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Autore: LauFleur    18/07/2011    35 recensioni
Edward Cullen: un ragazzo, un figlio, un fratello. Un figlio costretto a rimettere insieme i pezzi di ciò che i suoi genitori hanno frantumato. Un fratello tormentato dal pensiero che la felicità di sua sorella sia minacciata dalla tristezza delle loro vite. Un ragazzo ossessionato da Isabella Swan, la donna che riesce a calmare quel mare in tempesta che è diventata la sua vita.
[Rating rosso per il primo extra.]
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Credetemi, sono senza parole. Non avrei mai immaginato di poter ricevere così tanti apprezzamenti! Vi ringrazio per ogni parola. Ogni. Parola.

Vi adoro.

Ci “vediamo” alla fine ;)

__________________

 

 

Epilogo - Dieci anni dopo

 

Te la ricordi quella sera, Rose? Saltavi intorno al manichino, un sorriso più grande di te, gli occhi brillavano. Il tuo primo vestito, la tua prima creatura. Non la smettevi di parlare. Che ne dici dell’orlo? Troppo corto, troppo lungo? Ed il taglio, troppo azzardato? Del tessuto che te ne pare? Lo vedi come casca bene? Lo vedi? Non vedevo un cazzo, Rose. Non ci capivo nulla. Ma guardarti era troppo bello. Finalmente, solo per un po’, leggera. Finalmente, vivevi ballando in quel pezzo di cielo, quel piccolo frammento di puzzle, che abbiamo cercato per una vita intera.

Ed ora eccoti, avvolta nella tua toga blu. Più luminoso della cascata di capelli dorati, c’è solo il tuo sorriso. È sfacciato, quasi spavaldo. Non c’è traccia di incertezza, un’incrinatura di emozione. È così, la mia piccola Cullen. Ha scavato, nascosto, sopportato, fino a quando il sorriso si è indurito. E quella forza che non hai mai saputo di possedere è proprio lì, tra quelle labbra che non vedono l’ora di scoppiare in una risata.

Cammini sicura tra i tuoi compagni. Ne vedo un paio che ti guardano con più insistenza. Pendono dalle tue labbra, tu non li consideri neanche per sbaglio. Sei troppo impegnata a sbocciare, crescere, stupire con la tua grazia che diventa donna.

Donna.

La mia piccola Rosalie è quasi una donna. Me lo devo ripetere almeno un paio di volte al giorno per crederci davvero. Ti vedo ancora con lo zaino rosso, il piumino chiuso fino al collo, le trecce che ti danzano sulle spalle. Le gambette che dondolano nervose sotto il tavolo, mentre aspetti che qualcosa cambi. Magari, questa volta, in meglio.

Ti vedo salire sul palco, ogni tuo passo è un battito del mio cuore. Sono con te. Ora, sempre. Il tuo sguardo continua a non tradire nessuna emozione, il mio stomaco invece ha iniziato a tremare. Tremo perché ti vedo crescere, perché mi sembri felice, perché ho paura di vederti spiccare il volo. Come quando ti vidi per la prima volta salire sul motorino, indossare una maglietta un po’ più scollata, disegnarti le labbra con quel lucidalabbra che tu adoravi e che a me sembrava il diavolo. Come quando sei andata per la prima volta in discoteca, e io non ho chiuso occhio per tutta la notte. Come adesso, che stai per andartene. Lontano da tutto quello che ci ha piegati, spaccati, sfiniti. Sempre più vicino alla vita che sogni, alla donna che vuoi diventare, alla persona che meriti di essere.

Accarezzi il legno chiaro del leggìo, fissi il microfono, poi alzi lo sguardo. Impassibile, studi la platea che ti sta osservando, che si aspetta un discorso che li faccia ispirare ed emozionare. Guardi i tuoi compagni, tutti quei piccoli puntini blu sparati sul prato. Guardi i genitori, i parenti, gli amici, i fidanzati. Fino a quando i tuoi occhi di smeraldo non arrivano nel nostro piccolo pezzetto di prato. Incroci lo sguardo di mamma. La mamma, Rose. In lacrime, emozionata, orgogliosa. Capito, piccola Cullen? Orgogliosa.

