Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: sonyx1992    28/06/2011    5 recensioni
E se gli angeli esistessero? E se uno di loro si innamorasse di una ragazza? Ma poi lei sarà capace di dimenticare veramente il suo primo ed unico amore?---Leggete e commentate!!!--- DAL CAPITOLO 08:
“Come ti chiami?”...
Lui voltò la testa verso di lei, guardandola stupito. Aveva il volto sereno e lo sguardo perso nel blu infinito sopra di loro...
“Come sarebbe? Io ti racconto che sono un angelo, con le ali e tutto il resto e tu vuoi semplicemente sapere il mio nome?”...
“Bè, è la prima domanda che mi è venuta in mente; ed inoltre, mi sembrava una cosa carina da chiedere…”... (…)...
L’angelo al suo fianco si accorse che qualcosa la turbava, si sentiva male a sua volta, come se qualcosa lo perforasse. Non ne conosceva il motivo, ma era legato a quella ragazza da qualcosa di troppo enorme da capire, qualcosa di troppo intenso e complicato.
Tornò anche lui a guardare il cielo sopra di loro e cercò di misurare le parole, di non farle tremare sulle sue labbra, di dirle con naturalezza, per non farle capire l’immenso ed inspiegabile dolore che provava dentro si sé...
“Non ce l’ho un nome..” si bloccò per un secondo, “o, perlomeno non lo ricordo…si vede che noi angeli non ne abbiamo bisogno..”, aggiunse subito, come se non avere un nome all’improvviso fosse diventato una cosa bizzarra. E lui, lui non voleva più essere bizzarro, no, lui ora desiderava essere come tutti gli altri, o almeno, come quella ragazza sdraiata accanto a lui sulla spiaggia...
(...)...
“Che ne dici di Samuel? E’ un bel nome, no?”...
Lui si voltò un secondo per guardarla, poi annuì silenziosamente...
“Si, è un bel nome…mi piace...”...
Lei si tirò su seduta e tese la mano verso di lui...
“Allora piacere Samuel. Il mio nome è Rachel..”...
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
23- PERDONAMI!

"Rachel?"
una donna sulla quarantina, con i capelli raccolti dietro la testa da un mollettone, aprì la porta della stanza di Rachel e la cercò con lo sguardo.
La ragazza, seduta alla scrivania e con un foglio tra le mani, si volse verso la donna che ora stava di fronte a lei.
"Che c'è, mamma?"
"Qualcuno al citofono vuole parlare con te. È un ragazzo." Rispose la donna, scrutando nel frattempo la figlia per cogliere ogni sua singola reazione e per conoscere, così, l'identità dello sconosciuto che voleva parlare con lei.
Rachel, senza proferire parola, si alzò in piedi, lasciando il foglio che stava leggendo sulla scrivania e tenendo in una mano qualcosa di colorato; camminò tranquilla verso il citofono, per non far arrivare alla madre nessun segnale preoccupante, anche se la curiosità la stava divorando.
Prese la cornetta con la mano libera e se la portò all'orecchio, restando per un istante in silenzio, quasi trattenendo il fiato.
"Si? Sono Rachel." Prese il coraggio di dire dopo un attimo di silenzio.
"Samuel ha bisogno di te." La voce che le giunse all'orecchio era fredda e familiare per la ragazza, ma in quel momento, la sua testa non vi dedicava molta attenzione, troppo impegnata a decifrare il messaggio dello sconosciuto.
Samuel aveva bisogno di lei.
Samuel.
"Arrivo!" esclamò subito.
Abbassò la cornetta, rimettendola al suo posto.
"Mamma, io esco!" si affrettò a dire la ragazza.
La donna non fece in tempo a dire niente che Rachel si era già fiondata giù per le scale, scendendone due o tre alla volta, con fretta, ansia e con il cuore che batteva forte, stretta in mano una strana piuma blu.

