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Autore: Ninfea Blu    05/08/2011    19 recensioni
Oscar ha delle sorelle, lo sappiamo. Questa storia parla di una di queste sorelle, una che non conosciamo, perchè la Ikeda non ha pensato a una possibilità del genere. Danielle ha davvero molto in comune con Oscar... stessi capelli, stessi occhi. Qui parlerò dei suoi sentimenti, del suo rapporto con Oscar e inevitabilmente con l'amico Andrè che potrebbe, in qualche modo, mettersi fra loro. Perchè Danielle, gemella identica ma più femminile della nostra madamigella, potrebbe avere il coraggio di essere tutto quello che non è Oscar...
Aggiunte fan art cap. 7 - cap. 12
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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5 – Pranzo a Villa Recamier

5 – Pranzo a Villa Recamier

 

Mi scuso con tutte voi, per l’enorme ritardo di questo aggiornamento.

Purtroppo il mio tempo è poco, e portare avanti due storie complesse (una su un altro fandom) diventa davvero pesante per me.

Questa è una storia non facile da gestire, che richiede davvero tutti i miei sforzi e la mia massima attenzione, e non so se basta.

Devo ringraziare la cara Audreiny, per i suoi preziosi consigli e per l’aiuto che mi sta dando.

Inoltre ringrazio tutte voi che seguite questa storia e la commentate con tanto entusiasmo; siete un grande incoraggiamento per me, e spero che la lunga attesa non vi abbia fatto perdere la voglia di seguire questa ff. Come sempre attendo i vostri commenti e ogni considerazione positiva e non, che vorrete lasciare. Spero sia una buona lettura.

Ne approfitto per ringraziare tutte coloro che hanno letto e apprezzato la ff “Sorella perduta”.

 

*******

 

Il conte di Fersen raggiunse casa mia il giorno dopo in tarda mattinata. Trovò solo me ad accoglierlo, perché Oscar era uscita a cavallo con André e stranamente non erano ancora rientrati. Pensai immediatamente che l’avesse fatto di proposito e trovai davvero strano e curioso il suo atteggiamento: mia sorella, anche se innamorata di un uomo irraggiungibile, non si comportava certamente come una donnetta qualsiasi, dovevo dargliene atto.

Se davvero era innamorata di lui, perché stava facendo di tutto per evitare di incontrarlo? Perché aveva reagito in quel modo quando le avevo detto che si sarebbe unito a noi? Non riuscivo a capirlo; forse voleva evitare una situazione imbarazzante. Potevo essere io stessa, la causa di quel sottile disagio.

Quasi certamente era così.

Oscar non voleva affrontare l’imbarazzo di un possibile confronto fra noi, di fronte all’uomo di cui era innamorata, e magari temeva di soccombere contro il suo alter ego in abiti femminili.

Lei conosceva l’ascendente molto forte che esercitavo sugli uomini, lo aveva visto nei salotti di Versailles, sapeva dei miei successi, del mio potere di ammaliare i miei interlocutori, dei cuori che avevo infranto nelle vesti di una giovane un poco immatura, magari solo per gioco o per noia. Poteva affrontare Fersen sul suo terreno, al sicuro nella sua casa con André al suo fianco; magari, anche di fronte alla stessa regina poteva sostenere quella prova. Ma con me era diverso.

Era senz’altro più difficile, più doloroso.

Oscar sosteneva un ruolo maschile che si sforzava di recitare alla perfezione. Da sola, poteva quasi ingannare chiunque, facendo credere davvero di essere un uomo, ma l’ imbroglio crollava al mio cospetto e lei si sentiva inadeguata.

E mi dispiaceva che si sentisse così, perché in realtà non ne avrebbe avuto ragione.

Oscar è una donna straordinaria proprio per quella sua femminilità sottopelle che cela sotto la divisa, un carisma di cui lei sembra essere totalmente inconsapevole.

In verità, Oscar ha sempre avuto paura di confrontarsi con questo lato della sua natura. Ha sempre avuto timore di confrontarsi con me. Il suo riflesso, il doppio, la sua parte oscura è quella parte che la spaventa. La femminilità, il potere di seduzione nascosto in ogni donna, è l’arma più potente che madre natura ci ha dato per esprimere noi stesse. Oscar in me, vede se stessa e quello che avrebbe potuto essere, e riconosce quell’istinto naturale che da sempre è costretta a soffocare. Vede ciò che le è stato negato dalla nascita e dal capriccio di nostro padre.

In verità, per quanto possa essere innamorata di Fersen, Oscar non saprebbe cosa fare per conquistarlo o sedurlo, ma sa che io ci riuscirei senza sforzo, e teme che possa accadere sotto il suo naso.

 

Forse André aveva avuto ragione ad arrabbiarsi, ma io restavo fermamente convinta che sarebbe stato necessario per la serenità di Oscar, avere un serio confronto con la realtà; avrebbe magari sofferto all’inizio, ma se fossi riuscita a metterla in contatto con la sua essenza più intima, avrebbe trovato il suo equilibrio e si sarebbe liberata della sua fragile illusione. Una donna che conosce e accetta se stessa, sa di cosa ha davvero bisogno, e non diventa preda di ridicole fantasie.

 

Dopo aver affidato i miei figli alle cure del loro precettore, invitai Fersen nel mio salotto privato dove avremmo atteso il ritorno di mia sorella a palazzo, prima di prepararci per il pranzo. Il conte esordì esibendo un’ elegante riverenza e baciandomi la mano con la galanteria inconfondibile dell’uomo che vuole impressionare positivamente una donna.

“Madame Recamier, i miei più devoti omaggi; mi aspettavo di incontrare madamigella Oscar insieme a voi, ma vedo che non è qui. Posso chiedervi dov’è e come sta?”

