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Autore: Sunny    13/02/2004    28 recensioni
Prequel della saga di BAWM. La risposta alle domande delle alre storie: come si sono innamorati tutti? Com'è che sono cambiati così tanto dai tempi della scuola? Perchè ricordano questo periodo come il più difficile della loro vita? Leggere per scoprire...
Genere: Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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BEING A WAR MAGE – CAPITOLO ZERO

BEING A WAR MAGE – CAPITOLO ZERO

 

 

 

CAPITOLO 16: QUELLO CHE NON DIRO’ MAI

 

 

I'm looking for a place
I’m searching for a face
is anybody here I know?
cause nothings going right
and everything's a mess
and no one likes to be alone
Isn't anyone tryin’ to find me?
Won't somebody come and take me home?

                                                                      I’m With You, Avril Lavigne

 

 

***************

 

 

Se c’era una cosa che Hermione amava fare fin da piccola era guardare sua madre mentre si vestiva per uscire la sera; si stendeva sul letto a pancia in giù e stava per ore a fissarla, e non si stancava mai di vederla alle prese con trucchi e vestiti costosi ed eleganti.

 

“Sei proprio sicura di non poter venire con noi, tesoro?” le chiese sua madre, mentre si sistemava meglio la gonna. “Verrà anche Jeff Patrick, quel ragazzo tanto simpatico…”

 

“Motivo di più per non venire.” Disse Hermione con un sorriso, guardandosi bene dal dire a sua madre che mentre loro sarebbero stati all’ennesima cena coi loro amici lei non sarebbe rimasta da sola, ma con Adam. “Me ne starò buona buona qui.”

 

“Come vuoi.” La signora Granger si soffermò a dare un bacio sulla guancia a sua figlia prima di prendere la sua elegante pelliccia dalla poltrona dove l’aveva appoggiata.

 

“Allora, a che punto siamo qui?” il padre di Hermione entrò nella stanza mentre ancora si sistemava il colletto della camicia, tenendo il cappotto aperto. “Forza non voglio arrivare tardi! Sono due ore che ti prepari, Meg, dovresti essere pronta ormai.”

 

La moglie indossò la pelliccia. “Ooh, senti! Poi sei tu che fai una bella figura coi tuoi amici se esci con una bella moglie al tuo fianco.”

 

“Neanche andassimo a cena con la famiglia reale.” Borbottò papà Granger.

 

Hermione rise e si alzò in piedi per abbracciarlo. “Sei molto affascinante, dottore.”

 

Lui le diede un pizzicotto sulla guancia. “E a differenza di tua madre, io ci metto dieci minuti per renderla orgogliosa del suo bel marito.”

 

“Ma quanto sei simpatico.” Fece ironicamente la signora Granger mentre scendeva le scale insieme al marito e alla figlia. Si fermarono sulla soglia della porta per le raccomandazioni finali. “Mi raccomando: non aprire a nessuno, non cucinare niente che ti ho lasciato la cena già pronta, non lasciare aperto il gas quando vai a letto…”

 

“…non accettare caramelle dagli sconosciuti…” Hermione scosse la testa e sorrise. “Dai mamma, non essere ridicola! Ho diciotto anni e mezzo e faccio il soldato.”

 

“Non fare tanto la saputella, signorina, non si smette mai di preoccuparsi per i figli. Un giorno, quando sarai mamma anche tu, capirai.” La madre le diede un altro bacio. “Fa’ la brava.”

 

Il padre fece altrettanto. “Non ci aspettare alzata.”

 

“Divertitevi.” Hermione li salutò con la mano e aspettò che fossero saliti in macchina prima di chiudere la porta. Si sentiva elettrica, aveva una gran voglia di passare un po’ di tempo con Adam visto che era più di una settimana che il massimo che erano riusciti a scambiarsi era stato qualche bacetto a fior di labbra in fretta e furia prima che lui fosse richiamato per essere assegnato al servizio esterno. Corse in camera per cambiarsi e indossare qualcosa di più elegante di un paio di jeans…ma la porta la richiamò. Pazienza, sarebbe rimasta in jeans, meglio aprire la porta intanto.

 

“Ron?” Hermione gli fece un sorriso un po’ sorpreso che svanì immediatamente quando lo guardò in faccia: era pallido e sembrava sconvolto. “Che è successo?” gli chiese più allarmata.

 

“…io non…” Ron si passò una mano fra i capelli già considerevolmente spettinati. “…senti, lascia perdere, non so neanche perché sono venuto qui.” Fece per voltarsi e andarsene, ma lei lo trattenne per un braccio.

 

“No, aspetta…spiegami che c’è.” Lui non la guardò. “Si tratta…di un incubo?”

 

Ron strinse i pugni. “Smettila di trattarmi come un dannato moccioso!”

 

“Ma se neanche mi fai capire che hai! Ti presenti qui in questo stato, mi spaventi, non mi spieghi!...”

 

“E infatti non ci sarei dovuto nemmeno venire qui!” le urlò lui di rimando.

 

Seguì un lungo momento di silenzio. Hermione rimase immobile, e lo vide nascondere il viso fra le mani e appoggiarsi al muro, lasciandosi scivolare giù finchè non fu seduto per terra. Lei gli si inginocchiò di fronte senza dire niente, lasciandogli il suo tempo.

 

Ron sospirò e le prese una mano senza alzare lo sguardo da terra, accarezzandone lentamente il dorso col pollice. “…era tutto come quella notte.” Sussurrò. “Solo che…uno di quei bastardi mi ha costretto a guardare mentre…Dio…” chiuse forte gli occhi. “Vi ha uccisi tutti e due davanti a me…vi sentivo urlare e non potevo fare niente…”

 

“Ron…”

 

Ron scattò in piedi e fece qualche passo avanti e indietro come se nemmeno lui sapesse che fare, quindi si fermò e appoggiò la fronte e le mani contro il muro. “Dio santo, vi ho visti morire…tu e Harry eravate morti…”

 

Hermione si rialzò a sua volta. “Non è mai successo, Ron…è stata solo una tua paura che si è materializzata, tutto qui.”

 

“Ma io non ho fatto niente per fermarli!”

 

“La tua paura era di non poter fare niente, e perciò te la sei sognata tale e quale! Ma non è successo niente: Harry sta bene, io sto bene, e tu sei qui con me.”

 

Ron si voltò e annuì piano, sospirando. Come sempre Hermione era la razionalità in persona e aveva ragione, e in fondo al suo cuore lui sapeva che questo era il motivo per cui era venuto da lei. “Scusami. Sto bene adesso, grazie…me ne…torno a casa, ti lascio libera.”

