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Autore: lar185    31/07/2011    1 recensioni
- Mi scusi…?- disse, alzando il dito rivolta al cameriere.
- Mi dica signorina- rispose quello, sorridendole.
La giovane fu imbarazzata dal suo sorriso come una bambina alla quale viene fatto un complimento, abbassò lo sguardo per un frazione di secondo e poi riprese dicendo:
- E’ passato di qui per caso un principe?-
Il cameriere la guardò stralunato, Bianca evitò per un pelo di strozzarsi con l’acqua [...]
- Principe ha detto?-
- Già. Un principe. Non mi dica che non ne ha mai visto uno-
Il cameriere alzò le spalle.
- Beh, solo in televisione, e di solito non c’è mai tanto da dire su di loro. Principe William, principe Henry… non molto utili alla società-
La giovane sembrava sconcertata.
- Oh- sospirò, portandosi una mano alla bocca, - ma a parte la televisione, non ne ha visto uno qui dentro, vero?-
Il cameriere scosse la testa.
- Credo che lei si stia sbagliando, signorina. Non ci sono principi da queste parti-
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eva scese le scale goffamente, si stropicciò gli occhi e fece il suo ingresso in cucina. La luce del sole entrava dalle finestre spalancate, l’aria era stranamente fresca.
  • Buongiorno!-
Amanda sorrideva in maniera snervante.
Era in piedi di fianco al tavolo, indossava un abito verde e giallo scollato sul petto e lungo fino alle ginocchia ed aveva tra le mani un grande piatto con su qualcosa che sembrava una torta.
Eva storse il naso senza rispondere al saluto.

  • Dov’è mio padre?- chiese acida.
  • È andato a fare delle commissioni. Mi ha detto che potevo prepararti la colazione-
  • Colazione? Sto ancora digerendo la cena-
Eva si sedette al tavolo e si stropicciò di nuovo gli occhi sospirando rumorosamente.
  • Non vuoi una fetta di torta?-
Amanda si chinò verso di lei sbattendo le palpebre con fare civettuolo, Eva le lanciò uno sguardo talmente antipatico che la ragazza quasi si spaventò.
  • Okay, va bene. La mangerò io- disse poi, quasi a se stessa.
Eva aspettò che la ragazza si fosse girata verso il bancone della cucina per farle il verso.
Era lei quella che era scesa dalla macchina il giorno prima, con i capelli lisci e lucenti sotto il sole. Era lei quella che era tornata dopo due anni, lei, quella che era andata via lasciandola nei guai.
Amanda si tagliò una fettina di dolce, la mise in un piattino e si sedette di fronte ad Eva.

  • Come fai ad avere fame dopo tutto quello che abbiamo mangiato ieri?- le chiese dopo un momento.
Amanda alzò lo sguardo dal dolce con aria interrogativa.
  • Io non ho mangiato quasi niente ieri- mormorò.
Il suo sguardo tradiva qualcosa, Eva capì al volo. Questa volta non doveva essere stato molto piacevole per Amanda fare il suo ritorno in quella casa, Eva era quasi tentata di capirla, comprenderla. Dentro di se faceva fatica ad ammettere che le voleva bene, forse un po’ - si, solo un po’- e adesso le dispiaceva per lei, adesso che la poverina si ritrovava faccia a faccia con la realtà dalla quale era dovuta fuggire.
  • Sei stata una maleducata. Papà aveva fatto preparare tutti i tuoi piatti preferiti- disse con fare accusatorio.
Amanda non fece caso al suo tono e tantomeno alla portata della frase. Si limitò al alzare le spalle, Eva aggrottò le sopracciglia e distolse lo sguardo da lei. Aveva paura che nei suoi occhi Amanda leggesse quanto in realtà era dispiaciuta. Era difficile da spiegare, eppure il suo odio per Amanda nascondeva qualche falla.
  • Mi è dispiaciuto molto per tuo padre, - mormorò Amanda, - spero non se la sia presa troppo-
Gli occhi verdi di Amanda incrociarono quelli bruni di Eva.
  • Lascia perdere- buttò lì Eva, allontanando di nuovo la vista da lei. Amanda fissò la sua torta con l’espressione di chi ha perso completamente l’appetito, Eva si coprì il viso con i capelli corvini quasi a nascondersi.
Amanda la guardò con la coda dell’occhio e sospirò intuendo i suoi pensieri. Si passò una ciocca di capelli ramati dietro l’orecchio e si schiarì la voce.
  • Ascolta Eva, io lo so che…-
  • Hai combinato un gran casino? Dubito che tu possa capirlo-
  • Non volevo che succedesse-
  • Eppure è successo. Non era questo che eri venuta a fare qui, Amanda -
  • Ho commesso un errore, lo so, e sono andata via perché era la cosa migliore che potessi fare in quel momento-
  • Eppure ora sei di nuovo qui-
  • Ma adesso spero che…-
  • Perché sei tornata, Amanda?-
La domanda era cruda, quasi cattiva, ma Amanda non si fece intimidire dal tono di Eva. Dal canto suo, la ragazza era contenta che il suo tono fosse apparso tanto aggressivo. In quel modo avrebbe mascherato le sue vere emozioni.
Gli occhi di Amanda tradirono un sentimento che Eva non poté fraintendere.