Era un proforma; Fersen mi stava chiedendo di Oscar per educazione, ma ero certa che il suo reale interesse fosse rivolto a me. Lo capivo dal suo sguardo insistente e intenso che incontrava il mio e che io ricambiavo con uguale impudenza.

“Oscar sta benissimo, grazie; adesso è fuori a cavallo, ma si unirà a noi per il pranzo. Ma ora ditemi: che notizie mi portate da Parigi? Siete sempre voi, conte, al centro di tutte le chiacchiere?” Fui volutamente maliziosa con l’ultima frase.

L’avevo colto di sorpresa, ma non avevo saputo resistere; mi piaceva mettere in difficoltà un uomo che avesse qualche mira su di me. Mi ero seduta comodamente sul divano e avevo invitato il conte a prendere posto al mio fianco; si aprì in un sorriso stanco prima di rispondermi.

“In buona parte, sì… - parve esitare – ma devo confessarvi che anche voi contessa, da quando siamo stati visti insieme a teatro, avete destato molte voci tra i curiosi… non immaginate cosa pensano di noi.”

Superata la sorpresa aveva saputo riprendersi benissimo e ribattere con acutezza di spirito.

“Oh, lo immagino perfettamente, invece; nella fantasia popolare siamo già diventati amanti.”

“Oh… siete una donna sagace. Se così fosse, questo sarebbe un vero motivo d’orgoglio per me, contessa; le dicerie non sembrano sconvolgervi troppo.” Commentò tranquillo, allargandosi in un sorriso che arrivò ad illuminargli lo sguardo, di solito freddo: mio malgrado, lo trovai davvero affascinante.

“Non mi turbano affatto; che volete farci? Per motivi diversi sia io, sia voi siamo due personaggi sempre al centro dell’ attenzione: io, perché sono la sorella del Colonnello Oscar, e voi perché siete un uomo di mondo…”

“Ahimè, non posso che darvi ragione contessa.” Una nota di rassegnazione nella voce.

Mi premurai di rassicurarlo; non volevo che assumesse l’ atteggiamento di chi è sulla difensiva.

“Non preoccupatevi: non vi ho fatto venire per parlare di questo. Siete qui perché ho stima di voi, come Oscar, del resto.”

“Mi sento veramente onorato; in realtà a Parigi sono tutti in fermento per il ballo a corte che si terrà questo fine settimana: pare che tutte le modiste della città stiano lavorando alacremente per confezionare più di un centinaio di nuovi abiti da sera per l’occasione.”

“Voi prenderete parte al ballo?” chiesi con interesse evidente che Fersen colse senza sforzo.

Lasciò passare qualche secondo prima di rispondermi con un tono che mi sembrò allusivo e velatamente compiaciuto.

“In verità sono combattuto, ma ne avrei tutta l’intenzione.”

“Combattuto? E perché mai?”

“Immaginate cosa direbbe la gente se mi vedesse danzare tutta la sera con Sua Maestà: non farei che peggiorare tutto quello che già sta accadendo, però…”

“Però la tentazione è molto forte, vero? Forse sarebbe più saggio accompagnarvi con un’ altra dama per tutta la serata; spegnereste le dicerie attorno alla regina.”

Il conte colse subito la mia allusione maliziosa, facendo esattamente ciò che mi aspettavo; era davvero facile portarlo dove volevo.

“Voi chi proporreste, madame?”

“Io sarei felice di aiutarvi, mentre voi mi evitereste tanti fastidiosi corteggiatori.”

“Così renderemmo fondate le voci di una nostra relazione. Vi prestereste davvero a questo, senza temere per la vostra reputazione?”

Fummo interrotti da un rumore di passi frettolosi che annunciava il ritorno di Oscar; pochi istanti dopo fece il suo ingresso in salotto seguita da André. Sorrise e salutò Fersen che ricambiò in maniera amabile, mentre André mantenne il più assoluto distacco, rivolgendo allo svedese un semplice cenno del capo.

Non mi sfuggì però l’occhiata severa che lanciò al mio indirizzo.

Ero un po’ preoccupata per l’atteggiamento ostile di Andrè: cosa mi sarei dovuta aspettare da lui?

Avrebbe cercato di ostacolarmi? Lui non sapeva cosa in realtà io desiderassi davvero; non sospettava di essere lui l’oggetto dei miei pensieri più intimi. Però non sapevo come avvicinarlo nel modo giusto e il nostro alterco del giorno prima, aveva complicato ulteriormente le cose. Per amore, spesso si fanno i ragionamenti più sbagliati, eppure io pensavo a lui costantemente; avrei fatto di tutto, approfittato di qualsiasi occasione per stargli vicino.

Dovevo trovare il modo di placarlo; avevo bisogno di un alleato non di un nemico.

Lui era la ragione principale della presenza di Oscar in casa mia; anche i miei piani su Fersen, una semplice e innocua pedina sulla mia scacchiera, erano di secondaria importanza.

Ma dovevo stare attenta; stavo per aprire una partita con troppi giocatori che sarebbe stato difficile gestire, e se qualcosa fosse andato storto, io ero quella che aveva più da perdere: oltre Andrè, mi sarei inimicata anche Oscar ed ero troppo legata a lei per voler pagare un simile debito.

Inoltre, non avevo nessuna idea di come attuare una possibile strategia di conquista; anzi più ci pensavo, più mi pareva che questa possibilità diventasse sempre più remota. Non avrei mai potuto prendere il posto di Oscar nel cuore di quell’uomo dalla natura così gentile, eppure forte.

Giorno dopo giorno, sentivo crescere dentro di me il mio sentimento irrefrenabile per lui, e non sapevo come controllarlo; ero certa di non aver mai provato un simile trasporto per nessuno degli uomini di cui mi ero invaghita in passato. Questo perché nessuno era come André; nessuno aveva quella dolcezza e fermezza che intuivo in lui, la sua passione e la forza d’animo che metteva nello stare vicino ad Oscar.

Desideravo soltanto poter essere amata nello stesso modo.

