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Autore: Strega_Mogana    04/04/2006    4 recensioni
Due anime che si incontrano dopo la fine della guerra. Due anime sole e ferite che cercheranno di alleviare il proprio dolore.. magari iniziando anche ad innamorarsi.
Genere: Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ho dovuto fare qualcosa, non potevo starmene a guardare.
Non dopo aver incrociato il suo sguardo.
Non dopo aver sentito il suo cuore lacerato dal dolore.
Non dopo che ho visto quello spesso muro attorno ai suoi sentimenti.
La guerra ha reso la saccente Hermione Granger, la ragazzina che piangeva ogni volta che litigava con i suoi migliori amici, una fredda donna insensibile. Non ha pianto neppure una volta da quando sia Ron che Harry sono morti, non ha sfogato la sua rabbia, non ha detto una sola parola.
So fin troppo bene quello che le sta accadendo, è successo anche a me, la segregazione della propria anima, l’isolamento dal mondo, il rifiuto di ogni tipo di sentimento.
Non posso permettere che Hermione diventi come me: una persona che ha preferito non vivere piuttosto che provare sentimenti.
Ha recluso la sua umanità in una parte del suo cuore, ha chiuso la porta con la chiave e l’ha gettata via come se non le servisse più.
E’ giovane e non può fare questo! Lei non sa cosa vuol dire vivere in questo modo, anzi… questa non è vita: è dannazione eterna ed Hermione è troppo giovane per farlo.
Io, ormai, ci ho fatto l’abitudine.
Provare dei sentimenti è un lusso che non ho mai potuto permettermi e anche ora che la guerra è finita, non riesco neppure a provare un senso vago di libertà. Non sento nulla, non sento dolore, non sento gioia… sono solo un pupazzo vuoto che cammina e parla solo perché non ha altro da fare.
Io non posso più risorgere dalle ceneri della mia anima come faceva quel pollo troppo cresciuto di Fanny, ormai la mia occasione è passata e io non ho saputo coglierla, non potrò mai più vivere come gli altri.
Ma non importa, ci sono abituato, non ci faccio neppure più caso alle occhiate che la gente lancia al mio passato.
So cosa si dice di me: Severus Piton l’ex Mangiamorte che ha ucciso Albus Silente.
L’uomo che non ha avuto il coraggio di disobbedire al mago più potente del mondo.
Ipocriti…
Come se non ci avessi provato, come se non avessi urlato a quel pazzo visionario tutta la mia rabbia e la mia frustrazione per quel compito indegno che voleva affibbiarmi. Ho lottato, fino allo stremo delle mie forze, ho urlato…
Non potevo, non volevo farlo… avrei preferito dare la mia di vita per salvare Draco, avrei ucciso mille Lord Voldemort se bastava per non portare a termine quella missione che avrebbe ucciso anche l’ultima parte del mio cuore.
Con Albus sono morto anch’io… un mago che stava riemergendo dalle oscurità dov’era precipitato… con lui io sono ricaduto in quel barato freddo di morte e desolazione e, questa volta, non ho le forze per uscirne.
Forse non voglio più uscirne.
Una notte di primavera, esattamente un anno dopo la morte di Silente mi sono recato alla sua tomba.
Non l’avevo mai fatto… ma glielo dovevo…
Il vento soffiava forte facendo ondeggiare l’alta erba verde che mi circondava, la luna era alta in cielo, tonda e bianca come la tomba del mio più caro amico. Il lago brillava sotto la magica luce argentea della luna… ho pianto… ho pianto veramente, in silenzio, da solo… avrei anche voluto urlare ma il mio famoso autocontrollo, il mio odioso orgoglio da Serpeverde, me l’ha impedito.
Ti ho odiato vecchio pazzo con la barba lunga… oh si che ti ho odiato con tutte le mie forze quando ti ho ucciso.
Ti ho odiato perché mi stavi costringendo a fare una cosa che non volevo fare! Ti ho odiato perché sapevi che la tua morte significava per me tornare da Lui e io non volevo, ti ho odiato perché stavi per morire… l’unico uomo che mi abbia mai dato fiducia, stava per morire… ed ero io ad ucciderlo.
Sono un verme… anzi no, sono la quinta essenza di un verme.
Mentre tutti gli altri combattevano io continuavo a lavorare tra i Mangiamorte, mentre molti morivano, io continuavo a servire un Padrone a cui non credevo più da molto tempo.
