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Autore: Aika Morgan    12/08/2011    22 recensioni
Michael ama giocare con le stelle: le osserva, traccia i loro contorni e poi aiuta Andy ad orientarsi e a trovare se stesso.
Vivono in un mondo tutto loro, come se appartenessero ad una costellazione fatta di due sole stelle.
E quando all'improvviso una delle due stelle muore, l'altra diventa una stella perduta, che continua a vagare nell'universo alla ricerca di qualche motivo per continuare a splendere.
Questa introduzione ha partecipato e vinto il contest " La trama di una storia." di DearJulietefp
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Stelle perdute' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Solo nella memoria.

 

Quando è agitata o nervosa, ad Elena basta ascoltare la voce di Richard per calmarsi.

Non importa che lui le racconti cos'ha fatto il giorno prima o dell'ultima partita di football che ha visto in televisione, basta solo che lui le parli per dimenticare ogni altra cosa.

Del resto, una delle prime cose di cui Elena si è innamorata è stato il suo modo di parlare calmo e pacato. Ancora adesso ricorda il giorno in cui ha sentito per la prima volta la sua voce, mentre entrambi facevano la fila davanti alla segreteria studenti del college. Elena era in compagnia della sua amica Isabel, e d'improvviso, in mezzo alla calca di persone che affollavano la stanza, le parole di Richard avevano avuto la meglio su tutto, spingendola a voltarsi per chiedersi a chiedersi chi stesse parlando in maniera tanto appassionata di cinema e del corso di studi che aveva scelto.

Dopo era andato tutto come nelle più banali e sdolcinate commedie romantiche, esperienze comuni, giornate intere passate a parlate, notti abbracciati sotto le coperte per non sentire troppo freddo dopo aver fatto l'amore.

L'incidente di Michael è stato un uragano che ha travolto anche il loro rapporto. Solo quando accadono cose troppo difficili da sopportare da soli, ci si rende conto di quanto gli altri siano importanti. Di quanto ci sia bisogno di qualcuno che sappia dosare i gesti e le parole, soffiare via le lacrime e farsi da parte quando la solitudine diventa una necessità.

Richard è stato tutto questo. Sin da quella sera, quando ha parlato con i poliziotti al posto di Elena, impietrita davanti alla notizia appena ricevuta. Lei non ricorda molto di quello che è successo dopo. Solo l'ospedale, i suoi genitori nell'atrio ad aspettarla e la corsa verso il primo infermiere libero.

Ha scoperto in un secondo momento che a portarla lì era stato Richard. Si è resa conto della sua presenza solo quando si è ritrovata a piangere fra le sue braccia dopo aver appreso dallo sguardo del dottore ciò che le sue labbra avevano pronunciato.

Dopo sono venuti i giorni più neri, giorni nei quali le ombre sembravano divorare la luce del sole, inghiottirla e renderla opaca.

Richard le è rimasto sempre accanto, anche quando lei urlava attraverso la porta chiusa che non aveva bisogno di niente, per poi richiamarlo dieci minuti dopo che se n'era andato per chiedergli di tornare.

Parlami. Parlami e stringimi forte.

Non c'era la voglia di scusarsi per come si stava comportando, in quei giorni. C'era appena la forza di guardare Richard con occhi fragili e spaventati, spalancati nella penombra della sua stanza. E un silenzio insolito attorno a loro, perché le parole non erano necessarie.

Anche adesso, al telefono, distante fisicamente un centinaio di chilometri, il tono della sua voce è sempre rassicurante. Sa dare i giusti consigli, limare le parole in base ai suoi racconti, fare domande che aiutano la stessa Elena a chiarire ciò che sembra ancora oscuro.

- Allora? Che tipo è questo Andy? - chiede Richard. Distrattamente, come se la cosa non lo riguardasse troppo da vicino. E in effetti che tipo sia Andy non è una domanda alla quale Elena sappia esattamente come rispondere. Non ha ancora metabolizzato quello che è successo negli ultimi giorni, i racconti di Andy vertono per la maggior parte sul suo rapporto con Michael e mai su se stesso.

