C a p i t o l o 16
Buon compleanno
The
end.
Tutto
era finito quel maledetto 8 marzo. La mia menzogna, il mio continuare
a fingere, le mie chiacchierate con Dario, le nostre litigate, i
baci, i momenti di pura passione. Non ci sarebbe mai stato
più un
noi…
se poi c'era mai stato
realmente un noi, ma solo un io.
Io che piangevo ogni sera, io che avevo il cuore in pezzi, io che
avrei dovuto tornare a vivere la mia insulsa vita senza di lui, io
che avrei dovuto vivere senza un pezzo di me, della mia anima che
aveva seguito Dario e che non l'avrebbe mai lasciato.
Continuavo
a ripetermi che avevo fatto la scelta giusta a lasciarlo andare, a
non ricadere tra le sue braccia, ma il mio cuore sembrava non volersi
arrendere alla triste realtà. Chissà se sarei mai
riuscita a
trovare la forza per dimenticarlo, per dimenticare il mio primo
amore, per voltare pagina e permettere al mio cuore di battere di
nuovo per un altro ragazzo, al mio corpo di provare quelle sensazioni
uniche con un'altra persona.
Sospirai
e appoggiai il mento sul palmo della mano fissando la piscina davanti
a me. Non mi interessava affatto quella gara e ben presto tutto si
dissolse, ritrovandomi a rivivere il nostro primo bacio, sul suo
balcone con la pioggia battente. Avevo assaporato le sue labbra,
sentito le sue mani sul mio corpo, con il suo respiro caldo che mi
solleticava la pelle. Forse era stato quello il momento in cui mi ero
innamorata di lui, ma molto probabilmente questo era accaduto molto
tempo prima, quando lo avevo visto varcare la soglia di casa mia.
Sì,
ne ero più che sicura. Dario era entrato dentro il mio cuore
immediatamente, non appena avevo incontrato i suoi occhi. Lo avevo
sempre amato, e lo capii solo in quel momento che ero stata vittima
del cosiddetto ‘colpo di fulmine’. Mi chiedevo se
lui avesse
provato la stessa cosa, se anche lui sentisse lo stesso per me, se mi
avesse mai amata.
Un
pollice strofinò sulla mia guancia, raccogliendo le lacrime
che
sgorgavano dai miei occhi chissà da quanto tempo. Federico,
ancora
con i capelli bagnati e il costume da bagno, si sedette accanto a me,
stringendomi la spalla e stringendomi a lui. Appoggiai il viso sul
suo petto massiccio e umido, mentre lui mi cullava con il suo
abbraccio, rimanendo in silenzio a sopportare i miei ennesimi
singhiozzi. Se non ci fosse stato Abbate, molto probabilmente sarei
impazzita. Avevo assolutamente bisogno di qualcuno che mi stesse
accanto, che sopportasse i miei piagnistei, qualcuno che mi capisse e
che mi avrebbe aiutata a dimenticare Dario. E Federico era quel
qualcuno, il mio migliore amico, colui che rendeva più
leggere
quelle giornate che, senza di lui, sarebbero state interminabili ed
insopportabili.
«Scusami»
mormorai, tirando su con il naso.
«E
di cosa?» domandò, baciandomi tra i capelli.
«Perché
piango» risposi, prendendo un respiro profondo, cercando di
non
lacrimare più.
«Non
dire sciocchezze!» ridacchiò «Piangi
pure. Hai bisogno di
sfogarti» aggiunse dolcemente.
«Dio,
son diventata una piagnucolona!» sbuffai esasperata,
allontanandomi
da lui e alzando lo sguardo al cielo.
Mi
asciugai velocemente le lacrime e respirai a fondo, ingoiando il
groppone che mi stringeva la gola e smettendo si piangere, anche se
in realtà avrei voluto continuare fino a prosciugarmi.
«Allora»
esclamai con un sorriso tirato «Hai vinto?»
domandai, cambiando
discorso.
Federico
sospirò con un sorriso sornione e scosse lievemente la testa.
«Noto
che hai seguito» sogghignò ed io sorrisi
imbarazzata «Comunque,
sì, ho vinto» disse strafottente, strofinando la
punta delle dita
sul petto «Che ti aspettavi?! Sono il migliore»
«Ma
smettila!» esclamai, tirandogli un leggero pugno sul braccio
«Hai
vinto una stupida garetta di nessun conto»
«È
sempre una vittoria» ribatté lui
«Garetta dopo garetta arriverò
alle Olimpiadi»
Lo
guardai esaltarsi con sufficienza e le braccia incrociate, sorridendo
sorniona.
«Le
Olimpiadi» ripetei divertita «Non credi di puntare
un po' troppo in
alto?»
«Forse»
scrollò le spalle e si alzò, dirigendosi verso
gli spogliatoi con
la sottoscritta al seguito «Ma ognuno ha i suoi sogni. Io una
medaglia d'oro» si fermò all'improvviso, in mezzo
al corridoio e si
voltò verso di me «Tu il grande amore»
mormorò.
Si
abbassò per raggiungere il mio viso e posò
delicatamente le sue
labbra sulle mie. Fu un piccolo bacio, un semplice sfiorarsi di
labbra, un innocente assaporarsi che mi stupì e
imbarazzò.
«Vado
a cambiarmi» sorrise.
Sparì
dietro la porta degli spogliatoi ed io rimasi immobile come una scema
a fissare la parete di fronte a me con gli occhi sgranati,
sfiorandomi le labbra con le dita. Mi aveva baciata, anche se era
stato un semplice bacio a stampo e mi sentii tremendamente in colpa
nei confronti di Benedetta. Non poteva lasciarla, non per me, non lo
avrebbe mai sopportato, così come io non sarei
più riuscita a
guardare la mia migliore amica negli occhi. Poi, non mi sarei mai
messa con lui, non con il mio migliore amico, con l'ex di Germa.