  • Perché sono andata via prima del tempo- rispose poi Amanda, stando bene attenta a non guardare negli occhi l’altra.
  • Oh, certo. E aspetti che io ci creda?- sbottò fuori Eva.
  • Devi crederci-
  • Perché?-
  • Perché è la verità-
  • No, Amanda, non è la verità. Tu sai qual è la verità-
  • Non è quello che pensi tu -
  • Mi hai messa nei guai quando sei andata via Amanda, e io…-
  • Vorrei che tu mi raccontassi come…-
  • Non ora,- Eva abbassò lo sguardo, - adesso non ho più voglia di parlarti-
  • Non dire così-
La voce di Amanda mutò, Eva si sentì in colpa.
Il silenzio le avvolse per qualche momento, Eva sospirò quasi per attirare l’attenzione dell’altra.

  • Hai detto qualcosa a tuo padre quando sono andata via?- chiese poi Amanda, abbassando il volume della voce.
  • No. Ma aveva già capito tutto da solo-
Amanda sospirò, abbassò lo sguardo.
  • Tuo padre è un santo-
  • Già, lo so. E ti vuole bene, Amanda. Adesso sta’ attenta a non fare sciocchezze-
Eva si alzò dalla sedia e lasciò la stanza.
Amanda la guardò uscire velocemente mentre dentro le cresceva una strana malinconia e un grande senso di colpa. Si sentiva rimproverata da Eva come se fosse stata una sorella minore e avrebbe tanto desiderato poterlo essere. Anche se non era mai stata molto gentile, Amanda sapeva che Eva non sarebbe stata capace di fare del male ad una mosca e che tutte le sue reazioni erano perfettamente ragionevoli: lei era un elemento del tutto inatteso nella vita sua e di suo padre, e in più totalmente fuori dal comune. Senza volerlo Eva era rimasta coinvolta in qualcosa che non aveva scelto e che non sapeva gestire, ma non per questo non aveva imparato a volerle bene.
Avrebbe voluto avere una vita diversa, e in quel momento poteva capirla. Anche lei avrebbe tanto voluto avere un destino diverso, avere la possibilità di poter fare scelte diverse nella vita.
Ma alcune volte purtroppo di scelta non ce n’è.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
L’aria fresca di quel giorno aveva permesso a Bianca di poter tenere i capelli sciolti. Camminava con fare malinconico per via Scarlatti guardandosi intorno come se stesse osservando vetrine e negozi per la prima volta, come se non fosse mai entrata in nessuno di essi, come se quella non fosse la sua città.
Quella mattina si era svegliata molto presto anche se la festa della sera prima si era protratta fino a tardi e aveva deciso di andare a prendere un po’ d’aria per schiarirsi le idee. Ne aveva proprio bisogno, adesso che sentiva essere arrivata la tanto attesa maturità. Cosa fa una ragazza matura quando scopre di esserlo? Beh, tanto per iniziare, cerca un progetto per la sua vita. Bianca studiava già da svariati mesi per poter entrare nella facoltà di medicina, era sempre stato il suo sogno sin dall’infanzia ed era sempre stata molto determinata a raggiungere il suo scopo. Ragionandoci adesso, si rendeva conto che la scelta di quella facoltà poteva pure restare invariata: una ragazza matura sceglie una facoltà impegnativa e seria, quale quella di medicina. Poco importava se qualche mese prima era attratta fanaticamente dal suo probabile futuro stipendio da dottoressa in carriera, adesso si rendeva perfettamente conto che stava per scegliere quel mestiere per mettersi a servizio degli altri ed essere utile alla società. Proprio come una ragazza matura.
E poi avrebbe dovuto smetterla di chiedere soldi ai suoi genitori per ogni capriccio. Si rendeva perfettamente conto che sebbene mamma e papà le avrebbero sempre volentieri elargito liquidi, non poteva certo chiederne per tutta la vita. Non poteva certo dipendere da loro ancora per molto! Avrebbe avuto bisogno di un lavoro. Ma ammesso e non concesso che fosse riuscire ad entrare a medicina, sarebbero passati almeno dieci anni prima che riuscisse a lavorare stabilmente. E fino a quel momento cosa avrebbe fatto? Come avrebbe vissuto? Doveva prendere esempio da Stefano. Lui aveva un lavoro. Certo, non lo impegnava moltissimo, ma comunque lo aveva. Fino a qualche mese prima aveva snobbato la scelta del fratello di lavorare in un negozio di cd, mentre adesso capiva quanto questa scelta fosse stata presa alla sacrosanta luce della maturità. Anche lei aveva bisogno di un lavoro, anche un semplice lavoretto estivo.
Quella nuova consapevolezza la rendeva allo stesso tempo felice e triste.
Se era pur vero che era giunta a questa lodevole conclusione, doveva riconoscere di non sapere da dove cominciare per trovare un lavoro. Cos’è che sapeva fare bene?
Standoci a pensare un po’, si rese conto che non c’era niente in cui ella eccellesse. Avrebbe dovuto, almeno per il momento, cercare un lavoro di convenienza, uno per il quale non si richiedeva una certa competenza.
Si sentiva in seria difficoltà.
Si passò una mano tra i capelli, diede un’occhiata alla strada prima di attraversare via Morghen e salire le scale mobili fino a raggiungere il bar Mexico, lo stesso nel quale la mattina precedente aveva preso il caffè. Passò lentamente dinanzi ad esso e proprio quando stava per dare un’occhiata al suo interno, sentì una mano toccarle la spalla.