 

“Non se ne parla neanche.” Hermione sapeva perfettamente cos’avrebbe fatto se fosse rimasto da solo adesso: avrebbe cercato di soffocare le sue paure nel modo più sbagliato possibile.

 

“Non trattarmi come un bambino, Hermione…”

 

“Per favore…resta con me.” Lei lo guardò negli occhi. “Te lo sto chiedendo per me. Ho voglia di passare la serata col mio migliore amico.”

 

Ron sentì un’ondata di affetto e calore invadergli il cuore, e per qualche motivo oscuro ebbe la necessità di trattenersi dal prenderla fra le braccia e baciarla proprio lì e in quel preciso istante. Si limitò ad annuire soltanto, non fidandosi della sua voce instabile.

 

Hermione sorrise. “Bene. Aspettami qui un momento.” Corse dentro rapidamente, e qualche minuto dopo tornò con cappotto e sciarpa addosso; chiuse a chiave la porta e si voltò verso di lui con un sorriso vispo. “Pronto?”

 

Lui annuì e cominciò a camminare con lei. “Cosa prevede il programma stasera?”

 

“Ho avuto un’idea.” Disse allegra lei. “Mai sentito parlare del bowling?”

 

“No, cos’è?”

 

“E’ uno sport babbano fantastico. Mio padre è socio del club dove stiamo andando. Mi ha insegnato lui a giocare, sono anche piuttosto brava.”

 

Ron smise di prestarle attenzione quando sentì la sua mano scivolare nella propria; era incredibile come si mantenesse liscia e morbida nonostante tutte le armi che maneggiava ogni giorno. Gli piacque quella sensazione di completezza che stava provando, così continuò a camminare mano nella mano con lei mentre un piccolo sorriso faceva capolino sulle sue labbra.

 

“…e poi stasera faranno un mini-torneo. Magari se riesci a imparare presto come si gioca, possiamo anche partecipare.”

 

“Io imparo in fretta, lo sai.”

 

Hermione annuì. “Non è difficile…nemmeno per uno tonto come te.”

 

“Ehi!” Ron ridacchiò, coinvolgendo anche lei.

 

“Hermione!!”

 

I due ragazzi si fermarono e si voltarono: c’era Adam che stava marciando verso di loro con un’espressione non esattamente calma e rilassata.

 

Hermione sospirò stancamente. “Mi ero dimenticata di lui, che stupida.”

 

“Vedi che avevi da fare?” Ron le lasciò a malincuore la mano. “Dai, vai da lui…”

 

Lei scosse la testa. “Dammi un minuto, per favore. Aspettami qui.” Lui annuì.

 

Adam le venne incontro e si fermò. Non aveva l’aria dolce. “Posso capire che sta succedendo? Dovevamo passare la serata insieme, e invece arrivo e ti trovo che stai uscendo per mano al tuo amico.”

 

Hermione si passò una mano fra i capelli. “Hai ragione, è solo che purtroppo Ron ha avuto un problema molto grave, e oltretutto è arrivato adesso e non ho avuto il tempo di avvertirti…”

 

“Ooh, ma certo, adesso è tutto chiaro.” Fece Adam, con notevole sarcasmo. “Ron ha un problema e tu corri subito da lui.”

 

Hermione si accigliò. “E’ il mio migliore amico, Adam.”

 

“E io sono il tuo ragazzo!” lui tirò un sospiro esasperato. “Credevo che avessi voglia di stare con me.”

 

“Certo che ho voglia di stare con te.” Hermione gli appoggiò la mano sul braccio. “E’ un’emergenza, credimi, non posso proprio lasciarlo da solo stasera. Ha bisogno di me.”

 

Adam s’incupì. “Chissà come mai lui ha sempre bisogno di te.”

 

Stavolta anche il tono di Hermione si fece duro. “Mi sembrava che avessimo già chiarito questo argomento. Harry e Ron sono parte della mia vita, ma questo non ti autorizza a esserne geloso.”

 

“Mi autorizza ad essere pazzo di gelosia il fatto che uno di loro stia disperatamente cercando di strapparti via da me.”

 

Hermione spalancò occhi e bocca. “Ma come puoi dire una cosa del genere?!”

 

“Hermione, forse ti dimentichi troppo spesso che anch’io sono un maschio! Li conosco i miei simili!” le urlò lui.

 

“Tu non capisci niente, per te non può esistere amicizia fra un ragazzo e una ragazza senza attrazione, e questo è semplicemente patetico oltre che infantile!” replicò lei, alzando la voce. “Il fatto che io passi la sera con Ron non cambia i miei sentimenti per te, perché non devi credermi?”

 

Adam sbattè le mani nelle tasche dei jeans. “Sai cosa ti dico? Vai, rimani pure tutta la notte col tuo amico, poi se ancora ti va dopo mi richiami.”

 

“Ma perché ti devi incazzare senza capire le mie motivazioni?”

 

“Perché motivazioni o no, tu almeno per stasera la tua scelta l’hai fatta.” Dicendo così Adam girò sui tacchi e se ne andò senza voltarsi.

 

Hermione stava respirando forte mentre si mordeva le labbra e stringeva i pugni forte. Sentì una mano grande e callosa appoggiarsi affettuosamente sulla sua spalla, e un momento dopo Ron le parlò. “Mi dispiace di averti fatto litigare con lui.”

 

Lei sospirò. “Non è colpa tua. E’ lui che a volte perde la testa senza un motivo e non vuole saperne di capirmi.”

 

Ron rimase in silenzio per qualche attimo. “Non c’è niente che posso fare per te?”

 

“Si.” Hermione si voltò e lo prese per mano, e dopo un attimo ritrovò il buonumore adatto per fargli un sorriso. “Stai con me stasera. Come facciamo sempre…sbattiamo fuori il mondo almeno per qualche ora. Solo tu e io.”

 

Ron ricambiò il suo sorriso, ritrovando tutta la sua allegria al solo pensiero. “Mi stavi dicendo di quello sport babbano?”

 

 

***************

 

 

Harry non capì esattamente il messaggio che gli aveva lasciato Ginny sul cuscino del suo letto:

 

Vieni subito da me appena puoi!

 

Bussò alla porta della sua stanza e la chiamò con voce incerta. “Gin? Ci sei?” la porta si aprì di scatto e una mano lo afferrò per la camicia e lo trascinò dentro. Harry barcollò in avanti mentre la porta si richiudeva alle sue spalle. “Oh, ma sei pazza?!”

 

Ginny lo spinse dentro senza troppi complimenti, mettendolo a sedere sul suo letto. “Tu e io abbiamo un grosso problema qui.”