Desideravo scoprire cosa si prova ad essere amate con una tale passione, desideravo che anche il mio cuore potesse volare, respirare quell’ aria più dolce che profumava di quella vita che io non conoscevo.

 

Oscar scomparve nella sua stanza per ricomparire solo al momento del pranzo.

Diedi disposizioni alla servitù di apparecchiare nella piccola sala della mia dimora, che usavamo abitualmente solo io e mio marito; quella più grande era riservata a pranzi e cene importanti e impegnative, ma l’ambiente più intimo della prima, sarebbe stato ideale per far sentire i miei ospiti a loro agio e liberi di conversare tranquillamente.

Naturalmente André, non poteva unirsi a noi, quindi si era appartato in cucina con il resto della servitù; solo a Palazzo Jarjayes, egli si permetteva di consumare i pasti allo stesso tavolo con Oscar; qualche volta era accaduto a casa mia, lontano comunque da Parigi e mai in presenza di terzi.

Fersen sedeva di fronte a mia sorella e io a capotavola.

Il pranzo fu piacevole e tra una portata e l’altra, la conversazione fu amabile, a tratti interessante e vivace.

Se volevo attuare il mio proposito, cioè mostrare a Oscar chi era davvero il conte di Fersen, dovevo iniziare a pilotare il discorso nella giusta direzione. Ma dovevo farlo senza suscitare sospetti o malumore nei miei commensali, principalmente in Oscar. Volevo indurre Fersen a palesare in parte le sue intenzioni e far crollare quella maschera perfetta con cui nascondeva il suo vero volto; quello del seduttore e libertino, infedele alla stessa donna che diceva di amare tanto, quello perverso e cinico che voleva sedurre la gemella del colonnello Oscar.

Era solo quella la ragione che aveva spinto il conte ad accettare il mio invito.

Quali altri interessi avrebbe potuto avere?

E io ero stata abilissima a fargli credere che ci fosse un qualche interesse nei sui confronti da parte mia.

Mia sorella e Fersen fino a quel momento avevano parlato con tranquillità, dilungandosi su noiosi paragoni tra la corte francese e quelle del Nord Europa.

“Nel mio paese credo sarebbe del tutto impensabile per una donna, ricoprire il ruolo che avete voi nell’esercito francese, madamigella Oscar… - stava affermando Fersen. – La Francia da questo punto di vista è un paese modernissimo.”

“L’unicità del caso non fa del nostro paese uno stato all’avanguardia…”

Intervenni con convinzione mentre Fersen si rivolse direttamente ad Oscar.

“Voi cosa pensate a riguardo, madamigella?”

Oscar stava sorseggiando un bicchiere di vino. Lo posò sulla tovaglia bianca ricamata, prima di rispondere pacata. Era vestita in modo informale, come sempre quando non ricopriva il suo ruolo; un’ampia e comoda camicia di seta immacolata e pantaloni di velluto grigio tortora.

“In parte sono d’accordo con Danielle: il mio caso è unico in Francia. Forse il personaggio più moderno è stato mio padre; non so quale altro uomo avrebbe mai allevato una figlia dandole l’educazione che ho ricevuto io…”

“Vostro padre un uomo moderno; strano, lo avrei definito piuttosto austero e conservatore, un uomo d’ altri tempi, insomma!”

Lei accolse il commento senza ribattere, ma piegando le labbra in un leggero sorriso che non riuscì ad essere pienamente convincente.

Mi sorpresi di come quell’uomo a volte riuscisse ad essere indelicato; stava parlando di nostro padre con eccessiva leggerezza. Questa era una delle cose che me lo rendevano sgradito. Chiamai la servitù per far servire la portata successiva, poi mi decisi a cambiare argomento e mi rivolsi a mia sorella con tranquilla disinvoltura.

“Il conte mi ha assicurato che prenderà parte al prossimo ballo a Versailles e credo che interverrò anch’io. Tu ci sarai, vero, Oscar? Si tratta di un ballo importante e il colonnello delle Guardie Reali non può mancare.”

Oscar non rispose subito, ma si limitò a fissarmi un attimo.

Fersen parlò di nuovo, questa volta, rivolgendosi a me.

“Spero che mi concederete più di un ballo, Madame Recamier; per ballare con voi rinuncerei a danzare con la regina.”

Il sottinteso era chiaro e io stetti al suo gioco. Stava facendo esattamente quello che volevo.

Il conte sembrava non farsi remore neppure davanti ad Oscar. Molto probabilmente non si preoccupava di quello che lei poteva pensare, un altro segno d’indelicatezza da parte sua. Lontano dal ricordarsi che fosse una donna, non sembrava considerare il fatto che avrebbe potuto offendere la sua sensibilità.

D'altronde, perché avrebbe dovuto preoccuparsi di questo?

Lui ignorava totalmente i suoi sentimenti. E anch’io finsi di non conoscerli.

“Io sono piuttosto esigente conte, pretenderò l’esclusiva tutta la sera.” Sorrisi benevola al suo indirizzo, ignorando lo sguardo incerto di mia sorella. Anche lui parve ignorarlo.

“Una donna affascinante e bellissima come voi, può pretendere questo ed altro; sarò sicuramente molto invidiato da tutti i gentiluomini presenti.”

“Oh, la cosa non mi preoccupa e queste sono le mie condizioni: se volete danzare con me, non dovrete ballare con nessun’altra, neppure con Sua Maestà… Allora? Accettate, conte? O forse, vi sto chiedendo troppo?”

Oscar stava osservando la scena senza battere ciglio. Non saprei dire esattamente cosa le passasse per la testa: sorseggiava con calma il suo vino e pareva essere indifferente a quello che stava succedendo.

