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Autore: Mokochan    10/08/2011    6 recensioni
S'incontrano su un treno.
Si conoscono.
Si piacciono.
Si lasciano.
E poi si ritrovano.
'Hinata sorrise. «E tu? Cosa fai nella vita?»
«Sono un poliziotto.»
«Davvero?»
Sembrava stupita.
«Non si nota? Ah, forse perché non hai visto la mia aria da duro!»
Naruto si rimise composto, poi la guardò, cambiando espressione: abbassò le sopracciglia, piegò le labbra verso il basso e affilò lo sguardo.
Buffo. Solo buffo.
La Hyuuga scoppiò a ridere, coprendosi la bocca con entrambe le mani. «C-Certo! O-Ora si nota!»
Scoppiando a ridere a propria volta, l’Uzumaki esclamò: «Certo che si nota! Non sono forse l’uomo più duro e affascinante del mondo?»

E sono anche l’uomo meno modesto sulla faccia del pianeta, aggiunse mentalmente, osservando Hinata ridere di quella piccola e insignificante battuta.
Era proprio carina. Anzi, bella. Lei, non la battuta. Quella faceva sinceramente schifo.
Ehi, ma stavano flirtando?'

[Buon compleanno, Laly!^^] [NaruHina] [Storia divisa in 2 capitoli]
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Un po' tutti | Coppie: Hinata/Naruto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'NaruHina ~ Orange is better!'
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Note dell'Autrice: Salve! Sono ancora io, la gatta psicopatica per eccellenza! Sì, lo so che non mi sopportate più, ne sono consapevole. Fatto sta che, questo, è un giorno speciale. Oggi è il compleanno di Laly (sul sito LalyBlackangel), la mia adorata zietta, la beta migliore che una scema come me possa avere e sì... lei è anche La Stronza per eccellenza. In pratica, le voglio tanto bene.
Molto. In questi anni mi ha aiutata parecchio, spingendomi a migliorare e a non abbattermi. Non so se sono migliorata - io penso di no XD - ma non importa. Voglio solo farle gli auguri, sperare che sia sempre felice, che abbia il meglio, che sorrida sempre.
Questa storia (divisa in due parti, la prima oggi, la seconda domani ^^''') è una NaruHina. E' il mio regalo per lei.
Banale, stupido, fatto male, probabilmente. Ma sentito, se proprio devo dirlo. Ed è un po' triste, un po' allegro, un po' scemo, un po' tutto.
Che altro devo dire? Non lo so, sinceramente.
Ah. Questa storia s'ispira a una canzone di L'Aura, 'Gira l'estate'. Cioè, non è che si ispiri del tutto alla canzone, ma sono riuscita a estrapolarne qualche citazione azzeccata. Giusto perché m'ispira troppo v__v e no, non me ne frega niente dei vostri gusti musicali.
Il capitolo vede fra i protagonisti anche la Ragazza delle bevande u_u' la nuova star di Naruto (non è vero, non è vero D:)
Più scrivo, più dico vaccate u.u'' mannaggia.
Il carattere di Naruto, come quello di Hinata e di altri personaggi ha subito qualche cambiamento. Cioè, non troppi, però non posso fare scemo Naruto. Insomma, in questa storia ha 33 anni, per carità ç_ç
Konan, Nagato e Yahiko non so se sono IC, sinceramente. O almeno, non so se ho azzeccato Nagato. Dato che nel manga è sempre tutto teso e mai leggero, la sottoscritta ha preso spunto dai ricordi di Nagato, quelli in cui lui e gli altri sono ancora 'bambini' ^^''
In un clima leggero tutto può cambiare, no? XD
La storia è stata betata da ValeHina (ecco una cosa seria! *_*)
Buona lettura - si spera XD
















Per fortuna quel treno aveva l’aria condizionata: non avrebbe resistito un minuto senza.
Si tolse le cuffie dalle orecchie e s’infilò nel primo vagone, quello dei non fumatori, dove tutto sembrava ben più tranquillo che nel resto del treno, dove fumo e risate si mescolavano fastidiosamente.
Guardò di malumore i posti liberi che sfilavano ai due lati del vagone e, quando adocchiò un sedile dove il sole non sembrava aver arrostito nulla, lo raggiunse, trovandovi solo una ragazza.