  • Bianca!-
Si voltò di scatto quando sentì la squillante voce di Lara penetrarle i timpani.
Non riusciva a crederci. Di nuovo lei.

  • Ciao Lara -
Bianca la salutò con un enorme sorriso, fingendo di essere allegra.
Lara le sorrideva gioiosamente come il giorno prima. Aveva i capelli rossi legati un una treccia e indossava un paio di pantaloncini verde militare su una graziosa camicetta giallina. Ai piedi aveva delle scarpe da ginnastica di tela gialla e portava una borsa color paglia a tracolla. Accanto a lei c’era un ragazzo alto ed atletico che sorrideva impacciato. Aveva i riccioli color dell’oro e vispi occhi celesti.
Santo Cielo, quello doveva essere lui, - si, il principe.

  • Oh, Bianca! Che piacere vederti! Questo è un segno, è davvero un segno! È la terza volta in due giorni che ci incontriamo!-
Lara parlava e gesticolava agitandosi tutta mentre il ragazzo al suo fianco arrossiva.
Bianca sorrise timidamente.

  • Anche per me è bello vederti - disse, tentando di farla smettere con quel teatrino ridicolo.
Lara rise, la sua risata cristallina le fece venire la pelle d’oca.
Quanto era strana quella ragazza.

  • Oh, oh, ma non vi ho presentati! Che sbadata! Bianca, lui è Ariel! Lui è, ehm…- Lara si chinò verso Bianca abbassando la voce, - lui è il principe!-
Bianca sgranò tanto d’occhi fingendosi sorpresa.
  • Oh, è lui?-
  • Già! Come sono felice di potertelo presentare!-
Bianca sorrise e guardò Ariel.
  • Piacere di conoscerti, io mi chiamo Bianca- disse porgendogli la mano. Stette molto attenta a parlare lentamente e a pronunciare bene le parole, aveva l’impressione che non fosse molto pratico con l’italiano. Chissà di quale Paese era il principe. Oh Dio, principe! No, no, stava perdendo tutta la sua maturità: lui non poteva essere un principe, e pure se lo fosse stato, non vedeva il motivo per cui dovesse farsi portare in gita turistica da una svampita come Lara.
  • Il piacere è mio- rispose Ariel stringendole la mano. Il suo italiano era perfetto.
Lara sorrise.
  • Ariel, Bianca è la mia nuova amica. Non c’è passo che faccia in questa città senza incontrarla! Non credi che sia un segno?-
Ariel sorrise a sua volta guardando Bianca.
Il principe indossava un paio di jeans scuri e una maglietta a mezze maniche azzurra, con una simpatica corona dipinta sopra.