Forse,
però, è lui il tuo principe azzurro. Lui
è l'unico che ti capisce
davvero, l'unico che ti sta accanto, l'unico che ti ama davvero.
Deglutii
a vuoto, stupita dai miei stessi pensieri. Ero ancora innamorata di
Dario e forse lo sarei stata per sempre, ma questo non mi impediva di
provare a stare con Federico, di diventare la sua ragazza.
No,
no e poi no!
Abbate
era il fidanzato di Germa e non dovevo fantasticare su di lui. Lui
era solo ed esclusivamente il mio migliore amico e non sarebbe stato
più di quello.
«Ecco
qui il campione!» esultò uscendo, con il borsone
che pendeva da una
spalla e un'orribile tuta blu che sembrava un pigiama.
Mi
strinse la spalla e mi avvicinò a lui, trascinandomi verso
l'uscita
del palazzetto.
«Fede...non
credo...che sia giusto» tentennai, con lo sguardo basso a
guardare i
nostri piedi.
«Cosa?»
chiese dubbioso.
«Quello
che hai fatto prima» risposi intimidita «Nei
confronti di Germa,
intendo»
«Era
un bacio a stampo!» ribatté lui imbarazzato
«Non... non
significava nulla»
Non
era per nulla convinto di quello che diceva, il suo tono di voce era
insicuro e traballante.
«E
poi» sospirò «io non voglio
più stare con Benedetta» ammise, con
un filo di voce.
Mi
allontanai da lui e lo guardai stupita, confusa ed incredula. Quello
che temevo si stava avverando e già mi spaventava quello che
mi
avrebbe detto Abbate, cosa avrebbe fatto Germa.
«Per-Perché?!»
balbettai.
Federico
si umettò le labbra e si sistemò il ciuffo biondo
e sbarazzino che
il vento aveva scompigliato. Si guardò le scarpe e
sbuffò,
grattandosi la nuca.
«È
petulante!» esclamò, aprendo le braccia e
facendole ricadere lungo
i fianchi «È asfissiante, gelosa, sospettosa. Mi
chiama ad ogni
minuto del giorno e mi fa il terzo grado. “Dove sei, con chi
sei,
cosa stai facendo”» sospirò, scuotendo
la testa «Mi toglie
l'aria! E io non riesco più a sopportarla. È una
cara ragazza, una
buona amica, ma come fidanzata è insostenibile»
Boccheggiai
e vagai con lo sguardo, scrutando ogni centimetro dell'asfalto sotto
le mie scarpe.
«Fede,
non farlo» gli dissi, stringendogli le mani «Non
per me» aggiunsi,
sicura che quella fosse una scusa.
Abbate
si morse le labbra e sorrise imbarazzato, fondendo le sue iridi
nocciola con le mie.
«Non
l'ho sto facendo per te» sospirò «Te lo
giuro. So benissimo che
con te non ho speranze, che sei innamorata di quel ragazzo. La lascio
perché non sto bene con lei, tutto qua. Molto probabilmente
ho
sbagliato fin da subito a mettermi con Benedetta, ma volevo lasciarmi
la delusione per te alle spalle e stare con lei mi sembrava la
soluzione migliore. Credevo che, con il tempo, mi sarei innamorato di
lei, ma è davvero troppo gelosa per i miei gusti»
Guardai
in quei suoi occhi dolci, trovandoci sincerità e delusione.
Era
amareggiato per le sue stesse parole, perché il mio cuore
era stato
ghermito da Dario e pensava che non sarebbe mai appartenuto a lui. Ma
le strade del destino erano imprevedibili, così come lo era
il cuore
fragile di una ragazza ferita che aveva solo voglia di essere amata.
Rimanemmo a fissarci per alcuni secondi, mani nelle mani, occhi negli
occhi, senza proferire una sola parola.
«Comunque»
sospirò, liberandosi dalla mia stretta e riprendendo a
camminare
«Cos'è successo ieri sera? Non te l'ho chiesto
subito perché eri
sconvolta!»
Già,
non gli avevo detto nulla. Avevo pianto per tutto il tragitto in
moto, bagnando la sua giacca con le mie lacrime e lui, sensibile come
sempre, era rimasto in silenzio, non si era intromesso nei miei
sentimenti e nel mio dolore.
«Dario»
risposi in un soffio «Doveva essere una serata di sole donne,
spensierata e divertente. E invece c'è stata la sorpresa.
Era il
nostro regalo per la festa della donna e abbiamo litigato,
ovviamente. Ma questa volta è veramente tutto finito. Ho
chiuso con
lui»
«Mi
dispiace. Immagino come starai soffrendo» mormorò.
«Ho
il cuore a pezzi» ribattei, con un sorriso amaro
«Dovrei odiarlo,
invece continuo a pensarlo, ad amarlo. Sono una stupida»
«Non
è vero» disse Federico, sorridendomi
«L'amore è un sentimento
nobile e non bisogna sentirsi stupidi»
«Sarà
anche nobile, ma è più affilato di una
spada» risposi «Ferisce e
preferirei rimanere sola tutta la vita, piuttosto che soffrire
così
un'altra volta»
«Alice,
non privarti di qualcosa di così meraviglioso come
l'amore» sorrise
«Le ferite sono temporanee, si rimarginano e non devono
assolutamente condizionarti» si fermò davanti a me
e mi strinse le
spalle «Ama, Alice. Continua ad amare e prima o poi troverai
qualcuno degno di ricevere il tuo amore».
