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– Pranzo a Villa Recamier
Mi scuso con tutte voi, per l’enorme ritardo di questo
aggiornamento.
Purtroppo il mio tempo è poco, e portare avanti due storie
complesse (una su un altro fandom) diventa davvero pesante per me.
Questa è una storia non facile da gestire, che richiede davvero
tutti i miei sforzi e la mia massima attenzione, e non so se basta.
Devo ringraziare la cara Audreiny, per i suoi preziosi consigli
e per l’aiuto che mi sta dando.
Inoltre ringrazio tutte voi che seguite questa storia e la
commentate con tanto entusiasmo; siete un grande incoraggiamento per me, e
spero che la lunga attesa non vi abbia fatto perdere la voglia di seguire
questa ff. Come sempre attendo i vostri commenti e ogni considerazione positiva
e non, che vorrete lasciare. Spero sia una buona lettura.
Ne approfitto per ringraziare tutte coloro che hanno letto e
apprezzato la ff “Sorella perduta”.
*******
Il
conte di Fersen raggiunse casa mia il giorno dopo in tarda mattinata. Trovò
solo me ad accoglierlo, perché Oscar era uscita a cavallo con André e
stranamente non erano ancora rientrati. Pensai immediatamente che l’avesse
fatto di proposito e trovai davvero strano e curioso il suo atteggiamento: mia
sorella, anche se innamorata di un uomo irraggiungibile, non si comportava
certamente come una donnetta qualsiasi, dovevo dargliene atto.
Se
davvero era innamorata di lui, perché stava facendo di tutto per evitare di
incontrarlo? Perché aveva reagito in quel modo quando le avevo detto che si
sarebbe unito a noi? Non riuscivo a capirlo; forse voleva evitare una
situazione imbarazzante. Potevo essere io stessa, la causa di quel sottile
disagio.
Quasi
certamente era così.
Oscar
non voleva affrontare l’imbarazzo di un possibile confronto fra noi, di fronte
all’uomo di cui era innamorata, e magari temeva di soccombere contro il suo
alter ego in abiti femminili.
Lei
conosceva l’ascendente molto forte che esercitavo sugli uomini, lo aveva visto
nei salotti di Versailles, sapeva dei miei successi, del mio potere di
ammaliare i miei interlocutori, dei cuori che avevo infranto nelle vesti di una
giovane un poco immatura, magari solo per gioco o per noia. Poteva affrontare
Fersen sul suo terreno, al sicuro nella sua casa con André al suo fianco;
magari, anche di fronte alla stessa regina poteva sostenere quella prova. Ma
con me era diverso.
Era
senz’altro più difficile, più doloroso.
Oscar
sosteneva un ruolo maschile che si sforzava di recitare alla perfezione. Da
sola, poteva quasi ingannare chiunque, facendo credere davvero di essere un
uomo, ma l’ imbroglio crollava al mio cospetto e lei si sentiva inadeguata.
E
mi dispiaceva che si sentisse così, perché in realtà non ne avrebbe avuto
ragione.
Oscar
è una donna straordinaria proprio per quella sua femminilità sottopelle che
cela sotto la divisa, un carisma di cui lei sembra essere totalmente inconsapevole.
In
verità, Oscar ha sempre avuto paura di confrontarsi con questo lato della sua
natura. Ha sempre avuto timore di confrontarsi con me. Il suo riflesso, il
doppio, la sua parte oscura è quella parte che la spaventa. La femminilità, il
potere di seduzione nascosto in ogni donna, è l’arma più potente che madre
natura ci ha dato per esprimere noi stesse. Oscar in me, vede se stessa e
quello che avrebbe potuto essere, e riconosce quell’istinto naturale che da
sempre è costretta a soffocare. Vede ciò che le è stato negato dalla nascita e
dal capriccio di nostro padre.
In
verità, per quanto possa essere innamorata di Fersen, Oscar non saprebbe cosa
fare per conquistarlo o sedurlo, ma sa che io ci riuscirei senza sforzo, e teme
che possa accadere sotto il suo naso.
Forse
André aveva avuto ragione ad arrabbiarsi, ma io restavo fermamente convinta che
sarebbe stato necessario per la serenità di Oscar, avere un serio confronto con
la realtà; avrebbe magari sofferto all’inizio, ma se fossi riuscita a metterla
in contatto con la sua essenza più intima, avrebbe trovato il suo equilibrio e
si sarebbe liberata della sua fragile illusione. Una donna che conosce e
accetta se stessa, sa di cosa ha davvero bisogno, e non diventa preda di
ridicole fantasie.
Dopo
aver affidato i miei figli alle cure del loro precettore, invitai Fersen nel
mio salotto privato dove avremmo atteso il ritorno di mia sorella a palazzo,
prima di prepararci per il pranzo. Il conte esordì esibendo un’ elegante
riverenza e baciandomi la mano con la galanteria inconfondibile dell’uomo che
vuole impressionare positivamente una donna.
“Madame
Recamier, i miei più devoti omaggi; mi aspettavo di incontrare madamigella
Oscar insieme a voi, ma vedo che non è qui. Posso chiedervi dov’è e come sta?”
Era
un proforma; Fersen mi stava chiedendo di Oscar per educazione, ma ero certa
che il suo reale interesse fosse rivolto a me. Lo capivo dal suo sguardo
insistente e intenso che incontrava il mio e che io ricambiavo con uguale
impudenza.
“Oscar
sta benissimo, grazie; adesso è fuori a cavallo, ma si unirà a noi per il
pranzo. Ma ora ditemi: che notizie mi portate da Parigi? Siete sempre voi,
conte, al centro di tutte le chiacchiere?” Fui volutamente maliziosa con
l’ultima frase.
L’avevo
colto di sorpresa, ma non avevo saputo resistere; mi piaceva mettere in
difficoltà un uomo che avesse qualche mira su di me. Mi ero seduta comodamente
sul divano e avevo invitato il conte a prendere posto al mio fianco; si aprì in
un sorriso stanco prima di rispondermi.
