- Buongiorno!-
Era in piedi di fianco al tavolo, indossava un abito verde e giallo scollato sul petto e lungo fino alle ginocchia ed aveva tra le mani un grande piatto con su qualcosa che sembrava una torta.
Eva storse il naso senza rispondere al saluto.
- Dov’è mio padre?- chiese acida.
- È andato a fare delle commissioni. Mi ha detto che potevo prepararti la colazione-
- Colazione? Sto ancora digerendo la cena-
- Non vuoi una fetta di torta?-
- Okay, va bene. La mangerò io- disse poi, quasi a se stessa.
Era lei quella che era scesa dalla macchina il giorno prima, con i capelli lisci e lucenti sotto il sole. Era lei quella che era tornata dopo due anni, lei, quella che era andata via lasciandola nei guai.
Amanda si tagliò una fettina di dolce, la mise in un piattino e si sedette di fronte ad Eva.
- Come fai ad avere fame dopo tutto quello che abbiamo mangiato ieri?- le chiese dopo un momento.
- Io non ho mangiato quasi niente ieri- mormorò.
- Sei stata una maleducata. Papà aveva fatto preparare tutti i tuoi piatti preferiti- disse con fare accusatorio.
- Mi è dispiaciuto molto per tuo padre, - mormorò Amanda, - spero non se la sia presa troppo-
- Lascia perdere- buttò lì Eva, allontanando di nuovo la vista da lei. Amanda fissò la sua torta con l’espressione di chi ha perso completamente l’appetito, Eva si coprì il viso con i capelli corvini quasi a nascondersi.
- Ascolta Eva, io lo so che…-
- Hai combinato un gran casino? Dubito che tu possa capirlo-
- Non volevo che succedesse-
- Eppure è successo. Non era questo che eri venuta a fare qui, Amanda -
- Ho commesso un errore, lo so, e sono andata via perché era la cosa migliore che potessi fare in quel momento-
- Eppure ora sei di nuovo qui-
- Ma adesso spero che…-
- Perché sei tornata, Amanda?-
Gli occhi di Amanda tradirono un sentimento che Eva non poté fraintendere.
- Perché sono andata via prima del tempo- rispose poi Amanda, stando bene attenta a non guardare negli occhi l’altra.
- Oh, certo. E aspetti che io ci creda?- sbottò fuori Eva.
- Devi crederci-
- Perché?-
- Perché è la verità-
- No, Amanda, non è la verità. Tu sai qual è la verità-
- Non è quello che pensi tu -
- Mi hai messa nei guai quando sei andata via Amanda, e io…-
- Vorrei che tu mi raccontassi come…-
- Non ora,- Eva abbassò lo sguardo, - adesso non ho più voglia di parlarti-
- Non dire così-
Il silenzio le avvolse per qualche momento, Eva sospirò quasi per attirare l’attenzione dell’altra.
- Hai detto qualcosa a tuo padre quando sono andata via?- chiese poi Amanda, abbassando il volume della voce.
- No. Ma aveva già capito tutto da solo-
- Tuo padre è un santo-
- Già, lo so. E ti vuole bene, Amanda. Adesso sta’ attenta a non fare sciocchezze-
Amanda la guardò uscire velocemente mentre dentro le cresceva una strana malinconia e un grande senso di colpa. Si sentiva rimproverata da Eva come se fosse stata una sorella minore e avrebbe tanto desiderato poterlo essere. Anche se non era mai stata molto gentile, Amanda sapeva che Eva non sarebbe stata capace di fare del male ad una mosca e che tutte le sue reazioni erano perfettamente ragionevoli: lei era un elemento del tutto inatteso nella vita sua e di suo padre, e in più totalmente fuori dal comune. Senza volerlo Eva era rimasta coinvolta in qualcosa che non aveva scelto e che non sapeva gestire, ma non per questo non aveva imparato a volerle bene.
Avrebbe voluto avere una vita diversa, e in quel momento poteva capirla. Anche lei avrebbe tanto voluto avere un destino diverso, avere la possibilità di poter fare scelte diverse nella vita.
Ma alcune volte purtroppo di scelta non ce n’è.
L’aria fresca di quel giorno aveva permesso a Bianca di poter tenere i capelli sciolti. Camminava con fare malinconico per via Scarlatti guardandosi intorno come se stesse osservando vetrine e negozi per la prima volta, come se non fosse mai entrata in nessuno di essi, come se quella non fosse la sua città.