  • Di certo lo è!- rispose Ariel.
  • Che segno?- chiese Bianca istintivamente.
Lara rise poggiando una mano sul braccio di Ariel.
  • Beh, te lo spiegherò poi. Ma perché non vieni con noi? Ci farebbe incredibilmente piacere, non è vero Ariel?-
  • Certamente. Sarebbe un vero piacere, Bianca. Ti va di venire con noi?-
Bianca distolse lo sguardo dai quattro occhi scintillanti ed azzurri che la fissavano cercando una risposta adatta, quando lo sguardo le cadde d’improvviso su un cartello bianco esposto alla vetrina del bar.
“Cercasi cameriere”
Oh! Quella era la sua grande occasione! Un lavoro! Quello poteva essere il suo lavoro!
Istintivamente sorrise dimenticando la domanda dei due, stava quasi per entrare nel bar e piantarli lì quando il cameriere che il giorno prima le aveva servite comparve sull’uscio.

  • Ehi!- salutò allegro.
Bianca e Lara lo guardarono in contemporanea, Ariel si limitò ad un sorriso timido.
  • Ciao- salutò Bianca.
  • Ciao- salutò il ragazzo, prima di spostare lo sguardo su Lara e su Ariel.
  • Buongiorno! È un piacere rivedere anche lei!- esclamò zuccherosa Lara.
Il giovane sorrise e prima che potesse aggiungere altro Lara partì di nuovo in quarta:
  • Lui è il ragazzo che cercavo ieri mattina!-
  • Oh!-
Il ragazzo parve sorpreso, guardò Bianca divertito per poi accennare un inchino.
  • Piacere di conoscerla, sua maestà!-
Ariel e Lara risero di gusto, Bianca arrossiva anche se non ce n’era motivo.
  • Oh, non è necessario!- sbottò fuori Ariel.
  • Già, lui è in vacanza!- aggiunse Lara.
Il ragazzo rise, Lara afferrò Bianca per un braccio.
  • Ad ogni modo, stavamo giusto per andare! Le va di unirsi a noi?- chiese al giovane cameriere.
Lui scosse la testa divertito.
  • Mi piacerebbe signorina, mi creda, ma ho ancora da lavorare!-
  • Ehi, aspettate un attimo, ho visto che cercate personale, e io cerco un lavoro…-
Bianca tentò di divincolarsi da Lara per avvicinarsi al cameriere.
  • Oh si! Ti interessa?-
  • Si, molto!-
  • Se ritorni nel pomeriggio trovi il proprietario del locale, potrai parlare con lui-
Bianca sorrise, Lara si fermò per attenderla.
  • Si, mi farebbe enormemente piacere!-
  • Posso aspettarti questo pomeriggio?-
  • Ehm, io, si, credo che…-
  • Mi chiamo Sergio -
Il ragazzo le porse la mano, Bianca la strinse timidamente.
  • Ed io Bianca-
Lara intervenne:
  • Oh, Sergio, non ve ne pentirete di assumere Bianca. Non è davvero adorabile? Si, pensi che è la terza volta che l’incontro in due giorni, è davvero un segno…!-
Ci risiamo con la storia del segno, pensò Bianca.
Sergio sorrise divertito, poi disse a Bianca:

  • Ci rivediamo nel pomeriggio. Tratterrò il proprietario fin quando non arrivi-
  • Non ritarderò. Ti ringrazio Sergio -
  • Non c’è di che-
Lara prese Bianca sottobraccio e salutò con la mano dicendo:
  • Arrivederci signor Sergio! E a proposito, io mi chiamo Lara!-
  • È stato un piacere signorina Lara! Arrivederci altezza!-
Ariel lo salutò sorridendo prima di affiancare Lara che iniziava già a parlare di nuovo:
  • Non sapevo cercassi un lavoro, Bianca, ma è una scelta davvero nobile da parte tua, oh si, sii certa che ti assumeranno, Sergio è simpatico non trovi? Metterà una buona parola per te, ne sono certa! E io ed Ariel verremo a trovarti durante i turni, ovviamente non ti disturberemo, ma sarà una cosa tanto carina! Non trovi Ariel? Oh Bianca, che bello passeggiare tutti insieme! Ti racconterò di quella volta che…-
Bianca si lasciava trascinare da Lara di nuovo verso via Morghen mentre con la coda dell’occhio quasi riusciva a scorgere lo sguardo di Sergio che ancora la guardava dai vetri del bar.
 
 
 
 

 
 
Eva afferrò le lenzuola che stava per portare nella camera di Amanda quando sentì la porta di casa aprirsi.