“In
buona parte, sì… - parve esitare – ma devo confessarvi che anche voi contessa,
da quando siamo stati visti insieme a teatro, avete destato molte voci tra i
curiosi… non immaginate cosa pensano di noi.”
Superata
la sorpresa aveva saputo riprendersi benissimo e ribattere con acutezza di
spirito.
“Oh,
lo immagino perfettamente, invece; nella fantasia popolare siamo già diventati
amanti.”
“Oh…
siete una donna sagace. Se così fosse, questo sarebbe un vero motivo d’orgoglio
per me, contessa; le dicerie non sembrano sconvolgervi troppo.” Commentò
tranquillo, allargandosi in un sorriso che arrivò ad illuminargli lo sguardo,
di solito freddo: mio malgrado, lo trovai davvero affascinante.
“Non
mi turbano affatto; che volete farci? Per motivi diversi sia io, sia voi siamo
due personaggi sempre al centro dell’ attenzione: io, perché sono la sorella
del Colonnello Oscar, e voi perché siete un uomo di mondo…”
“Ahimè,
non posso che darvi ragione contessa.” Una nota di rassegnazione nella voce.
Mi
premurai di rassicurarlo; non volevo che assumesse l’ atteggiamento di chi è
sulla difensiva.
“Non
preoccupatevi: non vi ho fatto venire per parlare di questo. Siete qui perché
ho stima di voi, come Oscar, del resto.”
“Mi
sento veramente onorato; in realtà a Parigi sono tutti in fermento per il ballo
a corte che si terrà questo fine settimana: pare che tutte le modiste della
città stiano lavorando alacremente per confezionare più di un centinaio di
nuovi abiti da sera per l’occasione.”
“Voi
prenderete parte al ballo?” chiesi con interesse evidente che Fersen colse
senza sforzo.
Lasciò
passare qualche secondo prima di rispondermi con un tono che mi sembrò allusivo
e velatamente compiaciuto.
“In verità sono combattuto, ma ne avrei tutta
l’intenzione.”
“Combattuto? E perché mai?”
“Immaginate cosa direbbe la gente se mi vedesse
danzare tutta la sera con Sua Maestà: non farei che peggiorare tutto quello che
già sta accadendo, però…”
“Però la tentazione è molto forte, vero? Forse
sarebbe più saggio accompagnarvi con un’ altra dama per tutta la serata;
spegnereste le dicerie attorno alla regina.”
Il conte colse subito la mia allusione maliziosa,
facendo esattamente ciò che mi aspettavo; era davvero facile portarlo dove
volevo.
“Voi chi proporreste, madame?”
“Io sarei felice di aiutarvi, mentre voi mi
evitereste tanti fastidiosi corteggiatori.”
“Così renderemmo fondate le voci di una nostra
relazione. Vi prestereste davvero a questo, senza temere per la vostra
reputazione?”
Fummo interrotti da un rumore di passi frettolosi
che annunciava il ritorno di Oscar; pochi istanti dopo fece il suo ingresso in
salotto seguita da André. Sorrise e salutò Fersen che ricambiò in maniera
amabile, mentre André mantenne il più assoluto distacco, rivolgendo allo
svedese un semplice cenno del capo.
Non mi sfuggì però l’occhiata severa che lanciò al
mio indirizzo.
Ero un po’ preoccupata per l’atteggiamento ostile di
Andrè: cosa mi sarei dovuta aspettare da lui?
Avrebbe cercato di ostacolarmi? Lui non sapeva cosa
in realtà io desiderassi davvero; non sospettava di essere lui l’oggetto dei
miei pensieri più intimi. Però non sapevo come avvicinarlo nel modo giusto e il
nostro alterco del giorno prima, aveva complicato ulteriormente le cose. Per
amore, spesso si fanno i ragionamenti più sbagliati, eppure io pensavo a lui
costantemente; avrei fatto di tutto, approfittato di qualsiasi occasione per
stargli vicino.
Dovevo trovare il modo di placarlo; avevo bisogno di
un alleato non di un nemico.
Lui era la ragione principale della presenza di
Oscar in casa mia; anche i miei piani su Fersen, una semplice e innocua pedina
sulla mia scacchiera, erano di secondaria importanza.
Ma dovevo stare attenta; stavo per aprire una
partita con troppi giocatori che sarebbe stato difficile gestire, e se qualcosa
fosse andato storto, io ero quella che aveva più da perdere: oltre Andrè, mi
sarei inimicata anche Oscar ed ero troppo legata a lei per voler pagare un
simile debito.
Inoltre, non avevo nessuna idea di come attuare una possibile
strategia di conquista; anzi più ci pensavo, più mi pareva che questa
possibilità diventasse sempre più remota. Non avrei mai potuto prendere il
posto di Oscar nel cuore di quell’uomo dalla natura così gentile, eppure forte.
Giorno dopo giorno, sentivo crescere dentro di me il
mio sentimento irrefrenabile per lui, e non sapevo come controllarlo; ero certa
di non aver mai provato un simile trasporto per nessuno degli uomini di cui mi
ero invaghita in passato. Questo perché nessuno era come André; nessuno aveva
quella dolcezza e fermezza che intuivo in lui, la sua passione e la forza
d’animo che metteva nello stare vicino ad Oscar.
Desideravo soltanto poter essere amata nello stesso
modo.
Desideravo scoprire cosa si prova ad essere amate
con una tale passione, desideravo che anche il mio cuore potesse volare,
respirare quell’ aria più dolce che profumava di quella vita che io non
conoscevo.
Oscar scomparve nella sua stanza per ricomparire
solo al momento del pranzo.
Diedi disposizioni alla servitù di apparecchiare
nella piccola sala della mia dimora, che usavamo abitualmente solo io e mio
marito; quella più grande era riservata a pranzi e cene importanti e
impegnative, ma l’ambiente più intimo della prima, sarebbe stato ideale per far
sentire i miei ospiti a loro agio e liberi di conversare tranquillamente.