Quella mattina si era svegliata molto presto anche se la festa della sera prima si era protratta fino a tardi e aveva deciso di andare a prendere un po’ d’aria per schiarirsi le idee. Ne aveva proprio bisogno, adesso che sentiva essere arrivata la tanto attesa maturità. Cosa fa una ragazza matura quando scopre di esserlo? Beh, tanto per iniziare, cerca un progetto per la sua vita. Bianca studiava già da svariati mesi per poter entrare nella facoltà di medicina, era sempre stato il suo sogno sin dall’infanzia ed era sempre stata molto determinata a raggiungere il suo scopo. Ragionandoci adesso, si rendeva conto che la scelta di quella facoltà poteva pure restare invariata: una ragazza matura sceglie una facoltà impegnativa e seria, quale quella di medicina. Poco importava se qualche mese prima era attratta fanaticamente dal suo probabile futuro stipendio da dottoressa in carriera, adesso si rendeva perfettamente conto che stava per scegliere quel mestiere per mettersi a servizio degli altri ed essere utile alla società. Proprio come una ragazza matura.
E poi avrebbe dovuto smetterla di chiedere soldi ai suoi genitori per ogni capriccio. Si rendeva perfettamente conto che sebbene mamma e papà le avrebbero sempre volentieri elargito liquidi, non poteva certo chiederne per tutta la vita. Non poteva certo dipendere da loro ancora per molto! Avrebbe avuto bisogno di un lavoro. Ma ammesso e non concesso che fosse riuscire ad entrare a medicina, sarebbero passati almeno dieci anni prima che riuscisse a lavorare stabilmente. E fino a quel momento cosa avrebbe fatto? Come avrebbe vissuto? Doveva prendere esempio da Stefano. Lui aveva un lavoro. Certo, non lo impegnava moltissimo, ma comunque lo aveva. Fino a qualche mese prima aveva snobbato la scelta del fratello di lavorare in un negozio di cd, mentre adesso capiva quanto questa scelta fosse stata presa alla sacrosanta luce della maturità. Anche lei aveva bisogno di un lavoro, anche un semplice lavoretto estivo.
Quella nuova consapevolezza la rendeva allo stesso tempo felice e triste.
Se era pur vero che era giunta a questa lodevole conclusione, doveva riconoscere di non sapere da dove cominciare per trovare un lavoro. Cos’è che sapeva fare bene?
Standoci a pensare un po’, si rese conto che non c’era niente in cui ella eccellesse. Avrebbe dovuto, almeno per il momento, cercare un lavoro di convenienza, uno per il quale non si richiedeva una certa competenza.
Si sentiva in seria difficoltà.
Si passò una mano tra i capelli, diede un’occhiata alla strada prima di attraversare via Morghen e salire le scale mobili fino a raggiungere il bar Mexico, lo stesso nel quale la mattina precedente aveva preso il caffè. Passò lentamente dinanzi ad esso e proprio quando stava per dare un’occhiata al suo interno, sentì una mano toccarle la spalla.
- Bianca!-
Non riusciva a crederci. Di nuovo lei.
- Ciao Lara -
Lara le sorrideva gioiosamente come il giorno prima. Aveva i capelli rossi legati un una treccia e indossava un paio di pantaloncini verde militare su una graziosa camicetta giallina. Ai piedi aveva delle scarpe da ginnastica di tela gialla e portava una borsa color paglia a tracolla. Accanto a lei c’era un ragazzo alto ed atletico che sorrideva impacciato. Aveva i riccioli color dell’oro e vispi occhi celesti.
Santo Cielo, quello doveva essere lui, - si, il principe.
- Oh, Bianca! Che piacere vederti! Questo è un segno, è davvero un segno! È la terza volta in due giorni che ci incontriamo!-
Bianca sorrise timidamente.
- Anche per me è bello vederti - disse, tentando di farla smettere con quel teatrino ridicolo.
Quanto era strana quella ragazza.
