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Autore: Ramiza    08/07/2011    1 recensioni
Questa è la storia di Isotta, di Hilbert, di Edward e di Arwon.
Questa è la storia di un gruppo di ragazzi che avrebbero voluto tutto, tranne che essere eroi.
Questa è la storia di un gruppo di ragazzi costretti a diventare eroi, è la storia di un grande amore, di odio e di rabbia, è la storia di un'amicizia e del legame più improbabile e assurdo.
Questa è la storia di un regno da salvare, di un assassino, di un guerriero imbattibile, di un ladro illogico, di un necromante, di un demone vampiro, di un uomo dal carisma straordinario...è la loro storia così come noi l'abbiamo scritta in anni di gioco di ruolo (STORIA SCRITTA A 4 MANI DA RAMIZA E RAUKATH)
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’aria era fredda, nonostante la stagione. Il tempo era cambiato improvvisamente, senza darne alcuna avvisaglia.

Camminavamo senza parlare più di quello che era accaduto il giorno prima. Solo Edward, di tanto in tanto, tornava sull’argomento mostrando tutta la sua sorpresa per ciò che aveva fatto.

“E’ stato per proteggerti” disse passandosi una mano sulla testa, con aria imbarazzata. Ripensai ai ragazzi che avevo avuto nella mia vita normale, a Kyle che avevo lasciato senza dargli la possibilità di un chiarimento, a tutti quelli che mi avevano corteggiato e a quelli che avevo corteggiato io. Mi sembrava incredibile, adesso, anche solo aver pensato di provare per loro qualcosa di vero; adesso che c’era quest’uomo, così fragile e forte nello stesso tempo, così distante da qualunque cosa avrei potuto immaginare prima. Era forse lo stesso tipo di pensieri che poteva aver attraversato la mente di mio padre quando aveva conosciuto Eleonor, e lo stesso tipo che gli aveva impedito, una volta tornato a casa, di innamorarsi di nuovo.

Finalmente riuscivo a capirlo. Dopo tanto tempo e dopo tanti sforzi, in un istante, riuscivo alla fine a capire mio padre e provavo un vago senso di paura all’idea di poter seguire la sua strada.

“Che succederà quando dovrò tornare a casa?” chiesi a Edward improvvisamente. Le parole mi sfuggirono dalla bocca senza che riuscissi a controllarle. Mi guardò con dolcezza.

“Hai intenzione di tornare?” chiese.

“C’è mio padre là” risposi.

“E non è lui che stiamo andando a cercare, per portarlo con noi?” domandò ancora.

Annuii.

“Ma cosa accadrà poi?”.

“Non so cosa accadrà, Isy. Ma se tu volessi, potrei seguirti in cima al mondo, quindi non preoccupartene adesso” disse sorridendo.

 

Il quarto giorno di cammino, come Jerkie aveva previsto, la bussola cominciò ad indicarci la strada con maggiore precisione. Il quinto giorno ci rivelò che eravamo vicini. Poco dopo, si spalancò davanti ai nostri occhi una radura fiorita attraversata da un fiume cristallino.

“Non era poi così difficile da trovare” esordì Hilbert.

“Perché la bussola ci ha condotto bene, amico mio. Credimi, se essa non ci avesse indicato il cammino non avremmo mai potuto giungere fino a qui” rispose.

“Cosa dobbiamo fare, adesso?” chiese Arwon.

“Scenderemo sotto al fiume e affronteremo quello che ci si parerà davanti” continuò Jerkie.

“Detto così, sembra avere un suono piuttosto inquietante” arguì Hilbert.

“Deve averlo, in effetti. I crocevia dei folletti, normalmente, sono preceduti da strade pericolose e non sappiamo cosa potrebbe aspettarci là” rispose.

“Non importa. Di qualunque cosa si tratti, possiamo farcela!” esclamò Arwon.

Hilbert lo guardò storcendo la bocca.

