volta, non poteva perdere quell’occasione. O meglio, non voleva lasciarsi scappare la possibilità di guardare per un ultima volta le Serpi dal podio del vincitore.

- Io non posso obbligare nessuno, non ho nemmeno l’autorità per farlo. Però io in campo ci vado, anche da solo.

Continuò Frank, deciso. James fissò appena lo sguardo determinato del compagno e seppe di avere preso la decisione giusta.

- Sentitelo, vuole la gloria tutta per sé..

Sbuffò James, lanciandosi di peso addosso all’amico.

- Siamo una squadra. Sette leoni in campo fino alla fine. Comunque vada.

Esclamò Charleen, sicura, guardando i due amici che giocavano come bambini. Quando finalmente ebbero concluso la loro lotta, prese da parte James con discrezione, tirandolo piano per la manica della veste e parlando a bassa voce. Voleva che solo lui, e nessun altro, sentisse.

- Sei proprio sicuro?

Chiese al cercatore, diventando improvvisamente più timida ed insicura di quanto fosse mai stata fino a quel momento. Il capitano la guardò perplesso, poi sorrise.

- Certo, dobbiamo giocare.

Ribatté James, stringendo un pugno. La ragazza sospirò, e spiegò meglio.

- Dicevo dei cacciatori. Non credi sia meglio far giocare Alice, Seba e Sirius. Farebbero carte false per giocare. Dovevi sentirli, prima.

Continuò Charleen, senza guardare il proprio capitano negli occhi. Le costava dire quelle cose. Avrebbe dato carte false per essere in campo, ma doveva pensare al bene della squadra.

- Ha ragione lei.

Sospirò una voce triste alle spalle dei due ragazzi. James si voltò e vide tutta la squadra riunita. Compreso Frank, scuro in volto.

- Siete matti?

Chiese James, sgranando gli occhi e fissando uno ad uno i compagni.

- James, ragiona..

Riprese Charleen, decisa ma allo stesso tempo paziente.

- Se giocano quei tre, cercati un altro portiere.

Dichiarò Frank, deciso, indicando Alice, Sirius e Seba che erano a qualche passo da loro e che non stavano sentendo quella conversazione. Alice era la sua ragazza e Seba il suo migliore amico, ma non avrebbe voluto altri che i ragazzi che erano stati al loro fianco in quelle settimane.

- Sta zitto Frank!

Sbottò James, senza nemmeno staccare gli occhi dai compagni o girarsi verso l’amico.

- Siete infortunati?

Riprese il capitano, con un tono stranamente calmo.

- No.

Mormorò lei, scuotendo la testa. Lo stesso fecero gli altri, alle sue spalle.

- Non avete voglia di giocare?

Chiese ancora James, guardandoli severamente.

- Non è questo il punto.

Cercò di dire lei, giustificando la sua decisione.

- Allora giocate, chiuso il discorso.

Sbottò deciso James. Charleen sorrise e annuì mentre l’altro si allontanava. In pochi istanti si era portato alle spalle di Lily. Una volta sistemata la squadra doveva pensare a lei. Era la sua priorità, adesso.

 

La ragazza era rimasta per tutto il tempo con Cristal, Peter e Remus, in disparte. Non sapeva nulla di quello che si erano detti i ragazzi. Li vedeva parlare concitati, aveva intuito che stava succedendo qualcosa che doveva riguardare la squadra e la loro ultima partita, ma non sapeva di preciso cosa.

- Mia bella Lily, niente appuntamento domenica.

Sospirò James, triste, lasciandosi cadere seduto per terra ai suoi piedi. La rossa aggrottò appena le sopracciglia, credendo si trattasse di uno scherzo.

- Mi tormenti da anni e poi quando ti dico si ti tiri indietro?

Chiese Lily, incredula, quando fu chiaro che il capitano era fin troppo serio. Il suo sguardo dispiaciuto non lasciava dubbi.

- Credimi, mi sento un idiota.

Ammise James, abbassando gli occhi. Lily presa la sua mano, calda come sempre, poi sorrise. Bastò quel piccolo gesto a far tornare il buon umore al ragazzo.

- Punizione con la McGranitt?

Provò a buttare lì la ragazza, sorridendo appena per il nervosismo di James. Lui sbuffò, poi scosse la testa energicamente.

- Più o meno. Minnie vuole che dimostriamo sul campo che i campioni siamo noi e che i Serpeverde stanno bene solo in un posto buio e umido..

Spiegò il capitano di Grifondoro, tornando allegro. Era inutile girarci intorno, pensare all’imminente sconfitta delle Serpi lo metteva decisamente di buon umore. Regulus avrebbe smesso di ridere, questa volta una volta per tutte.

- Il sotterraneo?

Chiese Lily, divertita, provando ad indovinare. James aggrottò le sopracciglia e finse di pensarci su.