- È... un tipo a posto. - risponde, dopo aver esitato qualche attimo.

- Solo questo? Dai Elena, sono almeno dieci giorni che sei a Greenville, dovresti esserti fatta una vaga idea, no?

- Era... È innamorato di Michael. E il fatto che lui non ci sia più l'ha davvero distrutto. A volte mi fa tenerezza, credo.

Pensa ai gesti di Andy mentre parla, al suo sguardo abbassato, alle sfumature di dolcezza che assume la sua voce mentre parla di Michael. Alla fragilità dei suoi occhi scuri, a quanto vorrebbe superare ogni barriera e abbracciarlo. Toccarlo solo un attimo, per fargli percepire la sua vicinanza. Perché se all'inizio anche lei nutriva una certa diffidenza nei suoi confronti, tutto adesso si è sciolto, lasciando il posto alla comprensione e alla voglia di liberarlo dalla solitudine in cui si è rinchiuso.

- Tenerezza?

- Sì, beh... Sembra un bambino spaventato, a volte. E la sua diffidenza iniziale credo fosse solo un modo per nascondere la sua paura. Oltre che una questione di carattere. Mi ha detto che all'inizio ha fatto così anche con Michael.

Elena sorride lievemente, ricordando i racconti di Andy.

- Quindi hai trovato il modo per andare d'accordo con lui. Visto? Valeva la pena riprovarci di nuovo. - commenta Richard.

- Già.

- Poi insomma... credo che si fidi di te, no? Non è da tutti ospitare una sconosciuta in casa e lasciare pure che resti da sola quando devi uscire. - aggiunge ancora il ragazzo.

- Vero anche questo. Adesso è in ospedale. Ti ho detto che presto si laureerà in medicina? Sta finendo il tirocinio.

Sembra di parlare di un vecchio amico con il quale ha riallacciato da poco i rapporti dopo non averlo frequentato per tanto tempo ed è strano come ad Elena sembri davvero che le cose siano andate in questo modo.

La discussione con Richard scivola poi verso altri argomenti.

- Hai visto mia madre, in questi giorni? - Elena esita. Non ha più parlato con lei dell'omosessualità di Michael e non ha assolutamente idea di come la donna abbia metabolizzato la cosa.

- Le ho telefonato ieri, mi ha detto che stava sistemando un po' casa. Sembrava tranquilla.

- Le ho detto di Andy, l'altro giorno. Non so come, ma mi è scappato di bocca. Ed è stato strano, in un certo senso. - racconta Elena.

- Perché?

- L'ha presa bene, penso. La cosa sembra non averla sconvolta più di tanto. E non so, avrei voluto dirglielo in maniera meno diretta e di sicuro non al telefono. Non ne abbiamo più parlato, dopo, e ho paura di averla ferita in un certo senso.

Nemmeno a Richard ha raccontato di Allie e della bimba che aspetta. L'argomento le mette un certo nervosismo e non è sicura di saperlo affrontare in maniera razionale. Non al telefono, perlomeno. Per quello aspetterà di tornare a casa e racconterà tutto alla madre guardandola negli occhi e stringendole le mani, aspettandosi che sia lei a dirle cosa fare.

Elena si abbandona alle parole di Richard, che le racconta quello che è successo negli ultimi giorni, forse nel tentativo di distrarla un po'. Riattaccano solo quando si rendono conto di aver parlato per un'ora abbondante

- Pensi di tornare presto? - dice Richard alla fine.

- Non lo so, Richard. Ci sono ancora tante cose che non so, qui.

C'è un mondo da conoscere, a Greenville. Non basteranno certo pochi giorni per riuscire a immaginare il mondo con gli occhi di Michael. E per quanto assurdo possa sembrare, Elena non ha nostalgia di casa, non adesso. Piuttosto le manca quello che non ha mai conosciuto, quel vuoto in fondo al cuore che sta cercando disperatamente di colmare. E non può essere nostalgia, quella, perché non esiste nostalgia per quello che non si è mai provato e per tutte le parole che Michael non le ha mai detto.

