Moonlight rage: Davvero non hai mai
immaginato un Piton che riflette a questo modo sui
suoi allievi? Bè, lieta di averti stupito e grazie dei complimenti. Continua a
leggere e forse riuscirò a stupirti ulteriormente.
Alexia: Certo che parlerò di Harry. Eccolo
qui Harry Potter, direttamente dalla mente di Severus.
Sono pensieri contorti quelli sul ragazzo,
vedrai. Comunque io amo e
odio Harry. In generale lo amo, ma relazionato a Piton
lo odio. Certi suoi pregiudizi e atteggiamenti sono comprensibili per via dell’età,
ma comunque non sopporto il suo non volersi guardare
dentro quando c’è di mezzo Severus. E’ il suo capro espiatorio, tutto qui. Quanto
a Ron, grazie. Sono certa anche io che Ron spiccherà
il volo. Ha già iniziato nel 6° libro.
gothika85: Io ho sempre creduto che Piton sia uno che
pensa tanto, anche troppo. Mi piace sin dal primo libro, e ho sempre pensato
che stia dalla parte dei buoni e che il suo comportamento “bastardello”
non sia dovuto esclusivamente al suo carattere, anche
se Severus ci mette tanto di suo. Mi sono sempre chiesta cosa pensasse dei suoi
studenti e ho sempre creduto che avesse più o meno le
idee che ho scritto nel racconto. Se davvero ti ho fatto
anche solo intravedere un “perché” del suo comportamento ne sono lusingata e
felice.
Starliam: Harry è Harry, con un sacco di pregi e
difetti. Mica facile scrivere di lui. Anche per questo
l’ho lasciato per ultimo. Quanto a Piton, io lo credo “innocente” e temo
fortemente che nel 7° libro, tanto per togliere il dubbio ai lettori, J.K.R. lo
farà morire per salvare Potter. Ma spero sempre di
sbagliarmi. Grazie anche a te dei complimenti, mi fanno sempre felice, non
posso negarlo.
Suzako: No, non siamo mai d’accordo
;-) Abbiamo punti di vista molto diversi, è evidente.
Però su Ron
hai le tue ottime ragioni. E’ vero quel che dici, ma credo non sia del tutto sbagliato nemmeno ciò che ho scritto io. Ron
sa che grane riserva la vita, ma, fino al sesto libro, non le
prova mai sui propri cari, a differenza di Harry o Neville. Inoltre,
anche se non l’ho reso troppo esplicito, il mio personale Severus pensa che un po’
tutti gli studenti di Hogwarts siano tenuti troppo nella bambagia rispetto al
mondo fuori (l’ho anche accennato nel prologo). E poi,
calcare un po’ la mano su Ron era necessario per far emergere ancora di più il
vissuto di Neville e, ora, di Harry. Chissà che ne dirai di questo nuovo
capitolo? Scommetto che non condividerai la mia visione. Ma
che importa? Non è forse divertente scambiarsi opinioni? Quindi
buona lettura e grazie di aver detto sempre la tua.
Mavi: Grazie del commento. La Signora Weasley è davvero una chioccia, non c’è che dire. Ma
forse lo sono un po’ tutte le mamme. Anche Narcissa si
è rivelata tale, alla fine.
Nykyo
Harry
Dalla testa fiammeggiante di Ron alla zazzera ribelle di Potter il passo
fu breve per gli occhi socchiusi del pallido insegnate.
Potter. Harry James Potter…
I pensieri turbinavano caotici nella mente di Piton ogni volta che posava
lo sguardo sul “Ragazzo Sopravissuto” e sulla sua cicatrice a forma di saetta.
Sentimenti forti e contrastanti lo invadevano alla presenza del più
celebre studente di Hogwarts e il mago non amava dar
loro un nome, ma sapeva bene da cosa erano causati.
Harry era il figlio di James Potter, il suo nemico dei tempi di scuola,
colui cui, suo malgrado, Piton doveva la vita, il giovane uomo che era morto,
insieme a sua moglie, per causa sua.