Sorrisi
a quelle parole, sentendo un minimo di conforto crescere in me.
Federico aveva ragione, perché privarmi dell'amore solo per
aver
sofferto con Dario? Il mondo era pieno di ragazzi e sicuramente ce
n'era uno che stava aspettando me, che mi avrebbe amato, apprezzato,
che sarebbe stato degno del mio amore. Io sarei stata la sua
principessa, lui il mio principe azzurro, ed avremmo vissuto la
nostra favola così come avevo sempre immaginato da quando
ero
piccina.
Magari
era Federico il ragazzo che aspettavo.
«Grazie
Fede» mormorai abbracciandolo «Non so come farei
senza di te e
senza il tuo conforto»
«È
il minimo che dovrebbe fare un migliore amico, no?»
Lo
guardai negli occhi e sorridemmo all'unisono. Mi morsi un labbro,
prima di alzarmi sulle punte e spingerlo verso di me per potergli
dare un bacio sulla guancia. Strofinai il mio naso contro la sua
canappia e poi appoggiai la fronte contro la sua.
«Ti
voglio tanto bene» mormorai.
«Se
dicessi anche io, mentirei»
«Come
va con mio fratello?» domandai a Claudia, appoggiandomi al
pilastro
nell'atrio nell'attesa dell'arrivo di Benedetta.
«Va»
scrollò le spalle, incrociando poi le braccia «Ci
frequentiamo»
aggiunse, non del tutto convinta.
Aggrottai
la fronte e sorrisi sorniona. Avevo imparato a conoscerla e quando
rispondeva con tono vago, dondolandosi da un piede all'altro voleva
dire che nascondeva qualcosa. E lo stesso valeva per Smell che, da
quel 14 febbraio, sembrava molto più felice e sorrideva in
continuazione, cosa mai successa visto che teneva sempre il broncio.
«No
ok!» trillò d'un tratto prendendomi le mani
«Raffaele è
fantastico. È così dolce, è un
cucciolotto e ci piacciono le
stesse cose. Assolutamente incredibile!»
«Sei
sicura di star parlando di Raffaele Livraghi? No, perché da
come lo
descrivi sembra un'altra persona» ridacchiai.
«Sicurissima,
mia cara» rispose con un sorriso «E devo
ringraziarti per avermelo
fatto conoscere!» cinguettò con le guance rosse.
«Oddio,
non credevo possibile che qualcuna potesse prendersi una cotta per
mio fratello» commentai sarcastica ed incredula.
«Sarà
che mi accontento di poco» ribatté e scoppiammo a
ridere «Diciamo
anche che ha delle doti nascoste».
La
guardai dubbiosa e Claudia indicò verso il basso. Ci volle
un po'
prima di riuscire a capire che stava parlando di sesso. Nono solo
quei due si frequentavano, ma erano già arrivati in quarta
base nel
giro di nemmeno un mese. Ero l'unica che non la smollava dopo il
primo appuntamento.
«Comunque,
Ben mi ha detto cosa è successo sabato al
Limelight» se ne uscì ad
un tratto ed io rimasi impietrita.
«Cos'è
successo?!» feci la finta tonta.
«Che
hai litigato con il gigolò che c'era alla festa»
sospirò «E che
quel gigolò era Edoardo. O meglio, Dario».
Incrociò
le braccia e mi guardò con sufficienza. Bene, ero stata
scoperta.
Non ci voleva molto a fare due più due, a capire la farsa
che avevo
creato. Boccheggiai e abbassai lo sguardo, fuggendo da quello
perlaceo di Claudia.
«Alice,
perché non ci hai detto la verità?! Siamo le tue
migliori amiche»
«Già»
sospirai «Avrei dovuto dirvi che non esisteva nessun Edoardo,
ma
avevo paura che mi avreste presa in giro»
«Tesoro!»
esclamò, abbracciandomi «Non lo avremmo mai
fatto!».
Ricambiai
la stretta e sorrisi. Ero stata una stupida a non fidarmi di loro.
Avrei dovuto dire subito la verità, fregarmene degli altri,
così
magari avrei anche evitato di conoscere Dario.
«Lui
ti piace, vero?» domandò, vicino al mio orecchio
«A San Valentino
eravate così affiatati e tu eri visibilmente
cotta!»
«Sì»
ammisi in un soffio «Ma abbiamo chiuso
definitivamente»
«Perché
mai?» chiese perplessa, sciogliendo l'abbraccio.
«Perché
è un idiota. Ha giocato con i miei sentimenti»
confessai con un
filo di voce.
«Umpf...
uomini!» esclamò «Sono tutti uguali.
Lascialo perdere, ne troverai
sicuramente uno migliore di lui, magari che faccia anche un altro
mestiere».
Ridacchiai
ed annuii mestamente.
«Chi-chissà
Germa» cambiai discorso, imbarazzata, soffocata ancora una
volta dal
pensiero di Dario. Non dovevo pensarlo o sennò non sarei mai
più
riuscita a dimenticarlo.
«Strano
che non sia già qui» rispose preoccupata Claudia.
Guardai
l'orologio che segnava quasi le otto e di Benedetta nemmeno l'ombra.
Iniziai a preoccuparmi di non vederla arrivare, dato che lei era
sempre la prima a mettere piede nella scuola. Se si fosse sentita
poco bene, mi avrebbe scritto un messaggio, così come se
avesse
deciso di rimanere a casa a poltrire. Ma il mio cellulare era rimasto
muto per tutta la domenica e quel lunedì mattina, per cui
cominciai
a farmi ‘i film’ peggiori. Pensai che avesse fatto
un incidente,
che un maniaco l'avesse rapita per fare un gioco sadico stile Saw
o che fosse stata uccisa da un serial killer. O peggio, era
arrabbiata con me per la bugia su Edoardo. Era sicuramente
così, era
furiosa perché le avevo nascosto la verità.