Naturalmente André, non poteva unirsi a noi, quindi
si era appartato in cucina con il resto della servitù; solo a Palazzo Jarjayes,
egli si permetteva di consumare i pasti allo stesso tavolo con Oscar; qualche
volta era accaduto a casa mia, lontano comunque da Parigi e mai in presenza di
terzi.
Fersen sedeva di fronte a mia sorella e io a
capotavola.
Il pranzo fu piacevole e tra una portata e l’altra,
la conversazione fu amabile, a tratti interessante e vivace.
Se volevo attuare il mio proposito, cioè mostrare a
Oscar chi era davvero il conte di Fersen, dovevo iniziare a pilotare il
discorso nella giusta direzione. Ma dovevo farlo senza suscitare sospetti o
malumore nei miei commensali, principalmente in Oscar. Volevo indurre Fersen a
palesare in parte le sue intenzioni e far crollare quella maschera perfetta con
cui nascondeva il suo vero volto; quello del seduttore e libertino, infedele
alla stessa donna che diceva di amare tanto, quello perverso e cinico che
voleva sedurre la gemella del colonnello Oscar.
Era solo quella la ragione che aveva spinto il conte
ad accettare il mio invito.
Quali altri interessi avrebbe potuto avere?
E io ero stata abilissima a fargli credere che ci
fosse un qualche interesse nei sui confronti da parte mia.
Mia sorella e Fersen fino a quel momento avevano
parlato con tranquillità, dilungandosi su noiosi paragoni tra la corte francese
e quelle del Nord Europa.
“Nel mio paese credo sarebbe del tutto impensabile
per una donna, ricoprire il ruolo che avete voi nell’esercito francese,
madamigella Oscar… - stava affermando Fersen. – La Francia da questo punto di
vista è un paese modernissimo.”
“L’unicità del caso non fa del nostro paese uno
stato all’avanguardia…”
Intervenni con convinzione mentre Fersen si rivolse
direttamente ad Oscar.
“Voi cosa pensate a riguardo, madamigella?”
Oscar stava sorseggiando un bicchiere di vino. Lo
posò sulla tovaglia bianca ricamata, prima di rispondere pacata. Era vestita in
modo informale, come sempre quando non ricopriva il suo ruolo; un’ampia e
comoda camicia di seta immacolata e pantaloni di velluto grigio tortora.
“In parte sono d’accordo con Danielle: il mio caso è
unico in Francia. Forse il personaggio più moderno è stato mio padre; non so
quale altro uomo avrebbe mai allevato una figlia dandole l’educazione che ho
ricevuto io…”
“Vostro padre un uomo moderno; strano, lo avrei
definito piuttosto austero e conservatore, un uomo d’ altri tempi, insomma!”
Lei accolse il commento senza ribattere, ma piegando
le labbra in un leggero sorriso che non riuscì ad essere pienamente
convincente.
Mi sorpresi di come quell’uomo a volte riuscisse ad
essere indelicato; stava parlando di nostro padre con eccessiva leggerezza.
Questa era una delle cose che me lo rendevano sgradito. Chiamai la servitù per
far servire la portata successiva, poi mi decisi a cambiare argomento e mi
rivolsi a mia sorella con tranquilla disinvoltura.
“Il conte mi ha assicurato che prenderà parte al
prossimo ballo a Versailles e credo che interverrò anch’io. Tu ci sarai, vero,
Oscar? Si tratta di un ballo importante e il colonnello delle Guardie Reali non
può mancare.”
Oscar non rispose subito, ma si limitò a fissarmi un
attimo.
Fersen parlò di nuovo, questa volta, rivolgendosi a
me.
“Spero che mi concederete più di un ballo, Madame
Recamier; per ballare con voi rinuncerei a danzare con la regina.”
Il sottinteso era chiaro e io stetti al suo gioco.
Stava facendo esattamente quello che volevo.
Il conte sembrava non farsi remore neppure davanti
ad Oscar. Molto probabilmente non si preoccupava di quello che lei poteva
pensare, un altro segno d’indelicatezza da parte sua. Lontano dal ricordarsi
che fosse una donna, non sembrava considerare il fatto che avrebbe potuto
offendere la sua sensibilità.
D'altronde, perché avrebbe dovuto preoccuparsi di
questo?
Lui ignorava totalmente i suoi sentimenti. E anch’io
finsi di non conoscerli.
“Io sono piuttosto esigente conte, pretenderò
l’esclusiva tutta la sera.” Sorrisi benevola al suo indirizzo, ignorando lo
sguardo incerto di mia sorella. Anche lui parve ignorarlo.
“Una donna affascinante e bellissima come voi, può
pretendere questo ed altro; sarò sicuramente molto invidiato da tutti i
gentiluomini presenti.”
“Oh, la cosa non mi preoccupa e queste sono le mie
condizioni: se volete danzare con me, non dovrete ballare con nessun’altra,
neppure con Sua Maestà… Allora? Accettate, conte? O forse, vi sto chiedendo
troppo?”
Oscar stava osservando la scena senza battere
ciglio. Non saprei dire esattamente cosa le passasse per la testa: sorseggiava
con calma il suo vino e pareva essere indifferente a quello che stava
succedendo.
Poi, improvvisamente, puntò la sua attenzione su
Fersen, attratta dallo sguardo complice e malizioso che mi aveva rivolto. Si
era accorta del gioco fatto di sguardi e allusioni che avevamo iniziato e
adesso, potrei giurarlo, sul suo volto si era dipinta un’ espressione piuttosto
sorpresa e allo stesso tempo, vagamente confusa. Il comportamento di Fersen la
sconcertava non poco, ma non sapeva esattamente perché; era del tutto nuovo,
come era nuova la situazione in cui veniva a trovarsi da testimone; non era
assolutamente preparata a quell’approccio aperto del conte verso di me.