Adesso Michael vive solo nei ricordi, forse è per questo che lei ha bisogno di conoscerne quanti più possibili, immagazzinarli nella memoria per ritrovarli quando il dolore per la morte del fratello si fa troppo forte e non esiste altra cura per calmare le lacrime che le rigano le guance.

Mentre mormora un “Ci sentiamo.” a Richard, Elena spera che il ragazzo non si accorga del tremito della sua voce e non capisca che sta piangendo.

 

 

Andy si fruga nelle tasche dei jeans per cercare le chiavi della macchina, facendosi aria con l'altra mano. Il caldo estivo si è fatto insostenibile, specie se confrontato alla frescura dell'aria condizionata dell'ospedale.

È stata una giornata particolarmente intensa: ha persino incontrato Connor mentre faceva il giro dei reparti e l'uomo gli ha chiesto di aiutarlo a visitare i pazienti. Hanno anche avuto il tempo di prendere un caffè insieme e il professore gli ha detto chiaramente che a settembre vuol vedere la sua tesi sulla scrivania del suo studio. A quelle parole Andy ha sorriso lievemente, poi ha promesso che ce l'avrebbe messa tutta.

- Hai già presentato domanda per la specializzazione? - gli ha chiesto poi l'uomo.

- Non... non ancora. L'ho compilata, ma mi dimentico sempre di andare a consegnarla. - ha risposto Andy, senza aggiungere nulla sui suoi dubbi e su quello che sta passando.

- Devi sbrigarti, mancano quattro giorni alla scadenza.

- Lo farò. - Andy ha abbassato gli occhi e non ha aggiunto altro.

Entrato in macchina si sporge verso il portadocumenti e recupera la cartellina nella quale ha riposto la domanda. La mattina, prima di uscire, aveva deciso di portarla con sé, nell'eventualità che il coraggio di andare in segreteria lo cogliesse all'improvviso, senza alcun preavviso.

Guarda ancora una volta i fogli, e ripensa alle parole di Michael mentre lo aiutava a compilarli.

 

- Oh, ma sei un secchione, Andy! Hai avuto il massimo praticamente in tutti gli esami.

- Senti da che pulpito.

Una risata divertita. Poi lo schioccare di un bacio. E le dita che gli sfioravano le labbra.

- Beh, ma io non passavo i giorni a studiare. Avevo sempre qualche distrazione. Ad esempio un ragazzo meraviglioso che non voleva saperne di uscire perché doveva ripassare e dovevo trascinarlo fuori a forza.

 

Lui adorava prenderlo in giro per l'ostinazione con cui Andy si rinchiudeva in camera a studiare. E Andy non riusciva a non ridere al ricordo dei giorni che passava sui libri, cercando di ignorare l'entusiasmo di Michael quando entrava in stanza a proporgli chissà quale novità e il fatto che ogni volta riuscisse a convincerlo a mettere da parte lo studio.

Andy pensa che forse potrebbe consegnare la domanda adesso, senza pensarci due volte. Chiudere gli occhi e trattenere il respiro per non pentirsi della sua decisione mentre firmerà il modulo davanti all'addetto della segreteria.

Poi si ricorda che nel pomeriggio gli uffici dell'università sono chiusi, quindi è costretto a rimandare al giorno dopo il proposito che lo libererebbe definitivamente dall'angoscia di pensare ancora a cosa fare del suo futuro.

Prendere la direzione di casa e sapere che troverà Elena ad aspettarlo è strano. Ancora non ha fatto l'abitudine alla sua presenza, ai passi leggeri mentre si aggira per casa, al suo profilo che compare timidamente oltre la porta della cucina mentre lui fa colazione la mattina.