"A onor del vero, anche questo ha un suono piuttosto inquietante" lasciò scivolare nell'aria prima di rimettersi in marcia.

 

Il fiume, che scorreva velocemente, non trasportava con sé né i sassi né i fili d'erba, al contrario sembrava accarezzarli con dolcezza, quasi intimorito all'idea di infastidirli. Intorno a una roccia più lucente delle altre, quasi fosse stata fatta d'argento vivo, si inarcava in un'ansa e lì, improvvisamente, si calmava, come se dormisse. Nello stesso punto saltavano dalla superficie quieta piccoli pesci dorati. L'acqua si colorava dei loro bagliori.

"È lì che dobbiamo scendere" disse Jerkie.

"Scendere? - chiede Edward - non vedo scale o discese".

"È normale, non preoccuparti - interloquì Hilbert - nessuno si aspetta che i tuoi occhi da prete distinguano la strada che parte al di là del naso".

"Sei un idiota" gli rispose, ma mio fratello si era già immerso nelle acque delle fiume e aveva cominciato lentamente a sparire davanti a noi.

Lo seguimmo senza dire altro. Ci si aprì davanti una strada argentea e irreale.

"Come lo sapevi?" domandai.

"Diciamo che il tuo fidanzato non è il solo che riserva sorprese - rispose strizzando l'occhio - e che la realtà sta cominciando a farmisi più chiara davanti, al di là delle illusioni che la nascondono".

"Oh, non preoccuparti Hilbert. Tu sei una sorpresa continua e nessuno può batterti in questo" sottolineai.

 

Davanti a noi si stagliava una grande porta dorata. Su di essa brillava uno strano simbolo: due mani, dotate ciascuna soltanto di tre dita, si intrecciavano tra di loro.

"Sapete di cosa si tratta?" chiesi.

"Non ne ho idea - rispose Jerkie - ma suppongo che non sarà facile aprirla".

"Solo perché è completamente priva di qualunque cosa possa somigliare a una serratura? Andiamo Jerkie, non ti facevo così pessimista" ridacchiò mio fratello.

"Non per quello, Hilbert. Non è la mancanza di una serratura a rendere una porta difficile da aprire. Sono le protezioni magiche che la circondano e le centinaia di trappole che ci sono state costruite sopra" rispose mentre le osservava con attenzione, lasciando scorrere le mani a pochi millimetri dalla sua superficie, senza sfiorarla.

"Proseguiamo - aggiunse - chissà che la strada non ci riveli qualcosa di utile"

Avanzammo per qualche minuto fino a quando Jerkie non si fermò di scatto. Prima che potessimo chiedergli qualcosa disse

"Un passaggio segreto".

Si avvicinò alla parete rocciosa e la toccò con i palmi aperti. Poco dopo una piccola porta si aprì davanti ai nostri occhi increduli.

"Bravo Jerkie! - esclamò mio fratello - ci sai fare direi". La strada, tuttavia, si interruppe improvvisamente dopo una lieve curva, costringendoci a tornare indietro e a riprendere la via maestra.

"Che senso può mai avere un passaggio segreto che conduce su un muro?" chiesi. Nessuno ripose. Incontrammo altri sei passaggi di quel tipo, in cui quello schema si ripeteva costantemente. Dopo circa mezz'ora, tuttavia, la strada principale ci ricondusse davanti alla porta.

"Un gioco interessante" arguì Hilbert.

"Un gioco?" chiesi.

"Un gioco di cui dobbiamo trovare la soluzione" ripeté Jerkie.

"Non sono mai stato troppo bravo in questo genere di cose - proseguì - tuo padre era il genio in questo. Gli bastava poco per risolvere anche le sciarade più difficili".

"Credete davvero che si tratti di una sciarada?" chiesi.