Era lì che volevo arrivare e non avevo sperato che
cogliesse il messaggio tanto in fretta, ma temevo anche la sua possibile
reazione.
Avrei rincarato la dose perché c’era un altro punto
che mia sorella doveva avere chiaro: se volevo demolire la figura di Fersen ai
suoi occhi, dovevo farlo totalmente, appiattirlo e farlo apparire comune alla
maggior parte dei nobili. Per ottenere questo risultato dovevo smascherare il
suo reale pensiero, la sua ideologia fasulla e ipocrita. Ma per farlo, dovevo
portare sulla scena Andrè; ero quasi sicura che nient’altro avrebbe aperto gli
occhi di Oscar maggiormente. Sarebbe stato il colpo di grazia, ma era
necessario, o almeno così credevo.
Mi dispiaceva dover coinvolgere Andrè in quel modo,
ma non vedevo altre soluzioni ed ero ben consapevole che si trattava di una
mossa pericolosa; non l’avrebbe presa bene e potevo immaginare quale sarebbe
stata la sua reazione se avesse avuto sentore del mio obiettivo.
Così, buttai la mia esca.
“Oscar, potevi lasciare che Andrè pranzasse con noi;
a voi, conte, non sarebbe dispiaciuto, vero? Probabilmente sapete che mia
sorella e il suo attendente pranzano spesso insieme nella casa di mio padre.”
Mia sorella, il bicchiere di vino a mezz’aria, alzò
appena un sopracciglio puntando i suoi occhi limpidi nella mia direzione, ma
non aprì bocca.
Mi aspettavo invece, l’intervento di Fersen che non
si fece attendere e come prevedibile, disse un’altra frase poco felice.
“Lo so perfettamente; è una cosa davvero insolita e
inusuale. Voglio dire… che un servo possa mangiare alla tavola del padrone. Se
anche voi madame Recamier, abitualmente acconsentite a questa abitudine, io mi
sarei adattato senza problemi… davvero.”
“Danielle, lo sai che non lo fa mai…” intervenne
Oscar, che aveva posato il bicchiere vuoto sul tavolo, e appariva davvero
infastidita.
“Sì cara, lo so, ma Andrè è come uno della famiglia
e il conte sa perfettamente che egli non è un servo come gli altri, giusto?” e
guardai il mio ospite con convinzione puntando lo sguardo su di lui.
“So che André è un buon amico per madamigella Oscar;
certo, nel nostro ambiente si tratta di un rapporto unico, ma può essere
naturale che un attendente e l’ufficiale cui presta servizio siano complici;
qui, l’aspetto insolito di tutta la faccenda è il fatto che Oscar sia una
donna. Non sarebbe ammissibile la stessa amicizia tra voi, Madame Recamier, e
il vostro maggiordomo personale, per una semplice questione di convenienze.”
“Insomma conte, fatemi capire: state dicendo che
potrei avere una relazione clandestina con il mio maggiordomo personale, ma non
una sincera amicizia?”
Ero un po’ sbigottita, ma sinceramente divertita
dalla piega che stava prendendo la conversazione.
“Beh, contessa, state parlando di una cosa che
accade spesso. Ma non dico che possa riguardare voi.”
Fersen sorrise con leggerezza senza notare il
disappunto che si dipingeva sul viso di Oscar. Ero arrivata dove volevo e
lanciai l’ultima provocazione per indurre il conte a dichiararsi apertamente
sulla questione.
“Mi sorprendete Fersen; vi credevo più moderno.
Insomma, ammettete le solite tresche amorose, ma pensate che tra servo e
padrone debba esserci la giusta distanza; siete davvero convinto? Volete dire
che non avete un rapporto quasi di intima fiducia con il vostro cameriere
personale? Non c’è complicità?”
Insinuai il dubbio nella mia voce. Egli non si
smentì affatto, e parlò con una sicurezza impossibile da fraintendere.
“Ma certo, questo è ovvio. Vedete madame, non si
tratta di essere moderni o conservatori. La questione è un’altra: ognuno di noi
ha il suo posto nel mondo e si deve rispettare il proprio ruolo, per il bene di
tutta la società civile. Un servo non può pensare di essere un mio pari:
classe, educazione, privilegi ci divideranno sempre.”
Parole strane dette da un uomo sospettato di avere
una pericolosa relazione clandestina con la regina di Francia, fatto assai
scandaloso che aleggiava sulla bocca di tutti.
Non avrebbe potuto esprimersi meglio, né in maniera
più offensiva verso mia sorella che infatti non resse più quella conversazione.
Si alzò da tavola appoggiando il tovagliolo accanto al suo piatto, ancora quasi
del tutto intatto e si congedò, decisa ad allontanarsi.
“Vogliate scusarmi: non ho più fame e preferisco
ritirarmi.” Rispose in tono gelido.
Velocemente e
senza degnarci di uno sguardo, si allontanò dalla sala, sotto lo sguardo
stupefatto e del tutto inconsapevole del conte di Fersen, il quale rimase un
po’ spiazzato dalla reazione di Oscar; temendo di averla offesa in qualche
modo, mi chiese spiegazioni e io lo rassicurai per quanto potei.
Con mia sorpresa, non si convinse del tutto.
“Credo di essere stato indelicato nei riguardi di
vostra sorella; a volte, tendo a dimenticare che lei e André sono cresciuti
insieme. Naturalmente, io non ho alcun tipo di riserva su André, ma può darsi
che Oscar mi abbia frainteso. Più tardi mi scuserò con lei.”
“Non allarmatevi troppo, conte. Sono certa che Oscar
saprà comprendere; lei vi considera un buon amico e non è una persona che porta
rancore.”
Dopo pranzo, il conte si era allontanato a cavallo.
Io avevo necessità di parlare con Oscar e decisi di
raggiungerla nella sua stanza. Ero certa che le parole del conte l’avessero
urtata parecchio, ma di più temevo che potesse accusarmi di qualche bieca
iniziativa e reagire con ostilità verso di me.