«Magari
è solo in ritardo» ipotizzò Claudia
«Direi di iniziare a salire
che tra poco iniziano le lezioni».
Annuii
e diedi un ultimo sguardo fuori dalla porta a vetri sperando di
vederla arrivare, ma di lei non c'era traccia. C'erano solo ragazzi
che fumavano e quel demente di Saronno che aveva ancora il coraggio
di salutarmi. Di tutta risposta gli alzai il medio, godendomi la sua
faccia da merluzzo sotto sale e mi incamminai verso la mia classe,
raggiungendo Claudia sulle scale.
«Ci
vediamo all'intervallo» disse, raggiunta la sua aula
«Adesso provo
a scriverle per vedere se va tutto bene»
«Ok»
soffiai e la salutai senza entusiasmo, continuando a percorrere il
corridoio.
Il
professore non era ancora arrivato a giudicare dai miei compagni che
bighellonavano. Senza nemmeno essere notata da loro, entrai in
classe, sperando di trovarvi Benedetta. Ma il suo posto era vuoto e
sentii il mondo crollarmi addosso. Non volevo perdere Germa per una
stupida bugia, per quel cretino di Dario.
Sospirai
ed andai a sedermi al mio banco. Il chiacchiericcio infernale che
c'era in quell'aula, ma soprattutto il continuo coccodè
di quelle galline delle mie compagne erano insopportabili,
perciò
acchiappai il mio Ipod per estraniarmi da quella classe, anche se in
realtà non avevo nemmeno voglia di ascoltare musica. Non
cambiai
nemmeno la modalità, lasciandolo sintonizzato su radio
DeeJay, la
stazione che ascoltava mia madre in continuazione.
Pubblicità,
noiosa pubblicità radiofonica. Programmi, prodotti di
cosmesi,
partecipa al concorso per diventare Deejay…
Sbuffai
sonoramente ed, improvvisamente, una cuffietta mi venne strappata
dall'orecchio. Alzai lo sguardo ritrovandomi di fronte la Cariati con
le braccia incrociate con l'inseparabile Lamira che imitava qualsiasi
gesto di Cristina.
«Ciao
Alice!» miagolò la bionda.
«Ciao»
risposi intimidita.
«Devi
assolutamente dirci cosa è successo sabato!»
esclamò.
Lei
e la sua stupida passione per il gossip. Sapevo che non sarei
riuscita a scappare alle sue grinfie e sapevo anche che mi ero messa
in un bel pasticcio.
«Ti
abbiamo vista scappare» intervenne Francesca.
«Niente
di che» sorrisi tesa «Ha solo allungato un po'
troppo le mani»
mentii.
«Veramente?!»
cinguettò Cristina, portandosi una mano sul cuore
«A me sembrava
che voi due vi conosceste molto bene. Conoscevi addirittura il suo
nome e lui si scusava con te»
Non
le sfuggiva proprio nulla a quella gallina. Deglutii a vuoto ed
annaspai, senza sapere che cosa rispondere.
«Una
semplice studentessa del liceo che conosce un gigolò. Che
per giunta
è lo stesso ragazzo che era alla festa di San Valentino con
te, o
sbaglio?» sorrise sorniona.
Abbassai
lo sguardo, senza fiato, senza parole per chiudere il becco di
quell'oca. In quel preciso istante avrei tanto voluto essere
risucchiata dal pavimento o essere rapita dagli alieni, piuttosto che
sostenere lo sguardo intenso di Cristina.
«Dovrà
pur significare qualcosa tutto ciò!»
esclamò, fingendo
perplessità.
«Sì,
che è una bugiarda» disse una voce alle sue spalle
e d'improvviso
apparve Benedetta, struccata, i capelli scompigliati e gli occhi
pieni di rabbia.
Mi
alzai di scatto dalla sedia e la raggiunsi, pronta a spiegarle tutto,
a dirle la verità ma non feci nemmeno in tempo ad aprire
bocca che
la mano di Germa mi colpì con furia una guancia, emettendo
un suono
sordo che zittì i miei compagni. La guardai con gli occhi
sbarrati,
massaggiandomi la gota, incredula per quello che aveva appena fatto.
«Benedetta»
mormorai tremante.
«Sei
una stronza Alice!» sbraitò, cominciando a
piangere.
«È
per Edoardo?» chiesi sconvolta.
«Non
m'importa nulla di Edoardo, Dario o come cavolo si chiama!»
rispose
mettendosi le mani tra i capelli «Tu, sei solo una
puttana» sibilò,
puntandomi un dito contro.
Ero
basita, completamente senza parole di fronte a quell'indice tremante,
di fronte a quella Benedetta in lacrime che mi offendeva con rabbia.
«Dovevo
capire che dietro il faccino da santarellina che ti ritrovi si
nascondeva una troia» ringhiò.
«Germa,
io...» tentai di dire.
«Sta’
zitta!» sbraitò così forte che la voce
le si strozzò in gola «Ti
ho vista con Federico ieri pomeriggio. Ero andata in piscina per
fargli una sorpresa, lui credeva che io fossi da mia nonna. E cosa
scopro?!» serrò i pugni e strizzò gli
occhi «Voi due che vi
sbaciucchiate!»
«No,
Ben! Hai frainteso!» esclamai e cercai di afferrarle le mani,
ma lei
le ritrasse.
«Ah
sì?! Allora spiegami perché la sera stessa mi ha
mollata» mormorò,
cercando di controllare i singhiozzi «Coincidenza?! Non credo
proprio. Tu sei l'altra, quella che ha allontanato Federico da
me»
«Ti
sbagli Ben» soffiai, quasi al limite della disperazione.
