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Autore: _BlackSwan    12/08/2011    9 recensioni
Un'altra lacrima si confuse con la scia di sangue che scorreva rapidamente lungo la gamba. La ferita oramai non doleva più, ma bensì contribuiva a colmare un immenso vuoto che prima o poi si sarebbe trasformato in qualcosa di ben più serio e perverso. Non avevo più scampo, non avevo più via d'uscita, non avevo più me stessa. E' strano essere considerata una ragazza che ha tutto quando sai che quel tutto è la causa del tuo male peggiore. Un'immensa ferita che non si rimarginerà mai più, nonostante i numerosi aiuti. Ma il silenzio, era la mia arma migliore, un silenzioso sorriso che celava notti insonni di tristezza e profonda paura. Ed ecco che il sangue colava via a contatto con l'acqua pura e cristallina, come lo era la mia anima qualche tempo prima. E con un gesto rapido, sistemai il trucco colato a furia delle numerose lacrime. Un ultimo ritocco ai capelli, e aprii la porta della sala da bagno, giungendo alla conclusione che salvarmi da me stessa stavolta sarebbe stata più dura di quanto pensassi.
Un oscuro e terribile segreto si cela dietro una ragazza...
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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13? 13 recensioni solo per il prologo?
Questo è un sogno che si avvera! *__* Spero vivamente che questo
capitolo vi piaccia. Ho deciso di modellare questa storia
come un libro, quindi, godetevi la lettura.
_BlackSwan


Le tenebre avevano preso il sopravvento. Qualche fiore appassito costellava l'immensa distesa di erba, umida e bagnata dalla rugiada notturna. I numerosi salici donavano un'aria piuttosto cupa, lugubre, quasi surreale. Una splendente luna piena faceva da sfondo a quello scenario buio e spettrale. Non ero mai stata lì, almeno fino ad allora. Il vento cominciò a danzare freneticamente, scompigliando i miei capelli color dell'ebano e lasciando svariate ciocche volteggiare libere, a ritmo dei battiti del mio cuore. All'orizzonte, montagne abbandonate e misteriose venivano, man mano, risucchiate dall'oscurità che avanzava rapidamente. Ero inginocchiata, dinanzi un lago limpido e silenzioso. Non riuscivo a muovermi. Ogni parte del mio corpo era come pietrificata. Nel silenzio di quella notte, la terra cominciò a tremare incessantemente, la pioggia cominciò a cadere, lenta e gelida come una lacrima sul volto più candido e delicato. Una figura indefinita cominciò ad emergere dagli abissi. Sempre più nitida. I capelli grigi e bagnati ricadevano sul viso come una cascata; quella figura era avvolta dal nero. Diventava sempre più imponente; un'agghiacciante risata si sollevò, fino a mostrare quel volto stanco e crudele.

"Taylor!" la voce rauca della professoressa Willson mi risvegliò dai miei pensieri. Sbattei le palpebre più volte, urtando per sbaglio il quaderno dalla copertina colorata di Mike. Stringevo la penna nera ormai scarica tra le mani, sperando così di scacciare tutta la tensione che portavo dentro.

"Elisabeth, tutto bene?" sussurrò Mike al mio orecchio. Annuii, quasi assente.

"Mi dispiace, Mrs. Willson" le porsi le mie scuse. L'ennesima visione del giorno continuò a tormentarmi, senza lasciarmi scampo. Immagini ignote e raccapriccianti incombevano sulla mia vita da quando ero bambina. Vedevo cose che nessuno sembrava capire, cose che andavano al di là dell'immaginazione. Mia nonna diceva che si trattasse del richiamo di un mondo parallelo, un mondo a cui appartieni e a cui sei stato sottratto, a cui ben presto sarai ricongiunto. Non credevo a quella storia o a qualsiasi altra cosa avesse a che fare con il paranormale o addirittura con la magia. "Sei troppo razionale, come tuo padre" mi diceva sempre mia madre sorridendomi e infondendomi sicurezza. Come mio padre, un ricco sconosciuto che possedeva il cuore di mia madre. Non l'avevo mai conosciuto: ogni volta che cercavo spiegazioni, ognuno cercava di evitare l'argomento. Tutto ciò che sapevo è che era morto in un incidente, cercando di salvare una famiglia, la mia famiglia, in una casa in fiamme.