"Lo sai che dovresti morire per quello che hai fatto, vero?"
Green sollevò faticosamente le palpebre ed alzò lo sguardo per identificare la voce minacciosa che lo aveva riportato alla realtà.
Non sembrava appartenere a Jacques, questa era profonda, grave e fredda, minacciosa nei suoi confronti.
Davanti ai suoi occhi si disegnò solo una figura sfocata, troppo difficile da schiarire.
Per quanto tempo era rimasto svenuto?
Provò a guardarsi intorno con lo sguardo, la testa sollevata di poco da terra solo per permettere i minimi movimenti, il naso che ancora gli pulsava.
Sospirò sollevato quando notò la figura di Blue ancora a terra, inerme, ma ancora tutto intero.
Pochi metri più in là, una seconda figura giaceva a terra. Il volto era sfigurato e dalla schiena gli uscivano solo due ossa spezzate e senza piume, che ora giacevano nella pozza di sangue che avvolgeva il corpo di Jacques.
Green tornò alla figura sfocata che imponeva su di lui e riappoggiò la testa a terra, provando sollievo al contatto col terreno gelido.
"Lo so. Dovrei morire." Rispose alla figura, che rimase impassibile alle parole del Terreno.
"Eppure, in qualche modo e per qualche strano motivo, lei mi ha salvato." Continuò, l'aria che gli arrivava a fatica e lo costringeva a respirare con la bocca.
Leumas lo aveva salvato, lo aveva perdonato.
"Lo ha fatto solo perché tu proteggessi il suo protetto." La voce dura e fredda rimbombò nelle orecchie del terreno.
Intuì che il suo interlocutore cercava un motivo per farlo fuori, un motivo per punirlo. Pensandoci, era quello che aveva sempre voluto, no? Abbandonare quel mondo che non lo voleva neanche con le sembianze angeliche.
Eppure, quando aveva conosciuto Red, e poi lui, Blue…loro lo avevano accettato!
"Non credo." Rispose alla voce, "credo volesse insegnarmi qualcosa."
Alzò la testa e fissò la figura sfocata davanti a lui, sforzando la vista per schiarirla, "lei voleva che io imparassi a vivere; voleva che fossi accettato in questo mondo che non mi ha mai voluto. Per questo mi ha salvato." Disse con convinzione, rendendosi conto solo in quel momento a sua volta di quello che aveva fatto Leumas per lui. Gli aveva insegnato a far parte di quel mondo che non lo aveva mai voluto.
Lo sguardo gli cadde a terra, come se non avesse abbastanza forza per sostenere la testa. Appoggiò la fronte a terra e chiuse gli occhi, stringendo i pugni.
"Ma questo mondo ti ha accettato solo quando tu non eri più te stesso. Solo quando tu hai nascosto quella parte di te che ti rendeva diverso, sbagliato, lontano dagli altri, perfino dai tuoi simili."
Il Terreno alzò la testa quando sentì qualcosa che toccava le sue ali.
La figura sfocata, che ora sembrava quasi diventare più nitida, era china su di lui, e toccate le sue piume gialle, le guardava serio.
In effetti, aveva ragione. Red e Blue lo avevano accettato solo perché credevano avesse le ali verdi, solo perché erano certi che si fosse sacrificato per qualcun altro.
Tuttavia, lo stesso Blue, appena scoperta la sua vera identità lo aveva rifiutato e lo aveva attaccato.
Possibile che quel mondo non lo avesse ancora accettato??
Cercò di controllare le sue emozioni e di apparire calmo allo sconosciuto: "Hai ragione. Sono stato accettato solo perché ho rinnegato me stesso. Ho sbagliato. Ho sprecato l'opportunità che Leumas mi ha concesso."
"In conclusione, sei solo un assassino." Pronunciate quelle parole, la figura si alzò in piedi, tenendo le mani lungo i fianchi.
Green lo guardò infastidito dalla sua accusa: "A quello che vedo, anche tu non sei da meno!" ribattè a sua volta.
L'individuo si portò entrambe davanti al volto le proprie mani, insanguinate.
"Parli di questo? Sono stato costretto ad uccidere il tuo amico. Io ho salvato il protetto di Leumas, non tu." Riportò le mani lungo i fianchi, per poi dare le spalle al Terreno.
"Sarai macchiato per sempre, Custode. Il sangue che hai sulle mani non ti andrà mai via!" gli ricordò Green, cercando di fermarlo, di fargli capire le sue ragioni.
"Lo so molto bene." Rispose il Custode, senza voltarsi e camminando verso Samuel, "ma ricorda, terreno: anche tu dovrai vivere per sempre con il tuo peccato. Non ti basta salvare il protetto della tua vittima per cancellare tutto, per non avere più sensi di colpa. Ciò che hai fatto ti inseguirà per sempre, qualunque cosa tu faccia per rimediare al tuo sbaglio, lui sarà lì a ricordartelo."
Fece passare un braccio di Samuel intorno al suo collo e lo sollevò da terra, cingendolo con un braccio su un fianco.
"Se credi davvero che Leumas ti abbia dato una possibilità per adattarti a questo mondo," riprese, sempre volgendo le spalle a Green, "Io te ne do una seconda. La prima volta hai fallito, ti sei fatto accettare per quello che non sei. Ora, obbliga il mondo ad accettarti per quello che sei."
Green raccolse tutte le energie e si tirò su con le braccia, e piano, con fatica, riuscì a mettersi in piedi.
Si appoggiò ad una parete, le gambe deboli e tremanti, le ali pesanti, il naso che pulsava e le costole che sembravano soffocarlo; tenendosi un braccio su quest'ultime, alzò la testa sul Custode.
"Prima ho ancora qualcosa da fare." Spiegò al Custode.
"E allora fallo." Ordinò lui al Terreno.
Il Custode dispiegò le sue grandi ali bianche, macchiate di rosso in alcuni punti, "Ti aspetterò." Aggiunse, prima di volar via con Samuel.
Green restò per qualche istante a fissare il cielo, sempre appoggiato alla parete che lo sosteneva; poi, chiusi gli occhi, prese un profondo respiro e fu avvolto da una luce bianca.
Un attimo dopo era in sembianze umane, quelle del Green di sempre, biondo, con gli occhi verdi ora con qualche scaglietta di giallo e con il carattere scorbutico e scostante.
Le sue sembianze da umano nascondevano il sangue sul volto e il naso rotto, anche se il dolore lo sentiva comunque.
Uscì dal vicolo tenendo un braccio sul ventre, l'altro ancora appoggiato alla parete.
Alzò un'ultima volta lo sguardo al cielo e sorrise riconoscente al custode che era appena volato via e che gli aveva dato una seconda possibilità, "Grazie, Lehcar." Sussurrò piano, per poi staccarsi dal muro ed incamminarsi tranquillo per le vie.