Il professore di Pozioni avrebbe dato qualunque cosa per non essere mai
stato salvato da James, quando Sirius l’aveva spinto a seguire Lupin in una
notte di luna piena.
Ma avrebbe anche
dato altrettanto, anzi molto di più, per non avere anche quelle due morti,
proprio quelle due morti, sulla coscienza.
Piton aveva odiato il padre di Harry con tutto il cuore, covando rancore
e desiderio di vendetta, ma la sua morte era stata la spinta
finale del rimorso e del dolore che l’avevano spinto a rinnegare Voldemort.
Altre vite spezzate pesavano sull’anima del mago bruno, ma l’uccisione di
James e Lily era stata la goccia che aveva fatto
traboccare un vaso ormai colmo di amaro fiele da troppo tempo.
Loro non erano le vittime anonime che pure avevano riempito - e ancor
oggi riempivano - di
orrore le notti di Piton, uccidendo i suoi sogni crudeli e sbagliati di giovane
Mangiamorte ed anche tutte le sue speranze per il futuro.
I Potter erano persone note, volti che possedevano un nome, figli della
sua stessa generazione. Lui li conosceva bene i genitori di Harry.
Lily e James, come Frank e Alice, erano stati il
suo ultimo imperdonabile errore, che non poteva in alcun modo trovare rimedio.
Piton avrebbe mentito se avesse affermato che non provava più alcun
rancore contro Potter Sr..
A distanza di anni, lo sferzante dileggio di
James e dei suoi amici bruciava ancora, ricordando al pozionista che anche lui
era un essere umano con fragilità e debolezze. No, non poteva negare che, molte
volte, provocare Harry, metterlo in difficoltà, stuzzicarlo, era come fare
tutte queste cose a James. Una piccola, umana, vendetta ormai
inutile che non gli dava alcuna vera soddisfazione e aveva il gusto acre della
delusione.
La fine terribile del suo rivale di un tempo, però, incideva emozioni,
non meno profonde e dolenti dell’astio per ciò che aveva subito da James, nel
cuore del professore.
Un terzo sentimento, in fine, si mescolava ai primi due, anche se Piton
faticava ad ammetterlo: qualcosa di simile alla gratitudine. Non per il salvataggio non troppo eroico di James dagli artigli del
suo amico lupo mannaro. Non era questo il motivo per
cui Piton avrebbe potuto ringraziare James Potter. Il vero motivo era
che, forse, senza la morte del padre di Harry, lui sarebbe rimasto un Mangiamorte
ancora più a lungo.
La scossa che aveva riportato nel comprendere l’effetto dirompente delle
sue confidenze a Voldemort gli aveva, invece dato il
coraggio, che già da tanto cercava, per tornare su i suoi passi.
Da troppo tempo l’alto mago bruno desiderava un appiglio per sfuggire
all’orrore che aveva deciso di non perpetrare mai più, ma che non aveva saputo
evitare. Non appena aveva intuito quali fossero le intenzioni dell’Oscuro
Signore riguardo alla profezia, il mago aveva avuto la scusa per affrontare se
stesso. Posto, più che mai brutalmente, davanti alle sue colpe, il giovane
Piton aveva saputo scegliere definitivamente e seguitava a farlo, faticosamente
e dolorosamente, ogni giorno da più di dieci anni.
Harry era il passato che si faceva carne. Un
passato di umiliazioni e di sbagli. Un promemoria
vivente di quanto illuso e sciocco era stato. Di quanto
sangue innocente gli macchiava l’anima, indelebilmente. Di tutte le colpe che non avrebbe mai potuto cancellare. Perché ci sono macchie che non possono essere lavate, mai più.
Harry Potter era come un Marchio Nero che non si faceva mai meno nitido sotto i
suoi occhi scuri.
Harry lo odiava quanto l’aveva odiato James, e
Piton odiava il ragazzo come aveva detestato suo padre e come odiava se stesso.
Ma l’odio non era il solo sentimento che l’uomo
provava per il giovane mago, così come non era l’unico sentimento che provava
per il suo defunto padre.