«E
non tentare di calmarmi con quelle lacrime di coccodrillo»
mormorò
«Credevo di aver trovato un'amica e invece mi hai pugnalata
alle
spalle» abbassò lo sguardo e si morse le labbra.
Era la prima volta
che la vedevo così fragile, così indifesa e la
colpa era soltanto
mia. «Ti odio Alice. Vorrei dirti di non farti più
vedere da me, ma
purtroppo siamo nella stessa classe. Per cui, vedi di ignorarmi, da
ora in poi. E non provare a cercarmi, non voglio più sentire
la tua
voce stridula»
Si
voltò di scatto e andò a sedersi in fondo alla
classe, vicina alla
finestra. Avevo gli occhi di tutti posati su di me, perfino quelli
del professore che era rimasto ad assistere incredulo a quel litigio.
Mi sentivo morire, ferita dallo sguardo pieno di rabbia di Benedetta,
logorata dentro da quelle parole.
Ti
odio.
La
mia migliore amica mi odiava. Nel giro di poco tempo avevo perso due
delle persone più importanti per me… prima Dario,
poi Benedetta. E
l'artefice di tutto quel trambusto ero io.
Benedetta,
oramai, si comportava quasi come se io fossi morta. Non un saluto,
non un cenno, nemmeno uno sguardo. Anche lei, come Francesca era
diventata una specie di caricatura della Cariati. La seguiva dovunque
andasse, rideva a qualsiasi sua battuta, si comportava da stronza
esattamente come Cristina. Ed io mi sentivo sempre più sola.
Certo,
c'era Claudia, che però doveva dividersi tra me e Benedetta,
lavoro
non semplice per lei che doveva sorbirsi i nostri piagnistei in
continuazione. Poi c'era Federico, la
mela della discordia, colui
che aveva spezzato il cuore della mia migliore amica. Forse avrei
dovuto tagliare i ponti con lui, scaricargli addosso tutta la colpa,
ma non ci riuscivo. Sapevo bene che tutto era nato per colpa mia, per
quella mia stupida bugia, per cui non potevo prendermela con Abbate.
Per
cui, ricaddi nuovamente in quella spirale di tristezza che credevo di
aver superato. Ormai, la mia infelicità era cronica. A tutto
questo
si aggiungeva il mio compleanno.
Il
diciottesimo.
Un
traguardo per tutti, da festeggiare in discoteca con migliaia di
amici e fiumi di alcool. Peccato che per me non fosse così.
Era un
giorno come tutti gli altri, monotono e triste e le uniche cose che
mi ricordavano che era il 13 marzo erano gli auguri sporadici che mi
arrivavano sul cellulare dai parenti e la torta gelato che aveva
comprato mia madre. Non mi ero mai immaginata di passare il mio
diciottesimo compleanno in un locale notturno, ma nemmeno chiusa
nella mia stanza abbracciata al cuscino.
Suonarono
al citofono e sospirai scocciata di dover abbandonare il mio
confortevole letto. Mi trascinai svogliatamente verso il citofono,
chiedendomi chi rompesse le scatole alle quattro del pomeriggio.
«Sì…»
biascicai senza entusiasmo.
«Stavo
cercando Livraghi Alice» disse una voce scura.
«So-sono
io» tentennai insicura.
«Mi
hanno detto che oggi è il suo compleanno! E di farla
scendere, che
c'è qualcuno che la sta aspettando»
Sorrisi,
scuotendo la testa, capendo solo in quel momento che a parlare era
Abbate.
«Che
vuoi Fede? Non ho davvero voglia di uscire»
«Volevo
darti il mio regalo di compleanno!» rispose
«Scendi, dai!» mi
pregò.
«Arrivo»
sbuffai.
Fortunatamente
ero ancora vestita, per cui non persi tempo e raggiunsi Federico
fuori dal palazzo. Mi sorrise e mi strinse a sé, baciandomi
tra i
capelli. Lo squadrai da capo a piedi, ma non sembrava avere con
sé
nulla, se non la sua moto.
«E
il regalo?» domandai perplessa.
«Dobbiamo
raggiungerlo» rispose con ovvietà.
Aggrottai
le sopracciglia, sempre più dubbiosa.
«Non
fare domande. Avvisa solo tua madre che tornerai per le otto a
casa»
Che
cosa diavolo aveva architettato Abbate?! Titubante, suonai al
citofono e spiegai ad un geloso Smell che sarei uscita con Federico.
Afferrai
il casco che Abbate mi stava tendendo e lo indossai, salendo sul quel
mostro a due ruote. C'ero già stata sulla moto, ma ero
troppo
depressa per potermi preoccupare della sua pericolosità.
Però
quella volta ero abbastanza lucida da impaurirmi anche solo
sentendola sgasare. Avevo timore di cadere da quel trabiccolo, di
rimanerci secca.
Non
appena la moto partì, strinsi il busto di Federico,
aggrappandomi
alla sua giacca e affondando il viso nella sua schiena. E non avevo
la minima intenzione di staccarmi da lui, di guardarmi intorno e
vedere le macchine sfrecciarmi di fianco. Avevo fin troppa paura
della velocità e se avessi visto la moto zigzagare tra le
auto mi
sarebbe venuto un infarto.
Per
tutto il tragitto mi canticchiai quasi tutta la discografia di
Tiziano Ferro per dimenticarmi di essere su una moto che viaggiava a
chissà quanti chilometri orari. Non seppi nemmeno quanto
tempo
impiegammo per raggiungere il mio regalo, avevo perso qualsiasi
cognizione.