Rachel cercò di frenare il passo per non allontanarsi troppo del suo accompagnatore. Si fermò e si volse a guardarlo, una mano nella tasca della giacca stretta intorno a quella bizzarra piuma blu che aveva trovato sul comodino.
Tornò indietro quando vide l'uomo biondo appoggiarsi ad una parete e stringendo un braccio sul ventre respirava a fatica.
"Tutto bene?" chiese preoccupata, avvicinandosi a lui.
Green abbassò lo sguardo su di lei e stringendo i denti si staccò dalla parete e riprese a camminare lentamente, sforzandosi di sopportare il dolore alle costole e al naso che gli mozzava il respiro ad ogni passo.
Rachel camminò al suo fianco, infastidita dal comportamento scostante dell'uomo biondo. Del resto, non poteva farci niente. Doveva avere solo pazienza: presto avrebbe rivisto Samuel.
Restarono in silenzio per tutto il cammino, uno di fianco all'altro, come se fossero due estranei che casualmente si trovano a compiere la stessa strada.
Green sbirciò per un istante la ragazza che ora lo ignorava volutamente e continuava a tenere lo sguardo fisso davanti a sé.
Gli sembrava fosse passato così poco tempo da quando la gelosia che lo aveva dilaniato nei confronti del suo angelo custode lo avesse portato a quel gesto estremo. Eppure Lehcar lo aveva perdonato, come già aveva fatto Leumas.
Aveva una seconda possibilità, forse l'ultima e non poteva permettersi di sprecarla.
Finalmente arrivarono all'appartamento nel quale Green si era stabilito da un po’ di tempo con Red e Blue.
Estrasse la chiave da un tasca della giacca e tenendo sempre un braccio sulle costole per cercare di placare, anche se invano, le fitte di dolore, la infilò nella toppa facendo girare la serratura ed aprendo la porta.
Ciò che apparve agli occhi di Rachel era lo stesso appartamento che ricordava dalla sua ultima visita, freddo ed impersonale.
Anzi, se era possibile, le sembrava quasi più vuoto!
Avanzò di qualche passo, il cuore che accelerava ad ogni secondo, l'aria che si faceva via, via sempre più rara nei suoi polmoni.
Si fermò, voltandosi verso il giovane biondo che, con sempre un braccio appoggiato sulle costole, chiudeva la porta d'ingresso e rimetteva le chiavi in una tasca dei pantaloni.
"Cosa aspetti?"
Green gettò uno sguardo colmo di neutralità alla ragazza scura, la quale rispose abbassando lo sguardo a terra e chiudendo i pugni lungo i fianchi.
Già, che stava aspettando? Se lo chiedeva anche lei, dal momento in cui i suoi piedi si erano paralizzati nel punto dov'era adesso.
Le tornò alla mente le parole della lettera che aveva trovato sulla sua scrivania.
"Perdonami!" diceva, anzi supplicava. E poi, quella strana piuma blu che aveva trovato accanto alla lettera. La sentiva nella tasca della sua giacca, come un peso, un richiamo che le urlava delle parole, ma che la sua testa non riusciva a cogliere ed interpretare.
Era stato in quel momento che qualcosa, dentro di lei, le aveva sussurrato un piccolo pensiero ed un recente ricordo: Blue che le diceva di essere Samuel, il vero Samuel. Non gli aveva creduto, l'aveva considerato un folle, un bugiardo, ma per qualche motivo a lei sconosciuto, nel momento in cui aveva afferrato la piuma tra le mani le era arrivata l'immagine di Blue che cercava di convincerla e la possibilità di una verità di quelle parole le si era intrufolato nella testa, o meglio, nel cuore.
La conferma gliela aveva dato quel giovane biondo e scorbutico che era venuto a cercarla a casa sua e le aveva detto semplicemente: "Samuel ha bisogno di te!".
Era come se non avesse aspettato altro: in quel momento ne fu certa: Samuel era vivo, lo era sempre stato, non se n'era mai andato, l'aveva sempre avuto vicino, solo sotto altre sembianze, che ad un primo sguardo ti posso tradire, ti posso ingannare.
"E' di sopra" continuò il giovane biondo, restando a fissarla.
Rachel lo guardò per un istante negli occhi, come se là dentro potesse trovarvi tutte le risposte che cercava: era veramente Samuel o si stava sbagliando? E in che senso 'aveva bisogno di lei'? Era ferito, forse? È stato male dopo il suo rifiuto o ha preso qualche strana malattia angelica?
Ma tutto ciò che lesse in quei occhi verdi e dorati era un 'mi dispiace'.
Ma per cosa? Si domandò di nuovo.
Scosse la testa, stufa di tutte quelle domande astratte e senza senso che si stava facendo; quello non era davvero il momento per avere dei dubbi.
Finalmente riuscì a staccare i piedi da quel pavimento pallido e freddo come il resto della casa e con le gambe tremanti e i pugni chiusi andò da Samuel. Il suo Samuel. Il vero Samuel.

