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Autore: Ezrebet    01/07/2011    0 recensioni
Uno strano caso coinvolge un tranquillo paese dell'Appennino tosco-emiliano. Il Commissario Giugni si trova sparato dentro qualcosa di inspiegabile.. almeno per le sue categorie mentali.. Dopo Le Notti di Alice, un altro esperimento noir..
Genere: Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sembravano lucciole. Uscivano dal bosco, dalla parte opposta rispetto a loro. Lente, una dopo l’altra, le luci scivolavano verso il centro della radura sotto lo sguardo sbalordito ed incantato di Giugni. Per un istante, il commissario pensò ad un’allucinazione, forse dovuta alla stanchezza, forse dovuta allo stato d’animo in cui si trovava. Non riuscì a staccare gli occhi da lì, neanche per guardare Roman, il cui atteggiamento tradiva la tensione. Pur senza toccarlo né guardarlo, Giugni sentì che l’uomo si stava preparando all’attacco.. Fu una sensazione strana, era come avere accanto una tigre pronta a colpire.

“Sono arrivati” lo sentì dire con voce appena percepibile.
Non c’era alcun dubbio che stessero aspettando proprio questa lunga teoria di luci avvolte dalle ombre della notte. Quelle due parole furono in grado di risvegliarlo dallo stato di stupore in cui era così rapidamente caduto. Spostò lo sguardo su Roman, sulle spalle di lui, rigide e possenti.
“Che cosa pensa di fare? ..” si trovò a chiedere “E chi diavolo sono..? Una congrega di pazzi..?” e di nuovo guardò le luci, ora disposte in cerchio davanti ad un ipotetico centro.
“Non sono pazzi. Non nel senso che crede” gli disse subito “Meglio sarebbe se lo fossero. Invece sono perfettamente consapevoli di quel che fanno”.
Il poliziotto corrugò la fronte “..una banda di assassini di caprioli?” chiese ancora “Mi sta dicendo che questi qui si riuniscono per ammazzare un animale ogni tanto?”.
“Non le sto dicendo niente altro che quello che già sa” fece Roman. E chiaramente, non si stava riferendo all’ultima frase. Roman si riferiva a quanto Giugni stava già sentendo ed elaborando dentro di sé e che aveva radici molto lontane.. qualcosa che finiva invariabilmente, ogni volta, a scontrarsi con le sue certezze razionali. Si formava nella sua mente, gli strizzava le viscere in una morsa del tutto simile alla paura, simile a ciò che tante volte aveva provato nella sua carriera.. E tuttavia diversa, più profonda, che aveva origini più lontane in lui, più nascoste dentro, qualcosa che sfuggiva a qualsiasi definizione riuscisse in quell’istante a mettere insieme. Paura, si, terrore..ma termini comunque non sufficienti.
Fissò di nuovo quello spettrale cerchio di luci, che adesso avevano preso a muoversi in un ordinato girotondo.
E mentre guardava, si diede dello stupido.
Se fossi in me, pensò, sarei già intervenuto, pistola spianata, distintivo, voce grossa, insieme a tutta la squadra. Strinse la mascella..ma non sono in me perché li ho mandati tutti via e sono rimasto qua con un perfetto sconosciuto, forse pazzo, che parla in modo incomprensibile.
Ma era una bugia, perché Giugni quel linguaggio se lo sentiva rimbombare dentro e collimava alla perfezione con ciò che era riaffiorato alla memoria da subito, da quando aveva iniziato ad addentrarsi in quella faccenda.
“Agirò soltanto quando tutto sarà compiuto” mormorò Roman stringendo gli occhi “Adesso, sarebbe inutile”.
Giugni avrebbe voluto obiettare che non era sensato aspettare un altro cadavere. E che non l’avrebbe di certo lasciato agire in solitaria.. Ma qualcosa lo fermò dall’esprimersi. Sospirò, mentre si rendeva conto della cantilena. Dal girotondo di luci si era levato un coro, basso e monotono. Parole incomprensibili, lente, continue. Tese l’orecchio, muovendosi appena sull’erba. 

   
 
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