 

“Ce l’abbiamo sì, ce l’abbiamo! Ma che hai?”

 

Ginny sembrava sui carboni ardenti. “Ti devo parlare.” Si sedette un istante sul letto, poi balzò in piedi. “No, è meglio in piedi.”

 

“Mi stai facendo venire il torcicollo.” Il tono di Harry era decisamente irritato. “Calmati e spiegami.”

 

“Si.” Ginny aprì la bocca per parlare, ma poi ci ripensò e lo afferrò per i polsi, tirandolo su in piedi. “Stai qui. No, forse…”

 

“Ginny!” esasperato, Harry le appoggiò le mani sulle spalle e le diede un leggero scrollone. “Fammi capire cosa diavolo ti è capitato!”

 

Lei si morse le labbra. “Abbiamo un problema.”

 

“Questa è l’unica cosa che ho capito da quando sono entrato qui. Ti dispiace dirmi di che natura è questo problema, o dobbiamo prima ballarci una samba sugli scaffali della tua stanza?”

 

Ginny sospirò. “Oggi è il 28 Gennaio.”

 

“Grazie per l’informazione.”

 

“E io aspettavo il mio ciclo il dieci.”

 

Harry annuì, poi lentamente comprese il significato di quelle parole e spalancò gli occhi. “…c-come?” balbettò.

 

Ginny annuì, torcendosi le dita. “Hai capito.”

 

“No, no, frena.” Harry scattò in piedi. “Non può essere, perché noi ci abbiamo fatto attenzione…”

 

“Evidentemente non abbastanza.” A momenti Ginny saltellava sui piedi, tanto che non riusciva a stare cinque minuti ferma.

 

Harry scosse nervosamente la testa e fece due passi indietro. “Ma aspetta un attimo, non può essere che sei solo in ritardo per un altro motivo?”

 

“Ma sono sempre stata puntuale, quale dovrebbe essere questo motivo?”

 

“E che ne so, non sono un medico io!” Harry si sentiva profondamente a disagio a parlare di quel genere di cose.

 

“Perché invece di andare in panico non mi dai una mano, eh?!” gli urlò addosso Ginny, sinceramente delusa.

 

“Ah, io dovrei dare una mano?!” Harry era furioso. “E che vuoi che faccia? Lo conosci l’incantesimo per verificare se…” lei annuì. “E l’hai fatto?”

 

“No.”

 

“E che diavolo aspetti?!?”

 

Ginny sospirò. “Volevo…se davvero fossi incinta, ecco…se è successo allora va bene lo stesso per me. Per te?”

 

“Stai scherzando?” Ginny lo guardò con gli occhi più delusi e tristi che avesse mai visto, e quando la vide cercare di andarsene la trattenne per un braccio. “Gin…”

 

Lei si divincolò dalla sua presa. “Lasciami stare.”

 

“Ma che cosa diavolo vuoi da me? Vuoi che ti dica che sono al settimo cielo se aspetti un bambino?”

 

Ginny avanzò con uno sguardo saettante. “Io spero che non sia vero, ma se veramente c’è un bambino in arrivo io me lo terrò. Ma a quanto pare sarò l’unica a occuparsene, vero?”

 

Harry si passò la mano sulla faccia. “Tu non stai capendo quello che voglio dire. Gin, io ho 18 anni e tu 17. Io ho appena iniziato un addestramento militare, e siamo nel bel mezzo di una guerra.”

 

“E con questo che vuoi dire?”

 

“Voglio dire che avere un figlio mio in questo momento significherebbe tatuargli in fronte una bella scritta tipo CATTURATEMI PER ARRIVARE A MIO PADRE. Vuoi questo per nostro figlio?”

 

Ginny scosse la testa e si strinse nelle braccia. “Io…io però lo voglio un figlio un giorno.”

 

“Certo, anch’io. Anche più di uno. Ma non adesso.” Harry le accarezzò le braccia. “E’ troppo presto ora.”

 

Lei annuì e prese la bacchetta. “Ok. Allora…faccio l’incantesimo?”

 

“Dai.” Lui fece un passo indietro.

 

Ginny si puntò la bacchetta contro l’addome…ma poi l’abbassò. “No, aspetta un minuto…”

 

Harry alzò gli occhi al cielo. “Perché, che c’è ora?”

 

“Come faccio a dirlo ai miei genitori e soprattutto ai miei fratelli se aspetto un bambino?”

 

“Ma nemmeno sai se è vero!”

 

“Si, ma metti che è si: che facciamo?”

 

“Non potremmo pensarci solo nel caso in cui fosse veramente così?”

 

“No.”

 

Harry si passò una mano in faccia. “Va bene, senti…parleremo coi tuoi genitori e ci faremo dare dei consigli.”

 

Ginny annuì, soddisfatta della risposta, e riposizionò la bacchetta. Aprì la bocca per pronunciare la formula…ma all’ultimo momento cambiò idea. “E se poi…”

 

“Cazzo, Gin!” esclamò Harry ad alta voce. “Fai questo dannatissimo incantesimo e poi vedremo che fare!”

 

Ginny gli lanciò un’occhiataccia, ma alla fine si convinse e pronunciò la formula esatta dell’incantesimo, tenendosi la bacchetta contro la pancia. Dalla punta della bacchetta si diffuse una piccola luce bianca, ma Ginny aveva chiuso forte gli occhi già da prima.

 

“Fa male?” le chiese preoccupato Harry.

 

“No.”

 

“Beh, e adesso che si fa?”

 

“Dovrei vedere di che colore è la luce.”

 

“E come pensi di farlo ad occhi chiusi?”

 

Ginny continuò a non aprirli. “Ho troppa paura.”

 

Harry si sforzò di restare calmo. “Preferisci restare in attesa tutta la notte o toglierti subito il pensiero?”

 

“…va bene, ma dammi la mano.” Lui gliela diede, e lei aprì prima un occhio e poi anche il secondo. “E’ bianca!” strillò senza preavviso.

 

Harry sobbalzò. “Che vuol dire? E’ bene o è male?!” disse freneticamente.

 

“Va tutto benissimo, Harry!” Ginny gli saltò al collo, aggrappandosi con le braccia dietro alla sua nuca e le gambe attorno ai suoi fianchi. “Non sono incinta!”

 

Harry barcollò ma la sorresse, e alla bella notizia si lasciò cadere stancamente sul letto, stringendola a sé. “Dio mio…” mormorò.