Osservò il posto accanto al suo, occupato da una piccola borsa nera, poi sorrise.
«Posso?»
La giovane sussultò, lo guardò confusa e afferrò la borsa per liberargli il posto. «S-Sì. Prego.»
Lui si sedette mentre il treno prendeva lento a muoversi, accompagnato da una voce meccanica che segnalava petulante la fermata seguente.
Il ragazzo sistemò sotto il sedile il borsone con cui stava viaggiando e si guardò attorno spaesato.
Il viaggio sarebbe durato due ore, poi ad aspettarlo avrebbe trovato suo cugino Nagato.
Che rottura, pensò, le mani sulle ginocchia, i nervi tesi; avrebbe voluto essere da qualche altra parte, ma non lì.
Lì no.
Diede uno sguardo alla ragazza che aveva accanto e la vide intenta a lavorare al computer, gli occhi coperti da un paio di occhiali dalla montatura nera e sottile, piuttosto banale.
Però lei non lo era.
Nel senso che era bella, sì.
Poi cacciò via quel pensiero e si rimise le cuffie, immergendosi nella musica.
Il paesaggio che sfilava accanto al treno era un mescolarsi di verde, grigio, azzurro e ancora verde, e continuava senza mostrare cambiamenti evidenti. Col passare dei minuti, Tokyo si allontanava da loro, come loro si allontanavano da Tokyo – inevitabilmente.
Con gli occhi chiusi e il corpo rilassato contro il sedile, quel passeggero dall'aria annoiata non pensava a niente: trovava che fosse meglio non mettere in moto il cervello, non con quella maledetta calura estiva che lo aspettava fuori - e i ricordi tristi di una vita incompleta.








Conto fino a tre
Capitolo 1
(di 2)






[Se ti volti ancora è finita
Se ti volti vengo lì da te senza niente di buono da dire
Chiudo gli occhi e con le mie dita ti percorro
ti percorro se non ho niente di meglio da fare che restare a giocare]







«Vuole qualcosa da bere, signorina?»
La giovane distolse l’attenzione dallo schermo del computer e annuì con un cenno del capo, sorridendo timida alla ragazza delle bevande. «Un‘aranciata, grazie.»
Quest’ultima allora si rivolse all’uomo con gli occhi chiusi. «E lei, signore? Vuole qualcosa?»
Nessuna risposta.
Che si fosse addormentato?
Allora la giovane spostò gli occhi dal computer al proprio compagno di viaggio e gli tirò un lembo della maglietta per attirare la sua attenzione.
Lui si riscosse e la guardò, spaesato; lei gli indicò la donna delle bevande che, paziente, aspettava una risposta.
«Oh! Scusi… ehm…»
«Capita, non si preoccupi. Allora, vuole qualcosa, signore? Un’aranciata, un the…»
«No, grazie.»
«Quando avrà bisogno mi troverà nel vagone davanti a questo. Le auguro buon viaggio.»
«Grazie» rispose lui poco convinto, guardando la ragazza delle bevande scomparire dietro uno sportello dipinto di rosso e con il marchio della compagnia con cui viaggiava impresso a caratteri più o meno cubitali appena sotto una piccola finestrella trasparente che gli permetteva di sbirciare gli altri passeggeri. .
Non facevano più i treni di una volta.
A quel pensiero si sentì improvvisamente più vecchio di quello che in realtà era – ma non ci sarebbe stato da sorprendersi, vista la situazione in cui si trovava.
Trentatré anni, momentaneamente single, con un lavoro scadente, con tanti amici, con nessuna persona con cui confidarsi, spericolato e stupido: Naruto Uzumaki aveva ben poco di cui rallegrarsi alla propria età.
L’aveva capito suo malgrado quando i suoi migliori amici si erano sposati e avevano avuto i primi figli; e quando Sasuke gli aveva fatto intendere che Sakura, sua moglie, aspettava il quarto figlio, Naruto aveva iniziato a pensare male di se stesso.
Cosa c’era di così sbagliato in lui da impedirgli di costruirsi una famiglia e avere qualcosa di bello come una moglie e magari un bambino fastidioso e terribilmente simile a lui?