  • Ragazze, sono a casa!-
Eva posò le lenzuola sul mobile del corridoio e scese le scale velocemente e si diresse verso la porta.
  • Ciao papà! - salutò sorridendo, andandogli incontro.
  • Ciao tesoro. Com’è andata la mattinata?-
  • Bene, grazie-
  • E dov’è Amanda?-
  • Nella sua stanza a sistemare le sue cose-
La voce di Eva si colorò di uno strano tono quando suo padre menzionò Amanda, tanto che questa, che era appena comparsa sulle scale, esitò prima di dire:
  • Sono qui. Ciao Francesco -
Eva e Francesco si girarono verso lo scalone ed osservarono la ragazza scendere lentamente.
  • Ciao Amanda. Come stai?- le chiese Francesco mentre finalmente posava in un angolo la ventiquattrore e abbracciava anche lei.
  • Bene- rispose lei, felice di quell’abbraccio.
Eva storse il naso.
Suo padre trattava Amanda come se fosse sua figlia anche se non erano neanche lontanamente parenti.

  • Che ne dite se stasera vi porto a cena fuori? Dobbiamo festeggiare il ritorno di Amanda tra di noi!- disse poi Francesco passando gli occhi da una ragazza all’altra.
  • E c’è da festeggiare?- chiese acida Eva.
  • Eva, per favore…-
Francesco accompagnò le sue parole severe con un’occhiataccia che però Eva riuscì ad evitare.
Amanda alzò le spalle sorridendo.

  • Sarebbe molto carino, non credi Amanda?- riprese Francesco, mantenendo il suo tono entusiasta.
  • Non voglio costringere Eva – mormorò Amanda, stringendosi nelle spalle.
  • Non la costringi, Amanda. Eva ne è contenta, è solo che non può fare a meno di essere antipatica-
Francesco diede una gomitata alla figlia sorridendole.
  • Non abbiamo già festeggiato ieri?- chiese seccata Eva.
  • Si, ma stasera saremo solo noi tre. È qualcosa di più intimo- insistette Francesco.
Eva storse la bocca sospirando rumorosamente, Amanda rise.
  • Cosa c’è da ridere?- chiese poi Eva lanciandole un’occhiata di fuoco.
  • Non so,- confessò Amanda, - mi rendi allegra, Eva –
Amanda sostenne l’occhiataccia di Eva fino a quando quest’ultima si stancò di sentirsi ripagata con quella gentilezza non richiesta e infine sbuffò:
  • Vada per la cena. Ma non prendeteci l’abitudine!-
Così dicendo risalì le scale irritata mentre alle sue spalle sia Francesco che Amanda ridevano sotto i baffi.
  • Devi scusare Eva, è il suo caratteraccio. Ma sono certa che ti vuole bene ed è contenta quanto me di riaverti qui-
Francesco sorrise ad un’Amanda sconsolata, quest’ultima sospirò.
  • Eva non può essere biasimata. Sono andata via lasciando voi due nei guai e non ho potuto fare niente per aiutarvi. E ti ringrazio per non avermi fatto pesare la cosa, Francesco. E ti chiedo scusa se non ti ho raccontato niente, è solo che io ero…-
  • Impaurita?-
Francesco si sedette sulla poltrona dell’atrio invitando Amanda ad occupare quella accanto a lui.
  • Già, - rispose la ragazza sedendosi, - e anche imbarazzata. E inoltre pensavo che non sarebbe successo niente di grave, e invece…-
  • E infatti non è successo niente di grave-
  • Ma è stato solamente un caso. Capisci cosa sarebbe potuto succedere se…?-
  • Lascia perdere, Amanda, non pensarci. Adesso sono passati due anni e in due anni la vita delle persone cambia. Non devi preoccuparti, okay?-
Amanda sorrise di fronte allo sguardo incoraggiante di quell’uomo che amava come fosse suo padre.
  • Ti ringrazio Francesco -
  • Non devi. Noi siamo la tua famiglia, non scordarlo-
  • Non ho avuto ancora occasione di chiedere ad Eva come effettivamente siano andate le cose dopo la mia partenza-
Amanda abbassò lo sguardo, sentendosi in colpa per esser fuggita come una ladra.
  • Ne avrete di tempo per parlare. Per stasera pensa solo a rilassarti-
Amanda sorrise di nuovo, poi abbracciò Francesco.
Chissà se era vero che il tempo è capace di cancellare qualsiasi cosa.
 