«Siamo
arrivati» annunciò a gran voce Federico, spegnendo
la moto.
Si
era fermato su una piccola strada che costeggiava un verdeggiante
boschetto. Scesi da quel trabiccolo, guardando stranita le villette
di quel paesello. Non avevo la benché minima idea di dove
fossi, né
tanto meno cosa avesse in mente Federico. Mi tolsi il casco,
tendendolo ad Abbate, che lo sistemò dentro il sellino della
moto.
«Seguimi»
disse, trascinandosi dietro il mostro a due ruote ed inoltrandosi nel
boschetto.
«Che
cosa hai in mente, Federico?!» domandai a gran voce,
seguendolo
titubante.
«Fidati
di me!»
Insomma,
mi stava chiedendo di andare con lui in un bosco, tanto sicura non lo
ero. Se fosse impazzito tutto d'un tratto e avesse dei pensieri
sconci su di me? Se avesse voluto farmi del male? Magari era sempre
stato un maniaco ed io non me n'ero accorta.
Tutti
questi pensieri tragici vennero spazzati via non appena vidi apparire
davanti a me una distesa azzurra e cristallina. Rimasi estasiata nel
vedere quell'immenso lago nel quale si specchiavano gli alberi e il
sole. Sembrava quasi di essere dentro ad un quadro, con quei colori
tenui e romantici.
«È...
è bellissimo» mormorai, avvicinandomi alla riva.
«Il
lago di Pusiano» commentò Federico, affiancandosi
a me e
stringendomi la spalla «Mio nonno mi ci portava sempre quando
ero
piccolo»
«È
questo il mio regalo?» domandai, persa in quello spettacolo
naturale.
«Già»
rispose «Volevo che ti ricordassi questo giorno per sempre.
Aspetta
di vedere il tramonto»
«Davvero
splendido» mormorai «Grazie Fede».
Abbate
arrossì, abbassando lo sguardo e sorrise. Rimanemmo stretti
a
guardare il lago per alcuni secondi, coccolati dal vento che spirava
tra gli alberi e che increspava l'acqua.
«Ti
piace nuotare, vero?» domandai, sorridendo sorniona.
«Sì,
ovvio» rispose con le sopracciglia abbassate.
«Bene»
ridacchiai.
Gli
strinsi un braccio e lo trascinai, cercando di spingerlo dentro il
lago. Ma spostare Abbate era come cercare di muovere una montagna.
Lui puntò i piedi nel terreno e ogni mio tentativo di
spingerlo in
acqua era vano. Era immobile e rideva mentre io cercavo
disperatamente di farlo muovere da lì.
Improvvisamente,
Federico mi afferrò il polso, trascinandomi verso di lui e
mi
sollevò da terra, prendendomi in braccio. I suoi occhi
sprizzavano
furbizia, così come il suo sorriso appena accennato.
«Non
ci provare» gli intimai, puntandogli un dito contro e
ridacchiando.
«Tu
volevi buttarmi in acqua, per cui ti accontento»
ribatté,
avvicinandosi all'acqua «Però tu vieni con
me!».
Cominciai
a dimenarmi per liberarmi dalla sua presa, ma la sua stretta divenne
più forte. Non volevo finire in acqua e fare un bagno fuori
stagione, anche perché sarei sicuramente annegata.
«No,
ti prego, Fede, lasciami!» lo supplicai ridendo.
Nemmeno
gli occhi dolci lo convinsero a lasciarmi andare. Entrò in
acqua e
lo sentii tremare per il gelo del lago. Avvolsi le mani intorno al
suo collo, stringendomi ancora di più a lui
perché non volevo
assolutamente sfiorare quell'acqua che sembrava gelida. Ma le mie
preghiere furono inutili e Federico mi gettò nel lago.
Scoppiò a
ridere, mentre io annaspavo per cercare un po' d'aria ed evitare
così
di annegare.
«Federico
Abbate sei un uomo morto» sibilai, completamente zuppa.
Fortunatamente
toccavo, per cui, impacciata, mi avvinai a lui, schizzandolo.
Ridacchiai, mentre lo vedevo scappare da me con le mani davanti al
viso per pararsi dai miei schizzi. Ormai mi ero dimenticata del gelo
di quel lago, pensavo solo a divertirmi ad inseguire Federico. Come
al solito, lui riusciva a rallegrare le mie giornate, ad illuminare
con la sua gioia momenti estremamente bui. Con lui mi sentivo felice,
anche avendo il cuore infranto, anche dopo aver perduto la mia
migliore amica. Era sufficiente solo il suo sorriso perché
mi
rallegrassi.
«No,
dai, basta!» si lagnò, cercando di scappare dagli
schizzi.
«Mi
sto solo vendicando!» esclamai divertita, inseguendolo e
continuando
a spruzzarlo.
Uscì
fuori dall'acqua scuotendo la testa e si sistemò i capelli
bagnati.
Lo raggiunsi sulla riva e scoppiammo a ridere come due scemi. Mi
avvicinai a lui, con il fiatone, zuppa dalla testa ai piedi e la
pelle d'oca e Federico mi strinse a sé, strofinandomi le
braccia con
le sue mani morbide per cercare di riscaldarmi.
«Un
bel bagno fuori stagione era proprio l'ideale»
ridacchiò.
«Soprattutto
in un lago ghiacciato» ribattei, ridendo.
«Prevedo
una bella settimana di febbre»
I
nostri occhi si incontrarono e le nostre iridi si fusero all'istante.
Sentii un piccolo guizzo nel petto, come se il mio cuore stesse
riprendendo a palpitare irregolarmente per qualcuno… per
Federico.