 

Passarono ancora qualche minuto abbracciati in silenzio, poi Ginny si fece indietro per guardarlo negli occhi. “Sono contenta se stavolta l’abbiamo scampata…ma tra qualche anno, beh…”

 

Harry le baciò la punta del naso. “Viviamo alla giornata, Gin. C’è una guerra in corso, e io non posso nemmeno prometterti che vivrò fino a domani.” Lei gli accarezzò una guancia. “Non ti posso promettere niente. E in queste condizioni non me la senti di avere un bambino…non c’è bisogno di far ripetere la storia. Non ci saranno altri Potter orfani e marchiati a vita, non se io posso impedirlo.”

 

Ginny annuì e appoggiò la fronte contro la sua. “Va bene, aspetteremo. Io ho molta fiducia in te.” lui la ringraziò con un sorriso.

 

Stavano quasi per concedersi a un bacio quando la porta della stanza si spalancò di scatto, senza lasciare a nessuno dei due il tempo di rimettersi in piedi. Harry si sentì per un momento col fiato mozzo in gola quando vide un ciuffo di capelli rossi sulla soglia della porta – mai e poi mai avrebbe voluto che Ron lo venisse a sapere così – ma si calmò quando vide che era solo Bill.

 

“Harry, muoviti!” Bill non si soffermò a prenderli amichevolmente in giro come faceva di solito quando li beccava in posizioni compromettenti. “Abbiamo un’emergenza!”

 

Ginny non ebbe nemmeno il tempo di raccomandare a entrambi di fare attenzione.

 

 

***************

 

 

“STRIKE! E’ un altro strike!”

 

Ron fece un sorrisetto e appoggiò le mani sui fianchi, ammirando i birilli fracassati dal suo ennesimo tiro perfetto. La piccola folla stava battendo le mani con trasporto, e anche lo speaker sembrava molto preso dagli ultimi tiri della finale del mini-torneo a cui stavano partecipando un po’ tutti.

 

Hermione aveva proprio ragione, il bowling era interessante e anche molto divertente; gli aveva insegnato a giocare in meno di un quarto d’ora, e Ron si era scoperto un autentico talento innato. E aveva ragione anche a dire di saperci fare lei stessa: era bravissima, una vera campionessa. E così avevano deciso di divertirsi un po’ e partecipare al torneo serale del club…e scherzando e ridendo erano arrivati in finalissima.

 

“Un altro strike, signore e signori!” fece lo speaker. “Solo un altro strike e la coppia numero due vincerà il titolo!”

 

Hermione prese la sua palla, sistemandosi per bene le dita nei tre buchi, e si preparò al tiro. Ron le fece un cenno di incoraggiamento sollevando i pollici. Lei gli fece un occhiolino e tornò a concentrarsi sul tiro…

 

“…ed è ancora STRIKE!” esclamò lo speaker. “La coppia numero due ha vinto!” seguì uno scrosciante applauso seguito da piccoli strilli d’incoraggiamento.

 

Ron e Hermione si scambiarono il cinque. “Questa posto mi piace un casino.” Le disse lui, mentre salutava il ‘suo’ pubblico.

 

Hermione rise. “Esibizionista, ecco cosa sei.”

 

Un signore bassetto si fece spazio fra la folla, reggendo in mano un microfono e una tessera plastificata. Era il gestore del club. “I vincitori possono ritirare il loro premio: un abbonamento annuale gratuito per continuare ad esercitarsi sulle nostre piste da bowling e accrescere le proprie potenzialità. Facciamo tutti un applauso alla signorina Hermione Granger e al signor Ron Weasley!”

 

Hermione subito si avviò sorridente verso l’uomo, Ron invece rimase per un attimo fermo e si voltò alla sua destra. Non seppe spiegarsi come…ma fu come l’istinto di una tigre mentre fiuta la sua preda: oltre tutta la folla di ragazzi che li circondavano riuscì a vedere una sagoma con un lungo cappotto di pelle nera e una folta chioma sale e pepe che si stava dirigendo rapidamente verso un corridoio buio oltre il grosso salone.

 

“Ron, che fai?” Hermione lo tirò per un braccio per richiamare la sua attenzione, ma mentre lei ringraziava l’uomo che le stava porgendo il premio, lui continuava a far scorrere lo sguardo lungo quel corridoio. C’era qualcosa in quell’uomo…l’aveva già visto prima…

 

Ron si defilò fra la folla, continuando a puntare verso l’uomo che si era infilato nel corridoio buio. Raggiunse un angolo poco illuminato, da cui poteva vedere cosa c’era dopo: una porta su cui stavano parecchi simboli babbani e una grande scritta in rosso, DANGER. L’uomo misterioso doveva essere entrato lì dentro, non c’era altra alternativa. Ron si sfilò la bacchetta dalla tasca e avanzò piano, col passo felpato e silenzioso e le orecchie ben tese a percepire ogni minimo rumore oltre quella porta, al punto che gli altri nemmeno li sentiva più. Avvertì un rumorino minuscolo alle sue spalle e si voltò di scatto con la bacchetta puntata…e si ritrovò di fronte Hermione, che sobbalzò e d’istinto prese anche lei la bacchetta.

 

“Oh!! Sei pazzo?!”

 

“Che cazzo fai??”

 

Si urlarono addosso contemporaneamente, abbassando le bacchette.

 

“Che faccio io?! Che fai tu!” fece Hermione. “Eri con me fino a un momento fa, cosa…”

 

“Sshh!!” Ron le tappò la bocca con la mano per un momento, ottenendo un’occhiataccia in risposta. “Credo di averlo visto.” Disse a voce bassa.

 

Hermione si accigliò. “Chi?”

 

Ron le fece cenno di abbassare la voce e guardò per un istante la porta. “Dimitri Andropovic.”

 

Hermione spalancò gli occhi. Quello di cui parlava Ron era un mangiamorte che negli ultimi tempi i War Mage stavano seguendo con particolare attenzione: si stava muovendo nella Londra babbana facendo vittime su vittime e compiendo attentati meschini e improvvisi, e il suo ultimo ‘capolavoro’ risaliva solo a qualche giorno prima.

 

“E’ qua dentro, l’ho visto entrare.” Ron le indicò la porta con un cenno della testa. “Credo che voglia fare qualcosa.”

 

“Dobbiamo chiamare rinforzi.” Disse subito Hermione, frugandosi le tasche alla ricerca del talismano che li faceva comunicare con la centrale dei War Mage e impallidendo quando si rese conto di non averlo con sé.

 

Ron scosse la testa. “Arriveranno troppo tardi. Dobbiamo intervenire noi.”

 

“Ma non abbiamo le nostre armi né niente! E’ troppo pericoloso così!”