"Un'altra visione?" Mike sembrò capire all'istante, d'altronde, era il mio migliore amico.

"Si, la stessa di qualche settimana fa, solo più realistica" spazientita, la signorina Willson batté la mano destra sulla cattedra, alquanto irritata. Il suono metallico e assiduo della campanella ci salvò. Corremmo verso l'uscita. Un inserviente vestito con una tuta azzurra attirò la mia attenzione. Aveva uno sguardo penetrante, gelido. Il suo viso era stanco, e le numerose rughe lasciavano capire che fosse un uomo di mezza età, o poco più. L'uomo continuava a fissarmi. in quel momento udii un sussurro, e un altro, e un altro ancora. La mia testa stava per scoppiare. Feci per perdere l'equilibrio, quando quella strana intesa che si era creata tra me e l'uomo, svanì.

"Ely" il mio amico intervenne "usciamo di qui" affermò tenendomi per un braccio.

 

"Non so come spiegartelo, non mi era mai accaduto niente del genere prima d'ora" eravamo in riva al lago, addentando i panini preparati da Mike.

"Fammi capire, un uomo misterioso, che non conosci, ti ha guardata dopodiché hai sentito delle voci che ti hanno portata allo svenimento?" il mio amico era alquanto confuso.

"Esattamente" gli sorrisi ripulendomi le labbra sporche di olio.

"Cavolo, beh, dovresti parlarne con tua nonna. E' lei l'esperta" affermò più convinto che mai.

"Cerca di capirmi, Mike. Potrebbe pensare che sia pazza, o qualcos'altro. Sai, qualche volta credo di avere bisogno d'aiuto" ribattei abbassando lo sguardo e scagliando una pietra nel lago.

"Ma cosa dici?!? Tu non hai bisogno d'aiuto. Io ti credo, non devi continuare a nascondere tutto ciò, contribuirà soltanto a provocare più insicurezza"

"Hai mai pensato che sia pazza?" affermai ignorando le parole di Mike.

"Ah, Elisabeth, quante volte dovrò ripetertelo. Io ti credo. Questo è ciò che conta. E sono più sicuro che oggi pomeriggio svolgeremo alcune ricerche"

"Ci risiamo? Non voglio approfondire il perché di queste visioni" in cuor mio, morivo dalla voglia di farlo, ma cercavo di convincermi che esistesse una spiegazione logica.

"Ely, ne hai bisogno! Giuro che poi non ne parleremo più" disse Mike con tono supplichevole.

"Hai giurato" ribattei. Il mio cuore si fermò. In lontananza, dietro un albero, l'uomo di poco prima stava spiando me e il mio amico. Questa volta era vestito diversamente, portava una giacca nera, con pantaloni e stivali abbinati. Mi voltai verso Mike.

"Mike, guarda!" l'uomo era sparito, senza lasciare traccia.

"Cosa?"

"Ero sicura che ci fosse qualcuno" ribattei, spiegando poi l'accaduto.

"Sarà stata la suggestione, non credi?" cercò di spiegare il mio amico.

"No, Mike, io l'ho visto. Ne sono sicura!" di nuovo la sensazione di stordimento di qualche ora prima.

"Ely, sarà meglio andare. Qui fa piuttosto caldo" affermò alzandosi e porgendomi la mano.

 

La biblioteca distava più o meno cinque minuti dal parco.

"Qui non c'è niente. E con questo, l'abbiamo perlustrata tutta" disse Mike, alquanto sconfortato. Sospirai di sollievo.