Potter Jr. gli somigliava – l’insegnante ne era
consapevole – più di quanto con l’allievo non avrebbe mai ammesso.
Harry sapeva cosa significa essere emarginato,
segnato dalla diversità. Come Neville, anche lo spettinato mago dagli occhiali
rotondi conosceva il disprezzo e la derisione altrui. Derisione
gratuita, proprio come quella di suo padre per Piton. Come quella di
Draco per Harry.
Harry, a differenza di Ron, aveva già avuto modo di comprendere quanti
tranelli e sofferenze la vita può celare. Il suo passato e il suo presente erano segnati da dolore e sofferenze molto
forti.
Harry Potter conosceva bene anche il rimorso e il rimpianto, sebbene
tendesse a scordare il primo, ogni volta che gli era
possibile.
Potter era uno che sa cos’è il pericolo. Si
cacciava continuamente nei guai, anche quando non erano i guai
ad andare a cercarlo.
Però, se l’era cavata
sempre in ogni occasione a causa della sua sfacciata fortuna – pensava il
Professor Piton – più ancora che della sua abilità.
L’insegnante non aveva mai conosciuto nessun altro che fosse,
nel contempo, così sfortunato e così baciato dalla buona sorte.
Harry aveva perduto i suoi genitori, era cresciuto a casa degli zii,
sopportando le loro angherie – a quanto diceva Silente - aveva l’enorme
responsabilità di essere sopravvissuto a Voldemort, cosicché in tanti lo
guardavano con sospetto, mentre altri si aspettavano da lui cose mirabolanti.
Tutto questo non rappresentava certo un vantaggio. Aveva dei bei pesi sulle spalle
quella giovane peste. Un ragazzino non dovrebbe avere un passato, solo un
presente da vivere e un futuro da sognare e costruire, invece, Harry possedeva un ingombrante passato.
Ma il ragazzo cadeva sempre in piedi, a volte decisamente
per un insieme di coincidenze positive, altre per i suoi meriti e, in generale,
non senza qualche aiuto dall’esterno. Oh, Piton ne sapeva qualcosa…
Potter si credeva in grado di affrontare qualunque prova e superarla. In
questo era uno sbruffone tale e quale a suo padre.
Bastava vedere come correva dietro al boccino d’oro con la stessa incosciente
grinta, per non avere dubbi al riguardo.
E non conosceva
regole. No, le regole erano per i comuni mortali, per gli sciocchi senza midollo,
non per Harry Potter. Il “Ragazzo Sopravvissuto” era al di
sopra delle regole e poteva infrangerle a piacimento, da solo o con i
suoi amici.
Questo Piton non riusciva proprio a sopportarlo.
La disciplina, per l’insegnante di Pozioni, era fondamentale, perché con essa si imparava il rispetto. Rispetto per
determinati valori e, soprattutto, rispetto per le persone e per il loro ruolo.
Harry avrebbe dovuto imparare a non sentirsi superiore e a obbedire, quando ciò era dovuto e necessario. Il
professore non avrebbe mai smesso di cercare di fargli entrare in testa questo
concetto. Poteva fare qualche concessione a Potter in altri campi, ma alla
fine, se la cosa fosse stata in suo potere, Piton gli avrebbe
insegnato l’importanza delle regole. E, se solo
Silente non fosse stato così parziale nei confronti del ragazzo, forse – pensò
il mago – lui ci sarebbe già riuscito da un pezzo e Harry sarebbe stato un
allievo un po’ più simile alla sua amica Hermione Granger.
Ma Harry Potter
avrebbe dovuto conoscere molte più cose, avrebbe dovuto aprire ancora di più
gli occhi, dietro alle lenti rotonde, ed assaggiare ancora di più l’amaro della
vita, fino in fondo.
Se fosse dipeso dal
professore, sarebbe stato così. Perché questo avrebbe
fatto del male al giovane, ma l’avrebbe reso più forte, totalmente cosciente di
ciò cui poteva essere destinato ad andare incontro.