 

Ron mise una mano sulla maniglia della porta. “Vai a chiamare gli altri. Ci penso io qui.” E detto questo entrò nella stanza buia.

 

Hermione strinse le mani attorno alla bacchetta. “Se vai tu vengo anch’io.” Lo seguì in silenzio, tenendo ben stretta la sua unica arma.

 

Oltrepassarono un piccolo corridoietto buio molto piano, tenendo le bacchette pronte e guardandosi intorno con attenzione. Ron camminò di spalle al muro fino all’angolo, che una volta superato lo fece trovare di fronte a una specie di grosso quadro comandi pieno di lucine intermittenti e leve.

 

“Ma che diavolo è?” fece Ron, mettendo giù la bacchetta.

 

Hermione si accigliò e fece qualche passo in avanti per dare un’occhiata da vicino. “Credo che sia la centralina principale…i babbani se ne servono per controllare il sistema d’illuminazione artificiale.”

 

Ron si guardò intorno. “Dove sarà andato a ficcarsi quel bastardo? Sono sicuro di averlo visto entrare qui.”

 

“Aspetta un secondo…” la voce di Hermione sembrava allarmata. “Questo…”

 

“Che c’è?” Ron la vide sfiorare con le dita una specie di scatoletta nera con un display su cui c’era qualcosa che molto probabilmente era un orologio digitale, che segnava un tempo che continuava a diminuire e in quel momento era a 2 minuti e 45 secondi.

 

Hermione impallidì. “E’ una bomba.”

 

Ron si accigliò. “Sarebbe?”

 

“Sarebbe che questo posto sta per saltare in aria!”

 

“Oh cazzo.” Ron capì al volo la complessità del problema. “Non possiamo far uscire tutti quanti in così poco tempo. Puoi fermare questo aggeggio?”

 

“Io non…”

 

“Secondo me è meglio non metterci mano.”

 

La voce che avevano sentito era venuta dalle loro spalle, perciò fu più che logico che entrambi si voltassero di scatto pronti a difendersi; quello che non fu affatto logico fu che l’uomo coi capelli sale e pepe si lanciò giù dal soffitto balzando proprio dietro a Hermione, prendendola per i fianchi con un braccio e puntandole un coltello alla gola.

 

“Non fiatare!” le disse l’uomo. “Tu! Fermo dove sei!”

 

Ron rimase immobile, sentendo il sangue gelarsi nelle vene. Si scambiò rapidamente un’occhiata con Hermione e la supplicò con gli occhi di non fare sciocchezze, non con una lama affilata a un centimetro dalla gola.

 

“Guardali, i due ragazzini.” Fece l’uomo, con un sinistro sorriso sul volto. “Volevano fare carriera, diventare famosi catturando un pericoloso eroe del male.” Hermione gli diede uno strattone, ma lo pagò sentendo le unghie del suo assalitore conficcarsi nel fianco. “Butta la bacchetta, immediatamente.”

 

Ron esitò un attimo, poi buttò a terra la bacchetta.

 

“Bravo, moccioso.” L’uomo rise e guardò il timer della bomba. Due minuti.

 

Ron serrò i pugni. “Lasciala andare, Andropovic.”

 

“Conosci il mio nome, pivellino?”

 

“Sono un War Mage.” Ruggì Ron. “E non la passerai liscia, quindi lasciala perché hai perso comunque.”

 

L’uomo rise crudelmente. “Perso? Io ho vinto tutto quello che c’era da vincere, ragazzo mio! Tra un minuto e mezzo questo posto salterà in aria – alla maniera babbana, tu guarda un po’ l’ironia della sorte – e un secondo prima io mi smaterializzerò via. Ora, se farai il bravo mi porterò anche la tua bella puttanella e le salverò la pelle…ma se farai anche un solo movimento lei tirerà le cuoia con te. perciò da questo momento sei responsabile della sua vita, super eroe.”

 

Ron guardò con la coda dell’occhio il display della bomba. Un minuto e venticinque. “Non la farai franca, bastardo. Comunque vadano le cose, stasera non ti lascerò uscire vivo da qui.”

 

“Mi dispiace deluderti, figliolo, ma non spaventi nessuno così.”

 

Hermione ebbe la presenza di spirito necessaria per mantenere i nervi saldi e osservò un momento Ron. Continuava a parlare come per attirare l’attenzione dell’assassino…e stava facendo scivolare molto lentamente una mano verso la tasca posteriore dei suoi jeans. Che diavolo stava cercando di fare? Poi lo guardò in faccia…gli vide socchiudere impercettibilmente gli occhi per un istante in quel modo così familiare, come faceva sempre in palestra…e capì.

 

 

“Vedi? L’hai rifatto!”

 

“Cosa?”

 

“Quella cosa con gli occhi. Ogni volta che stai prendendo la mira stringi gli occhi.”

 

“Si?”

 

“Si. Perché? Non ci vedi bene?”

 

“No, ci vedo…boh, che ne so perché lo faccio…non me ne sono mai accorto.”

 

“Sarà la tua faccia della concentrazione.”

 

“Esiste una faccia della concentrazione?”

 

“Ogni sensazione o emozione ha una faccia.”

 

“Non si finisce mai di imparare con te, eh?”

 

 

Hermione capì immediatamente cosa doveva fare: dare a Ron un po’ di libertà di movimento. Diede uno strattone forte al suo assalitore, e quello la trattenne. “Ehi, stronzetta! Stattene ferma e buona se non vuoi fare la fine che ti meriti!”

 

“Vai a chiamare stronza quella vacca di tua madre, brutto porco.” Sibilò Hermione.

 

L’uomo perse la pazienza, come previsto. “Sgualdrinella arrogante, ora te la taglio quella lingua biforcuta!”

 

Fu il momento che stava aspettando. Hermione gettò la testa indietro con tutte le forze, centrando in pieno il viso dell’uomo, e gli sbattè il braccio contro il muro, facendogli cadere di mano il coltello. Ron gli si lanciò addosso con tutta la rabbia e la forza di cui era capace…ma il mangiamorte fu più veloce, perché afferrò Hermione per un braccio e la tirò in mezzo come scudo…e il pugnale di Ron si conficcò a fondo nella sua coscia destra.

 

Per un istante rimasero tutti e due senza fiato, Hermione per il dolore e Ron per l’orrore. Terrorizzato, lui tirò via il pugnale e lei emise un gemito di dolore ricadendo a terra.