Come prevedibile, non era sola; Andrè era con lei.
Mia sorella era seduta in poltrona e lui, in piedi
di fronte alla finestra che si apriva sul giardino della mia casa, guardava
all’esterno; forse aveva osservato Fersen allontanarsi, immerso nella luce del
pomeriggio che faceva risaltare il paesaggio.
Potevo essere quasi certa che Oscar avesse parlato
con lui della conversazione di cui era stata testimone; lo avrei scoperto a
breve.
Avanzai al centro della stanza in penombra.
La luce filtrava attraverso lo spiraglio lasciato
dalle tende semiaccostate delle due grandi finestre che si aprivano sulla
parete.
Oscar mi lanciò un’occhiata provocatoria, e quando
parlò, colsi del sarcasmo nel modo in cui mi accolse.
“Oh, Danielle! Ci onori della tua presenza! Perché
non sei rimasta col tuo illustre e saggio ospite, così rispettoso e attento
alle convenzioni sociali? Magari sei venuta a spiegarci che cos’era quella
pantomima che hai inscenato in sala da pranzo, davanti al conte di Fersen? Sono
davvero curiosa.”
Il fatto che fosse così diretta, non lasciava dubbi
che avesse già avuto uno scambio d’opinione con Andrè, ma l’espressione
dell’attendente era indecifrabile; non rivelava alcun stato d’animo, né
indifferenza, né fastidio, ma ormai sapevo quanto fosse capace di camuffare le
sue emozioni dietro espressioni neutre.
“Oscar, mi dispiace se quello che è stato detto ti
ha offesa. Riconosco anch’io che Fersen non è stato molto delicato; non mi
sarei mai aspettata niente del genere: parlare in quel modo di nostro padre, i
commenti su Andrè e tutto il resto… è stato spiacevole e deludente.”
“Sì,
è stato molto deludente, anche se ho avuto l’impressione che per te fosse
divertente…” commentò ironica.
“Ammetterai
che nelle sue esternazioni, Fersen risulta ridicolo, a volte… si fa fatica a
prenderlo sul serio.”
“Comunque,
non è solo quello che ha detto Fersen, che potrei anche giustificare; è uno
straniero e non è tenuto a conoscere le nostre abitudini. Danielle, è il tuo
atteggiamento che non mi è piaciuto, e francamente non ho capito cosa volevi
dimostrare.”
“Non volevo dimostrare nulla, mia cara. Era solo una
banalissima conversazione, che ha messo in luce una certa ideologia del conte,
molto comune per la verità. Non c’era nulla di sorprendente in quello che ha
detto, ma forse, tu ti saresti aspettata qualcosa di diverso; può darsi che ti
fossi fatta un’idea differente di lui?” commentai con tutta l’innocenza
possibile. Oscar non rispose direttamente alla mia domanda, ma si limitò a
esprimere il suo reale fastidio.
“Quale che fosse la mia idea, mi è sembrato fuori
luogo e molto inopportuno tirare in ballo Andrè.”
Il suo tono era seccato e se si tratteneva
dall’aggredirmi verbalmente era solo perché non eravamo sole.
“Il conte pensa che un servo debba stare al suo
posto. - Intervenne André, che non si era ancora allontanato dalla finestra e
sembrava più interessato a quello che avveniva all’esterno, che alla nostra
discussione. Poi proseguì, rivolgendosi a mia sorella. - Non dovresti
prendertela per così poco, Oscar. In fondo, è quello che pensano tutti i
nobili.”
Aveva parlato con molta calma e naturalezza,
minimizzando, come se la cosa non avesse alcuna importanza per lui.
“Comunque, André, il discorso del conte era più di
carattere generale; non era rivolto a te, in particolare.” Commentai, sperando
di mitigare il suo probabile disappunto.
“Madame Recamier, non c’è alcun bisogno di
spiegazioni con me.” Rispose vagamente ironico.
“Invece, io credo di sì. Volevo che fosse un soggiorno
lieto e sereno, anche per te, André. Non mi aspettavo di dover affrontare
argomenti spinosi e imbarazzanti, come quello della differenza sociale.”
Non ero certa di averlo convinto. Andrè, di fronte a
Oscar, si manteneva tranquillo e quasi indifferente, ma incrociando i suoi
occhi, vi lessi molta perplessità. Chissà cosa stava pensando davvero; doveva
essergli molto chiaro che avevo sollevato io la questione, e forse, era ancora
convinto che tutto facesse parte della manovra misteriosa che secondo lui,
stavo imbastendo.
Certo, per quanto potesse intuire le mie azioni, non
sospettava da cosa fossi mossa davvero. Ma potevo dirmi sicura che fosse così?
André aveva già dimostrato di essere molto vigile e attento su tutto ciò che
gravitava attorno a Oscar, che fosse Fersen o io stessa.
Dovevo chiarire la faccenda con lui, convincerlo
della mia buona fede, e possibilmente dissolvere le tensioni che si erano
create fra noi, dopo l’alterco del giorno prima. Dovevo portarlo dalla mia
parte e guadagnarmi la sua fiducia. Per ottenere tutto questo, avevo bisogno di
parlare con André, da sola, e fu Oscar a darmene l’occasione.
“Andrè, per favore, vai a preparare il mio cavallo.
Ho bisogno di fare una lunga cavalcata.”
“Non vuoi che venga con te, Oscar?” chiese lui, con
tono un po’ allarmato. Forse temeva che volesse raggiungere Fersen, e magari,
discutere con lui. Ma io non credevo che fosse quella la sua intenzione;
pensavo piuttosto, che volesse cercare l’isolamento per poter riflettere con
tranquillità.
“No. Ho bisogno di restare sola. Tu aspettami qui.”