Poi, improvvisamente, puntò la sua attenzione su Fersen, attratta dallo sguardo complice e malizioso che mi aveva rivolto. Si era accorta del gioco fatto di sguardi e allusioni che avevamo iniziato e adesso, potrei giurarlo, sul suo volto si era dipinta un’ espressione piuttosto sorpresa e allo stesso tempo, vagamente confusa. Il comportamento di Fersen la sconcertava non poco, ma non sapeva esattamente perché; era del tutto nuovo, come era nuova la situazione in cui veniva a trovarsi da testimone; non era assolutamente preparata a quell’approccio aperto del conte verso di me.

Era lì che volevo arrivare e non avevo sperato che cogliesse il messaggio tanto in fretta, ma temevo anche la sua possibile reazione.

Avrei rincarato la dose perché c’era un altro punto che mia sorella doveva avere chiaro: se volevo demolire la figura di Fersen ai suoi occhi, dovevo farlo totalmente, appiattirlo e farlo apparire comune alla maggior parte dei nobili. Per ottenere questo risultato dovevo smascherare il suo reale pensiero, la sua ideologia fasulla e ipocrita. Ma per farlo, dovevo portare sulla scena Andrè; ero quasi sicura che nient’altro avrebbe aperto gli occhi di Oscar maggiormente. Sarebbe stato il colpo di grazia, ma era necessario, o almeno così credevo.

Mi dispiaceva dover coinvolgere Andrè in quel modo, ma non vedevo altre soluzioni ed ero ben consapevole che si trattava di una mossa pericolosa; non l’avrebbe presa bene e potevo immaginare quale sarebbe stata la sua reazione se avesse avuto sentore del mio obiettivo.

Così, buttai la mia esca.

“Oscar, potevi lasciare che Andrè pranzasse con noi; a voi, conte, non sarebbe dispiaciuto, vero? Probabilmente sapete che mia sorella e il suo attendente pranzano spesso insieme nella casa di mio padre.”

Mia sorella, il bicchiere di vino a mezz’aria, alzò appena un sopracciglio puntando i suoi occhi limpidi nella mia direzione, ma non aprì bocca.

Mi aspettavo invece, l’intervento di Fersen che non si fece attendere e come prevedibile, disse un’altra frase poco felice.

“Lo so perfettamente; è una cosa davvero insolita e inusuale. Voglio dire… che un servo possa mangiare alla tavola del padrone. Se anche voi madame Recamier, abitualmente acconsentite a questa abitudine, io mi sarei adattato senza problemi… davvero.”

“Danielle, lo sai che non lo fa mai…” intervenne Oscar, che aveva posato il bicchiere vuoto sul tavolo, e appariva davvero infastidita.

“Sì cara, lo so, ma Andrè è come uno della famiglia e il conte sa perfettamente che egli non è un servo come gli altri, giusto?” e guardai il mio ospite con convinzione puntando lo sguardo su di lui.

“So che André è un buon amico per madamigella Oscar; certo, nel nostro ambiente si tratta di un rapporto unico, ma può essere naturale che un attendente e l’ufficiale cui presta servizio siano complici; qui, l’aspetto insolito di tutta la faccenda è il fatto che Oscar sia una donna. Non sarebbe ammissibile la stessa amicizia tra voi, Madame Recamier, e il vostro maggiordomo personale, per una semplice questione di convenienze.”

“Insomma conte, fatemi capire: state dicendo che potrei avere una relazione clandestina con il mio maggiordomo personale, ma non una sincera amicizia?”

Ero un po’ sbigottita, ma sinceramente divertita dalla piega che stava prendendo la conversazione.

“Beh, contessa, state parlando di una cosa che accade spesso. Ma non dico che possa riguardare voi.”

Fersen sorrise con leggerezza senza notare il disappunto che si dipingeva sul viso di Oscar. Ero arrivata dove volevo e lanciai l’ultima provocazione per indurre il conte a dichiararsi apertamente sulla questione.

“Mi sorprendete Fersen; vi credevo più moderno. Insomma, ammettete le solite tresche amorose, ma pensate che tra servo e padrone debba esserci la giusta distanza; siete davvero convinto? Volete dire che non avete un rapporto quasi di intima fiducia con il vostro cameriere personale? Non c’è complicità?”

Insinuai il dubbio nella mia voce. Egli non si smentì affatto, e parlò con una sicurezza impossibile da fraintendere.

“Ma certo, questo è ovvio. Vedete madame, non si tratta di essere moderni o conservatori. La questione è un’altra: ognuno di noi ha il suo posto nel mondo e si deve rispettare il proprio ruolo, per il bene di tutta la società civile. Un servo non può pensare di essere un mio pari: classe, educazione, privilegi ci divideranno sempre.”

Parole strane dette da un uomo sospettato di avere una pericolosa relazione clandestina con la regina di Francia, fatto assai scandaloso che aleggiava sulla bocca di tutti.

Non avrebbe potuto esprimersi meglio, né in maniera più offensiva verso mia sorella che infatti non resse più quella conversazione. Si alzò da tavola appoggiando il tovagliolo accanto al suo piatto, ancora quasi del tutto intatto e si congedò, decisa ad allontanarsi.

“Vogliate scusarmi: non ho più fame e preferisco ritirarmi.” Rispose in tono gelido.

 Velocemente e senza degnarci di uno sguardo, si allontanò dalla sala, sotto lo sguardo stupefatto e del tutto inconsapevole del conte di Fersen, il quale rimase un po’ spiazzato dalla reazione di Oscar; temendo di averla offesa in qualche modo, mi chiese spiegazioni e io lo rassicurai per quanto potei.

Con mia sorpresa, non si convinse del tutto.

“Credo di essere stato indelicato nei riguardi di vostra sorella; a volte, tendo a dimenticare che lei e André sono cresciuti insieme. Naturalmente, io non ho alcun tipo di riserva su André, ma può darsi che Oscar mi abbia frainteso. Più tardi mi scuserò con lei.”

“Non allarmatevi troppo, conte. Sono certa che Oscar saprà comprendere; lei vi considera un buon amico e non è una persona che porta rancore.”