Se non fosse stato per un leggero fastidio stava anche bene.
Quando aprì gli occhi si ritrovò immerso nel bianco, come quando si era svegliato per la prima volta.
Si guardò intorno ma non c'era niente se non quel colore innaturale.
Provò a pensare a ciò che era successo ma non lo ricordava. O, forse, non lo voleva ricordare?
Basta soffrire, non ce la faceva più. Ora, voleva solo restare immerso in quel colore che lo scaldava con la sua freddezza e lo proteggeva da tutte le sofferenze che aveva conosciuto negli ultimi tempi.
Distese le ali dietro la sua schiena, allungando le piume nel vuoto e fissandole con la coda dell'occhio, sorridendo orgoglioso per la loro bellezza: il blu delle piume riluceva rendendole splendide e maestose.
"Cosa fai?" una voce risuonò nel nulla.
La conosceva fin troppo bene, ormai: era la stessa che l'aveva portato da Rachel e che lo aveva guidato per tutti quei mesi.
La figura di Leumas apparve dal bianco e quando distese le sue ali, una luce dorata colorò quel colore freddo.
Samuel non rispose, restando a fissare il suo angelo custode in silenzio.
Leumas si avvicinò a lui lentamente e quando si ritrovò a poco più di un metro dal giovane gli sorrise calorosamente e continuò a parlare con voce calma e gentile: "Questo non è il tuo posto e lo sai bene, Samuel. Hai avuto una seconda possibilità e non è giusto che tu la sprechi in questo modo. Sai che lei ha ancora bisogno di te."
A quelle parole Samuel sussultò, qualche frammento degli ultimi ricordi che gli tornò alla memoria: il ritardo di Rachel all'appuntamento, il suo tradimento, la sua mancanza di fiducia nelle sue parole.
Una fitta lo colpì al petto e lo costrinse ad appoggiarvi sopra una mano.
"Non capisco," si rivolse poi all'angelo con un sussurro, "perché ha bisogno di me?"
Leumas restò in silenzio, tenendo i suoi occhi chiari su di lui.
Samuel continuò, il dolore che diventava poco a poco più sopportabile e si stava attenuando: "Non ha più bisogno di me. Mi ha dimenticato."
"Ne sei sicuro?"
Samuel alzò gli occhi sulla sua interlocutrice che ora lo guardava sorridendo.
Pochi attimi e il bianco e l'oro che coloravano lo spazio intorno a lui scomparvero, sostituiti da un nero assoluto e terrificante.
L'angelo sbatté istintivamente le palpebre, disorientato da quell'improvviso cambiamento di colore.
"Leumas! Leumas!" chiamò disperato e sentendosi improvvisamente solo.
Che stava succedendo? E perché Leumas non rispondeva?
Sentendosi sconfitto e solo si rannicchiò su se stesso, cercando un minimo di conforto nel calore delle sue ali.
Proprio quando stava arrendendosi a quel buio e a quella solitudine una voce sembrò ridargli quel minimo di fiducia che lo stava via, via abbandonando.
"Samuel. Svegliati!" un ordine che riempì lo spazio scuro che lo circondava.
Tuttavia, la voce non sembrava appartenere al suo angelo custode ma era più grave e severa, ma comunque familiare.
Chi era? Chi lo chiamava?
Samuel sbatté di nuovo le palpebre, cercando di mettere a fuoco le immagini che andavano piano, piano sostituendo quel colore tetro.