Un improvviso beep lo distolse dai propri pensieri.
«Si è bloccato di nuovo» mormorò sconsolata la sua compagna di viaggio, togliendosi gli occhiali per stropicciarsi gli occhi stanchi.
I capelli lunghi e corvini che portava legati in una coda bassa le ricaddero sulla spalla, fili scuri mescolati al bianco della camicetta che indossava.
Naruto osservò prima lei, poi il computer portatile il cui schermo s’era fatto nero, emettendo rumorini tutt’altro che piacevoli.
Non aveva mai avuto un computer: preferiva stare fuori casa a divertirsi piuttosto che rimanere appiccicato a un aggeggio del genere; gli sfuggiva il motivo per cui tanta gente si divertiva davanti a uno schermo luminoso e su programmi tipo… come l’aveva chiamato Kankuro? Emme esse… qualcosa. Ah. Msn. Certo.
«Li fa spesso?» domandò senza pensare – non aveva ancora imparato a farlo, in effetti – e subito si guadagnò un’occhiata sorpresa e intimidita assieme, «quei rumori, dico. Li fa spesso?»
«B-Beh… sì. Fa’ i capricci da un po’ di tempo. Credo che lo porterò d-da qualcuno per vedere se c‘è qualche problema» rispose lentamente la giovane, indicando con la mano lo schermo nero.
Le sue mani erano piccole e femminili; le unghie non portavano smalto, ma erano curate.
La sua ultima fidanzata si metteva sempre lo smalto e usava colori forti come il rosso, e questo a volte lo infastidiva, spingendolo a guardare qualcosa che non fosse una delle sue mani troppo audaci; ché, in un certo senso, non era nemmeno sbagliato.
Eppure…
«Capisco. Scusa per la domanda,» Naruto rise e si scompigliò i capelli, «ero soltanto curioso!»
La giovane arrossì un poco, ritrovandosi ad annuire. «C-Capisco.»
«Io sono Naruto Uzumaki» si presentò lui, senza pensarci.
«Hinata Hyuuga.»
Naruto, sentendo quel nome, quasi trasalì. «Gli Hyuuga non sono forse i proprietari di quelle aziende specializzate in marketing di cui ho sentito parlare ultimamente?»
«S-Sì,» Hinata chiuse il computer e lo ripose dentro la sua custodia, «esatto. La mia famiglia è discretamente famosa da quel punto di vista.»
Discretamente?, si disse allibito l’Uzumaki, pensando che se avesse avuto tanti soldi come gli Hyuuga si sarebbe comprato una fabbrica di ramen, la sua pietanza preferita.
«Quindi tu sei una delle figlie di Hiashi Hyuuga?»
Hinata annuì nuovamente, diventando ancora più rossa; e si notava, tanto il rosso contrastava con la sua pelle bianca come il latte. «Ma non ci tengo a f-farlo sapere in g-giro. Di solito dico che è un caso di omonimia.»
«E allora perché mi hai detto la verità, Hinata?»
Lei abbassò lo sguardo verso la piccola tavola di legno che aveva davanti – quel tipo di aggeggi messi sui treni per posarvi cose come computer e bevande – e su cui svettava solitario un bicchiere d’aranciata. «L’ho detto d’istinto. Credo. N-Non lo so.»
«Meglio così,» Naruto alzò la testa verso il soffitto color cenere del treno e aggiunse: «mi piacciono le persone schiette come te. Se non ci fosse questo tipo di persone, il mondo sarebbe noioso,» chiuse gli occhi, «sì, mi piaci proprio.»
Lei lo guardò, incuriosita.
«Non me l’ha mai detto nessuno.»
Naruto aprì gli occhi, voltò il capo verso Hinata e sorrise. «Davvero?»
«Davvero.»
Rimasero in silenzio per qualche minuto.
Naruto, in realtà, non aveva più voglia di ascoltare musica, così si tolse nuovamente le cuffie, spense l’Ipod e impaziente si rivolse a Hinata.
«Quanti anni hai?»
Lei sobbalzò, colta di sorpresa. «A una donna non s-si chiede mai l’età.»
«È una cosa stupida. Perché un uomo dovrebbe dire la propria età e una donna no? È una cosa stupida» ripeté Naruto, spazientito.