- Oh, oh, ma non vi ho presentati! Che sbadata! Bianca, lui è Ariel! Lui è, ehm…- Lara si chinò verso Bianca abbassando la voce, - lui è il principe!-
- Oh, è lui?-
- Già! Come sono felice di potertelo presentare!-
- Piacere di conoscerti, io mi chiamo Bianca- disse porgendogli la mano. Stette molto attenta a parlare lentamente e a pronunciare bene le parole, aveva l’impressione che non fosse molto pratico con l’italiano. Chissà di quale Paese era il principe. Oh Dio, principe! No, no, stava perdendo tutta la sua maturità: lui non poteva essere un principe, e pure se lo fosse stato, non vedeva il motivo per cui dovesse farsi portare in gita turistica da una svampita come Lara.
- Il piacere è mio- rispose Ariel stringendole la mano. Il suo italiano era perfetto.
- Ariel, Bianca è la mia nuova amica. Non c’è passo che faccia in questa città senza incontrarla! Non credi che sia un segno?-
Il principe indossava un paio di jeans scuri e una maglietta a mezze maniche azzurra, con una simpatica corona dipinta sopra.
- Di certo lo è!- rispose Ariel.
- Che segno?- chiese Bianca istintivamente.
- Beh, te lo spiegherò poi. Ma perché non vieni con noi? Ci farebbe incredibilmente piacere, non è vero Ariel?-
- Certamente. Sarebbe un vero piacere, Bianca. Ti va di venire con noi?-
“Cercasi cameriere”
Oh! Quella era la sua grande occasione! Un lavoro! Quello poteva essere il suo lavoro!
Istintivamente sorrise dimenticando la domanda dei due, stava quasi per entrare nel bar e piantarli lì quando il cameriere che il giorno prima le aveva servite comparve sull’uscio.
- Ehi!- salutò allegro.
- Ciao- salutò Bianca.
- Ciao- salutò il ragazzo, prima di spostare lo sguardo su Lara e su Ariel.
- Buongiorno! È un piacere rivedere anche lei!- esclamò zuccherosa Lara.
- Lui è il ragazzo che cercavo ieri mattina!-
- Oh!-
- Piacere di conoscerla, sua maestà!-
- Oh, non è necessario!- sbottò fuori Ariel.
- Già, lui è in vacanza!- aggiunse Lara.
- Ad ogni modo, stavamo giusto per andare! Le va di unirsi a noi?- chiese al giovane cameriere.
- Mi piacerebbe signorina, mi creda, ma ho ancora da lavorare!-
- Ehi, aspettate un attimo, ho visto che cercate personale, e io cerco un lavoro…-
- Oh si! Ti interessa?-
- Si, molto!-
- Se ritorni nel pomeriggio trovi il proprietario del locale, potrai parlare con lui-
- Si, mi farebbe enormemente piacere!-
- Posso aspettarti questo pomeriggio?-
- Ehm, io, si, credo che…-
- Mi chiamo Sergio -
- Ed io Bianca-
- Oh, Sergio, non ve ne pentirete di assumere Bianca. Non è davvero adorabile? Si, pensi che è la terza volta che l’incontro in due giorni, è davvero un segno…!-
Sergio sorrise divertito, poi disse a Bianca:
- Ci rivediamo nel pomeriggio. Tratterrò il proprietario fin quando non arrivi-
- Non ritarderò. Ti ringrazio Sergio -
- Non c’è di che-
- Arrivederci signor Sergio! E a proposito, io mi chiamo Lara!-
- È stato un piacere signorina Lara! Arrivederci altezza!-
- Non sapevo cercassi un lavoro, Bianca, ma è una scelta davvero nobile da parte tua, oh si, sii certa che ti assumeranno, Sergio è simpatico non trovi? Metterà una buona parola per te, ne sono certa! E io ed Ariel verremo a trovarti durante i turni, ovviamente non ti disturberemo, ma sarà una cosa tanto carina! Non trovi Ariel? Oh Bianca, che bello passeggiare tutti insieme! Ti racconterò di quella volta che…-
…
Eva afferrò le lenzuola che stava per portare nella camera di Amanda quando sentì la porta di casa aprirsi.
- Ragazze, sono a casa!-
- Ciao papà! - salutò sorridendo, andandogli incontro.
- Ciao tesoro. Com’è andata la mattinata?-
- Bene, grazie-
- E dov’è Amanda?-
- Nella sua stanza a sistemare le sue cose-
- Sono qui. Ciao Francesco -
- Ciao Amanda. Come stai?- le chiese Francesco mentre finalmente posava in un angolo la ventiquattrore e abbracciava anche lei.
- Bene- rispose lei, felice di quell’abbraccio.