- Pensavo un po’ più in basso.

Mormorò James alla fine, scuotendo la testa. Lily annuì, senza staccare lo sguardo dal ragazzo. Il suo viso era dannatamente bello. Perfetto, armonioso, solare. Ormai non poteva pensare a lui se non in quei termini. Il ragazzo borioso e pieno di sé aveva lasciato spazio ad un ragazzo generoso, sorridente e forte. O meglio, forse in realtà era sempre stato così, ma lei se ne accorgeva solamente ora.

- Giocate ancora?

Chiese Cristal, incredula, interrompendo l’osservazione incantata dell’amica che riscosse subito, leggermente imbarazzata per essere stata sorpresa a sbavare dietro al capitano di Grifondoro come tutte le altre ragazze della sua casa.

- Spareggio per la coppa.

Spiegò Frank, comparendo alle spalle di James con un braccio intorno alle spalle di Alice. La ragazza era rilassata, forse per la prima volta da qualche mese a quella parte. Tranne il dettaglio della partita da rifare, tutto era tornato alla perfezione. Si respirava un’atmosfera irreale, perfetta. Sarebbe durata poco, certo, ma tanto valeva godersi quel momento.

- Non è giusto, avete stravinto.

Protestò Remus, sbuffando. Alle sue spalle, Peter annuiva deciso. Non aveva capito bene la situazione, ma di certo il suo amico non poteva sbagliarsi. Remus non sbagliava mai, un po’ come James e Sirius.

- Se hai bisogno di tre cacciatori..

Propose Alice, indicando se stessa ed i due ragazzi al suo fianco. James guardò con attenzione la cugina, Sirius e Seba e poi sospirò. Aveva già preso quella decisione, tanto valeva comunicarla anche a loro. Forse non l’avrebbero presa bene, ma doveva essere sincero fino in fondo.

- Ne abbiamo appena parlato. Con la squadra, dico. Non sarebbe giusto, noi non giochiamo per il risultato ma per la squadra.

Disse alla fine il capitano. Quelle parole gli pesavano, ma doveva essere giusto e tenere fede ai suoi discorsi. Alzò lo sguardo sui tre, convinto di intercettare occhiate di fuoco. Contro ogni previsione invece, sorridevano. Sembravano calmi, perfettamente consci che sarebbe finita così.

- Sapevo che avresti detto così, ma volevo che sapessi che siamo con te.

Aggiunse Alice, lasciandosi abbracciare da Frank.

- Io comunque in panchina ci voglio essere.

Precisò Sirius, serio. James annuì, mentre un sorriso gli si allargava da un lato all’altro della faccia. Con suo fratello a bordo campo perdere era escluso. Avrebbe giocato anche per lui, per Alice e per Seba. Alla fine della partita poi, quella dannata coppa l’avrebbero alzata tutti insieme.

- Sarà un onore, fratello.

Disse James, lasciandosi stringere da Sirius in un abbraccio che potesse scacciare tutte le paure, i dubbi e le bugie di quei mesi.

 

Il tutt’altro punto del castello, diversi piani più in basso alcuni ragazzi parlavano con una donna che compariva dal camino. Bellatrix Lestrange. L’umore delle Serpi, ad onore del vero, era completamente diverso da quello dei Grifoni. Praticamente opposto. In quella piccola stanza si respirava paura, ansia e frenesia.

- Hai sentito, Serpeverde deve giocare ancora..

Iniziò Piton, incerto, mentre la donna nel camino sbuffava guardando un ritratto nella sala comune di Serpeverde. Doveva essere un antenato di suo marito, ma non ricordava il suo nome. Era davvero buffo, sette anni in quel posto e non riusciva nemmeno a ricordare il nome di un quadro.

- Non me ne importa nulla del trofeo, che se lo tengano pure. Si è salvato ed ha ricordato tutto. Non poteva finire peggio.

Sbuffò Bellatrix, nervosa, riferendosi a Potter. Tutto quello che poteva andare male, alla fine era andato peggio. Quel dannato ragazzino era vivo, felice ed aveva anche chiarito con i suoi amici. Non solo non era morto, ma ormai non avrebbero nemmeno potuto cercare di portarlo dalla loro parte. Il loro piano era definitivamente fallito, sotto ogni punto di vista.

- Ma forse..

Provò ad iniziare Piton, subito zittito da un’occhiata della donna. Bellatrix non era mai stata una donna paziente, soprattutto in situazioni come quelle. Quasi un anno prima il suo signore le aveva ordinato di portare scompiglio nella casa di Grifondoro, uccidendo e portando più ragazzi che poteva dalla loro parte. Nonostante il suo impegno e la collaborazione di quelle insulse Serpi, tutto era andato male. Anzi, peggio del previsto.

- Cosa? Credi forse che se Grifondoro perde Potter morirà di tristezza? Io lo voglio morto, capisci?