Sì, Piton avrebbe davvero desiderato che Harry diventasse sempre più
forte, ancora più coraggioso, realmente consapevole dei propri limiti e delle proprie notevoli potenzialità.
Perché un giorno
Voldemort sarebbe tornato e questa volta non ci sarebbe più stata sua madre a
proteggerlo, quando l’Oscuro Signore avesse deciso di portare a termine ciò che
aveva cominciato tanti anni prima.
Lily Evans non avrebbe più potuto difendere suo figlio, ed era sua la colpa, solo sua, di Severus Piton. Di un ventenne
sciocco, accecato dalle proprie distorte illusioni, che ora, adulto, lo
tormentavano notte e giorno, lambendolo con dita insanguinate.
Il mago scrutò la cicatrice sulla fronte dell’allievo, coperta solo in parte
da un ciuffo ribelle che lo rendeva, ancora una volta, così simile a suo padre,
e, come sempre, sentì un brivido gelargli la spina dorsale e salire a
trafiggergli il cuore.
Nessuno degli studenti potè accorgersene, perché dal volto aguzzo
dell’uomo non traspariva alcuna emozione. Il
professore era fin troppo abituato a celare i propri sentimenti con
naturalezza.
A volte, però, proprio come in quel momento, avrebbe preferito non provarne affatto.
Se solo il gelo di
cui si ammantava non fosse stato solo esteriore – si disse Piton – ora non
avrebbe sofferto, nel desiderare che Harry non alzasse gli occhi dal proprio
calderone.
Gli occhi di Lily, che da quando il ragazzo era arrivato ad Hogwarts erano tornati a fissarlo, come quando erano
compagni di scuola.
Ma allora in quello
sguardo verde e limpido c’era stata compassione, mentre adesso, quelle stesse
iridi, incastonate nel volto di un giovane James Potter, lo guardavano con
odio, misto a condanna, rinfacciandogli le sue enormi mancanze.
Il mago si era sentito umiliato dalla pietà che leggeva nello sguardo di
Lily Evans, sua non richiesta
paladina, eppure quel
dolore ormai lontano era niente al confronto del ricordo di come lui l’aveva
ripagata.
No, Piton non voleva la morte della giovane maga, e non desiderava che James
cadesse in quel modo ingiusto, e – doveva riconoscerglielo – finalmente eroico.
Per quanto avesse odiato il suo rivale di un tempo, il giovane, immaturo
Severus desideroso di rivalsa, non aveva mai desiderato che Harry Potter
diventasse un orfano. Che orribile vendetta aveva inflitto
senza volerlo. Che pena straziante si era comminato
uccidendo i Potter con la sua delazione.
Harry lo odiava? Sì, era giusto che fosse così, perché lui odiava se stesso ogni volta che aveva davanti il ragazzo. Quell’emblema
vivente della sua anima perduta, quell’unica creatura, che grazie all’amore
fondeva in sé Lily e James, permettendo loro di tornare dalla morte a
giudicarlo impietosamente, meritatamente.
Forse avrebbe dovuto comportarsi diversamente con il ragazzo, tentare di
instaurare con lui un rapporto, o almeno fargli comprendere che non era solo disprezzo quello che traboccava dai suoi occhi
neri, ogni volta che incrociavano quelli verdi di Harry.
Forse. Ma non era ancora venuto il tempo in cui
ciò sarebbe stato possibile. Piton aveva ancora troppe cose da insegnare alla
“piccola celebrità” del mondo magico. Insegnamenti che
sentiva di potergli impartire più efficacemente con la durezza. Per la
dolcezza, per l’affetto e la comprensione, bastava Silente.
Al professore di Pozioni spettava un altro compito e il mago riteneva di meritarlo appieno.
Del resto, che Harry Potter lo volesse o meno,
Piton non avrebbe smesso di proteggerlo, non meno intensamente del Preside, nel
suo modo cupo e rancoroso.
L’avrebbe difeso proprio come Lily Evans aveva
voluto fare con un adolescente troppo magro e solo, proprio come Lily non
poteva più fare con il proprio bambino.