Suo padre trattava Amanda come se fosse sua figlia anche se non erano neanche lontanamente parenti.
- Che ne dite se stasera vi porto a cena fuori? Dobbiamo festeggiare il ritorno di Amanda tra di noi!- disse poi Francesco passando gli occhi da una ragazza all’altra.
- E c’è da festeggiare?- chiese acida Eva.
- Eva, per favore…-
Amanda alzò le spalle sorridendo.
- Sarebbe molto carino, non credi Amanda?- riprese Francesco, mantenendo il suo tono entusiasta.
- Non voglio costringere Eva – mormorò Amanda, stringendosi nelle spalle.
- Non la costringi, Amanda. Eva ne è contenta, è solo che non può fare a meno di essere antipatica-
- Non abbiamo già festeggiato ieri?- chiese seccata Eva.
- Si, ma stasera saremo solo noi tre. È qualcosa di più intimo- insistette Francesco.
- Cosa c’è da ridere?- chiese poi Eva lanciandole un’occhiata di fuoco.
- Non so,- confessò Amanda, - mi rendi allegra, Eva –
- Vada per la cena. Ma non prendeteci l’abitudine!-
- Devi scusare Eva, è il suo caratteraccio. Ma sono certa che ti vuole bene ed è contenta quanto me di riaverti qui-
- Eva non può essere biasimata. Sono andata via lasciando voi due nei guai e non ho potuto fare niente per aiutarvi. E ti ringrazio per non avermi fatto pesare la cosa, Francesco. E ti chiedo scusa se non ti ho raccontato niente, è solo che io ero…-
- Impaurita?-
- Già, - rispose la ragazza sedendosi, - e anche imbarazzata. E inoltre pensavo che non sarebbe successo niente di grave, e invece…-
- E infatti non è successo niente di grave-
- Ma è stato solamente un caso. Capisci cosa sarebbe potuto succedere se…?-
- Lascia perdere, Amanda, non pensarci. Adesso sono passati due anni e in due anni la vita delle persone cambia. Non devi preoccuparti, okay?-
- Ti ringrazio Francesco -
- Non devi. Noi siamo la tua famiglia, non scordarlo-
- Non ho avuto ancora occasione di chiedere ad Eva come effettivamente siano andate le cose dopo la mia partenza-
- Ne avrete di tempo per parlare. Per stasera pensa solo a rilassarti-
Chissà se era vero che il tempo è capace di cancellare qualsiasi cosa.
Bianca si era ritrovata a fare da guida turistica a Lara ed Ariel senza averlo chiesto né tantomeno voluto. Le era venuto un gran mal di testa a star dietro tutta la mattinata alla risata cristallina di Lara. Più passava del tempo con lei più si rendeva conto di quanto fosse effettivamente strana: c’erano stati momenti in cui si era persino chiesta se fosse di questo mondo. Impossibile che una ragazza rimanesse letteralmente a bocca aperta davanti all’orologio della funicolare di Chiaia come se fosse la cosa più incredibile che abbia mai visto nella sua vita. Dov’è che viveva, in un paesino talmente dimenticato dal mondo e da Dio da non aver mai visto una funicolare? Ariel non sembrava meravigliato come lei: era più timido e meno estroverso di Lara. Teneva le mani in tasca e osservava le cose che Bianca aveva mostrato loro con un sorriso che a volte rasentava il malinconico. Ariel era bello come Lara: sembravano essere quasi fratelli anche se i tratti dei loro visi erano palesemente diversi, ma c’era un qualcosa che inspiegabilmente li accomunava. Avevano camminato per il Vomero per quasi due ore fino a quando non era arrivata l’ora del pranzo e Bianca aveva dovuto ritornare a casa. Congedarsi da Lara ed Ariel era stato alquanto difficile nonostante una parte del suo cervello era così intontito da voler andare via al più presto. Se da un lato l’atteggiamento estremamente espansivo di Lara le faceva venir voglia di mettersi ad urlare, era intenerita dalla timidezza di Ariel e dal sorriso di entrambi, che parevano essere dei bambini inesperti del mondo. Iniziò a credere che l’avvento della maturità l’avesse trasformata in una calamita per persone strane: con la luce della serietà avrebbe dovuto illuminare quelle anime vaganti per indirizzarle verso la retta via. In realtà la questione era molto più semplice di quanto appariva: aveva semplicemente passato la giornata con due turisti provenienti da chissà