 

 

Dopo pranzo, il conte si era allontanato a cavallo.

 

Io avevo necessità di parlare con Oscar e decisi di raggiungerla nella sua stanza. Ero certa che le parole del conte l’avessero urtata parecchio, ma di più temevo che potesse accusarmi di qualche bieca iniziativa e reagire con ostilità verso di me.

Come prevedibile, non era sola; Andrè era con lei.

Mia sorella era seduta in poltrona e lui, in piedi di fronte alla finestra che si apriva sul giardino della mia casa, guardava all’esterno; forse aveva osservato Fersen allontanarsi, immerso nella luce del pomeriggio che faceva risaltare il paesaggio.

Potevo essere quasi certa che Oscar avesse parlato con lui della conversazione di cui era stata testimone; lo avrei scoperto a breve.

Avanzai al centro della stanza in penombra.

La luce filtrava attraverso lo spiraglio lasciato dalle tende semiaccostate delle due grandi finestre che si aprivano sulla parete.

Oscar mi lanciò un’occhiata provocatoria, e quando parlò, colsi del sarcasmo nel modo in cui mi accolse.

“Oh, Danielle! Ci onori della tua presenza! Perché non sei rimasta col tuo illustre e saggio ospite, così rispettoso e attento alle convenzioni sociali? Magari sei venuta a spiegarci che cos’era quella pantomima che hai inscenato in sala da pranzo, davanti al conte di Fersen? Sono davvero curiosa.”

Il fatto che fosse così diretta, non lasciava dubbi che avesse già avuto uno scambio d’opinione con Andrè, ma l’espressione dell’attendente era indecifrabile; non rivelava alcun stato d’animo, né indifferenza, né fastidio, ma ormai sapevo quanto fosse capace di camuffare le sue emozioni dietro espressioni neutre.

“Oscar, mi dispiace se quello che è stato detto ti ha offesa. Riconosco anch’io che Fersen non è stato molto delicato; non mi sarei mai aspettata niente del genere: parlare in quel modo di nostro padre, i commenti su Andrè e tutto il resto… è stato spiacevole e deludente.”

“Sì, è stato molto deludente, anche se ho avuto l’impressione che per te fosse divertente…” commentò ironica.

“Ammetterai che nelle sue esternazioni, Fersen risulta ridicolo, a volte… si fa fatica a prenderlo sul serio.”

“Comunque, non è solo quello che ha detto Fersen, che potrei anche giustificare; è uno straniero e non è tenuto a conoscere le nostre abitudini. Danielle, è il tuo atteggiamento che non mi è piaciuto, e francamente non ho capito cosa volevi dimostrare.”

“Non volevo dimostrare nulla, mia cara. Era solo una banalissima conversazione, che ha messo in luce una certa ideologia del conte, molto comune per la verità. Non c’era nulla di sorprendente in quello che ha detto, ma forse, tu ti saresti aspettata qualcosa di diverso; può darsi che ti fossi fatta un’idea differente di lui?” commentai con tutta l’innocenza possibile. Oscar non rispose direttamente alla mia domanda, ma si limitò a esprimere il suo reale fastidio.

“Quale che fosse la mia idea, mi è sembrato fuori luogo e molto inopportuno tirare in ballo Andrè.”

Il suo tono era seccato e se si tratteneva dall’aggredirmi verbalmente era solo perché non eravamo sole.

“Il conte pensa che un servo debba stare al suo posto. - Intervenne André, che non si era ancora allontanato dalla finestra e sembrava più interessato a quello che avveniva all’esterno, che alla nostra discussione. Poi proseguì, rivolgendosi a mia sorella. - Non dovresti prendertela per così poco, Oscar. In fondo, è quello che pensano tutti i nobili.”

Aveva parlato con molta calma e naturalezza, minimizzando, come se la cosa non avesse alcuna importanza per lui.

“Comunque, André, il discorso del conte era più di carattere generale; non era rivolto a te, in particolare.” Commentai, sperando di mitigare il suo probabile disappunto.

“Madame Recamier, non c’è alcun bisogno di spiegazioni con me.” Rispose vagamente ironico.

“Invece, io credo di sì. Volevo che fosse un soggiorno lieto e sereno, anche per te, André. Non mi aspettavo di dover affrontare argomenti spinosi e imbarazzanti, come quello della differenza sociale.”

Non ero certa di averlo convinto. Andrè, di fronte a Oscar, si manteneva tranquillo e quasi indifferente, ma incrociando i suoi occhi, vi lessi molta perplessità. Chissà cosa stava pensando davvero; doveva essergli molto chiaro che avevo sollevato io la questione, e forse, era ancora convinto che tutto facesse parte della manovra misteriosa che secondo lui, stavo imbastendo.

Certo, per quanto potesse intuire le mie azioni, non sospettava da cosa fossi mossa davvero. Ma potevo dirmi sicura che fosse così? André aveva già dimostrato di essere molto vigile e attento su tutto ciò che gravitava attorno a Oscar, che fosse Fersen o io stessa.

Dovevo chiarire la faccenda con lui, convincerlo della mia buona fede, e possibilmente dissolvere le tensioni che si erano create fra noi, dopo l’alterco del giorno prima. Dovevo portarlo dalla mia parte e guadagnarmi la sua fiducia. Per ottenere tutto questo, avevo bisogno di parlare con André, da sola, e fu Oscar a darmene l’occasione.

“Andrè, per favore, vai a preparare il mio cavallo. Ho bisogno di fare una lunga cavalcata.”

“Non vuoi che venga con te, Oscar?” chiese lui, con tono un po’ allarmato. Forse temeva che volesse raggiungere Fersen, e magari, discutere con lui. Ma io non credevo che fosse quella la sua intenzione; pensavo piuttosto, che volesse cercare l’isolamento per poter riflettere con tranquillità.