Rimasi a fissare le sua labbra carnose ancora bagnate e sentii lo
strano desiderio di concludere quello che avevamo cominciato sul mio
divano più di un mese prima e che Smell aveva interrotto. Mi
morsi
un labbro ed affondai una mano tra i suoi capelli biondi, alzandomi
sulle punte. Federico deglutì e si abbassò verso
di me, sfiorando
le mie labbra con le sue.
Al
diavolo Dario e i suoi sbalzi di umore, al diavolo Benedetta e il suo
odio, al diavolo tutto e tutti. Quella era davvero la volta buona che
le pagine della mia esistenza cominciassero a scorrere, veloci,
lasciandosi alle spalle la mia vecchia vita alle spalle. Con
Federico, piano piano, avrei sistemato i pezzi del mio cuore, avrei
ricominciato ad amare, avrei smesso di pensare a Dario. Lui sarebbe
stato il mio nuovo inizio.
Con
la punta della lingua gli solleticai le labbra, che dischiuse subito
dopo per permettermi di entrare nella sua bocca. Le nostre lingue si
incontrarono per la prima volta e, impacciate ed intimidite, si
sfiorarono, come se volessero conoscersi. Dopo un primo momento di
esitazione da parte di entrambi, quel bacio si fece più
passionale,
quasi travolgente. Federico mi cinse i fianchi, stringendomi a lui,
facendo aderire i nostri corpi bagnati. Mi lasciai completamente
trasportare da quel bacio, mordendogli di tanto in tanto il labbro
inferiore ed esplorando con le mani il suo corpo scultoreo attraverso
gli indumenti fradici. Il mio respiro si fece irregolare e mi sentii
andare a fuoco a sentire quei muscoli quasi perfetti scivolare sotto
le mie dita. Intanto, le mani di Federico s'infilarono lentamente
sotto il mio maglioncino, percorrendo con i suoi delicati
polpastrelli la mia schiena in tutta la sua lunghezza e lasciandosi
dietro una scia di brividi che si propagarono in tutto il mio corpo.
Ero
stata travolta da quella passione, da quel bacio dolcissimo, ma non
riuscii a non pensare a Dario, alle sue labbra e al suo corpo, al suo
odore e tutto ciò che era legato a lui. Sentivo la sua
mancanza e
per un solo istante sperai che al posto di Federico ci fosse lui.
No,
no, no!
Stavo
sbagliando tutto! Dario faceva parte del mio passato, doveva
perlomeno, invece Federico era il mio presente e forse anche il mio
futuro.
Le
labbra di Abbate si allontanarono dalle mie e lui appoggiò
la sua
fronte sulla mia. Ancora una volta ci ritrovammo occhi negli occhi,
senza niente da dire, senza parole per poter descrivere quello che
era appena successo. Eravamo entrambi imbarazzati, spiazzati da quel
bacio e le nostre guance avevano lo stesso color porpora. Deglutii e
mi morsi il labbro inferiore, indecisa se dare voce ai miei pensieri
oppure tacere.
«Che»
presi un respiro profondo «Che ne dice se...»
esitai ancora
«provassimo a stare insieme» azzardai, sfuggendo al
suo sguardo e
torturandomi le labbra.
Federico
esitò qualche secondo, prima di sospirare e allontanarsi da
me,
scrollando la testa.
«No»
rispose esitante.
Sgranai
gli occhi, incredula di fronte all'ennesimo rifiuto. Credevo che lui
provasse qualcosa per me, che non mi avrebbe mai negato il suo amore
e invece mi ritrovavo di fronte ad un No
di Federico, l'unico di cui non avrei mai dubitato.
«Alice,
credimi, io vorrei tanto stare con te. È da quando avevo
undici anni
che sono innamorato di te, ma» sospirò affranto,
scuotendo la testa
«so che tu non proverai mai nulla per me. Sono solo un
ripiego»
«Non...
non è così» ribattei insicura.
«Sì
invece! Lo fai solo perché vuoi dimenticarti di quel
Damiano,
Daniele o come diavolo si chiama. E stai commettendo un grosso
errore, il mio stesso errore. Per non pensare a te, io ho fatto
soffrire una ragazza» abbassò lo sguardo e
calciò un legnetto «Ed
io non voglio soffrire e perderti di nuovo. Perché
è chiaro che tra
di noi non potrà mai funzionare. Tu non sei abbastanza presa
da me e
questo rovinerà la nostra amicizia. Preferisco averti
accanto per
tutta la vita come amica piuttosto che pochi mesi come la mia
ragazza».
Lo
guardai stupita, colpita nel profondo da quelle parole. Nonostante
cercassi di convincermi che Federico fosse quello giusto, che lui
sarebbe stato addirittura il mio futuro, sapevo bene che il mio cuore
batteva ancora per Dario e che per Abbate non provavo nulla, se non
una semplice amicizia. E mi sentii una stupida per averlo baciato,
per avergli proposto di essere il mio ragazzo senza in
realtà
volerlo davvero. Prima di tutto, avrei dovuto allontanare Dario da
mio cuore, poi avrei potuto innamorarmi di nuovo di qualcuno.
«Scusami
Fede» riuscii solamente a dire.
Lui
sorrise mestamente e scosse la testa, affondando le mani nelle tasche
dei jeans. Si voltò verso il lago, avvicinandosi alla riva.
«Il
sole sta tramontando» sospirò.
Mi
avvicinai a lui e intrecciai le nostre dita. Il sole aveva colorato
il cielo di un rosso intenso, quasi come se le nuvole avessero preso
fuoco tutto d'un tratto. Anche il lago si era tinto di scarlatto,
abbandonando per qualche minuto il suo azzurro tenue che ci aveva
accolti. Il sole che si abbandonava al lago, che sembrava venir
avvolto dalle acque era uno degli spettacoli più belli e
emozionanti
che avessi mai visto e fui felice di condividere quel momento insieme
al mio
migliore amico.