Quando, finalmente, il terreno dalle ali blu aprì faticosamente la palpebre, Lehcar si tranquillizzò, tirando un sospiro di sollievo.
Ce l'aveva fatta. Era riuscito a salvarlo.
Un piccolo sorriso invisibile si disegnò sul suo volto, mentre, dando le spalle al giovane, prendeva una sedia dalla scrivania e si sedeva con tranquillità, tenendo gli occhi chiari sulla figura di Samuel.
Le lenzuola e le ali blu erano ricoperte dal sangue delle sue ferite.
Il giovane provò a muoverle ma tutto quello che provocò furono delle scariche di dolore che lo obbligarono a restare sdraiato sul suo letto, respirando affannosamente.
"Ti riprenderai." Lo rassicurò il Custode fissandolo ora con la sua solita aria seria e severa, il sorriso di sollievo ormai solo un ricordo sul suo volto.
"Lehcar…" lo chiamò il giovane terreno, mentre le fitte non gli lasciavano un attimo di respiro, "dov'è Rachel?"
Il custode si alzò dalla sedia e restò in piedi a braccia conserte a fissare Samuel con severità.
"L'ho lasciata per venire da te." Rispose grave, "tuttavia, sento la sua presenza. Sarà qui a breve."
Pronunziate quelle parole, distese le braccia lungo i fianchi e si avvicinò alla porta della stanza.
"Non mi vedrà"
Il custode si voltò verso il giovane che, con lo sguardo puntato sul soffitto, sembrava parlare ad un interlocutore invisibile.
"Voglio che mi veda. Voglio tornare nelle mie sembianze da Umano." Volse lo sguardo sul Custode, il quale lo guardava in un misto di confusione e gelosia.
"Non puoi in quelle condizioni. Prima devi recuperare un po’ di forze e non puoi trasformarti in umano. È impossibile", continuò poi a camminare verso l'uscita della stanza.
"Voglio che mi veda. Voglio che mi veda!" Samuel continuava a ripetere quella frase, mentre calde lacrime iniziarono a rigargli le guance.
Lehcar si fermò un istante, "mi dispiace", sussurrò debolmente, mentre usciva dalla camera.

"È lì dentro"
Green indicò debolmente l'uscio bianco di una stanza, restando appoggiato ad un muro.
Rachel si avvicinò con timore verso quella porta che era identica a tutte le altre e fredda come il resto dell'appartamento.
Prese un profondo respiro, lasciò libera la piuma blu nella tasca e appoggiata la mano sulla maniglia, aprì la porta.
Green si lasciò scivolare sulla parete finchè non fu seduto, una mano stretta sulle costole. Non ce la faceva più. Aveva perso ogni briciolo di energia.
Se fosse rimasto nelle sue sembianze angeliche forse, a quest'ora, si sarebbe già ripreso un po’ dalle sue ferite, ma così, in quello stato…
Era stanco. In quel momento voleva solo dormire.
Si, ecco cosa avrebbe fatto, avrebbe dormito e poi, una volta sveglio, avrebbe cercato un modo per riprendersi.
Nella parete di fronte alla quale stava appoggiato, c'era appeso un quadro. Una foto che la piccola Red aveva voluto a tutti i costi. Un foto di famiglia, diceva lei.
Erano seduti sul divano del soggiorno, lui con la faccia tesa in una smorfia contrariata, mentre lei, invece, sorrideva all'obbiettivo, aggrappandosi al suo braccio.
Lei ne avrebbe voluta fare una anche con Blue.
Chissà, forse un giorno, quando tutto sarà finito, quando mi sarò ripreso, la faremo. E si promise che avrebbe sorriso in quella nuova foto.
"Bene…" disse a sé stesso, mentre abbassava esausto le palpebre e cadeva in un sonno profondo e buio, mentre si immaginava il giorno in cui tutti e tre si sarebbero messi in posa per quella foto, una foto che non avrebbero mai fatto.

Rachel accese la luce della stanza e rimase immobile al centro.
Era vuota. Non c'era nessuno.
Guardò il letto: era sfatto ma non vi giaceva nessuno; e nemmeno sulla sedia della scrivania.
Assolutamente niente.
"Che significa?" pensò tra sé spaesata e confusa.
Che quell'individuo le avesse solo fatto uno scherzo?
Non sapendo più cosa fare, restò in piedi a fissare quella stanza vuota, sentendosi sola e persa. Non aveva più speranze, ormai. Non l'avrebbe ritrovato più. Si era illusa ancora una volta.
Portò una mano nella tasca della giacca e estrasse la piuma blu con cautela.
La fece appoggiare sopra i palmi delle sue mani e la fissò tristemente.
"Dimmelo tu. Dimmi tu cosa devo fare" le chiese con voce fioca, sperando stupidamente che almeno quel piccolo oggetto misterioso le desse una risposta a tutti i suoi dubbi.
E, come per magia, la piccola piuma sembrò rispondere alla sua richiesta: si mosse leggermente tra le sue mani, come spina da un vento invisibile.
Un secondo dopo, Rachel alzò lo sguardo sul letto sfatto davanti a lei.
Non era più vuoto.