Ti ho odiato Albus… ti ho odiato tantissimo… perché mi hai fatto questo?
Ma ora non importa, il dolore che ho sentito quella volta si è assuefatto è come sparito nel mio animo vuoto.
Non sento più nulla e va bene così.
Ma quella ragazzina so tutto io, non può ridursi come me.
Lei ha lottato, lei è una sopravvissuta.. io sono solo un fantoccio inanimato.
Per questo le ho detto che poteva stare da me, per questo le sto offrendo il mio aiuto.
Per questo ora la sto seguendo per i vicoli di Londra, verso la casa babbana dei suoi genitori.
Non mi ha rivolto la parola, non credo che voglia venire con me per la mia compagnia, ci avviciniamo al palazzo vicino a Piccadilly Circus, si guarda un po’ attorno e poi fa scattare la porta del palazzo con un semplice incantesimo. Entra velocemente e mi fa un cenno per seguirla, non dico nulla ed entro, è buio ma non mi interessa: ho imparto a vedere anche senza uno straccio di luce.
Hermione no invece, tiene la bacchetta in alto, la punta lievemente illuminata mette in risalto la sua figura. E’ dimagrita dall’ultima volta che l’ho vista, o forse sono i vestiti che la rendono troppo magra e smorta.
- Di qua. – mormora con un filo di voce svoltando improvvisamente sulla destra.
Svolto l’angolo e per poco non le vado addosso, si è fermata davanti al muro e guarda le porte metalliche di un ascensore, il pulsante sulla destra è illuminato. La fisso per qualche secondo poi mi guardo attorno, l’atrio del palazzo è grande, con un tappeto rosso all’entrata, sulla sinistra c’è un bancone dove il portiere svolge il suo lavoro, delle piante ben curate sono agli angoli della sala, c’è una grande finestra che da sulle scale di marmo che portano ai piani superiori.
- Casa mia è al decimo piano. – mi fa lei continuando a fissare le porte dell’ascensore – Non le dispiace se prendiamo l’ascensore vero?
- No. – la mia voce è decisa, come lo è sempre stata.
Mi sembra che abbia rabbrividito un attimo.
Con un debole suono le porte si aprono mostrando il piccolo abitacolo dove ci staranno al massimo quattro persone.
Entriamo, le pareti sono a specchio e io mi sento immediatamente a disagio, non sopporto gli specchi, mi mostrano quello che sono diventato e quello che non sono mai stato. Non sono bello come lo era James Potter, non sono intraprendete o affascinate come lo era Sirius Balck e non suscito neppure tenerezza come Remus Lupin. Io sono solo Mocciosus, il ragazzino smorto e magro, con i capelli lunghi e il naso adunco, sempre in biblioteca a studiare magia oscura.
Questo sono sempre stato e questo sarò sempre… un vecchio pupazzo vuoto.
Hermione si guarda un attimo allo specchio, si sta esaminando, non vedo nulla nei suoi occhi.
Non va bene… no, non va assolutamente bene.
Con un colpo di bacchetta di sistema i vestiti, gli strappi vengono ricuciti e puliti dal sangue, lega meglio i capelli, si avvicina allo specchio e sospira: per quelle occhiaie non potrà fare nulla in pochi secondi.
Mi fissa attraverso lo specchio, le sue iridi color nocciola fissano i miei vestiti.
Se non voglio spaventare quei poveri babbani forse mi conviene darmi una sistemata, faccio uno dei miei soliti sorrisi obliqui e mi sistemo senza dirle assolutamente nulla.
- Grazie. – mormora continuando a fissarmi dallo specchio.
Le porte si aprono e usciamo dall’ascensore, percorriamo il lungo corridoio fino ad arrivare all’appartamento 5D.
La mia ex studentessa suona piano alla porta.. nessuno risponde.
Suona di nuovo, un po’ più forte… e ancora nulla.
Sbuffa e si attacca al campanello per circa due minuti.
Dallo spiraglio sotto la porta si vede un po’ di luce, qualcuno armeggia dall’altra parte e la porta si apre leggermente.
Faccio solo in tempo a vedere uno sguardo vacuo e una barba incolta quando Hermione parla.
- Sono io papà, scusa per l’ora.
Il signor Granger spalanca gli occhi ora del tutto sveglio, chiude istantaneamente la porta e toglie il gancio, l’apre e si fionda sulla figlia per abbracciarla.
- Oh tesoro!- è visibilmente sollevato – Non abbiamo più avuto tue notizie… sulla Gazzetta abbiamo letto cose orribili.