"Ora possiamo andare" bisbigliai, cercando di non attirare l'attenzione della bibliotecaria. Una folata di vento gelido attraversò i nostri corpi, poi un tonfo sordo. Ci voltammo frastornati, in cerca di un qualcosa che potesse spiegarci l'accaduto. Una figura indistinta giaceva sul pavimento a pochi metri di distanza: era piccola, di forma rettangolare. Per un attimo ci guardammo negli occhi, intuendo che entrambi sentivamo il bisogno di dare un'occhiata. Cominciammo ad avanzare lentamente, finché la figura diventò nitida e chiara. Era un libro. La copertina di cuoio marrone era ornata da alcuni disegni color argento, per lo più di motivo floreale. Al bordo, un lucchetto, ormai già aperto. La piccola chiave d'oro riposava accanto alle scarpe di Mike. Un'altra folata di vento gelido. Demmo uno sguardo attorno: non vi erano spiragli, porte o finestre da cui potesse entrare vento. Ciò che accadde dopo mi sconvolse maggiormente. Mi avventai sul libro, istintivamente. Qualcosa mi spingeva a consultare ogni minima pagina, dettaglio per dettaglio, riga per riga. Di nuovo quelle misteriose voci, inconfondibili e surreali. Sulla prima pagina cominciarono a spuntare varie immagini, poi un paesaggio. D'un tratto una folta nube avvolse ogni cosa, e un'enorme figura emerse dal nulla seminando il panico. Cominciò a voltarsi pian piano. I battiti del mio cuore aumentavano a vista d'occhio. Era sempre più chiara. I capelli grigi e unti, il viso deformato, quegli occhi colmi di odio e cattiveria. Sembrò accorgersi della nostra presenza, dopodiché con un gesto fulmineo, cercò di avventarsi su di me. Ora il nulla. Mike chiuse il libro di scatto, spaventato. Non riuscivo a parlare, continuavo a fissare il vuoto, in attesa di spiegazioni.

"Mike, dimmi che hai visto anche tu" una lacrima mi rigò il viso.

"Cosa avrei dovuto vedere?" sembrava confuso.

"Quella creatura. Quello sguardo crudele." ansimavo. Mike aprì nuovamente il libro, questa volta mostrando le pagine vuote e bianche.

"Elisabeth, è stata una giornata dura per te, andiamo"

"Tu non mi credi! Sei il mio migliore amico, Mike! Credi che io possa mentirti?" ero infuriata.

"Non dico questo. E' solo che, a volte diventi vittima di queste "visioni", se così si possono chiamare" mi alzai di scatto, cominciando a correre verso l'uscita.

"Beh, forse sono pazza" aprii la porta scorrevole. La città giaceva nel silenzio. Il buio stava per risucchiarla. Non vi era anima viva. Il mio amico cercò di raggiungermi.

"Ma dove sono tutti?" girammo su noi stessi. Niente. La città era deserta.

Vieni. Non aver paura. 

Di nuovo quel sussurro, per la prima volta chiaro e comprensibile. Sentivo forti dolori alla testa. Cercavo di resistere invano.

"Mike, nel bosco!" urlai coprendomi le orecchie con le mani, trattenendo a stento le urla.

"Cosa sta succedendo?" urlò Mike, piuttosto preoccupato.

"Le voci. Nel bosco!" cominciai a correre. Erano vicine, lo sentivo. Quei sussurri erano sempre più forti. Mike correva dietro di me. Eravamo finalmente arrivati.

Quelle voci erano scomparse, lasciando spazio ad un silenzio agghiacciante.

"Ora mi spieghi cosa succede?" chiese Mike in preda al panico. Ansimavo, ancora una volta. Non risposi, forse per paura, forse per qualche altra ragione. A passo lento mi addentrai nel verde. Di tanto in tanto, qualche ramo lasciava dei graffi  sulla mia candida pelle. L'aria era sempre più rarefatta, quasi assente. Facevo fatica a respirare. Una distesa di foglie apparve davanti a noi. Gli arbusti erano spogli, a causa dell'autunno che bussava alle porte, più in anticipo che mai.