Apre la porta di casa e subito Luna gli va incontro, sfregandosi contro le sue gambe per ricevere una carezza.

- Ciao, bella! - Andy le accarezza la testa, osservandola scodinzolare per qualche attimo.

Quando rialza lo sguardo, vede Elena di fronte a lui.

- Sei tornato? Non ti ho sentito! - domanda la ragazza, rigirandosi una ciocca

Andy ha perso l'abitudine di annunciare a voce alta di essere rientrato in casa. A chi dovrebbe urlarlo, del resto? I primi giorni, quando non aveva ancora davvero realizzato cosa fosse successo, la bocca si apriva per dire qualcosa, ma le parole restavano improvvisamente congelate sulla punta della lingua nella consapevolezza che non ci sarebbe stato nessuno ad ascoltarle se le avesse pronunciate.

- Andato tutto bene in ospedale?

- Sì, sì, grazie. Però sono stanco, non ho nemmeno voglia di preparare la cena. - risponde Andy – Quando c'è Connor in ospedale finisce che il turno di tirocinio diventa massacrante.

- Professore severo?

- No, ma è il relatore della mia tesi. E ogni volta mi chiede di aiutarlo. Sai, dice che è fondamentale che impari come si deve il mio lavoro.

Elena sorride.

- Capisco. Beh, ma è positivo, no? Almeno sai di fare qualcosa di utile!

- Sì, questo sì. Ma ogni volta torno a casa sono sfinito. Senti, ti va se faccio una doccia e dopo usciamo a bere qualcosa? Oppure ceniamo direttamente fuori. - propone Andy, senza pensarci su due volte.

Elena sembra sorpresa a quella proposta, probabilmente da lui non si aspettava un invito del genere. Nemmeno in lui in realtà credeva di avere la forza di ricominciare ad uscire di sera, quando le luci artificiali non bastano ad inghiottire il buio delle strade e ogni barriera, per quanto solida, sembra diventare più fragile.

- Sì... sì, mi sembra una buona idea. - risponde la ragazza, rivolgendogli un sorriso.

Deve essere una caratteristica di famiglia il fatto che Elena riesca a legare facilmente con le persone, pensa Andy mentre va in bagno e prende un asciugamano.

Durante il tragitto in macchina sono entrambi di poche parole, Elena sembra assorta nei suoi pensieri, mentre Andy è concentrato sulla guida.

- Io e Michael venivamo spesso qui. A volte veniva a prendermi in ospedale o al lavoro e cenavamo qui. - racconta, lui mentre prendono posto e iniziano a consultare i menù.

- Davvero?

- Già. Era bello, in quei momenti tutta la stanchezza che avevo addosso sembrava scivolare via. Stavo bene.

Stavo bene.

Era semplice, allora, dimenticare i problemi. Trasformarli in argomenti di discussione, sviscerarli fino a trovare una soluzione e poi, una volta dopo averli superati, riderci sopra.

- Desiderate qualcosa da bere? Un cocktail, un aperitivo? - chiede la cameriera, dopo aver preso l'ordinazione.

- No, per me no, grazie mille! - replica Andy – Elena, vuoi qualcosa?

- Nemmeno io, grazie. Non riesco a bere nulla che sia leggermente alcolico, mi sento pure malissimo. Beh, teoricamente nemmeno dovrei... - aggiunge, con una risatina imbarazzata.

- Già, sei ancora piccola. - la prende in giro Andy. - Beh, però posso capirti, nemmeno io e gli alcolici andiamo molto d'accordo. Riesco a reggere a stento una lattina di birra, ma se vado oltre sono casini.

Abbassa lo sguardo e giocherella con il bicchiere che ha davanti, ripensando all'unica volta che si è davvero ubriacato. Sono passati quattro anni, la sua vita è radicalmente cambiata e i motivi per cui quella sera aveva deciso di non tenere più conto dei bicchieri bevuti appaiono irrilevanti e futili.