- Sto bene papà…- risponde lei con voce piatta ricambiando debolmente l’abbraccio – scusa se non vi ho più scritto. Ho avuto dei problemi.
- Entra dentro tesoro…- dice l’uomo indicando la porta, poi i suoi occhi incrociano i miei – io la conosco… era un professore di mia figlia.
- Severus Piton. – rispondo usando il tono più cordiale che mi riscese.
- Entri pure…
La casa è modesta, arredata con gusto, trasmette calore e molta felicità.
Casa mia trasmetteva solo indifferenza e odio.
La madre di Hermione corre in salotto, avvolta in una vestaglia di lana verde, vede la figlia e per poco non scoppia a piangere.
- Hermione!- fa con voce strozzata dall’emozione abbracciandola – Bambina mia.. ci siamo così preoccupati.
- Sto bene mamma…- fa lei sforzandosi di sembrare tranquilla – sono venuta per prendere delle cose.. e per salutarvi.
I due babbani si guardano perplessi.
- Salutarci?- domanda l’uomo – Dove vai?
- Verrà via con me signor Granger. – prendo io la parola stupendo perfino me stesso – Nel mio castello… vostra figlia dovrà aiutarmi per alcune faccende con il Ministero della Magia.
- E di cosa si tratta di preciso? – mi chiede la madre titubante e per nulla convinta.
- Sono affari interni del ministero signora, - mento con una semplicità quasi allarmante – non posso divulgare notizie segrete.
- Certo… certo…- si affretta a dire il signor Granger – capiamo benissimo… vi fermate qui per la notte?
- Dobbiamo partire subito. – risponde Hermione – Sono passata per prendere le mie cose.
- Vuoi una mano?
Annuisce piano, dirigendosi verso la sua stanza, le seguo in silenzio, senza neppure dare un’occhiata al mobilio che mi circonda o alle fotografie appese alle pareti bianche.
Hermione apre una porta marroncina ed entra, la sua stanza è proprio come me la immaginavo: una libreria di legno scuro che copre totalmente una parete, libri ovunque, pergamene ben in ordine sulla scrivania, le bocce di inchiostro allineate sotto la finestra, cinque piume, una diversa dall’altra, infilate nell’apposito sostegno che stanno in piedi come bandiere, una clessidra su una mensola, qualche oggetto comprato a Hogsmeade che fa a pugni con gli oggetti babbani che vi sono accanto e il baule di Hogwrats ai piedi del letto.
Hermione apre il baule e, con un gesto veloce di bacchetta, apre le ante dell’armadio che si trova sull’altra parete, qualche vestito esce dal mobile e si piega in ordine sopra la sua testa per poi entrare nel baule, la stessa cosa fanno dei libri che, prima di sistemarsi nella valigia, si rimpiccioliscono leggermente.
Sento un fruscio all’altezza delle mie caviglie, sussulto appena quando vedo Grattastinchi salire sul copriletto rosso e miagolare verso la sua padrona. Lo sguardo di Hermione si illumina un attimo, sorride lievemente e si siede sul letto, l’animale si strofina contro la sua schiena e poi si accoccola sulle sue gambe incrociate.
- Grazie Professor Piton per non aver detto la verità ai miei genitori… - sospira leggermente non ha mai alzato lo sguardo dal suo gatto - loro non credo che capirebbero.
- Smettila. – dico con un tono molto severo.
- Di fare cosa?- mi chiede innocentemente lei continuando ad accarezzare il gatto.
- Di chiamarmi professore… - rispondo facendo un passo verso di lei.
La mano che accarezzava Grattastichi si blocca a mezz’aria, alza lo sguardo e, per la prima volta da quando ce ne siamo andati da Grimmauld Place, i nostri sguardi si incrociano di nuovo.
- Non sono più il professore di nessuno. – continuo io sedendomi accanto a lei, non risceso a sostenere quello sguardo, i miei occhi si posano sul gatto che tiene ancora tra le braccia, gli accarezzo gentilmente il muso e lui, stranamente, mi lascia fare iniziando a fare le fusa.
- E’ strano…- mormora piano, i suoi occhi ancora puntati su di me.
- Lui puoi portarlo se vuoi. – dico distrattamente continuando a fissare questo gatto che molti ritengono orribile.
Finalmente alzo lo sguardo e vedo Hermione sorridere debolmente.
- Grazie Severus.

   
 
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