Quando
il sole calò completamente lasciando il cielo in balia del
buio che
precedeva la notte, montammo nuovamente sulla mota diretti verso il
nostro paese. Mi sentivo quasi sollevata dopo quel pomeriggio al
lago, dopo le parole di Federico. Tra di noi non ci sarebbe mai stato
nulla, se non una grandiosa amicizia. Sicuramente, lì, da
qualche
parte, c'era qualcuno che ci stava aspettando, che attendeva di
essere trovato da noi ed essere amato. Ma, nell'attesa dell'arrivo
del nostro
vero amore,
avremmo contato sul nostro supporto, sulla nostra splendida amicizia
che ero felice di aver ritrovato.
Dopo
nemmeno un'ora eravamo arrivati sotto casa mia. Scesi dalla moto e
gli tesi il casco.
«Grazie
di tutto» gli dissi, abbracciandolo «E scusami
ancora»
«Nah,
tranquilla!» esclamò lui sorridendo «Me
ne farò una ragione prima
o poi» ridacchiò ed io mi unii a lui.
«Ciao,
allora» mormorai, indietreggiando.
«Ciao»
rispose lui in un soffio «E auguri».
Gli
lanciai un bacio con la punte delle dita e entrai nel mio palazzo,
salendo in fretta le scale.
«Sono
tornata!» esclamai e mia madre uscì dalla cucina,
strofinandosi le
mani nel grembiule.
«Ciao
tesoro!» disse, dandomi un bacio sulla guancia
«Auguri alla mia
piccolina!» trillò abbracciando «Ah,
prima che mi scordi!»
esclamò battendosi una mano sulla fronte
«È venuto qui il tuo
amico, quello di San Valentino. Ti ha lasciato qualcosa in
camera».
Il
mio cuore perse un battito e rimasi senza fiato. Dario era stato a
casa mia e la cosa mi lasciò senza parole. Mi precipitai
nella mia
camera e subito notai una scatoletta sul mio letto. L'afferrai subito
e sotto vi trovai un bigliettino, scritto con una calligrafia
elegante, chiara. Prima di tutto, aprii la scatolina blu trovandovi
dentro una fine collanina di oro bianco con appeso il ciondolo di una
fatina. La strinsi nella mano, avvicinandola al cuore, sentendo
immediatamente le lacrime premere agli angoli degli occhi. Inspirai a
fondo e lessi il bigliettino, lasciandomi poi cadere sul letto con la
collana stretta al petto e quel biglietto bagnato di lacrime.
Un
regalo per la mia piccola che oggi diventa grande.
Mi
dispiace molto per come sono andate le cose, ma sono sicuro che prima
o poi tutto si sistemerà e che tu potrai finalmente sentirti
la
principessa delle tue favole. Io mi limiterò ad essere la
tua
fatina.
Un
bacio e tanti auguri piccola mia <3
PS:
I MISS YOU
__________________________________
Con un tempo da record, eccomi ad
aggiornare!
Sono accadute molte cose in questo capitolo. Prima tra tutte la
litigata tra Alice e Germa! Si sapeva che prima o poi sarebbe successo.
Benedetta è innamorata di Federico e Federico è
innamorato di Alice, un bel casotto! Quindi, un litigio del
genere era nell'aria da un bel po'. chissà se la loro
amicizia è definitivamente chiusa :3
Claudia e Raffaele fanno coppia fissa, per la gioia di voi
lettrici. E pare che vada a gonfie vele tra i due. Per di
più, Claudia ha scoperto la verità su Alice e
Dario e non l'ha presa affatto male. Era la nostra cara protagonista a
farsi le paranoie, così come le ha detto Federico.
A proposito di quest'ultimo! Alla fine si è deciso a
lasciare Benedetta. Ha capito di aver sbagliato a mettersi con lei,
forse un po' troppo tradi. Ma errare è umano! E ancora una
volta si dimostra dolce e disponibile. È davvero l'apoteosi
dello zucchero questo ragazzo >.<
Il compleanno di Alice sembrava essere triste, ma arriva Abbate in
sella alla sua moto che la porta al lago a vedere il tramonto. Che
romantico ♥ . ♥ E ci scappa il bacio!
Alice vuole dimenticare Dario e l'unico modo crede sia quello di
fidanzarsi con Federico, commettendo così lo stesso errore
del suo amico.
La bella notizia è che Federico si è fatto da
parte, con vostra immensa gioia. Quella brutta è: che fine
ha fatto Dario? Le ha regalato la collanina, ma dove sarà?
Cosa starà facendo? Tra loro, ci sarà mai
qualcosa?
Bah...Never say never :3
Ringrazio le ben 24 (ragazze, sono commossa
ç___ç) che hanno recensito lo scorso capitolo. Mi
scuso se non ho ancora risposto >.< lo farò
presto.
Grazie alle persone che hanno inserito la storia tra le preferite,
seguite, ricordate.
Un grazie specialissimo a Nessie
e IoNarrante
che mi sopportano all day long!
Un po' di pubblicità:
Red
District
Come
in un Sogno - con IoNarrante.
You're
a mistake I'm willing to take - con IoNarrante...leggetela
per sapere qualcosa in più del nostro Dario ;)
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Facebook - dove troverete spoiler, foto, novità,
contest e tanto divertimento (pare la pubblicità di un parco
divertimenti xD)
Detto qusto, vi saluto. Sono un po' di
fretta, lo ammetto ù.ù Ma dovevo postarlo questo
capitolo.
Al prossimo!
Un bacio a tutte/i! Vi adoro ♥