Probabilmente, Oscar iniziava a interrogarsi su chi
fosse davvero l’uomo di cui si era invaghita; se fossi riuscita a oltrepassare
il suo riserbo su quella faccenda sentimentale, sono certa che mi avrebbe rivelato
i suoi pensieri e aperto il suo cuore. Rivolgendomi a lei, congiunsi le mani,
quasi in un atto di supplica.
“Ho organizzato una piccola festicciola per questa
sera. Nulla di eccessivo, solo un po’ di musica per stare piacevolmente insieme
e concludere degnamente la giornata; tu cara, potresti suonare per noi qualcosa
al piano, più tardi. Dimmi che ci sarai, ti prego.”
In risposta, emise un sospiro di rassegnazione.
“Ne sarò felice, Danielle. Ma evitiamo discussioni
di qualsiasi genere, per favore.”
La rassicurai subito, mentre Andrè usciva per andare
ad assolvere la sua incombenza nelle scuderie. Mi assicurai che la porta fosse
ben chiusa, prima di proseguire.
“Spero che Andrè non si sia offeso per queste
sciocchezze; forse non avresti dovuto parlarne con lui. Non era necessario
metterlo a parte di tali meschinità.”
Davanti allo specchio, Oscar si stava sistemando il
panciotto e infilando un paio di guanti.
“Non vedo perché no, dal momento che è stato preso
in causa, pur essendo assente. Non gli avrà fatto piacere, ma quella più offesa
sono io, senz’altro.” Il suo tono era ancora infastidito.
“Lo sai, dovresti dare a Fersen il peso che ha; è un
nobile, e ragiona come tale.”
“Gli do il peso che si merita; ora scusami Danielle,
ma vorrei andare.”
Mi oltrepassò a passo svelto dirigendosi verso la
porta.
******
Oscar era montata in sella, aveva spronato nei
fianchi il suo cavallo, ed era partita al galoppo, attraverso i possedimenti
della mia tenuta. Io e il suo attendente l’avevamo osservata mentre si allontanava
e mi era parso che André fosse inquieto e leggermente nervoso. Sicuramente
avrebbe voluto seguirla, ma sapeva che non era mai il caso di discutere i
desideri della sua padrona, che di solito, non amava spiegare le cose due
volte. Che volesse raggiungere Fersen, o restare sola per davvero, a me poco
importava in quel momento. La mia priorità era un’altra.
Finalmente sola con André, potevo affrontare
l’argomento che mi premeva.
Oscar e il suo cavallo erano diventati un puntino
lontano nella campagna e André stava per allontanarsi in direzione opposta,
quando lo bloccai.
“André, per favore; avrei bisogno di parlarti.”
Lui mi guardò, sostenendo il mio sguardo diretto con
l’espressione più neutra che potesse offrirmi.
“Di che cosa dobbiamo parlare, signora? Credo che
tutto sia già stato definito.”
Nessuna particolare inflessione nella voce, come se
per lui fosse superfluo ogni ulteriore commento.
“Io vorrei parlare di quello che è successo ieri.
Non mi piace il modo in cui ci siamo lasciati.”
Improvvisamente mi sentii insicura; non so come
avrei reagito se non avesse voluto ascoltarmi. Lui però, dovette fraintendere
il senso delle mie parole, perché si affrettò ad assumere l’atteggiamento di
chi è sulla difensiva.
“Mi dispiace per la mia reazione di ieri, credo di
essere stato troppo brusco. Non avrei dovuto dimenticare chi sono. La prego di
accettare le mie scuse, madame Recamier.”
“Non stavo cercando le tue scuse, André. E poi, ti
prego, smettiamola con queste formalità: avevamo detto che potevamo darci del
tu, come due buoni amici. Io so apprezzare la tua franchezza.”
“Non lo so, Danielle. - Vidi le sue belle labbra
piegarsi in un sorriso appena accennato. - Non vorrei metterti in imbarazzo di
fronte al conte di Fersen, assumendo con te un atteggiamento troppo amichevole
e disinvolto. Qui non siamo a Palazzo Jarjayes.” Nella sua risposta c’era un
certo sarcasmo, che non tentò di velare in alcun modo.
“Sì, lo so, ma questo non deve essere un limite. Di
quello che pensa il conte di Fersen, mi importa assai poco. Io tengo molto di
più alla tua amicizia, e non deve necessariamente essere confinata tra le mura
di Palazzo Jarjayes.”
Con decisione mi avvicinai, lasciando scivolare con
audacia e naturalezza la mia mano sul suo avambraccio per sostenermi,
facendogli capire che volevo camminare al suo fianco. Lui mi lasciò fare e non
tentò di scostarsi. Incontrai il suo sguardo che sapeva turbarmi così tanto nel
profondo, e mi sembrò di cogliere una leggera esitazione, un vago turbamento.
Non si era aspettato quel mio gesto così intimo e non seppe come interpretarlo.
In effetti, era la prima volta che osavo prendermi una simile libertà con lui.
Ci incamminammo lentamente attraverso il giardino, all’ombra dei grandi alberi
che correvano lungo il percorso che attraversava il parco di Villa Recamier.
Non parlammo per alcuni lunghi minuti; mi limitavo a godere della sua
vicinanza, mentre avvertivo l’aria fresca e frizzante del primo pomeriggio
solleticarmi il viso e sentivo la morbidezza dell’erba sotto le suole delle mie
scarpette leggere.
Poi, iniziammo a parlare e io manifestai quanto
fossi felice di avere Oscar e lui a casa mia, quanto sperassi che ne fossero
lieti anche loro. Finché non arrivai al punto della questione.
“Oscar mi ha detto che ti sei un po’ risentito di
quello che accaduto a pranzo; vorrei che tu non dessi un’ eccessiva importanza
alla cosa. Non era un discorso fatto ai tuoi danni, né volevo umiliarti in
alcun modo, André. Ti prego, mi devi credere.”