«Forse,» Hinata si portò le mani in grembo e disse: «ho venticinque anni. E tu?»
«Trentatré. E portati pure male,» rispose l’Uzumaki, ridacchiando piano, «sembri più giovane! Strano.»
«Anche tu dimostri m-meno della tua età, Naruto» gli fece notare lei, avvampando.
«Può darsi. Lavori per l’azienda di famiglia?»
«No.»
«No?»
«Ho deciso di guadagnarmi le cose senza l’aiuto degli altri,» gli occhi della Hyuuga, d’un lilla molto chiaro, s’incupirono, «ho deciso di fare la scrittrice. Però i miei genitori hanno sempre disapprovato questa mia scelta.»
Naruto divaricò le gambe, mettendosi in maniera scomposta ma comoda sul sedile. «Hai fatto bene a scegliere da sola. Se i miei genitori mi avessero imposto qualcosa, io avrei fatto lo stesso.»
Hinata sorrise. «E tu? Cosa fai nella vita?»
«Sono un poliziotto.»
«Davvero?»
Sembrava stupita.
«Non si nota? Ah, forse perché non hai visto la mia aria da duro!»
Naruto si rimise composto, poi la guardò, cambiando espressione: abbassò le sopracciglia, piegò le labbra verso il basso e affilò lo sguardo.
Buffo. Solo buffo.
La Hyuuga scoppiò a ridere, coprendosi la bocca con entrambe le mani. «C-Certo! O-Ora si nota!»
Scoppiando a ridere a propria volta, l’Uzumaki esclamò: «Certo che si nota! Non sono forse l’uomo più duro e affascinante del mondo?»
E sono anche l’uomo meno modesto sulla faccia del pianeta, aggiunse mentalmente, osservando Hinata ridere di quella piccola e insignificante battuta.
Era proprio carina. Anzi, bella. Lei, non la battuta. Quella faceva sinceramente schifo.
Ehi, ma stavano flirtando?
La guardò attentamente, valutando la situazione in cui si trovavano: non sapevano molto l’uno dell’altra, e fra meno di un’ora – purtroppo – si sarebbero separati… ne valeva la pena?
«E… dove stai andando?» domandò cautamente, quando l’allegria si spense e il silenzio tornò prepotente.
Hinata guardò il paesaggio che le sfilava accanto, veloce. «Ho affittato una casa in campagna e resterò lì per due settimane. Sto cercando di finire il mio secondo romanzo, ma è difficile trovare l‘ispirazione in una città tanto caotica come Tokyo.»
«Anch‘io vado in campagna. Passerò qualche giorno con mio cugino. Un nostro amico comune sta per sposarsi, così ci prepariamo per il fatidico giorno, anche se non siamo certo noi gli sposi.»
Hinata sorrise. «Non ho mai partecipato a un matrimonio. Certo, mia sorella si è sposata l‘anno scorso, ma… non sono stata invitata. E comunque non avevo tempo; ero dall‘altra parte del mondo a presentare il mio primo libro.»
«Quindi sei famosa! Eri in America?»
«Sì. Ma no, comunque. N-Non sono così famosa. Me l-la cavo.»
«Quanto ha venduto il tuo romanzo?» s’informò curioso Naruto, lanciando un’occhiata alla borsa che conteneva il computer di Hinata; lì dentro doveva esserci il suo nuovo lavoro.
Intimidita, la Hyuuga mormorò qualcosa che Naruto non riuscì ad afferrare; e certo che, adesso che lo notava, la ragazza balbettava spesso. Anche sua madre, Kushina, balbettava quando era agitata.
Che coincidenza!
«Scusa, Hinata, credo di non aver capito.»
Lei prese fiato. «Otto milioni di copie.»
Naruto spalancò la bocca, intontito dalla risposta. «E dici di non essere famosa? Caspita, otto milioni di copie! Incredibile!»
Hinata sembrava non capacitarsi del successo che aveva.
Pareva non avere nemmeno un’autostima o, forse, semplicemente, non amava vantarsi. Era così diversa da lui, che alla prima occasione gridava al mondo i propri meriti.
Sì, a volte qualcosa di buono riusciva pure a lui.