"Finalmente ci conosciamo" la voce proveniva dalle nostre spalle. Mi voltai di scatto. Era lui. L'uomo di quella mattina. Niente più dolore: i sussurri si erano placati.

"Che cosa vuole da me?" l'uomo avanzò. Una cicatrice marcava il suo rugoso volto.

"Non avere paura" con un movimento secco mi trascinò a lui. Nelle mani stringeva una bacchetta.

"Chi sei tu?" urlai incredula.

"Sono colui che sa di te, del tuo passato, delle tue visioni" sibilò.

"Elisabeth!" Mike fece per soccorrermi, quando l'uomo pronunciò delle parole. Il mio amico fu sollevato in aria, come una piuma. Si dimenava, senza possibilità di muoversi.

"Ora sarai occupato per un bel po'" l'uomo rise.

"Tutto ciò è impossibile!" urlai in preda al panico.

"Riesco a sentirlo" l'uomo cominciò ad annusare la mia carne, dopodiché strappò la manica della mia camicia. Non avevo forze per urlare. Cominciò a tracciare strane linee sul mio polso, dopodiché sentii dolore, un atroce dolore. Il polso cominciò a sanguinare, mostrando doloranti ferite. Chiusi gli occhi, soffocando un urlo.

"Sei tu" l'uomo avvicinò le sue labbra al mio braccio, cominciando a succhiare il sangue che ne fuoriusciva.

"Sei la prescelta"

"Tutto questo è assurdo! Cosa volete da me?"

"Non temere, ci sarà tempo per le spiegazioni" sibilò sogghignando.

"Lascia andare mia figlia!" l'uomo cadde a terra, tramortito. Una figura indistinta cominciò ad avvicinarsi. Non credevo ai miei occhi. Mia madre, mia nonna, altri sconosciuti armeggiavano con bacchette. Ero libera finalmente.

"Mamma!" esclamai con un sussurro fiacco.

"Tesoro, corri, va' via. Promettimi che non tornerai qui" disse mia nonna.

"Cosa succede?"

"Va'!" obbedii agli ordini, cimentandomi in una corsa senza fine. Non vi era traccia di Mike, cominciai a temere il peggio. Mi rifugiai in casa. Mi recai in bagno, nascondendomi nella vasca color panna.

Sono pazza. Sono pazza. Sono pazza. Continuavo a ripetermi. Ero convinta di essere pazza, pazza da legare. Un'altra lacrima si confuse con la scia di sangue che scorreva rapidamente lungo la gamba. La ferita oramai non doleva più, ma bensì contribuiva a colmare un immenso vuoto che prima o poi si sarebbe trasformato in qualcosa di ben più serio e perverso. Non avevo più scampo, non avevo più via d'uscita, non avevo più me stessa. E' strano essere considerata una ragazza che ha tutto quando sai che quel tutto è la causa del tuo male peggiore. Un'immensa ferita che non si rimarginerà mai più, nonostante i numerosi aiuti. Ma il silenzio, era la mia arma migliore, un silenzioso sorriso che celava notti insonni di tristezza e profonda paura. Ed ecco che il sangue colava via a contatto con l'acqua pura e cristallina, come lo era la mia anima qualche tempo prima. E con un gesto rapido, sistemai il trucco colato a furia delle numerose lacrime. Un ultimo ritocco ai capelli, e aprii la porta della sala da bagno, giungendo alla conclusione che salvarmi da me stessa stavolta sarebbe stata più dura di quanto pensassi. Non potevo più nascondermi. Di nuovo un forte dolore alla testa, poi una luce, una luce accecante ma splendida allo stesso tempo.

"E' il momento. E' il momento che lei sappia" furono le ultime parole che riuscii a sentire, dopodiché l'oscurità.

  
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