 
 
 
 
Bianca si era ritrovata a fare da guida turistica a Lara ed Ariel senza averlo chiesto né tantomeno voluto. Le era venuto un gran mal di testa a star dietro tutta la mattinata alla risata cristallina di Lara. Più passava del tempo con lei più si rendeva conto di quanto fosse effettivamente strana: c’erano stati momenti in cui si era persino chiesta se fosse di questo mondo. Impossibile che una ragazza rimanesse letteralmente a bocca aperta davanti all’orologio della funicolare di Chiaia come se fosse la cosa più incredibile che abbia mai visto nella sua vita. Dov’è che viveva, in un paesino talmente dimenticato dal mondo e da Dio da non aver mai visto una funicolare? Ariel non sembrava meravigliato come lei: era più timido e meno estroverso di Lara. Teneva le mani in tasca e osservava le cose che Bianca aveva mostrato loro con un sorriso che a volte rasentava il malinconico. Ariel era bello come Lara: sembravano essere quasi fratelli anche se i tratti dei loro visi erano palesemente diversi, ma c’era un qualcosa che inspiegabilmente li accomunava. Avevano camminato per il Vomero per quasi due ore fino a quando non era arrivata l’ora del pranzo e Bianca aveva dovuto ritornare a casa. Congedarsi da Lara ed Ariel era stato alquanto difficile nonostante una parte del suo cervello era così intontito da voler andare via al più presto. Se da un lato l’atteggiamento estremamente espansivo di Lara le faceva venir voglia di mettersi ad urlare, era intenerita dalla timidezza di Ariel e dal sorriso di entrambi, che parevano essere dei bambini inesperti del mondo. Iniziò a credere che l’avvento della maturità l’avesse trasformata in una calamita per persone strane: con la luce della serietà avrebbe dovuto illuminare quelle anime vaganti per indirizzarle verso la retta via. In realtà la questione era molto più semplice di quanto appariva: aveva semplicemente passato la giornata con due turisti provenienti da chissà dove. Questo particolare tormentò il suo cervello per ore. Quando aveva chiesto loro la città di provenienza, si erano limitati a dire che provenivano dal Nord Europa e che nonostante questo sapessero entrambi parlare bene l’italiano in quanto Ariel aveva studiato lingue e i genitori di Lara erano originari di Firenze. Com’è che due fiorentini s’erano trasferiti nella monarchia di chissà cosa e che la loro figlia fosse diventata tanto amica del principe? Ammesso che Ariel fosse davvero un principe. Era una cosa davvero assurda detta così, eppure Ariel aveva tutta l’aria del principe fiabesco, non soltanto per la sua bellezza non invasiva, ma anche per il suo temperamento e le sue maniere. Le notizie che Bianca aveva ricevuto da loro erano esigue: da quello che poté dedurre dalle parole confuse della ragazza, ella ed Ariel erano praticamente cresciuti insieme poiché suo padre svolgeva un lavoro molto importante a corte. Anche l’identità di questo lavoro non fu specificata, ma si trattava probabilmente di qualcosa riguardante la sicurezza. Di quale paese era il principe Ariel? Questo Bianca non era riuscita a capirlo, eppure non aveva mai sentito parlare di un principe Ariel prima. Avrebbe dovuto documentarsi su Internet, sfogliare le monarchie europee per compilare una lista. Dall’atteggiamento dei due però era riuscita a capire che a loro non andava di parlare del loro paese di provenienza. Era come se fossero giunti lì in incognito o peggio, di nascosto. Già, di nascosto: se un principe decide di andare in vacanza, come minimo prenota un lussuoso albergo e si porta dietro i suoi maggiordomi. Lara ed Ariel soggiornavano invece dai cugini di Lara, che abitavano a Napoli. La cosa non era per niente chiara. E di chi era la festa alla quale Lara stava andando la sera precedente? Amici dei cugini? Altri parenti? E perché Ariel non era con lei?
Una delle mille ipotesi che Bianca formulò fu quella che i due fossero fuggiti da qualche manicomio, ma chissà perché, scartò quasi subito quell’opportunità. Sebbene Lara aveva tutta l’aria d’essere folle, non lo sembrava così tanto da dare l’impressione di essere uscita dal manicomio.
Prima di congedarsi Lara le aveva chiesto se avessero potuto incontrarsi di nuovo. Anche ad Ariel era piaciuta l’idea, e Lara aggiunse anche che avrebbe tanto voluto il suo aiuto per scegliere dei vestiti da comprare per la festa di fine estate alla quale avrebbe dovuto partecipare prima di ripartire. In quel momento a Bianca non venne in mente di chiedere chi è che dava una festa di fine estate, così semplicemente accettò. Era strano come stando insieme a loro il suo animo paresse calmo e rilassato e come si sentisse stranamente a suo agio. Una volta rimasta sola però, cominciavano le domande e i dubbi sulla loro identità. Si stava cacciando in un guaio? Era pericoloso frequentarli? Sebbene da ragazza matura doveva porsi certi quesiti, Bianca si rifiutò di credere che in Lara ci fosse qualcosa di minaccioso.
I pensieri avrebbero continuato per un bel po’ a riempirle la testa se non avesse dovuto fermarsi dinanzi all’entrata del Bar Mexico, dove aveva il fatidico incontro con il proprietario per avere con lui il colloquio che Sergio quella mattina le aveva assicurato.
Sospirò prima di entrare come se si stesse accingendo a fare un importante colloqui con chissà quale notevole agenzia, poi a piccoli passi fece il suo ingresso nel bar.
Non ebbe  neanche il tempo di avvicinarsi al bancone che Sergio la chiamò dall’altro lato del locale.