Passarono l’ora che restava loro parlando del più e del meno, fra balbettii e risate, scherzi e ammissioni; quel viaggio dall’aria noiosa si era trasformato in un’occasione per fare conoscenza e liberare la mente dai cattivi pensieri, gli stessi che fecero capolino una seconda volta quando, squillante, la voce meccanica che si propagò per l’intero treno avvertì Naruto che era tempo di scendere.
La sua fermata maledetta.
«Devo andare.»
Si alzò in piedi, prese il borsone da sotto il sedile e se lo mise in spalla, dispiaciuto.
Hinata lo guardò confusa e sì, forse triste come lui. «Di già?»
«Purtroppo,» Naruto accennò un sorriso, «è stato bello parlare con te, Hinata Hyuuga. Spero di poterti vedere ancora, prima o poi. Magari al ritorno,» e indicò con un dito il treno, serio.
Lei sorrise. «Lo spero anch‘io. Arrivederci, Naruto.»
E così l’Uzumaki scese dal treno, raggiunse il vagone dove stava Hinata e quando la vide guardar fuori da quel buffo rettangolo trasparente a cui, sinceramente, non sapeva dare un nome preciso, si mise a salutarla con una mano, sorridente.
Sperava davvero di rivederla, diamine!











Una settimana dopo











«Se ti dicessi che sei orribile con quello smoking?»
«… mi stai dicendo che sarebbe meglio non partecipare al matrimonio vestito così?»
«No, però non sei proprio il tipo da smoking, Naruto. Proprio no» sottolineò Nagato, dando un’occhiata all’abito elegante che il cugino indossava.
L’Uzumaki si guardò sconsolato, poi sbuffò. «Ma che cazzo me ne frega! È solo uno stupido vestito.»
«Adesso si ragiona. Allora, non mi sembra troppo difficile: ignora Karin, stai alla larga da quel pozzo senza fondo di Chouji ed evita, per favore, di parlare con Suigetsu. Lo sai che spaccia?»
Naruto lo fissò, sconcertato. «Stai scherzando
«Ah, no,» Nagato posò la schiena contro lo stipite della porta, studiando per un secondo il disordine causato dall’Uzumaki: da quando aveva occupato la stanza vuota di sua sorella, ogni cosa aveva cambiato posto e i cassetti sembravano sul punto di saltare letteralmente in aria, «alla festa di compleanno di Yahiko ha cercato di rivendere a Zabusa un po’ di LSD.»
«Si è ridotto davvero in questo stato?»
«Non credere che prenda quella roba. Lui vende, non si fa.»
Naruto inarcò un sopracciglio. «Forse perché è già fatto di suo.»
Conosceva Suigetsu da quando aveva quattro anni: era sempre stato un tipo piuttosto strano, ironico e a volte persino violento; eppure era capace di grande calma, dimostrata nella maggioranza dei casi in presenza dei suoi genitori e di suo fratello, e ribadita in presenza di professori e amici stretti. Soltanto quando frequentava certi giri cambiava atteggiamento, mostrando una freddezza insolita.
Una volta, quando avevano quindici anni, Suigetsu l’aveva preso a pugni perché gli era capitata fra le mani una delle sue droghe migliori. Non che ne avesse presa: lui non era il tipo. Era rimasto semplicemente sconcertato nel trovare quel tipo di roba sotto il letto di uno dei suoi amici più cari.
Da quel momento, si era sempre tenuto a discreta distanza da Suigetsu Hozuki.
«A che stai pensando?»
«A nulla. Perché?»
Nagato scosse il capo e sorrise. «Andiamo, allora. Se facciamo tardi Yahiko se la prenderà con noi.»
Partirono qualche minuto dopo sotto il sole cocente. Fuori c’erano 38°, perfettamente percepibili, come aveva potuto appurare Naruto quando aveva sentito la camicia appiccicarsi fastidiosa alla schiena, aiutata dal sedile bollente. Poi, come se non bastasse, l’aria condizionata era sconosciuta a quella macchina del cavolo.
Arrivarono in chiesa giusto in tempo per vedere Yahiko uscirne di tutta fretta, agitato come non mai. Strano: non era certo il tipo d’uomo che si impressionava per qualcosa di banale come un matrimonio.