“Non preoccuparti, non mi posso risentire per quello
che è il pensiero comune alla maggioranza dei nobili. Te l’ho già detto una
volta; so qual è il mio posto. Se vuoi saperlo, mi sono sorpreso un po’ che tu
abbia sollevato un discorso del genere di fronte a Oscar, proprio in presenza
del conte di Fersen. Io credo che tu l’abbia fatto di proposito; è il motivo
che non mi spiego con chiarezza... volevi umiliare lui, oppure ferire Oscar?”
“Non volevo umiliare nessuno. Tu continui a pensare
che io abbia un secondo fine…” pronunciai la frase sostenendo il suo sguardo
indagatore.
“Vorresti farmi credere che non è così? Suvvia,
Danielle; sono un servo, non uno stupido.”
“Non ho mai pensato che tu lo fossi, Andrè.”
“Allora, mi vuoi dire la verità?”
“Io ti ammiro molto per la nobiltà dei tuoi
sentimenti verso mia sorella, e so che non vuoi vederla soffrire. Ti assicuro
che neppure io voglio questo. Il tuo cuore è così generoso e così pieno
d’amore...” esitai, emozionata per le mie stesse parole che sentivo essere così
vere, le sentivo bruciare sulla lingua.
Come avrei desiderato che un uguale sentimento
potesse colmare la mia anima.
“Scusa, ma continuo a non comprendere il nesso tra i
miei sentimenti, quelli di Oscar e la presenza di Fersen, qui.”
“Deduco che tu sia seccato, perché sono andata a
toccare i sentimenti più intimi di Oscar, è così? Lei ha reagito male; sarà
delusa, forse amareggiata e lo capisco, ma…”
André mi interruppe.
“Era incredula e ferita dalle parole di Fersen,
Danielle. Mi ha detto che le era sembrato di ascoltare un estraneo; per un momento
non lo ha riconosciuto. Dovrei forse rallegrarmene, ma non ci riesco… - fece
una pausa prima di proseguire e quello che disse mi sorprese. – Io non ho nulla
contro di lui. Non ho reali motivi per odiarlo.”
“Non ci posso credere! Difendi l’uomo che potrebbe
allontanarti da Oscar?”
“Non credo che potrà mai allontanarmi da lei, e non
sto prendendo le sue difese. Io mi preoccupo solo per Oscar. Ho capito che
Fersen non ti piace, anche se cerchi di far credere a tutti il contrario. Non
fai altro che tentare di ridicolizzarlo davanti a lei; era questo che intendevi
l’altro giorno, quando hai detto che volevi farle aprire gli occhi?”
“Oh, André, cerca di capire, un confronto con la
realtà le farà solo bene. Mia sorella è innamorata di un uomo infedele, che dice
di amare la regina, ma frequenta i letti di molte altre donne. Non c’è molto
onore in questo.”
Ero quasi esasperata. André sospirò, prima di
fermarsi e girarsi verso di me, per guardarmi direttamente negli occhi; un
brivido mi colse, quando avvertii le sue mani che si serravano con ferma
gentilezza sulle mie braccia.
“E lo
giudichi male per questo? In fondo, è un uomo come tutti gli altri, con le sue
debolezze. Lo so che quella di Oscar è un’ illusione, un amore irreale, se
vuoi, ma uccidere i sogni di una persona può lasciare cicatrici profonde
nell’animo; ti prego, Danielle, smettila di fare quello che stai facendo.”
Il tono di Andrè era cambiato, facendosi accorato.
“Non voglio fare nulla di male. Di che cosa mi stai
accusando?”
“Di interferire con l’evoluzione naturale delle
cose. Oscar, prima o poi, capirà da sola che la sua è solo un’infatuazione;
forzarla, può portare conseguenze impreviste e spiacevoli.”
“Ti sbagli se credi questo; Oscar potrà essere un
validissimo soldato, è stata addestrata per questo, ma è a digiuno di questioni
amorose. Andrà troppo vicina al fuoco e si scotterà; lei non sa chi sia Fersen,
in realtà…”
“Invece tu lo sai, vero?”
Qualcosa fece tremare il mio spirito. Non riuscii a sostenere
oltre, quegli occhi che mi bruciavano l’anima e che ardevano di un fuoco che
non potevo raggiungere. Mi divincolai e mi allontanai di pochi passi dandogli
le spalle, e risposi con la voce tremante per un’emozione che non potevo più
trattenere.
“Sì, io lo so, André! Ne ho conosciuti tanti di
uomini simili a lui! Fanno mille giuramenti e solenni promesse d’amore, ma il
loro cuore è incostante e mutevole come il vento, e leggero… e quando
abbandonano il tuo letto ti resta solo una fredda sensazione di vuoto tra le
membra, e questa è una realtà ben più amara di qualsiasi consapevolezza che
Oscar potrebbe avere.”
“Non credo che Fersen abbia mai fatto giuramenti o
promesse ad alcuna; pochi mesi fa ha rotto il suo fidanzamento con una ragazza
inglese di buona famiglia di nome Lucille. Confessò la cosa anche a Oscar. Non
capisco tutto questo tuo accanimento contro di lui: forse il conte paga le
colpe di qualcun altro?”
“No davvero, però il suo gesto non lo rende migliore
di tanti altri; come ha dimostrato oggi, i suoi pensieri sono meschini, indegni
di una donna come Oscar…”
Avevo parlato quasi rincorrendo le parole mentre il
mio petto si alzava e si abbassava, vinto da un sentimento troppo forte che
nell’impeto, mi portò a confessare ciò che non ero ancora pronta a dire.
“Ma tu André, tu sei così diverso…”
Non so quale forza mi prese, ma avanzai verso di lui
e alzai una mano per posarla all’altezza del suo cuore; potevo sentire il suo
battito accelerare sotto le dita, il tepore della sua pelle attraverso il tessuto
della camicia. Le parole uscirono dalle mie labbra, impetuose come l’acqua di
un fiume in piena che rompe gli argini.