Da quando era entrata nella stanza l’aveva chiamata, la voce rotta dalla disperazione.
Non lo sentiva. Era tutto inutile. Era fiato sprecato.
Cercò di alzarsi dal letto me, come prevedibile, le ali bloccavano ogni suo movimento; la sinistra, in particolare, sembrava lacerargli la schiena.
Tese la mano destra verso la ragazza, cercando di raggiungerla, continuando a chiamarla con insistenza.
Lei se ne stava in mezzo alla stanza in silenzio, immobile.
Mise una mano nella tasca della giacca e ne estrasse qualcosa che appoggiò sui palmi e la tenne davanti agli occhi, sussurrandole qualcosa.
“Sono qui, Rachel! Sono qui!” tentò lui per l’ennesima volta.
Il respiro gli mancò d’un colpo, i polmoni completamente senza ossigeno.
Esausto, lasciò cadere il braccio a terra, lasciandolo scivolare accanto al letto, mentre lui ansimava per lo sforzo di restare cosciente.
Fu allora che accadde qualcosa di nuovo: un brivido lo percorse nelle ali spezzate ed insanguinate, svegliandolo improvvisamente dal torpore che stava prendendo il controllo del suo corpo.
Vide Rachel alzare lo sguardo su di lui.
Nell’incontrare gli occhi scuri della ragazza si sentì morire.
Scorse la piuma blu tra le sue mani.
Lo vedeva.

“Svegliati, Terreno!”
Green aprì faticosamente gli occhi. Chi lo stava chiamando? Si sentiva così bene mentre dormiva!
Davanti a lui si disegnò lentamente la figura del custode con le mani insanguinate, chino su di lui.
Lehcar lo fissava senza troppo interesse, mentre con una mano cercava di scuotere piano il terreno e di farlo tornare cosciente.
“Per un attimo credevo non ti saresti svegliato più!” confessò il Custode con una punta d’ironia, mentre si spostava a fianco dell’anghelo ferito e si sedeva appoggiato alla parete.
Si portò le mani davanti agli occhi e se le guardò tristemente, sbirciando poi le sue ali dietro la schiena, anch’esse sporche di sangue.
Le sue bellissime e candide ali macchiate e rovinate per sempre!
Il sangue di Terreno era impossibile da lavare via, doveva tenerselo addosso per il resto della sua vita.
Aveva violato una regola molto importante per salvare quei due stupidi terreni. Ma al diavolo le regole!
Lui l’aveva fatto solo per Leumas, non gli interessava se avesse ricevuto da un momento all’altro una severa punizione per il suo gesto!
“Non sapevo che un Terreno potesse morire. Credevo fossimo immortali.” Green aveva richiuso gli occhi ed appoggiata la testa contro il muro, rifletteva ad alta voce.
“Se perdete le ali per voi è finita.” Spiegò brevemente il Custode, mentre lasciava scivolare le mani lungo i fianchi ed imitava il Terreno, appoggiando a sua volta la testa contro la parete dietro di loro.
“Capisco...” concluse Green, sorridendo stupidamente, ricordando a tutte le volte che aveva cercato di farla finita con la sua nuova esistenza angelica, anche se invano.
Ora, però, non aveva più voglia di morire.
“Red se n’andata...”
Lehcar volse lo sguardo verso il suo interlocutore, che era tornato immerso nei suoi pensieri, gli occhi chiusi e la testa ricolta leggermente verso l’alto.
“La vostra amica che non sa cucinare, intendi?”
Come mai si stava interessando alle preoccupazioni di quel terreno assassino?
Green rispose con un leggero cenno del capo, sorridendo tristemente.
“Ha fatto le valigie e se n’è andata.”
“E dove?” insistette il Custode; non che gli interessasse molto di quella giovane Terrena, comunque.
“A ricordare la sua vita Umana, credo.”
Lehcar annuì silenzioso e tornò a guardare davanti a sè.
“Mi sembra così vuoto qui senza di lei, così silenzioso.” Continuò Green, aprendo di un poco le palpebre.
“Le eri affezionato?” domandò Lehcar.
Il Terreno restò in silenzio e mentre fissava la foto di lui e Red appesa alla parete di fronte, sorrise.