«Per caso hai scoperto che Konan è scappata col testimone?» chiese ridacchiando Nagato, una volta che Yahiko gli fu davanti, piegato in due con le mani sulle ginocchia e ansimante.
«Ma se il testimone sei tu?!»
«Ah, è vero.»
«Stare con Naruto ti fa regredire allo stato brado.»
«Ehi! Non accetto alcun tipo d‘insulto da te, Yahiko!,» sbottò Naruto, mollandogli un pugno sulla testa, offeso, «e poi mi spieghi perché ti sei messo a correre in quel modo?»
«Perché siete in ritardo, idioti! Muovetevi, prima che Jiraiya e gli altri perdano la pazienza.»
La chiesa era ventilata e luminosa, allegra.
Percorrendo la navata, Naruto osservò le grandi vetrate poste ai due lati della chiesta, il cui bagliore colorato rendeva quel posto sacro diverso da come se l'era aspettato all'inizio; non credeva in Dio, non credeva al valore di una chiesa, di un santo, di un rosario, qualunque fosse la religione che gli si presentava davanti. Forse inferno e paradiso esistevano. O forse solo l'inferno, chissà.
Eppure, malgrado tutto, quel luogo era affascinante – e sì, doveva ammetterlo: gli piaceva.
C’erano poche persone, giusto il necessario, giusto l’importante: conosceva da anni Yahiko e Konan, i due sposi, e sapeva che per loro contavano poche cose.
E poche persone.
«Abbiamo due invitati in più. Infatti c‘è una vecchia amica di Konan… è appena arrivata da Tokyo. Ah, l’altro è Suigetsu. Alla fine Karin è riuscita a convincermi, ma se lo becco a vendere la sua merda qui, lo caccio fuori, ve lo garantisco,» cominciò a dire Yahiko, nervoso, indicando con un cenno del capo Hozuki che, fermo in un angolo della piccola chiesa, conversava strafottente con Karin e Juugo, un amico della rossa.
Naruto si guardò in giro e sorrise appena intravide il suo vecchio maestro del liceo, Jiraiya.
Non era cambiato per niente!
Lasciò Yahiko e Nagato con Zabusa, un loro vecchio compagno di scuola, e raggiunse il suo maestro senza farsi sentire, poi si fermò alle sue spalle; gli batté il dorso della mano contro la schiena per avvertirlo della propria presenza, pensando a quanto tempo era trascorso dall’ultima volta in cui si erano parlati.
Dio, che nostalgia!
Quando si voltò, Jiraiya lo guardò stupefatto. «Non ci credo! Naruto! Come stai?»
«Bene e lei? Passa sempre il tempo a corteggiare donne più giovani, maestro?» domandò divertito il biondo, lanciando un’occhiata alle numerose ragazze presenti.
Jiraiya incrociò le braccia al petto, stizzito. «Ragazzo, ti hanno mai detto che queste cose non si spifferano in giro? Qualcuno potrebbe aver sentito!»
«Secondo me lo sanno già tutti…»
Mentre rideva davanti alle urla e agli insulti sibilati da Jiraiya, Naruto tornò a guardarsi attorno per vedere se c’erano persone che conosceva ma che non vedeva da anni; e infatti poco lontano intravide Anko, una delle ex allieve del maestro Jiraiya; e poi ancora Shikamaru Nara e Sabaku no Temari, probabilmente marito e moglie.
Poi scorse una figura alta e femminile, e capelli neri come una notte d’inverno.
Perse un battito.
«Maestro, mi scusi, io devo… parlare con una persona. Finirà dopo di mandarmi a quel paese.»
Non è possibile.
Si mosse agile fra la folla, evitando per un soffio di scontrarsi con Suigetsu.
Ignorò un ‘ciao’ strillato da Chouji.
Poi si fermò e allungò una mano verso di lei, finendo col sfiorarle la spalla con il pollice, in un gesto che voleva essere rassicurante.
Tuttavia, lei sussultò lo stesso, inducendolo a sorridere; ma quando finalmente si voltò, il sorriso scomparve e tutto mutò.
Inevitabilmente.
«Cosa… Naruto!»
Già, era impossibile.


   
 
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