Cerchi ancora un po’ e non trovi tuo padre e Tania. Mi hanno telefonato, Rose. Pochi minuti fa. Carlisle sta facendo tardi in clinica. Sai com’è, un intervento urgente. Il solito, prevedibile intervento urgente.

Certe cose non cambiano mai.

Il vuoto che l’assenza di tuo padre ti ha scavato negli occhi, viene riempito da capelli castani, sorriso smagliante, sguardo fiero di quella bambina che spronava a leggere Harry Potter: Bella. Lo vedi come ti guarda, Rose? Come ha sempre sognato di guardare la sorella che non ha mai avuto. Le sorridi, la saluti con un piccolo cenno del capo e lei, traboccante di felicità, si stringe ancora di più alla mia spalla. Ad un tratto alza la testa, si specchia nei miei occhi e sorride. Un sorriso, Rose... Dio. Te ne ho mai parlato? Quelle labbra che si schiudono per me saranno sempre una piccola conquista, una montagna scalata, un regalo. Il mio regalo.

Certe cose non cambiano mai.

Per fortuna.

Poi - proprio come in una di quelle tante mattine, quando era freddo ed era difficile, quando dovevi strizzare gli occhi e cercarmi tra tutti i genitori, quando aspettavi di scorgermi tra la folla, abbracciarmi con un sorriso e salire sulla bicicletta - guardi me.

E, per la prima volta da quando hai addosso quella toga, ti vedo emozionata. Un po’ incerta, titubante. È difficile, Rose? Guardarmi, volermi bene, sperare di non deludermi. Capita anche a me. Lo so come ti senti, l’ho sempre saputo.

Ricordi? Andrà tutto bene. Quante volte te l’ho ripetuto. Quante volte ho sperato di non dover tradire le mie promesse di agognata serenità. Andrà tutto bene, non ti preoccupare. Te lo ripeto, ancora una volta.

Ricordi? Il puzzle, le canzoni, i piatti da lavare, Hey Jude. Menomale ci sei tu.

Ricordi, Rose? Noi due. Io e te. Una famiglia.

Vai ora, parla. Tocca a te.

 

 

***

 

 

Inizio a parlare. Srotolo davanti a tutti le parole che ho scritto sulla scia dell’emozione e che ho ripetuto, imparato, provato più e più volte. Tutte queste toghe blu, che brillano sotto il sole e che mi ricordano che una parentesi della mia vita si sta chiudendo, mi distraggono. Allora decido di fare quello che ho sempre fatto quando mi trovo in difficoltà: guardo te.

Più bello di sempre. Un fratello, una salvezza. Un medico, un pianista, un uomo. Un paio di spalle larghe a cui è facile e meraviglioso aggrapparsi. Un sorriso che illumina anche quando non mi ricordo nemmeno cosa sia la luce.

Visto, Edward? Sto imparando a parlare. Sto imparando da te.

Non hai ancora finito di insegnarmi, di guidarmi. Non finirai mai. Come farò lontana da te?

Mentre cito libri che ho letto e film che ho visto, lo sguardo si sposta di nuovo su Isabella. La donna che è riuscita a salvarti. La maestra che ha aperto un libro e me l’ha messo sotto gli occhi, insegnandomi la strada per raggiungere quel mondo dove avrei sempre potuto rifugiarmi. Stretta al tuo fianco, ti guarda come se non ci fosse nient’altro. Come se il mondo finisse qui, su questo prato, tra il suo vestito a fiori e la tua camicia celeste. Riuscirò mai a non essere almeno un po’ invidiosa dei vostri sguardi? Del vostro amore. Del vostro talento nel tenervi uniti. Capirvi, esserci. E riuscirò a conquistarlo e a riconoscerlo, se quello sguardo verrà concesso anche a me?

Mamma sta piangendo, Edward. È solo emozione, vero? Quante volte l’abbiamo vista piangere. Troppe per lei, troppe per noi. Ma, ultimamente, tutti quei pianti sembrano chiusi in una delle tante scatole su in soffitta. I ricordi più vividi, quelli che mi investono mentre chiudo gli occhi e sto per addormentarmi, la vedono sempre sorridere. Sorride mentre mi insegna l’uncinetto, mentre mi fa il solletico sotto i piedi, mentre mi mette a letto e mi rimbocca le coperte. Sorride quando prendo la patente, quando le racconto della mia prima ed imbarazzante cotta, quando parliamo di te che impazzisci per organizzare una vacanza e fare una sorpresa a Bella. Sorride, perché è riuscita ad esserci. Non se l’è persi tutti quegli anni, Edward. Era lì, era con noi.