Tuonò lei, senza preoccuparsi del fatto che altri ragazzi potessero sentirla.

- Pensiamo a qualcosa, allora..

Mormorò Piton, mettendo da parte il nervosismo. Sapeva che si era cacciato in una brutta situazione. Bellatrix Lestrange non accettava fallimenti: o successo o morte. Senza parlare del fatto che anche lui voleva vedere Potter morto. Per questo aveva accettato di aiutare Bella, quasi un anno prima.

- Questa è bella.. credi davvero che io e Lucius ci fidiamo ancora di te?

Chiese Bellatrix, inclinando appena la testa. L’ultima frase del ragazzo sembrava averla divertita parecchio. Piton arrossì violentemente, umiliato, ed inizio a balbettare frasi sconnesse e senza senso.

- Il mio piano stava per funzionare. È andato in coma, non è certo colpa mia se poi si è svegliato.

Sbuffò Piton alla fine, infastidito dal tono della donna. Non era stato lui a fallire, si era trattato di una serie di coincidenza fortunate e fastidiose.

- Sta zitto, lasciami pensare a qualcosa.

Tuonò Bellatrix, muovendo le mani quasi si fosse trattato di scacciare una mosca fastidiosa che le ronzava intorno. Piton si ammutolì, ma non smise di pensare, frenetico, ad una soluzione. Non poteva deluderla ancora, ne andava della sua vita. Un altro fallimento avrebbe significato morte certa.

- Forse Regulus potrebbe..

Iniziò Piton, ancora una volta bloccato da un gesto della donna e da una sua occhiata severa.

- Neanche per sogno, non se ne parla. Mio cugino meno ne sa e meglio è per tutti.

Tagliò corto lei, alzando la voce ed allo stesso tempo guardandosi intorno per essere certa che Regulus non fosse lì, nascosto da qualche parte a sentirli.

- Credevo ti fidassi di lui.

Mormorò Piton, stranito. Improvvisamente tutto gli fu chiaro: Regulus non conosceva il piano. Anche lui aveva creduto che quello di Potter era stato un incidente. Per qualche oscura ed incomprensibile ragione, Bellatrix lo aveva tenuto fuori da quella storia.

- Mi fido, ma lo conosco. Una parte di lui è come Sirius, sentimentale. Si farebbe venire un sacco di dubbi e alla fine li avvertirebbe per salvarli.

Spiegò Bellatrix, disgustata da quell’eccesso di buoni sentimenti e di senso dell’onore che si era creato all’interno della sua famiglia.

- Cosa proponi, allora?

Chiese Piton, curioso. Era evidente che Bellatrix avesse già pensato a qualcosa, solo che ancora non le andava di dividerlo con lui.

- Dobbiamo portare il piccolo Peter dalla nostra parte. Questa volta li colpiremo e faremo loro del male.

Spiegò lei, sorridendo appena. I suoi occhi brillavano, illuminati di puro male.

- Vuoi intervenire subito?

Chiese Piton, nervoso. Sentiva che quella era la sua ultima occasione, non voleva fallire e proprio per quello aveva paura.

- Non c’è fretta, lasciamo loro credere di essere al sicuro. Li attaccheremo quando meno se lo aspettano.

Concluse Bellatrix Lestrange, sparendo nell’oscurità con la stessa discrezione con la quale era arrivata.

ANGOLO DELL'AUTRICE:

Per prima cosa, grazie della pazienza se ancora leggete queste mie righe. Negli ultimi mesi ho avuto da fare, ma adesso eccomi di nuovo qui. Questa storia è quasi agli sgoccioli, mancano solo due capitoli. Ho già pronto il seguito, che parletà dell'estate dei nostri eroi. Un'estate certamente movimentata ed anche piuttosto tragica.

Ma ora non pensiamoci, veniamo ai commenti!

STECULLEN94: Grazie mille per la pazienza, so che aspettavi questo capitolo da tanto. Ebbene si, Regulus è interessato solo alla partita ed è del tutto estraneo ai complotti di Piton e Bellatrix..  Ebbene si, esiste il seguito e posso anche dirti il titolo: L'estate dell'amicizia, del tradimento e del sangue. Come immaginerai da sola, ne succederanno delle belle!

CLOE BLACK: Grazie mille per la pazienza! Prometto che con il prossimo capitolo sarò più veloce. Ammetto che la tua mail con le ipotesi l'avrei letta volentieri, davvero. Ad ogni modo, nel prossimo capitolo SAPRAI! Già qui qualche sospetto c'è..  Come ho già detto: il seguito esiste di già, dovrebbero essere 18-20 capitoli. :D

OUT OF MY HEAD: Grazie del commento e complimenti per il nick. è bellissimo! Prometto che con i prossimi due capitoli sarò più veloce!

  
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