"Di qualcosa del genere. È probabile che si tratti dell'anticamera di qualche mago. Scelgono i crocevia dei folletti perché sono difficili da trovare e hanno protezioni magiche naturali, poi ve ne costruiscono altre a ulteriore difesa. I folletti li lasciano fare, a condizione che non utilizzino la loro magia per danneggiare la natura, perché ne hanno il loro vantaggio. Sono ulteriormente protetti e traggono forza dalla magia che li circonda".

"E mio padre era esperto in questo genere di cose?" domandai.

"Oh Isotta, tuo padre si faceva beffe dell'intelligenza dei maghi ed era amato dai folletti di ogni crocevia. Credo che li abbia attraversati quasi tutti. Albert lo adorava per questo, anche se non l'avrebbe mai ammesso. Lui non è il tipo di persona che può farsi amici i folletti, né certamente possiede la pazienza necessaria per risolvere indovinelli... Piuttosto avrebbe cercato di sfondare la porta, in una situazione come questa" rispose, perdendosi quasi nei suoi pensieri.

"È la prima volta che ti sento parlare di Albert con simpatia" disse Hilbert, senza la malizia che accompagnava di solito le sue parole.

"È stato un periodo fantastico, quello in cui eravamo tutti insieme" disse senza guardarci.

Ripercorremmo la strada diverse volte.

Alla fine Hilbert disse

"Dovremmo disegnare il percorso. Sono sicuro che sia qui la chiave di tutto".

"Non abbiamo pergamene ne inchiostro" rispose Edward.

"Ma io ho una penna, e credo anche qualche foglietto" sorrisi divertita.

"Anche Peter li portava sempre con sé" disse Jerkie.

"Il Mondo Altro riserva deliziose sorprese" esclamò mio fratello prendendomele di mano.

Quando, dopo l'ennesimo giro, terminò la sua mappa, un sorrisetto ironico gli si dipinse sul volto un po' stanco

"A quanto pare il nostro amico è un amante dei ragni" rivelò.

Osservammo lo schema che aveva tracciato e che rappresentava, fuori da ogni possibile dubbio, un enorme ragno: la strada principale ne disegnava il corpo tondeggiante, i piccoli se tiri aperti da Jerkie ne tracciavano le sei zampe.

"Come puoi aiutarci saperlo?" chiese Arwon.

"Ora ricordo! - esclamò Edward - avevo visto quel simbolo da qualche parte, e adesso ricordo dove".

"In un antico libro sull'Ombra. Non è più utilizzato da secoli, forse da millenni. Si riferisce al tempo in cui l'Ombra e i demoni strinsero la loro alleanza" proseguì.

"Un momento assai buio per questo mondo" commentò Jerkie.

"Non più dei precedenti, o dei successivi, direi. Tutto è nero quando ci sono di mezzo gli dei - aggiunse mio fratello- come si concluse quella storia? Forse potrebbe aiutarci e, come avrete intuito, io non sono esattamente un esperto di religioni".

"L'alleanza si ruppe quando i demoni manifestarono la loro volontà di invadere il Sidhe. Non era ciò che interessava all'Ombra. Un mondo di violenza non è il luogo dove essa avrebbe potuto tessere i suoi inganni e i suoi malefici sotterfugi. Vi fu un breve periodo di lotta e poi tutto tornò come prima, l'Ombra a vomitare inganni e i demoni e generare violenza- spiegò Ed - non so dirvi di più. Non ne viene fatto che qualche accenno, durante gli studi. È considerato una parentesi chiusa da tempo e priva di conseguenze reali".

"A parte il nostro caso diretto, ovviamente. Ma non mi aspetto che gli insegnamenti di un prete possano avere una qualunque utilità pratica, naturalmente" disse Hilbert distrattamente.

"E forse questa volta sbagli - intervenne Jerkie - ricordi la parola con cui fu sigillata l'alleanza, Edward?".

"Credi che possa servire?" chiesi.

"Immagino di sì" rispose.

"È la lingua antica - disse Edward - 'l'Ombra e l'Infero generarono l'osceno aracnide senza tempo' ". Poi pronunciò oscure parole di morte.