Il discorso sta per arrivare alla fine quando un movimento sulla destra cattura la mia attenzione.

Ed eccolo lì. Impeccabile come sempre. Abito scuro, cravatta, camicia bianca. Capelli pettinati, un accenno di sorriso imbarazzato. Ha gli occhi lucidi. Mi guarda, cresciuta e lontana, ed ha gli occhi lucidi.

È qui, è venuto per vedermi con il mio diploma in mano. In ritardo, ma è qui.

“Un padre imperfetto, ma nostro padre.” È così che dici sempre, vero Edward?

Tania gli stringe una mano, l’altra è sul pancione.

Riuscirò mai a guardarli e non sentirmi sbriciolare qualcosa dentro? Riuscirò a fare come te? Parlare con papà senza sentirmi sotto esame, abbracciare Tania come se fosse una di famiglia, discutere con loro dei miei progetti e dei miei studi, cenare a casa loro senza aver voglia di vomitare.

Riuscirò a perdonare?

Insegnami, Edward. Insegnami anche questo.

 

 

 

____________________

 

 

Non scrivo la parola “Fine”, e c’è un motivo.

Ci saranno alcuni extra. Ancora non li ho scritti, lo farò con calma quando avrò la testa libera da pensieri e preoccupazioni (università ti odio), ma quello che c’è già sono le idee.

L’ordine con il quale scriverò e pubblicherò questi extra lo deciderete voi, e potete votare esprimendo una preferenza nelle recensioni.

Non vi dirò di cosa tratteranno. Per votare, lasciatevi trasportare da quello che il titolo vi trasmette.

Potete scegliere tra:

1.    La prima volta

2.    Occhio nero

3.    Già donna

4.    Michael Cullen

L’extra che riceverà più voti sarà quello che pubblicherò per primo (ma non so davvero quanto dovrete aspettare) e di sicuro. Gli extra che arriveranno secondo, terzo e quarto non so se e quando saranno pubblicati. Spero che l’idea vi piaccia!

Ora passiamo alle cose importanti.

 

Scrivere questa storia è stato un piccolo grande viaggio, è stato scavare e ricordare. Difficile e, soprattutto, bellissimo. Farvela leggere, ancora di più. Quello che mi avete dato in cambio è stato inaspettato e, ogni volta, incredibilmente entusiasmante. È stato questo il vero REGALO.

Ringrazio chiunque sia passato di qui. Per leggere, per rileggere, per farmi sapere la sua opinione. Ringrazio chiunque abbia speso tempo ed energie per lasciare anche solo una recensione. Ho letto dei commenti meravigliosi, accurati, capaci di leggere e descrivere i personaggi alla perfezione. Ringrazio chi si è lasciato emozionare, chi si è affezionato ai due fratelli, chi ha sorriso insieme a Bella, chi ha tifato per Esme, chi ha capito Tania, chi ha imprecato contro Carlisle e chi ha odiato Jasper. Ringrazio chi ha lasciato i cosiddetti “messaggi brevi”: tre parole stupende non sono considerate una recensione, ma per me sono motivo di orgoglio e sorrisi. Ringrazio chi c’era dall’inizio, da quella che doveva essere solo una one-shot, e chi mi ha chiesto di continuare a far vivere questi personaggi.

Ringrazio Federica, che con le sue confidenze ha reso ancora più speciale questa storia, e che mi ha insegnato che in ognuno di noi si nasconde un po’ di Edward.

A proposito di Edward… ringrazio anche lui, che mi ha aiutata a capirmi, a farmi forza, a darmi pace. Tutto l’affetto che avete dimostrato a lui, vi assicuro che lo avete dimostrato anche a me.

Infine, ringrazio la mia Rosalie. Senza saperlo, fa parte di tutto questo ed è la piccola scintilla dalla quale l’idea è nata: la voglia di scrivere di una Sorella.

  
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