“Rachel...” Samuel era icredulo. Rachel era inginocchiata accanto al suo letto e lo fissava preoccupata, mentre calde lacrime le rigavano le guance.
“Samuel...scusami!” scoppiò a singhiozzare ed affondò il viso tra le braccia, sulle lenzuola. Era veramente lui. Il suo Samuel era lì, steso davanti a lei.
Era vivo.
Rachel non riusciva a pensare ad altro; sentiva il cuore colmo di gioia e il corpo le tremva per l’emozione.
Non gli aveva creduto! Lui gliel’aveva detto, le aveva rivelato di essere il vero Samuel, di essere sempre stato lì con lei!
Samuel stava meglio. Sorrise debolmente, anche lui al colmo della felicità. Solo fino a pochi attimi prima era terrorizzato all’idea di non poter farsi vedere da lei e di sprecare, così, l’unica occasione che aveva di poter stare con lei.
Ma ora lei era lì, al suo fianco, e a lui sembrò di vivere in un sogno.
Ora respirava meno affannosamente e il dolore alle ali sembrava essersi placato un pò, giusto il necessario per permettergli qualche movimento.
“Rachel...” la chiamò dolcemente, mentre cercava di farsi forza con le braccia per alzarsi.
Lei alzò la testa verso di lui, giusto in tempo per vederlo col corpo piegato verso di lei e con le labbra che sfioravano delicatamente le sue umide a causa delle lacrime.
Era il bacio più bello della sua vita.
Samuel si staccò da lei e tenendosi a pochi centimetri di distanza dal suo volto ancora inebetito per quel gesto, immerse i suoi occhi blu mare in quelli scuri di lei.
“Ti amo” le sussurrò piano, come se fosse un segreto, una cosa solo di loro due, che nessuno deve sapere.
“Ti amo” rispose per la prima volta lei. Finalmente era riuscita a dire quelle due parole. Ora, ne era certa, lui non se ne sarebbe più andato.
Samuel sorrise, “Come diceva la nostra canzone?...’Qualunque cosa accada, qualunque cosa accada, ti amerò finchè morirò’...”
“No”, lo interruppe lei, sorridendo a sua volta, “ ‘Ti amerò per sempre’ ”.
E, dette quelle parole, si spinse verso di lui e gli restituì il suo bacio.

Le ferite guarirono dopo solo una settimana. Green spiegò che i Terreni guariscono molto più velocemente degli Umani se restano nella loro forma di angeli.
Tutto sembrò tornare alla normalità, o quasi. Red se n’era andata: appena aveva ricordato parte del suo passato era partita senza salutare nessuno, troppo presa dal succedersi degli eventi, intenzionata a ritornare nella sua vecchia città e a riprendersi la vita che le era stata tolta ingiustamente.
Green passava le sue giornate come al solito: seduto sul suo divano a sfogliare i fatti di cronaca sul giornale.
Samuel era tornato nelle sue sembianze di Blue ed era rimasto a vivere da Green, nonostante, tra i due, i rapporti fossero ancora piuttosto freddi. Ma presto, tutto si sarebbe sistemato, tornando alla normalità: Samuel non poteva negare il fatto che Green gli avesse salvato la vita.
Passeggiava per le vie della città con Rachel, mentre pensava ad un modo per allentare i freddi rapporti con il suo coinquilino.
Rachel camminava al suo fianco in silenzio, senza disturbarlo nei suoi pensieri, sbirciandolo di nascosto di tanto in tanto per poi sorridere. Era felice.
Dopo qualche attimo di indecisione, afferrò titubante con le dita la mano di Samuel, il quale in risposta le sorrise e strinse la mano della ragazza nella sua.
Tutto sembrò tornare alla normalità, o forse no.

A poca distanza da Rachel e Samuel, Miriam era ferma sul marciapiede, intenta a fissare l’altro lato della strada. Mairim, dietro di lei, era preda delle sue preoccupazioni: Talia, nascosta dietro alla sua schiena sembrava diventare sempre più pesante; cosa avrebbe dovuto fare?
Alzò tristemente lo sguardo sul giovane che camminava tranquillo sull’altro lato della strada, ma soprattutto, il suo sguardo cadde sulla Custode dietro di lui, Eve.
Chiuse gli occhi, ripensando, per l’ennesima volta, alla gravità del suo gesto.
Infine, decise.
Con la mano destra, estrasse Talia da dietro la schiena e distese la lama davanti a lui. La luce emanata dalla spada era diminuita talmente che nessuno degli angeli nascosti in ciascuna persona su quel marciapiede si accorse immediatamente dell’arma.
Mairim puntò Eve, la quale continuava a seguire indisturbata il suo protetto.
Ormai, aveva deciso.