“No. Ho bisogno di restare sola. Tu aspettami qui.”

Probabilmente, Oscar iniziava a interrogarsi su chi fosse davvero l’uomo di cui si era invaghita; se fossi riuscita a oltrepassare il suo riserbo su quella faccenda sentimentale, sono certa che mi avrebbe rivelato i suoi pensieri e aperto il suo cuore. Rivolgendomi a lei, congiunsi le mani, quasi in un atto di supplica.

“Ho organizzato una piccola festicciola per questa sera. Nulla di eccessivo, solo un po’ di musica per stare piacevolmente insieme e concludere degnamente la giornata; tu cara, potresti suonare per noi qualcosa al piano, più tardi. Dimmi che ci sarai, ti prego.”

In risposta, emise un sospiro di rassegnazione.

“Ne sarò felice, Danielle. Ma evitiamo discussioni di qualsiasi genere, per favore.”

La rassicurai subito, mentre Andrè usciva per andare ad assolvere la sua incombenza nelle scuderie. Mi assicurai che la porta fosse ben chiusa, prima di proseguire.

“Spero che Andrè non si sia offeso per queste sciocchezze; forse non avresti dovuto parlarne con lui. Non era necessario metterlo a parte di tali meschinità.”

Davanti allo specchio, Oscar si stava sistemando il panciotto e infilando un paio di guanti.

“Non vedo perché no, dal momento che è stato preso in causa, pur essendo assente. Non gli avrà fatto piacere, ma quella più offesa sono io, senz’altro.” Il suo tono era ancora infastidito.

“Lo sai, dovresti dare a Fersen il peso che ha; è un nobile, e ragiona come tale.”

“Gli do il peso che si merita; ora scusami Danielle, ma vorrei andare.”

Mi oltrepassò a passo svelto dirigendosi verso la porta.

 

******

 

Oscar era montata in sella, aveva spronato nei fianchi il suo cavallo, ed era partita al galoppo, attraverso i possedimenti della mia tenuta. Io e il suo attendente l’avevamo osservata mentre si allontanava e mi era parso che André fosse inquieto e leggermente nervoso. Sicuramente avrebbe voluto seguirla, ma sapeva che non era mai il caso di discutere i desideri della sua padrona, che di solito, non amava spiegare le cose due volte. Che volesse raggiungere Fersen, o restare sola per davvero, a me poco importava in quel momento. La mia priorità era un’altra.

Finalmente sola con André, potevo affrontare l’argomento che mi premeva.

Oscar e il suo cavallo erano diventati un puntino lontano nella campagna e André stava per allontanarsi in direzione opposta, quando lo bloccai.

“André, per favore; avrei bisogno di parlarti.”

Lui mi guardò, sostenendo il mio sguardo diretto con l’espressione più neutra che potesse offrirmi.

“Di che cosa dobbiamo parlare, signora? Credo che tutto sia già stato definito.”

Nessuna particolare inflessione nella voce, come se per lui fosse superfluo ogni ulteriore commento.

“Io vorrei parlare di quello che è successo ieri. Non mi piace il modo in cui ci siamo lasciati.”

Improvvisamente mi sentii insicura; non so come avrei reagito se non avesse voluto ascoltarmi. Lui però, dovette fraintendere il senso delle mie parole, perché si affrettò ad assumere l’atteggiamento di chi è sulla difensiva.

“Mi dispiace per la mia reazione di ieri, credo di essere stato troppo brusco. Non avrei dovuto dimenticare chi sono. La prego di accettare le mie scuse, madame Recamier.”

“Non stavo cercando le tue scuse, André. E poi, ti prego, smettiamola con queste formalità: avevamo detto che potevamo darci del tu, come due buoni amici. Io so apprezzare la tua franchezza.”

“Non lo so, Danielle. - Vidi le sue belle labbra piegarsi in un sorriso appena accennato. - Non vorrei metterti in imbarazzo di fronte al conte di Fersen, assumendo con te un atteggiamento troppo amichevole e disinvolto. Qui non siamo a Palazzo Jarjayes.” Nella sua risposta c’era un certo sarcasmo, che non tentò di velare in alcun modo.

“Sì, lo so, ma questo non deve essere un limite. Di quello che pensa il conte di Fersen, mi importa assai poco. Io tengo molto di più alla tua amicizia, e non deve necessariamente essere confinata tra le mura di Palazzo Jarjayes.”

Con decisione mi avvicinai, lasciando scivolare con audacia e naturalezza la mia mano sul suo avambraccio per sostenermi, facendogli capire che volevo camminare al suo fianco. Lui mi lasciò fare e non tentò di scostarsi. Incontrai il suo sguardo che sapeva turbarmi così tanto nel profondo, e mi sembrò di cogliere una leggera esitazione, un vago turbamento. Non si era aspettato quel mio gesto così intimo e non seppe come interpretarlo. In effetti, era la prima volta che osavo prendermi una simile libertà con lui. Ci incamminammo lentamente attraverso il giardino, all’ombra dei grandi alberi che correvano lungo il percorso che attraversava il parco di Villa Recamier. Non parlammo per alcuni lunghi minuti; mi limitavo a godere della sua vicinanza, mentre avvertivo l’aria fresca e frizzante del primo pomeriggio solleticarmi il viso e sentivo la morbidezza dell’erba sotto le suole delle mie scarpette leggere.

Poi, iniziammo a parlare e io manifestai quanto fossi felice di avere Oscar e lui a casa mia, quanto sperassi che ne fossero lieti anche loro. Finché non arrivai al punto della questione.

“Oscar mi ha detto che ti sei un po’ risentito di quello che accaduto a pranzo; vorrei che tu non dessi un’ eccessiva importanza alla cosa. Non era un discorso fatto ai tuoi danni, né volevo umiliarti in alcun modo, André. Ti prego, mi devi credere.”