dove. Questo particolare tormentò il suo cervello per ore. Quando aveva chiesto loro la città di provenienza, si erano limitati a dire che provenivano dal Nord Europa e che nonostante questo sapessero entrambi parlare bene l’italiano in quanto Ariel aveva studiato lingue e i genitori di Lara erano originari di Firenze. Com’è che due fiorentini s’erano trasferiti nella monarchia di chissà cosa e che la loro figlia fosse diventata tanto amica del principe? Ammesso che Ariel fosse davvero un principe. Era una cosa davvero assurda detta così, eppure Ariel aveva tutta l’aria del principe fiabesco, non soltanto per la sua bellezza non invasiva, ma anche per il suo temperamento e le sue maniere. Le notizie che Bianca aveva ricevuto da loro erano esigue: da quello che poté dedurre dalle parole confuse della ragazza, ella ed Ariel erano praticamente cresciuti insieme poiché suo padre svolgeva un lavoro molto importante a corte. Anche l’identità di questo lavoro non fu specificata, ma si trattava probabilmente di qualcosa riguardante la sicurezza. Di quale paese era il principe Ariel? Questo Bianca non era riuscita a capirlo, eppure non aveva mai sentito parlare di un principe Ariel prima. Avrebbe dovuto documentarsi su Internet, sfogliare le monarchie europee per compilare una lista. Dall’atteggiamento dei due però era riuscita a capire che a loro non andava di parlare del loro paese di provenienza. Era come se fossero giunti lì in incognito o peggio, di nascosto. Già, di nascosto: se un principe decide di andare in vacanza, come minimo prenota un lussuoso albergo e si porta dietro i suoi maggiordomi. Lara ed Ariel soggiornavano invece dai cugini di Lara, che abitavano a Napoli. La cosa non era per niente chiara. E di chi era la festa alla quale Lara stava andando la sera precedente? Amici dei cugini? Altri parenti? E perché Ariel non era con lei?
Una delle mille ipotesi che Bianca formulò fu quella che i due fossero fuggiti da qualche manicomio, ma chissà perché, scartò quasi subito quell’opportunità. Sebbene Lara aveva tutta l’aria d’essere folle, non lo sembrava così tanto da dare l’impressione di essere uscita dal manicomio.
Prima di congedarsi Lara le aveva chiesto se avessero potuto incontrarsi di nuovo. Anche ad Ariel era piaciuta l’idea, e Lara aggiunse anche che avrebbe tanto voluto il suo aiuto per scegliere dei vestiti da comprare per la festa di fine estate alla quale avrebbe dovuto partecipare prima di ripartire. In quel momento a Bianca non venne in mente di chiedere chi è che dava una festa di fine estate, così semplicemente accettò. Era strano come stando insieme a loro il suo animo paresse calmo e rilassato e come si sentisse stranamente a suo agio. Una volta rimasta sola però, cominciavano le domande e i dubbi sulla loro identità. Si stava cacciando in un guaio? Era pericoloso frequentarli? Sebbene da ragazza matura doveva porsi certi quesiti, Bianca si rifiutò di credere che in Lara ci fosse qualcosa di minaccioso.
I pensieri avrebbero continuato per un bel po’ a riempirle la testa se non avesse dovuto fermarsi dinanzi all’entrata del Bar Mexico, dove aveva il fatidico incontro con il proprietario per avere con lui il colloquio che Sergio quella mattina le aveva assicurato.
Sospirò prima di entrare come se si stesse accingendo a fare un importante colloqui con chissà quale notevole agenzia, poi a piccoli passi fece il suo ingresso nel bar.
Non ebbe neanche il tempo di avvicinarsi al bancone che Sergio la chiamò dall’altro lato del locale.
- Bianca!-
- Ciao- salutò tentando di apparire in qualche modo riconoscente, ma il sorriso disarmante di Sergio mise a tacere qualsiasi sua intenzione. Il ragazzo si era appoggiato con i gomiti sul bancone e la fissava dritto negli occhi con quel suo strano sorriso tanto bello.
- Il proprietario è qui, gli ho già parlato di te-
- Ti ringrazio molto- disse solamente, incespicando con le parole e tenendo lo sguardo basso.
- Oh! Tu devi essere Bianca- disse, avvicinandosi a lei e porgendole la mano.