Miriam, all’improvviso, si sentì male.
Si portò una mano al petto e cercò di calmarsi, ma niente, il dolore sembrava addirittura aumentare.
Alzò lo sguardo su Steve.
Era in pericolo, lo sentiva. Qualcosa dentro di lei gli urlava di correre da lui, di salvarlo.
Cedette a quella sensazione e senza pensarci si gettò verso Steve, dall’altra parte della strada.

Mairim non si accorse neanche del gesto avventato della sua protetta. Tutto ciò che vedeva era Eve che svolazzava tranquilla dietro al suo protetto.
Chiuse gli occhi, mentre le lacrime iniziarono a bagliargli il volto stanco.
Poi, volse la lama di Talia verso di sè ed abbassò le braccia.
La spada lo trafisse senza difficoltà, come se non avesse incontrato ostacoli sul suo percorso.
Il dolore non fu neanche troppo forte, solo un piccolo fastidio nella zona del torace.
Il corpo dell’angelo si piegò sulla lama e si inginocchiò a terra, iniziando a sputare sangue.
Mairim aprì gli occhi e rimase sconvolto da ciò che vide. Miriam aveva attraversato la strada senza che lui se ne accorgesse. Com’era possibile?
Non era quello che voleva!
Certo, non era stupido: sapeva bene che la sua protetta non sarebbe vissuta a lungo senza di lui.
Ma, egoisticamente, aveva sperato che Eve li vedesse e che avesse cercato di prendersi cura di lei.
Ma ora era troppo tardi.
Mairim allungò una mano verso la strada, verso Miriam che gli dava le spalle mentre correva verso il suo prinicpe azzurro all’altro lato della strada.
“Miriam!!!” la chiamò disperato, ma tutto ciò che ottenne fu l’attenzione di Eve, la quale, assistendo alla scena del Custode morente, restò inorridita.
“Miriam!!!” la chiamò una seconda volta, più forte, mentre il sangue gli riempiva i polmoni e lo soffocava.
La ragazza rallentò la sua corsa e si voltò verso il suo angelo.
Mairim restò basito da quell’avvenimento. Una mano sul torace attraversato dalla spada angelica, ancora inginocchiato a terra, fissava incredulo la sua protetta, che sembrava guardarlo.
Si, lo stava proprio guardando.
L’ultima cosa che gli occhi di Mairim videro prima di chiudersi per sempre, fu Miriam venir travolta da un camion e scomparire dalla strada.
Poi cadde a terra senza vita, gli occhi spenti, le ali grige macchiate dal suo sangue a ricoprirlo ed un’ultima lacrima che a rigargli la guancia, mentre dalle sue labbra venne esalato l’ultimo respiro.
“Perdonami!”

Fine.



Sono passati mesi, anzi che dico...secoli dall’ultima volta che sono stata su Efp!!!! Dire che sono imperdonabile è poco!!! -.- vi ho abbandonato con questa storia, con l’ultimo capitolo!!! Finalmente sono riuscita a finirlo dopo tutto questo tempo e sinceramente non so come mi è uscito perchè non ho tempo di leggerlo e se aspetto di rileggerlo chissà quanto tempo passa ancora dalla sua pubblicazione!!
Siamo giunti alla fine miei cari lettori...T___T che tristezza!!!! Per di più la storia ha avuto anche un triste finale per Miriam e Mairim!! Poverini!!! :( :( :(

Comunque sia, visto che sono colpevole e sperando che non mi abbiate abbandonato nonostante il mio enorme, anzi gigantesco ritardo, vi lascio con un enorme ringraziamento a voi che mi avete letto, a voi che mi avete scritto e che avete apprezzato questa storia, a voi, che nonostante la mia assenza leggeranno comunque quest’ultimo capitolo e naturalmente al fantastico EFP che mi ha permesso di pubblicarlo!!! :)
In particolar modo grazie a:
1 - black horse
2 - dany94
3 - Kalstar
4 - Kratos the Pokemaster
5 - liyen
6 - wingedangel
Per aver messo la storia tra le preferite...
Grazie a:
1 - Arasi
2 - Auri
3 - bersa
4 - black horse
5 - cassandra4ever
6 - dany94
7 - dolcepiccolina
8 - ellie_
9 - Hakigo
10 - wingedangel
Per averla messa tra le ricordate...
E grazie a:
1 - black horse
2 - Carocimi
3 - Cristie
4 - emmettina 1990
5 - Kicks
6 - Kratos the Pokemaster
7 - lety91
8 - Luna_Nuova
9 - mau07
10 - meryj
11 - queenbee
12 - wingedangel
13 - _Grumpy
Per averla messa tra le seguite!!

Quindi grazie a tutti voi e alla prossima!!!!!!!!!!!!!!!! ;)
Un bacione a tutti! :*
=Sony=
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: sonyx1992