 

Ron registrò a malapena che il mangiamorte si stava dando alla fuga approfittando di quel momento. Tutto quello che riusciva a vedere era Hermione, a terra in una pozza di sangue, mentre cercava di comprimersi la ferita che lui le aveva provocato. Lui, che non le avrebbe mai nemmeno sfiorato la punta dei capelli se non per accarezzarla. Quasi alla cieca crollò sulle ginocchia per aiutarla, anche se non sapeva proprio come. Gli si era completamente annebbiato il cervello.

 

“Che stai facendo?!” Hermione lo respinse rabbiosamente indietro, chiudendo per un attimo gli occhi per il dolore. “Vagli dietro, avanti! Ferma quel bastardo!”

 

Ron annuì meccanicamente e si mise a correre verso l’uscita, sentendole mormorare un incantesimo che congelasse e bloccasse l’ordigno esplosivo. Aveva fatto del male a Hermione…a Hermione… improvvisamente quel senso di panico che lo aveva preso lasciò il posto a una rabbia smisurata e incontenibile. Quel bastardo. Tutta colpa sua. Esattamente come quella notte a Hogwarts, tutta colpa loro. Cominciò a correre forte. Ora aveva un solo obbiettivo.

 

Arrivò in mezzo alla strada: era buio, pioveva a dirotto, ma riuscì perfettamente a distinguere la sagoma dell’uomo che si stava infilando in un vicoletto ancora più buio, ormai convinto di essere al sicuro. Ron corse come un toro, e come un toro caricò l’uomo alle spalle sbattendolo con una violenza inaudita contro un muro. L’uomo si voltò sanguinante e molto stordito.

 

Fu allora che Ron li vide tutti…non c’era solo quell’uomo sotto il mantello nero, ai suoi occhi c’erano anche tutti i mangiamorte che avevano attaccato Hogwarts, che avevano ferito Hermione, fatto del male a Harry, cambiato lui…e in quel momento Ron perse i contatti col suo braccio, altrimenti si sarebbe reso conto che il corpo su cui stava violentemente infierendo col suo pugnale era già cadavere. No, lui continuò ancora. E ancora. E ancora. Li stava uccidendo tutti quei demoni… uno alla volta…forte…senza pietà…perché meritavano di morire, e stavolta era giusto farsi giustizia da sé. No, non si sentiva disgustato da se stesso…nemmeno vedendosi coperto del sangue del suo nemico. Quando finalmente si rialzò, Ron era inzuppato d’acqua fino alle ossa, e aveva la maglia tutta piena del sangue del mangiamorte – di quello che ne restava. Si voltò lentamente.

 

C’era Hermione.

 

Era pallidissima ed evidentemente sofferente, si reggeva a un muro sulla gamba buona perché l’altra sanguinava, ed era bagnata fradicia. Ma soprattutto sembrava pietrificata dall’orrore. Questo fece provare un tuffo al cuore a Ron: finora difendersi da quel maledetto uccidendolo in quel modo gli era sembrata la cosa più giusta da fare…ma se questo agli occhi di Hermione lo rendeva un mostro allora no, il gioco non valeva più la candela.

 

Hermione, ansimante e in gran difficoltà con la gamba, fece qualcosa che lui non si aspettava assolutamente: un sorriso. Stanco, piccolo, distrutto, debole…ma un sorriso. “…l-l’hai fatto…” mormorò, mentre la pioggia li bersagliava entrambi. “…ci sei riuscito…l’ hai buttati tutti fuori…i tuoi incubi se ne sono andati con lui…ne sei uscito, Ron…ce l’hai fatta…”

 

Ron rimase immobile, incapace perfino di respirare. Non solo lei non era disgustata…era felice per lui. Lo aveva capito fino in fondo…non lo aveva visto come un assassino, ma aveva sentito le sue emozioni…quindi non aveva sbagliato, no, lei gli stava dicendo che aveva fatto bene e che non era un mostro…

 

“…è finita adesso…” Hermione fece per raggiungerlo, ma le sfuggì un lamento di dolore e crollò sulle ginocchia, tremante per la troppa sofferenza.

 

Ron le fu accanto in un attimo e subito cercò di comprimerle la ferita. “Dio mio…quanto sangue…” mormorò, odiando se stesso per il solo fatto di averle causato dolore proprio come nei suoi incubi. “…che ti ho fatto…m-mi dispiace, io…”

 

Hermione gli prese il viso fra le mani, costringendolo a guardarla. Gli accarezzò le guance amorevolmente. Tremava, ansimava, soffriva…e nonostante questo il suo viso era sereno, fiducioso, perfino appagato. Ma non avrebbe dovuto guardarlo così…

 

…perché Ron perse il controllo e la baciò.

 

Non fu un bacio…fu un bacio. Sembravano quasi due assiderati a cui avevano offerto dell’acqua, nessuno dei due stava trattenendo niente. Si tenevano stretti l’uno all’altra come se avessero paura di lasciarsi andare e perdersi ancora…e far finire quel sogno che sembrava meravigliosamente interminabile.

 

Si sentirono delle voci in lontananza, camuffate dallo scroscio della pioggia.

 

“Laggiù!! Laggiù!!”

 

“Andropovic!! Dove diavolo sei, vieni fuori!! Sei circondato, arrenditi!!”

 

Ron e Hermione si staccarono immediatamente, entrambi ansimanti. Hermione si coprì la bocca con una mano e spalancò gli occhi, già lucidi per le lacrime che le si stavano formando. Ron si sentì come se gli avessero strappato via l’ossigeno dai polmoni, ma si costrinse a essere forte per lei e a tentare di rassicurarla accarezzandole una mano e una guancia, dicendole con gli occhi quello che a voce non sarebbe mai riuscito a dirle. In realtà neanche lui aveva ben capito cosa gli era saltato in mente a baciarla…ma gli era sembrato talmente nautrale, talmente bello…aveva lasciato libero l’istinto, ecco tutto.

 

Harry, che stava correndo con una mano sul cinturone della sua uniforme, si separò dagli altri War Mage che stavano setacciando la zona dopo la soffiata ricevuta sull’avvistamento di Andropovic, quando vide le due figure a terra, e corse al massimo della velocità quando realizzò in che stato erano: inorridì nel vedere entrambi i suoi amici coperti di sangue.

 

“Dio santo, state bene?” si fionde sulle ginocchia e per prima cosa alzò di scatto la maglia di Ron per verificare da dove perdeva sangue.

 

“Lascia, io sto bene! Non è mio!” Ron si scosse dal suo stato di fette e tornò a comprimere la ferita di Hermione, che invece si era accoccolata come un pulcino bagnato contro la sua spalla, singhiozzando nel più assoluto silenzio.

 

Harry scansò bruscamente la mano di Ron e fece una smorfia di orrore quando vide la gamba della sua amica. “Cazzo…tieni duro, Hermione! Resisti ancora un attimo, va bene?”