  • Bianca!-
La sua voce era possente e calda, Bianca si voltò verso di lui con un timido sorriso e si avvicinò velocemente.
  • Ciao- salutò tentando di apparire in qualche modo riconoscente, ma il sorriso disarmante di Sergio mise a tacere qualsiasi sua intenzione. Il ragazzo si era appoggiato con i gomiti sul bancone e la fissava dritto negli occhi con quel suo strano sorriso tanto bello.
  • Il proprietario è qui, gli ho già parlato di te-
Il cuore iniziò a batterle dinanzi a quelle parole, sorrise mentre sentiva di star arrossendo. Strano, Bianca non era mai stata una ragazza timida.
  • Ti ringrazio molto- disse solamente, incespicando con le parole e tenendo lo sguardo basso.
Sentì che Sergio rideva sotto i baffi prima di allontanarsi verso il retro del locale da dove poi ne uscì qualche minuto dopo accompagnato da un omaccione alto e grasso con un berretto in testa e simpatici baffetti bianchi. Nonostante quella figura potesse sembrare inquietante, i suoi occhietti piccoli e vispi donavano ilarità alla sua persona tanto da farlo sembrare un nonnetto divertente.
  • Oh! Tu devi essere Bianca- disse, avvicinandosi a lei e porgendole la mano.
Bianca sorrise stringendo la mano dell’uomo.
  • Si, sono io. La ringrazio per il tempo che mi dedica- mormorò, di nuovo nella sua strana timidezza.
Sergio era accanto al proprietario con le mani dietro la schiena e il suo sorriso fiero.
  • Oh, non devi ringraziarmi! Piuttosto, andiamo a sederci, così possiamo parlare con calma. Oh, Sergio, portaci qualcosa da bere!-
  • Ai suoi ordini!-
Sergio simulò un inchino e poi si ritirò di nuovo dietro il bancone.
  • Suvvia, andiamo a sederci!-
Bianca non se lo fece ripetere due volte e qualche secondo dopo era seduta di fronte al signor Enrico (così si chiamava) e iniziò ufficialmente il suo primo colloquio di lavoro.
Il signor Enrico le chiese quanti anni avesse e se avesse già esperienza nel settore, e Bianca dovette confessare di non aver mai lavorato in un bar, ma disse di essere una ragazza sveglia ed attiva e che imparava in fretta. Il signor Enrico restò colpito positivamente da quella giovinetta che pensò di metterla in prova per una settimana. Quando Sergio giunse al tavolo con due bicchieri di succo di frutta, Enrico gli diede una pacca sulla spalla amichevolmente e disse:

  • Te la affido! Insegnale tutto quello che c’è da sapere sul bar e la sua settimana di prova andrà splendidamente. Puoi iniziare domani, Bianca, ti darò una tabella con i tuoi orari-
Bianca sfoderò un sorriso a trentadue denti, stava per saltare al collo di Enrico e abbracciarlo così forte da stritolarlo, avrebbe voluto urlare e piangere al contempo, ma, con la voce rotta dall’emozione disse solamente:
  • Oh Dio, signor Enrico la ringrazio di tutto cuore! Non la deluderò, farò del mio meglio e…-
Enrico si alzò e rise sotto i baffi.
  • Tranquilla, tranquilla. Ci vediamo domani mattina, alle sei e mezza!-
  • Non tarderò!-
Il signor Enrico si allontanò dal tavolo ridendo sotto i baffi e ritornò nel retro del locale, sparendo così come pochi minuti prima era comparso.
Quello era stato il colloquio di lavoro più breve che Bianca avrebbe mai potuto fare nella vita.