“Non preoccuparti, non mi posso risentire per quello che è il pensiero comune alla maggioranza dei nobili. Te l’ho già detto una volta; so qual è il mio posto. Se vuoi saperlo, mi sono sorpreso un po’ che tu abbia sollevato un discorso del genere di fronte a Oscar, proprio in presenza del conte di Fersen. Io credo che tu l’abbia fatto di proposito; è il motivo che non mi spiego con chiarezza... volevi umiliare lui, oppure ferire Oscar?”

“Non volevo umiliare nessuno. Tu continui a pensare che io abbia un secondo fine…” pronunciai la frase sostenendo il suo sguardo indagatore.

“Vorresti farmi credere che non è così? Suvvia, Danielle; sono un servo, non uno stupido.”

“Non ho mai pensato che tu lo fossi, Andrè.”

“Allora, mi vuoi dire la verità?”

“Io ti ammiro molto per la nobiltà dei tuoi sentimenti verso mia sorella, e so che non vuoi vederla soffrire. Ti assicuro che neppure io voglio questo. Il tuo cuore è così generoso e così pieno d’amore...” esitai, emozionata per le mie stesse parole che sentivo essere così vere, le sentivo bruciare sulla lingua.

Come avrei desiderato che un uguale sentimento potesse colmare la mia anima.

“Scusa, ma continuo a non comprendere il nesso tra i miei sentimenti, quelli di Oscar e la presenza di Fersen, qui.”

“Deduco che tu sia seccato, perché sono andata a toccare i sentimenti più intimi di Oscar, è così? Lei ha reagito male; sarà delusa, forse amareggiata e lo capisco, ma…”

André mi interruppe.

“Era incredula e ferita dalle parole di Fersen, Danielle. Mi ha detto che le era sembrato di ascoltare un estraneo; per un momento non lo ha riconosciuto. Dovrei forse rallegrarmene, ma non ci riesco… - fece una pausa prima di proseguire e quello che disse mi sorprese. – Io non ho nulla contro di lui. Non ho reali motivi per odiarlo.”

“Non ci posso credere! Difendi l’uomo che potrebbe allontanarti da Oscar?”

“Non credo che potrà mai allontanarmi da lei, e non sto prendendo le sue difese. Io mi preoccupo solo per Oscar. Ho capito che Fersen non ti piace, anche se cerchi di far credere a tutti il contrario. Non fai altro che tentare di ridicolizzarlo davanti a lei; era questo che intendevi l’altro giorno, quando hai detto che volevi farle aprire gli occhi?”

“Oh, André, cerca di capire, un confronto con la realtà le farà solo bene. Mia sorella è innamorata di un uomo infedele, che dice di amare la regina, ma frequenta i letti di molte altre donne. Non c’è molto onore in questo.”

Ero quasi esasperata. André sospirò, prima di fermarsi e girarsi verso di me, per guardarmi direttamente negli occhi; un brivido mi colse, quando avvertii le sue mani che si serravano con ferma gentilezza sulle mie braccia.

 “E lo giudichi male per questo? In fondo, è un uomo come tutti gli altri, con le sue debolezze. Lo so che quella di Oscar è un’ illusione, un amore irreale, se vuoi, ma uccidere i sogni di una persona può lasciare cicatrici profonde nell’animo; ti prego, Danielle, smettila di fare quello che stai facendo.”

Il tono di Andrè era cambiato, facendosi accorato.

“Non voglio fare nulla di male. Di che cosa mi stai accusando?”

“Di interferire con l’evoluzione naturale delle cose. Oscar, prima o poi, capirà da sola che la sua è solo un’infatuazione; forzarla, può portare conseguenze impreviste e spiacevoli.”

“Ti sbagli se credi questo; Oscar potrà essere un validissimo soldato, è stata addestrata per questo, ma è a digiuno di questioni amorose. Andrà troppo vicina al fuoco e si scotterà; lei non sa chi sia Fersen, in realtà…”

“Invece tu lo sai, vero?”

Qualcosa fece tremare il mio spirito. Non riuscii a sostenere oltre, quegli occhi che mi bruciavano l’anima e che ardevano di un fuoco che non potevo raggiungere. Mi divincolai e mi allontanai di pochi passi dandogli le spalle, e risposi con la voce tremante per un’emozione che non potevo più trattenere.

“Sì, io lo so, André! Ne ho conosciuti tanti di uomini simili a lui! Fanno mille giuramenti e solenni promesse d’amore, ma il loro cuore è incostante e mutevole come il vento, e leggero… e quando abbandonano il tuo letto ti resta solo una fredda sensazione di vuoto tra le membra, e questa è una realtà ben più amara di qualsiasi consapevolezza che Oscar potrebbe avere.”

“Non credo che Fersen abbia mai fatto giuramenti o promesse ad alcuna; pochi mesi fa ha rotto il suo fidanzamento con una ragazza inglese di buona famiglia di nome Lucille. Confessò la cosa anche a Oscar. Non capisco tutto questo tuo accanimento contro di lui: forse il conte paga le colpe di qualcun altro?”

“No davvero, però il suo gesto non lo rende migliore di tanti altri; come ha dimostrato oggi, i suoi pensieri sono meschini, indegni di una donna come Oscar…”

Avevo parlato quasi rincorrendo le parole mentre il mio petto si alzava e si abbassava, vinto da un sentimento troppo forte che nell’impeto, mi portò a confessare ciò che non ero ancora pronta a dire.

“Ma tu André, tu sei così diverso…”

Non so quale forza mi prese, ma avanzai verso di lui e alzai una mano per posarla all’altezza del suo cuore; potevo sentire il suo battito accelerare sotto le dita, il tepore della sua pelle attraverso il tessuto della camicia. Le parole uscirono dalle mie labbra, impetuose come l’acqua di un fiume in piena che rompe gli argini.