In quel momento la porta si aprì, rivelando un'enorme stanza rotonda, troppo buia per vedere qualunque cosa al suo interno.

"Procediamo con cautela. Diffido dei maghi e ancora più di chiunque abbia connessioni con l'Ombra" sussurrò Jerkie.

"Come la giovane amante del caro papà. Credi che le due cose siano connesse?" chiese Hilbert.

"Non lo so, ma non mi sento affatto tranquillo" rispose.

Un odore nauseabondo, un suono stridulo e gracchiante e due occhi gialli e biliosi confermarono le sue supposizioni.

"Questo tipo è veramente ossessionato dai sei zampe!" sibilò Hilbert infastidito.

Al mio fianco Speranza brillò, Jerkie estrasse lo stocco, Arwon lasciò sibilare nell'aria le sue due spade. Poi una zampata possente tagliò l'aria davanti a noi e udimmo il rumore metallico delle armi che si infrangevano sulla nera armatura della bestia.

Quando, pochi istanti dopo, Edward generò una luce magica, scorsi intorno a noi i corpi decomposti di quelli che ci avevano preceduto, divorati in parte da quella creatura e in parte lasciati marcire al tempo.

In fondo alla stanza si stagliava una grossa apertura. Qualche istante dopo un rumore sordo e uno scricchiolio ci avvertirono che qualcos'altro stava accadendo. Un muro di pietra spesso e solido aveva cominciato a scendere per serrarla.

La bestia ci sovrastava e si muoveva con una velocità che la sua mole non avrebbe lasciato immaginare, impedendoci di oltrepassarla.

"È furiosa!" gridò Arwon.

"Nemmeno io sarei troppo cordiale se avessi quell'aspetto e quell'odore" rispose Hilbert mentre ansimante correva ai lati della stanza.

"Non riusciremo mai a passare senza affrontarla" dissi.

"Andate avanti - esclamò Jerkie roteando lo stocco - penserò a lei e poi vi raggiungerò".

"Come, se la porta si sarà chiusa? Non scambiarmi per un sentimentale, Jerkie, ma preferisco non continuare senza di te" rispose.

"Allora dovremmo fare in fretta" arguì. Mentre in una mano stringeva lo stocco, estrasse con l'altra un pugnale. Come già in passato, ce ne accorgemmo quando lo vedemmo volare nell'aria, per conficcarsi nell'occhio del ragno. Il grido inumano e atroce della creatura si sparse nell'aria come un'entità concreta e tangibile, mentre lei si agitava furiosamente dimenandosi su se stessa.

Poi corremmo con tutta la forza che avevamo, scivolando nel poco spazio che rimaneva tra il muro e il pavimento.

 

Il mondo che si aprì davanti a noi quando la porta si chiuse aveva i colori lievi e delicati della primavera. L'odore terribile dei corpi morti era scomparso, sostituito dal profumo di fiori e erba. Nonostante fossimo sottoterra, un vento gradevole ci soffiava tra i capelli sudati.

Ci sentimmo improvvisamente rinfrescati e tranquilli.

"Una passeggiata" esclamò allegramente Hilbert.

Lo guardammo attoniti.

"E' stato una passeggiata, tutto sommato" precisò.

"Arwon aveva ragione a dire che non ci sarebbe stato niente da temere" aggiunse assestandogli una pacca sulla spalla.

"Non gioire troppo presto, Hilbert - intervenne Jerkie - temo che il nostro viaggio non sia ancora finito".

Rimanemmo immobile a fissare il prodigio che avevamo davanti.

 

 


Nota autrice.

Dopo una lunga assenza, sono tornata. E' stato difficile e lo sarà ancora, ma tengo troppo a questo progetto per abbandonarlo. Lo continuo con un po' di malinconia, ma lo continuo. Un abbraccio a tutti quelli che hanno aspettato!


  
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