Adesso avrebbe motivi ben più seri per decidere di stordirsi con l'alcool in modo da dimenticare tutto il resto, riflette amaramente.

- La prima ed unica volta che mi sono ubriacato stavo per essere pestato da un tizio convinto che ci stessi provando con lui. E poi ho passato tutta la notte a parlare a Michael. Anzi, per l'esattezza, io parlavo e lui ascoltava. Mi ricordo meno di un quarto delle stronzate che devo avergli raccontato.

- Davvero? Non hai proprio la faccia di uno che passa le serate ad ubriacarsi. - commenta Elena.

- Infatti è successo solo quella volta. Era un periodo che andava tutto storto e avevo bisogno di distrarmi.

Nonostante quella fosse stata una serata da dimenticare, Andy, ripensandoci a distanza di anni, non riesce a non trattenere un sorriso al pensiero di tutto quello che ha passato e di come, in quasi tutti i suoi ricordi, sia sempre costante la presenza di Michael, una presenza della quale non riuscirà mai veramente a fare a meno.

 

***

 

Dopo la festa del Ringraziamento, per Andy era cominciato un periodo altamente stressante: fra studio, lezioni e tirocinio rientrava al campus solo per dormire. Certe mattine Michael lo tirava giù dal letto e andavano a correre insieme, ma il più delle volte Andy doveva stare attento a non chiudere gli occhi e andare a sbattere contro un palo.

Aveva provato più di una volta a dire a Michael che non aveva voglia di correre, ma l'amico se ne dimenticava automaticamente dopo due giorni, così Andy aveva deciso di lasciar perdere. E poi, anche se non l'avrebbe mai ammesso, si trattava di un modo per passare del tempo insieme, nonostante non parlassero molto, tranne quando decidevano di rallentare il passo per qualche minuto.

Quelle corse mattutine avevano in parte avuto l'effetto di rilassarlo un po', ma le cose erano iniziate a peggiorare con i primi test scritti. Andy non si era aspettato di trovarli così difficili, così aveva rimediato delle insufficienze. Non erano certo voti definitivi, ma la cosa gli aveva dato molto fastidio, specialmente considerato il fatto che in famiglia tutti sembravano aspettare un suo improvviso cedimento per rimproverarlo di non applicarsi costantemente.

A peggiorare la situazione, David si era appena laureato con il massimo dei voti, e il padre, dopo la cerimonia di laurea, aveva preso Andy in disparte e gli aveva fatto uno strano discorso su tutto quello che si aspettava da lui, caricandolo di pressioni delle quali Andy non sentiva affatto il bisogno.

Cercare di ottenere sempre di più da se stesso era diventato il suo nuovo obiettivo, non importava quanta fatica gli costasse cercare di non addormentarsi sui libri. Poi una sera, a pochi passi dall'avere una crisi isterica e dallo scaraventare gli appunti di chimica dalla finestra, aveva capito di aver bisogno di rilassarsi almeno per qualche ora.

I suoi colleghi di università lo avevano più volte invitato ad uscire con loro qualche volta. Si riunivano per la maggior parte delle volte nella caffetteria del campus oppure andavano in città, chiacchierando fino a notte fonda davanti a qualcosa da bere. Forse era giunto il momento di accontentarli, anche per non essere definitivamente come il secchione solitario del corso.

Aveva appena finito di fare la doccia e vestirsi, quando Michael rientrò in stanza.

- Che fai? Esci?

- Già. Vado a bere qualcosa con quelli dell'università. - silenzio, poi un'improvvisa illuminazione – Non è che ti andrebbe di venire?

- Oh, mi dispiace Andy. Stasera esco con Rob. Grazie comunque. - fu la risposta, che non mancò di deluderlo.

Cercando di non mostrare il suo disappunto, recuperò dalla scrivania cellulare, sigarette e portafoglio e salutò l'amico, avvertendolo che forse avrebbe fatto tardi.

- Tranquillo, nessun problema. Divertiti!

Sembrava facile.