“Tu non fai promesse, né giuramenti. Tu ami e basta, nel silenzio del tuo cuore pieno d’amore per lei. Lo vedo in ogni momento, ogni volta che sei con lei in una stanza, lo sento in ogni parola, anche la più insignificante che le rivolgi, in ogni sussurro, lo spio nei tuoi occhi che bruciano di un dolore segreto. Lo percepisco anche ora che sei qui di fronte a me, e in realtà sei con lei, e io la invidio, e mi sento meschina per questo.”

André era rimasto in silenzio, immobile ad ascoltarmi, e sotto la mia mano sentivo ancora il suo cuore che batteva rapido. Restammo così per alcuni lunghi minuti, io travolta dalle mie emozioni, lui soggiogato dalla sorpresa. Non osavo alzare il mio sguardo verso il suo, che sentivo su di me. Cercai di calmare il mio respiro, che mi faceva bruciare i polmoni, prima di riprendere a parlare di nuovo.

“Io trovo incredibile che Oscar non si accorga di quanto sia grande il tuo sentimento, di quanto sia fortunata ad averti accanto, anche se a volte ho la strana impressione che in realtà, lei sappia.”

Feci un’ altra lunga pausa, prima di continuare la mia confessione. Continuavo a toccare il suo cuore, a sentirlo sotto le dita tremanti.

“Non so che darei per essere amata così, almeno una volta nella vita, e vorrei avere la gioia di poter ricambiare tale amore, con uno altrettanto forte e possente. Che cosa potrebbe esserci di più bello?”

Ma la risposta che mi giunse dalle sue labbra, mi lasciò di stucco, non più del tono mesto con cui la pronunciò.

“Non saprei risponderti, Danielle: neppure io conosco la gioia dell’essere ricambiato. Immagino però, che non ci sia nulla di più bello di due cuori che possono volare insieme.”

Percepii chiaramente la calda mano di André andare a prendere la mia, piccola e bianca, posata sul suo cuore per allontanarla con la dolcezza di una carezza. Poi arrivarono le sue parole, tristi e pacate, ma troppo vere per poterle ignorare.

“Danielle, non fare lo sbaglio di struggerti per un amore impossibile. Non inseguire anche tu, un’ illusione. Rischi solo di intraprendere un cammino penoso, in solitudine. Credimi, è il consiglio più sincero che posso darti da amico; sei libera di ascoltarlo, oppure no, ma sappi che è una strada pesante da affrontare. Soffoca l’amore finché sei in tempo.”

Attorno a noi si stava alzando un leggero alito di vento che muoveva i riccioli neri di André che cadevano sul suo bel viso.

Aveva pronunciato parole troppo delicate e gentili per non lasciarsi sopraffare da esse; dopo averle udite, immediatamente pensai che per quanto facesse, non sarebbe riuscito a cancellare mai, ciò che sentivo nel cuore. Né io ci sarei riuscita di mia spontanea volontà, con le mie sole forze. Ormai avevo visto la bellezza della sua anima e ne ero rapita, senza rimedio.

Alzai il mio sguardo a incontrare le profondità del suo e mi persi per l’ennesima volta.

“Ti ringrazio, André, ma… - scossi la testa – temo che sia troppo tardi.”

Mi guardò ancora per un breve istante, con una strana espressione malinconica, poi fummo distratti entrambi dal rumore degli zoccoli di due cavalli che sopraggiungevano al passo: Oscar e Fersen stavano rientrando e venivano verso di noi. Cercai di riprendere il mio contegno, di controllare i battiti del cuore in tumulto, mentre mia sorella e il conte erano sempre più vicini. Ignari di tutto.

Si fermarono a pochi metri da noi.

Osservai i loro volti.

Apparivano distesi e sereni, soprattutto quello di Fersen.

“Madame Recamier, il paesaggio attorno alla vostra tenuta è meraviglioso. Stavo rientrando alla villa, quando ho incontrato madamigella Oscar, così ho avuto modo di chiarirmi con lei sulla nostra precedente discussione.”

“Mi fa piacere, conte.”

Guardai mia sorella; era tranquilla, ma nella sua espressione, nella luce che aveva negli occhi, notai una vaga rassegnazione. Qualcosa la rendeva ancora incerta e la delusione non l’aveva del tutto abbandonata.

Sembrava assorta in un suo pensiero e non prestava particolare attenzione a nessuno, finché il nome di André sulle labbra del conte non accese il suo interesse.

“Forse André, dovrei scusarmi anche con voi; involontariamente siete stato l’oggetto di un’ innocente discussione!”

André non replicò in alcun modo, reclinò il capo e oppose la più assoluta indifferenza all’ilarità del conte. Oscar guardava il suo attendente con apprensiva insistenza, prima di volgere il capo altrove con un sospiro. Io volevo solo allontanarmi in fretta da quella situazione che non avevo più voglia di sostenere.

“Conte di Fersen, mi fareste salire con voi a cavallo? Sono un po’ stanca per tornare indietro a piedi.”

Fersen mi sorrise tendendomi una mano.

Montai in sella tra le braccia del conte che mi sorreggevano.

Avrei tanto desiderato che al suo posto ci fosse André; avrei desiderato che fosse il suo petto quello cui ora la mia schiena si appoggiava, e che fossero le sue braccia quelle che mi cingevano la vita.

Salutammo Oscar e il suo attendente che rimasero indietro sotto la fila degli alberi in penombra. Quando sulla curva del viale, voltai il viso per cercare con lo sguardo le loro figure, notai con la coda dell’occhio che Oscar era scesa da cavallo.

Teneva l’animale per le briglie e si era affiancata ad André per andare al suo passo.

La distanza fra noi cresceva e non li vedevo bene; sembrava che parlassero fra loro con parole miste al silenzio, e che avessero chiuso fuori tutto il mondo attorno. Avevo la sensazione che né io né Fersen contassimo più niente nei loro pensieri.

 

 

Continua…

 

 

 

   
 
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