 

Lei non gli rispose, semplicemente nascose il viso nel collo di Ron e lui la strinse a sé. Tempo due secondi arrivarono anche gli altri War Mage, alcuni dei quali si soffermarono vicino a quello che rimaneva del cadavere di Andropovic, e Bill si lanciò da suo fratello appena lo vide tutto coperto di sangue. Ron lo rassicurò con un cenno della mano.

 

“State bene, ragazzi?” fece Remus Lupin, arrivando di corsa.

 

Ron annuì. “L’abbiamo fermato. Stava per far saltare in aria la zona.”

 

“Spiegami bene cos’è successo, Weasley, e come diavolo vi siete trovati qui.” Disse Liam, mettendo via la sciabola che aveva in mano.

 

Lupin si inginocchiò accanto ai due ragazzi e controllò la ferita di Hermione, ma quando gliela tastò la fece urlare di dolore e Ron la sentì perdere conoscenza fra le sue braccia. “E’ profonda, ha perso parecchio sangue. Meglio se la vedono le nostre guaritrici.”

 

Liam diede una pacca sulle spalle di Harry. “Muoviti, Potter, portala in infermeria.”

 

Harry prese in braccio Hermione e si diresse rapidamente da un gruppo di soldati che gli diedero una passaporti. Ron li seguì con lo sguardo fino a quando non li vide sparire.

 

“Ron.” La voce di Liam richiamò vagamente la sua attenzione. “Spiegami bene cos’è successo stasera.”

 

Molto più di quanto tu possa immaginare.

 

 

***************

 

 

Bill scese le scale della Tana in silenzio, non volendo svegliare nessuno e in particolar modo i suoi genitori. C’era voluta tutta la bravura di Ginny per convincere sua madre che quella era stata solo una normale esercitazione, e solo due ore dopo Molly Weasley si era convinta che tutti i suoi figli stavano bene e che poteva andare a letto anche lei. E ora, a notte tarda e con tutti a letto, Bill aveva deciso di andare a cercare l’unica persona che sicuramente non stava dormendo affatto…sapeva per esperienza che uccidere qualcuno non conciliava per niente il sonno.

 

La lucetta bassa nel salotto confermò i suoi sospetti. Ron era sdraiato sul divano, con le gambe stese sul tavolino lì davanti; aveva lo sguardo perso nel vuoto e tamburellava le dita lentamente e pigramente su una bottiglietta di birra ancora chiusa.

 

“Che vuoi, Bill?” disse tranquillamente, senza voltarsi.

 

Bill fece un sorrisetto mentre si andava a sedere nella poltrona di fronte al divanetto. Suo fratello sarebbe diventato un grande War Mage, ne aveva la stoffa. “Va tutto bene?”

 

Ron tirò su col naso. “Perfettamente. Perciò puoi anche tornartene a dormire, ok?”

 

“Ehi, ehi, frena un momento, uomo d’acciaio. Non mi pare il caso di continuare con quest’aria da invincibile. Lo sappiamo tutti e due che è stata una serata difficile.”

 

“Apprezzo il tuo slancio d’amore fraterno, Bill, veramente. Ma va tutto benissimo.” Ron si rese conto da solo che non suonava affatto convincente.

 

“Allora che ci fai qui a quest’ora? Perché non sei nel tuo letto a dormire?”

 

Ron esitò. “Penso. In camera mia non ci riesco, Harry russa come un treno.”

 

Bill scosse leggermente la testa. “Non ti sto offrendo il mio aiuto per umiliarti, Ron. Ci sono già passato, so cosa si prova le prime volte che uccidi un uomo. E’ normale sentirsi strani dopo.”

 

Ron fece una piccola smorfia. “E’ già la seconda volta, mi ci sto abituando. Ho fatto solo il mio dovere di War Mage.”

 

Bill lo guardò e in qualche modo capì che stava dicendo la verità “E allora qual è il problema?”

 

“Chi ti dice che io abbia un problema?”

 

“Oh, andiamo.” Bill fece un sorriso. “Ti ho cambiato i pannolini quando eri tutto pelato, sdentato e ce l’avevi piccolo così.” Indicò la grandezza avvicinando l’indice e il pollice di una mano.

 

“Sono un po’ cambiato da allora.”

 

“La conosco questa litania. Ora sei grande e grosso, pieno di capelli e ti ritrovi una Firebolt Deluxe fra le gambe.” Bill scosse la testa. “Sfogarti un po’ non ti renderà debole, Ron.”

 

Ron rimase in silenzio per un attimo. Non voleva confidare a nessuno i suoi pensieri, però si sentiva molto confuso e magari un aiuto… “C’è…c’è una ragazza.”

 

Bill, sorpreso, sbattè gli occhi un paio di volte. “Chi?”

 

Ron gli lanciò un’occhiataccia. “Non sono cazzi tuoi. Facciamo alla mia maniera o non facciamo affatto.”

 

“Come vuoi.” Anche perché non hai nessun bisogno di fare nomi.

 

Ron si arruffò assentemente i capelli con la mano, guardando un po’ dovunque nella stanza. “Insomma…lei è…particolare.”

 

“Ti piace?”

 

“Da morire.”

 

“Ne sei innamorato?”

 

“Assolutamente no.”

 

“No?”

 

“No.”

 

“Ah.”

 

“Beh, comunque…lei fa delle cose che io non riesco a capire, cioè…me la ritrovo in testa continuamente anche se non sto pensando a lei. Vedi ora, per esempio? Volevo dormire e invece sto qua.”

 

Bill fece un sorrisetto e notò con compiacimento che le orecchie di suo fratello stavano prendendo colore. Quello era pur sempre il suo fratellino, nonostante tutto. “Ti va di parlarmi di lei? Giuro che dopo non tirerò a indovinare.”

 

Ron sospirò. “Lei è…incredibile, a dir poco. E’ testarda come un mulo, se si mette in testa qualcosa non si ferma neanche se la supplichi in ginocchio.” Stava sorridendo mentre parlava, quasi come se la vedesse davanti a sé mentre la descriveva. “Ha un cervello vulcanico, fa quasi paura. E’ una rompipalle allucinante, ma anche se quando senti le sue prediche ti verrebbe voglia di prenderla a schiaffi per farla stare zitta, dopo ti rendi conto che ha ragione e le dai retta. Vedi?” sollevò la bottiglietta di birra ancora perfettamente sigillata. “Ne avevo voglia, ma le ho promesso che avrei rigato dritto. Non sono riuscito a disobbedire.”