Bastava solo partecipare alla conversazione con gli altri – sui professori del loro corso, su persone sconosciute che intrattenevano relazioni amorose con persone ancora più sconosciute – bere e dire qualcosa ogni tanto, giusto per non isolarsi del tutto.

La tensione di Andy cominciò a sciogliersi dopo qualche bicchiere di birra. Tutto sembrava improvvisamente più semplice, ad un certo punto pensò persino che se Michael fosse stato lì, sarebbe stato in grado di prendergli una mano, guardarlo negli occhi e baciarlo.

Ma Michael non era lì, era uscito con quello stronzo, lo aveva abbandonato.

Anche lui mi ha lasciato solo.

Con tutta probabilità avrebbe fatto meglio a togliersi quegli strani pensieri dalla testa, tanto Michael era totalmente al di fuori dalla sua portata.

Si alzò dal tavolo, deciso a tornare al dormitorio prima che il suo pessimo umore venisse notato da tutti, ma si accorse che le sue gambe erano traballanti.

Forse aveva bevuto troppo.

Questo fu l'ultimo pensiero coerente che ricordava di aver formulato. Poi nella sua mente c'erano solo dei flash confusi, che aveva rimesso insieme solo col passare dei giorni.

Prima che riuscisse ad uscire dal locale, un tizio gli aveva offerto ancora da bere e Andy aveva creduto che fosse qualcuno intenzionato a provarci con lui. Ed era tanta la voglia di dimostrare a se stesso che poteva fare a meno di Michael e di chiunque altro, che Andy si era ritrovato a desiderare di passare la notte con quello sconosciuto, anche se era chiaro che non avrebbe mai provato nulla per lui.

Ma, e Andy questo non l'aveva capito, lo sconosciuto era etero, per nulla interessato ad allacciare una relazione di alcun tipo con un omosessuale. Andy se ne era reso conto quando il pugno lo aveva colpito in pieno viso. Era rimasto solo, accovacciato contro il muro del retro della caffetteria, senza sapere che cosa fare. Solo un nome continuava a lampeggiare nella sua mente.

Michael.

Altro buco nero nella sua memoria, ricordava soltanto di aver composto il suo numero di telefono e di avergli chiesto se poteva andarlo a prendere perché si era messo nei casini.

Il resto erano state solo parole confuse nella notte.

Michael in seguito gli aveva raccontato ridendo che Andy aveva passato tutta la notte a parlargli, a raccontargli del suo senso di inadeguatezza nei confronti dei fratelli, delle pressioni del padre, della paura che aveva di non essere mai all'altezza della situazione. Di ciò che aveva provato a scoprirsi omosessuale, del non averlo raccontato quasi a nessuno per paura che non capissero.

Di tutti quei discorsi, Andy non ricordava nulla.

Solo una domanda, fatta nell'unico momento di lucidità di tutta la notte.

- Michael?

- Mh?

- Perché continui a stare con quello stronzo? Dovresti lasciarlo.

Poi era piombato in un sonno profondo, dal quale si era risvegliato la mattina dopo alle dieci, perdendo la prima lezione della mattinata e trascorrendo tutto il giorno con un gran mal di testa.

Aveva rivisto Michael all'ora di cena. L'amico gli aveva chiesto come si sentisse, ma non aveva fatto alcun accenno a quanto accaduto la sera precedente. E Andy non era riuscito nemmeno a sollevare l'argomento, troppo imbarazzato all'idea di aver combinato chissà che casino.

 

Sai, Michael, probabilmente quella notte avrei fatto sesso - non amore - con qualche sconosciuto, se tu non fossi venuto a prendermi.

Ero talmente ubriaco - le mie percezioni totalmente alterate - che probabilmente ci avrei provato con chiunque, fino a quando qualcuno avrebbe accettato di chiudersi in bagno con me, o di portarmi in camera sua.