“Tu non fai promesse, né giuramenti. Tu ami e basta,
nel silenzio del tuo cuore pieno d’amore per lei. Lo vedo in ogni momento, ogni
volta che sei con lei in una stanza, lo sento in ogni parola, anche la più
insignificante che le rivolgi, in ogni sussurro, lo spio nei tuoi occhi che
bruciano di un dolore segreto. Lo percepisco anche ora che sei qui di fronte a
me, e in realtà sei con lei, e io la invidio, e mi sento meschina per questo.”
André era rimasto in silenzio, immobile ad
ascoltarmi, e sotto la mia mano sentivo ancora il suo cuore che batteva rapido.
Restammo così per alcuni lunghi minuti, io travolta dalle mie emozioni, lui soggiogato
dalla sorpresa. Non osavo alzare il mio sguardo verso il suo, che sentivo su di
me. Cercai di calmare il mio respiro, che mi faceva bruciare i polmoni, prima
di riprendere a parlare di nuovo.
“Io trovo incredibile che Oscar non si accorga di
quanto sia grande il tuo sentimento, di quanto sia fortunata ad averti accanto,
anche se a volte ho la strana impressione che in realtà, lei sappia.”
Feci un’ altra lunga pausa, prima di continuare la
mia confessione. Continuavo a toccare il suo cuore, a sentirlo sotto le dita
tremanti.
“Non so che darei per essere amata così, almeno una
volta nella vita, e vorrei avere la gioia di poter ricambiare tale amore, con
uno altrettanto forte e possente. Che cosa potrebbe esserci di più bello?”
Ma la risposta che mi giunse dalle sue labbra, mi
lasciò di stucco, non più del tono mesto con cui la pronunciò.
“Non saprei risponderti, Danielle: neppure io
conosco la gioia dell’essere ricambiato. Immagino però, che non ci sia nulla di
più bello di due cuori che possono volare insieme.”
Percepii chiaramente la calda mano di André andare a
prendere la mia, piccola e bianca, posata sul suo cuore per allontanarla con la
dolcezza di una carezza. Poi arrivarono le sue parole, tristi e pacate, ma
troppo vere per poterle ignorare.
“Danielle, non fare lo sbaglio di struggerti per un
amore impossibile. Non inseguire anche tu, un’ illusione. Rischi solo di
intraprendere un cammino penoso, in solitudine. Credimi, è il consiglio più
sincero che posso darti da amico; sei libera di ascoltarlo, oppure no, ma sappi
che è una strada pesante da affrontare. Soffoca l’amore finché sei in tempo.”
Attorno a noi si stava alzando un leggero alito di
vento che muoveva i riccioli neri di André che cadevano sul suo bel viso.
Aveva pronunciato parole troppo delicate e gentili
per non lasciarsi sopraffare da esse; dopo averle udite, immediatamente pensai
che per quanto facesse, non sarebbe riuscito a cancellare mai, ciò che sentivo
nel cuore. Né io ci sarei riuscita di mia spontanea volontà, con le mie sole
forze. Ormai avevo visto la bellezza della sua anima e ne ero rapita, senza
rimedio.
Alzai il mio sguardo a incontrare le profondità del
suo e mi persi per l’ennesima volta.
“Ti ringrazio, André, ma… - scossi la testa – temo
che sia troppo tardi.”
Mi guardò ancora per un breve istante, con una
strana espressione malinconica, poi fummo distratti entrambi dal rumore degli
zoccoli di due cavalli che sopraggiungevano al passo: Oscar e Fersen stavano
rientrando e venivano verso di noi. Cercai di riprendere il mio contegno, di
controllare i battiti del cuore in tumulto, mentre mia sorella e il conte erano
sempre più vicini. Ignari di tutto.
Si fermarono a pochi metri da noi.
Osservai i loro volti.
Apparivano distesi e sereni, soprattutto quello di
Fersen.
“Madame Recamier, il paesaggio attorno alla vostra
tenuta è meraviglioso. Stavo rientrando alla villa, quando ho incontrato
madamigella Oscar, così ho avuto modo di chiarirmi con lei sulla nostra
precedente discussione.”
“Mi fa piacere, conte.”
Guardai mia sorella; era tranquilla, ma nella sua
espressione, nella luce che aveva negli occhi, notai una vaga rassegnazione.
Qualcosa la rendeva ancora incerta e la delusione non l’aveva del tutto
abbandonata.
Sembrava assorta in un suo pensiero e non prestava
particolare attenzione a nessuno, finché il nome di André sulle labbra del
conte non accese il suo interesse.
“Forse André, dovrei scusarmi anche con voi;
involontariamente siete stato l’oggetto di un’ innocente discussione!”
André non replicò in alcun modo, reclinò il capo e
oppose la più assoluta indifferenza all’ilarità del conte. Oscar guardava il
suo attendente con apprensiva insistenza, prima di volgere il capo altrove con
un sospiro. Io volevo solo allontanarmi in fretta da quella situazione che non
avevo più voglia di sostenere.
“Conte di Fersen, mi fareste salire con voi a
cavallo? Sono un po’ stanca per tornare indietro a piedi.”
Fersen mi sorrise tendendomi una mano.
Montai in sella tra le braccia del conte che mi sorreggevano.
Avrei tanto desiderato che al suo posto ci fosse
André; avrei desiderato che fosse il suo petto quello cui ora la mia schiena si
appoggiava, e che fossero le sue braccia quelle che mi cingevano la vita.
Salutammo Oscar e il suo attendente che rimasero
indietro sotto la fila degli alberi in penombra. Quando sulla curva del viale,
voltai il viso per cercare con lo sguardo le loro figure, notai con la coda
dell’occhio che Oscar era scesa da cavallo.
Teneva l’animale per le briglie e si era affiancata
ad André per andare al suo passo.
La distanza fra noi cresceva e non li vedevo bene;
sembrava che parlassero fra loro con parole miste al silenzio, e che avessero
chiuso fuori tutto il mondo attorno. Avevo la sensazione che né io né Fersen
contassimo più niente nei loro pensieri.
Continua…