 

Bill rise. “E così questa forza della natura ha domato perfino il grande Ron Weasley. E com’è, bella?”

 

“Bellissima. Ha degli occhi incredibili.” Ron si passò una mano fra i capelli. “E un corpo che non passa inosservato, credimi.”

 

Bill ridacchiò. “Te la sei mai immaginata in circostanze…più che amichevoli?” Ron si grattò la nuca e arrossì. “Lo prendo come un si.”

 

“Si, ma non va bene!”

 

“No?”

 

“No, per niente! Non è così che dovrei vederla, non so nemmeno perché mi sta capitando.”

 

“Si chiama attrazione, Ron. Una cosa molto diffusa tra maschietti e femminucce.”

 

“Io non dovrei guardarla in quel senso, Bill.”

 

“Perché no?”

 

“Beh, perché…” Ron esitò. “…tanto per cominciare, lei sta con un altro.”

 

Bill fece una smorfia. “Questo è l’ultimo dei tuoi problemi.”

 

“E poi lei è mia amica.”

 

“Non vedo come questo possa essere un ostacolo.”

 

“Comunque che vuoi che le dica, che mi piace e che vorrei passare una notte con lei?”

 

“No, dille la verità. Dille che l’ami.”

 

“Che?!?” fece incredulo Ron. “Io non la amo!”

 

Bill scosse la testa. “Mi dispiace contraddirti, fratellino, ma tu ne sei innamorato perso.”

 

“No, io non posso essere innamorato.” Ron parlava come se si volesse autoconvincere. “Chi ama diventa idiota e combina un sacco di cazzate, non è il mio caso.”

 

Bill fece una smorfia. “Le stronzate arriveranno e le farai presto, caro mio, ma che tu sia innamorato ormai è un dato di fatto, puoi solo capire in che fase sei.”

 

Ron si passò una mano fra i capelli. “Non è così. E comunque non glielo posso dire.”

 

“Invece parlarle sarebbe la scelta migliore.”

 

“E se lei non prova la stessa cosa per me?”

 

Bill stavolta fece un sorriso fraterno. “Ora sto per farti una domanda jolly. L’hai mai baciata?” suo fratello annuì, tenendo lo sguardo incollato al pavimento. “E lei che ha fatto?”

 

“Che vuoi che ne sappia di cosa le frullava in testa mentre la…”

 

“Pronto? Apri le orecchie, cazzone ottuso. Non ti ho chiesto cosa pensava, ti ho chiesto cosa faceva.”

 

Le orecchie di Ron si fecero ancora più rosse. “Ha…ha risposto al bacio.” Bill fece un sorrisetto. “Ma questo non vuol dire proprio niente, esattamente come non prova che io ne sono innamorato.”

 

Bill assunse un’espressione di chi la sa lunga. “Tu puoi anche nascondere la testa sotto la sabbia e dire che non è vero un bel niente, ma dentro di te lo sai già. Prima o poi quelle paroline insidiose ti spunteranno sulla punta della lingua e ti scivoleranno fuori senza prendersi nemmeno il disturbo di avvertirti. Comincerai a guardarla come se fosse un tesoro di immenso valore, non riuscirai a staccarle gli occhi di dosso neanche per un secondo. Ti accorgerai che proprio le cose più banali sono quelle in cui lei ti sembra più sexy. E scivolerai inesorabilmente nella tremenda fase tre.”

 

Ron fece una smorfia. “Sono ufficialmente terrorizzato.”

 

Bill rise, poi tornò serio. “Ne vale la pena?”

 

Ron curvò le labbra in una specie di sorriso e annuì. “Morirei per lei.”

 

“Appunto. Ma sono d’accordo con te, Hermione merita questo e altro.”

 

Ron spalancò gli occhi. “Cos…Hermione?!? No, guarda che non è lei…ma chi ti ha messo in testa certe idee?!”

 

Bill rise e si alzò. “Buonanotte, fratellino.”

 

“Non è Hermione!” replicò Ron.

 

“E’ sua sorella gemella.” Bill ridacchiò.

 

“Non è lei, ti ho detto! Non è…” Ron sbuffò. “Ehi Bill.”

 

“Mh?” Bill si fermò sulla soglia della porta.

 

“Perché…perché è così tremenda questa fase tre?”

 

Bill fece un sorrisetto e uscì dalla stanza, dopo aver detto quelle cose che lasciarono Ron più terrorizzato di prima.

 

“Perché non riesci più a fingere.”

 

 

************************

 

 

…tanto ormai io e la Telecom ci odiamo in modo irreversibile…-_- ho pensato di postare questo chap approfittando di una connessione nell’ufficio di papà…dopo tutto è parecchio che vi sto facendo aspettare, almeno potrete leggere questo chap, che oltre a essere più lungo (premio per l’attesa!) è anche molto intenso e importante…sinceramente non so se è venuto così bene come volevo io oppure no…ma la mia beta dice che è a posto, e voglio crederle sulla parola.

 

Ragazzi, voi non potete avere idea di quando mi mancate! ;_;  Non vedo l’ora di poter tornare a tutti gli effetti, ma nel frattempo…mi accontenterò. Vorrei poter ringraziare tutti uno per uno, ma non ho la possibilità di vedere le rec e quindi…fate conto che l’abbia fatto! Un grazie e un bacio galattico a tutti quelli che hanno recensito lo scorso chap e la one-shot…vi adoro tutti alla follia! Siete tutti importantissimi per me, e vi ringrazio infinitamente per l’appoggio e il sostegno che mi date ogni volta…vi voglio un bene dell’anima! ^_^

 

Una parolina in più per Sara Lee, che ha fatto le capriole per beta-leggere questo chap, a Strek e Mony (ma io non sapevo! Congratulazioni a tutti e due! XD * …perché non c’è mai un sacchetto di confetti quando serve…*), a Vale a cui avevo promesso una one-shot per S.Valentino (una promessa è una promessa, con un po’ di ritardo ma avrai la tua storia! =), a Kiara perché sono contenta che il suo regalo le sia piaciuto =), e dulcis in fundo a Kim…tesoruccio, pensi che mi sia dimenticata di un certo 24 febbraio? ^^ Sbaglio o è il tuo compleanno? Beh, se ho ragione…lasciami pure la tua richiesta fra le rec, troverò il modo di leggerla e realizzarla per farti un bel regalone…=) E naturalmente un bacio kolossale a tutti gli altri!

 

Ora devo proprio lasciarvi, il tempo stringe…ma ci si risente (speriamo dal pc di casa mia stavolta!) col prossimo chap “Mettere in pratica la teoria.” Kissessssssssss

 

Sunny

  
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