- Si, sono io. La ringrazio per il tempo che mi dedica- mormorò, di nuovo nella sua strana timidezza.
- Oh, non devi ringraziarmi! Piuttosto, andiamo a sederci, così possiamo parlare con calma. Oh, Sergio, portaci qualcosa da bere!-
- Ai suoi ordini!-
- Suvvia, andiamo a sederci!-
Il signor Enrico le chiese quanti anni avesse e se avesse già esperienza nel settore, e Bianca dovette confessare di non aver mai lavorato in un bar, ma disse di essere una ragazza sveglia ed attiva e che imparava in fretta. Il signor Enrico restò colpito positivamente da quella giovinetta che pensò di metterla in prova per una settimana. Quando Sergio giunse al tavolo con due bicchieri di succo di frutta, Enrico gli diede una pacca sulla spalla amichevolmente e disse:
- Te la affido! Insegnale tutto quello che c’è da sapere sul bar e la sua settimana di prova andrà splendidamente. Puoi iniziare domani, Bianca, ti darò una tabella con i tuoi orari-
- Oh Dio, signor Enrico la ringrazio di tutto cuore! Non la deluderò, farò del mio meglio e…-
- Tranquilla, tranquilla. Ci vediamo domani mattina, alle sei e mezza!-
- Non tarderò!-
Quello era stato il colloquio di lavoro più breve che Bianca avrebbe mai potuto fare nella vita.
- Complimenti!- esclamò Sergio risvegliandola dall’estasi.
- È tutto merito tuo, Sergio! Non so come ringraziarti, davvero, tu sei…-
- Non devi ringraziarmi. Devi avergli fatto una buona impressione, lui è molto severo riguardo il personale-
- E la tua amica principessa?- scherzò subito dopo Sergio, senza dare a Bianca il tempo di ringraziarlo di nuovo.
- Oh, Lara? No, lei non è mica mia amica, l’ho solo incontrata qui l’altra mattina e da allora pare che mi perseguiti, me la ritrovo ovunque, non so davvero, non mi è mai capitata una cosa del genere, e poi d’altronde…-
- È una ragazza davvero dolce. Peccato che sia un po’ fuori di testa- commentò alla fine Sergio, ridendo insieme a Bianca.
- Mi dispiace molto per stamattina, sai, Lara tende ad essere un tantinello festosa. Esagerata. Ecco, si, esagerata. Mi ha praticamente costretta a farle da guida della città, l’ho avuta nelle orecchie per ore, santoddio, è una cara ragazza, non lo metto certo in dubbio, la come fa Ariel a starle dietro? Lui è tranquillo. Un bel po’ tranquillo-
- Chi, il principe?-
- Già, proprio lui. A quanto pare il padre di Lara fa qualcosa come il diplomatico o che so io, e lei è diventata amica di questo principe-
- L’hai saputo da dove viene, questo qui?-
- Io non credo sia un principe. Al massimo è qualche cugino di corte-
- Ascolta Bianca, so che forse è prematuro da parte mia, però mi chiedevo se ti andasse, beh, - Sergio arrossì, si confuse, - se ti andasse di uscire con me questa sera. Come amici, s’intende. Mi piacerebbe conoscerti, potrei spiegarti qualcosa del tuo nuovo lavoro e ti prometto che non faremo tardi visto che domani è il tuo primo giorno di lavoro-
Sorrise di nuovo.
- Sei davvero molto carino con me, - mormorò, un po’ civettuola, Sergio iniziò ad arrossire ancora di più, cercava di evitare lo sguardo di Bianca.
- Scusami, - iniziò a dire, - forse ti sembrerò sfacciato. Lascia stare, non pensarci… mi sento un po’ stupido!-
- No, non mi sembri sfacciato, tutt’altro- rispose Bianca, intenerita dal suo comportamento, - una pizza insieme mi farebbe piacere- concluse poi.
- Davvero?- balbettò.
- Si, davvero- rispose Bianca.
- Va bene, allora ci incontriamo qui alle otto, d’accordo? Porto il mio scooter-
- Va bene. A stasera allora-
- A stasera-
Note:
Salve a tutti e grazie per recensire e seguire questo racconto. Ci tengo a precisare che tutti i luoghi, ristoranti, vie e bar sono reali. E' la prima volta che in un racconto sono così precisa sui luoghi, ma narrando della mia città, lo trovo necessario.
Grazie a tutti ed a presto,
Lara.