  • Complimenti!- esclamò Sergio risvegliandola dall’estasi.
Bianca gli rivolse un sorriso esagerato.
  • È tutto merito tuo, Sergio! Non so come ringraziarti, davvero, tu sei…-
Sergio rise, poi si sedette al posto occupato poco prima da Enrico.
  • Non devi ringraziarmi. Devi avergli fatto una buona impressione, lui è molto severo riguardo il personale-
Bianca restò sorpresa da quell’affermazione. Eppure non pareva per niente severo.
  • E la tua amica principessa?- scherzò subito dopo Sergio, senza dare a Bianca il tempo di ringraziarlo di nuovo.
  • Oh, Lara? No, lei non è mica mia amica, l’ho solo incontrata qui l’altra mattina e da allora pare che mi perseguiti, me la ritrovo ovunque, non so davvero, non mi è mai capitata una cosa del genere, e poi d’altronde…-
Bianca era partita in quarta, il solo sentir nominare Lara le dava una loquacità inaspettata e irrefrenabile. Sergio osservava le sue labbra muoversi velocemente, sorrideva mentre gli occhi brillavano.
  • È una ragazza davvero dolce. Peccato che sia un po’ fuori di testa- commentò alla fine Sergio, ridendo insieme a Bianca.
  • Mi dispiace molto per stamattina, sai, Lara tende ad essere un tantinello festosa. Esagerata. Ecco, si, esagerata. Mi ha praticamente costretta a farle da guida della città, l’ho avuta nelle orecchie per ore, santoddio, è una cara ragazza, non lo metto certo in dubbio, la come fa Ariel a starle dietro? Lui è tranquillo. Un bel po’ tranquillo-
  • Chi, il principe?-
Il tono di Sergio si fece un pochino più serio.
  • Già, proprio lui. A quanto pare il padre di Lara fa qualcosa come il diplomatico o che so io, e lei è diventata amica di questo principe-
  • L’hai saputo da dove viene, questo qui?-
Bianca scosse la testa.
  • Io non credo sia un principe. Al massimo è qualche cugino di corte-
Sergio rise alle sue parole, Bianca abbassò lo sguardo chiedendosi se doveva ella stessa ridere o meno.
  • Ascolta Bianca, so che forse è prematuro da parte mia, però mi chiedevo se ti andasse, beh, - Sergio arrossì, si confuse, - se ti andasse di uscire con me questa sera. Come amici, s’intende. Mi piacerebbe conoscerti, potrei spiegarti qualcosa del tuo nuovo lavoro e ti prometto che non faremo tardi visto che domani è il tuo primo giorno di lavoro-
Bianca sorrise, abbassò per un attimo gli occhi impicciata, poi guardò di nuovo Sergio, i suoi occhi smeraldo. Era davvero carino, e in quel momento anche tremendamente in imbarazzo. Si chiedeva se fosse conveniente che una ragazza matura accettasse l’invito ad uscire sebbene non conoscesse per niente il ragazzo in questione. Avrebbe dovuto rifiutare, conoscerlo meglio sul posto di lavoro e poi, forse, accettare il suo invito. E se lui non glie l’avesse più richiesto? Avrebbe perso l’occasione di frequentare un ragazzo davvero carino e che sembrava anche un tipo a posto. Se non altro era bello, questo era un punto a suo favore. Non voleva accettare ma nemmeno rifiutare.
Sorrise di nuovo.

  • Sei davvero molto carino con me, - mormorò, un po’ civettuola, Sergio iniziò ad arrossire ancora di più, cercava di evitare lo sguardo di Bianca.
  • Scusami, - iniziò a dire, - forse ti sembrerò sfacciato. Lascia stare, non pensarci… mi sento un po’ stupido!-
Sergio iniziò a ridere, forse per allentare la tensione che provava.
  • No, non mi sembri sfacciato, tutt’altro- rispose Bianca, intenerita dal suo comportamento, - una pizza insieme mi farebbe piacere- concluse poi.
Sergio parve illuminarsi.
  • Davvero?- balbettò.
  • Si, davvero- rispose Bianca.
  • Va bene, allora ci incontriamo qui alle otto, d’accordo? Porto il mio scooter-
Bianca sorrise.
  • Va bene. A stasera allora-
  • A stasera-



Note:
Salve a tutti e grazie per recensire e seguire questo racconto. Ci tengo a precisare che tutti i luoghi, ristoranti, vie e bar sono reali. E' la prima volta che in un racconto sono così precisa sui luoghi, ma narrando della mia città, lo trovo necessario.
Grazie a tutti ed a presto,
Lara.
  
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