Perché non ho mai sopportato di non sentire la terra fissa sotto i miei piedi. Mi aggrappavo a qualcosa di fisico, per non ammettere di aver paura di non sentire nulla.

E poi c'eri tu.

Non ricordo cosa ti ho raccontato tutta la notte, se balbettavo frasi sconnesse e senza alcun senso o se ti snocciolavo tutta la mia vita. Non ti ho mai chiesto scusa per non averti fatto chiudere occhio allora, né ti ho mai chiesto cosa pensavi di quello sciocco ragazzino che era in grado di perdere la testa con un solo boccale di birra.

Solo adesso che non ci sei più penso che avrei dovuto dirtelo, grazie. È una necessità, un bisogno fisico che mi lacera la pelle, mi toglie il respiro e altera i battiti del mio cuore. Avrei dovuto sdebitarmi con te quella notte stessa. E tutte le altre notti in cui mi hai salvato.

Ma l'amore non ammette debiti, non di quel tipo, almeno.

E solo adesso capisco quanta importanza avrebbe avuto un “grazie”biascicato in mezzo a tutte quelle parole sconnesse. Perché poi non ho avuto più l'occasione di dirtelo guardandoti negli occhi o di sussurrartelo in un orecchio mentre facevamo l'amore. Il mio inconscio probabilmente mi ripeteva che c'era tempo. E adesso che quel tempo non c'è più resta il rimpianto di una parola non pronunciata.

Oltre che l'assenza di te, amore.

 

***

 

- Credo sia stata la serata più imbarazzante della mia vita! - conclude Andy. Non ha molta voglia di confessare che in realtà ripensare a come Michael – per quel poco che ricorda – si sia preso cura di lui quella notte gli fa venire un nodo di lacrime alla gola.

- Beh, lo immagino. - sorride Elena.

Lui annuisce e non dice altro, continuando a mangiare in silenzio.

- Andy, tu ci credi al destino? - chiede improvvisamente la ragazza.

- In che senso?

- Non so, a volte mi sembra che in qualche modo sia Michael ad aver voluto che ci conoscessimo. Parlare con te mi fa stare meglio. Mi sento meno sola.

Andy riflette sulle parole di Elena per tutto il viaggio di ritorno e anche più tardi, quando Elena dorme e lui si mette al computer per lavorare alla tesi. Fuma lentamente una sigaretta, nel tentativo di trovare una risposta adatta alla domanda di Elena.

Non ha mai creduto all'esistenza di elementi soprannaturali o di spiriti che in qualche modo potessero manovrare le vite delle persone. Eppure, rinchiuso in quel vortice di dolore che gli sta succhiando via la vita, vorrebbe che le sue convinzioni venissero sradicate, per poter avere l'opportunità, almeno una volta, di poter vedere Michael. Dirgli che sente tremendamente la sua mancanza, illudersi di poterlo abbracciare ancora una volta per poi abbracciare il suo stesso corpo perché gli spiriti sono fatti di fumo inconsistente.

Ma, e questo Andy lo sa benissimo, la vita non potrà mai diventare come un film fantastico, nel quale basta credere nei propri desideri e questi si realizzeranno. Nutrirsi di speranze impossibili non farà altro che peggiorare le cose, non c'è alcun fantasma di Michael al quale poter parlare.

Solo vuoto.

E la memoria, l'unico mondo nel quale Michael potrà continuare a vivere per sempre.

 

_____

Eccomi tornata ^^

Sono imperdonabile, stavolta credo di aver battuto il record dei ritardi dell'aggiornamento *rolls* Però ho qualche giustificazione. Innanzitutto il malefico binomio esami&tesi, che mi ha tolto voglia, forza e volontà di scrivere, poi il blocco dello scrittore (o meglio, della scribacchina) e infine anche un periodo abbastanza deprimente, tutto concentrato negli stessi quindici/venti giorni.

Per farmi perdonare, stavolta il capitolo è un po' più lungo del solito. Non vi fa un'infinita tenerezza Andy ubriaco? Non so, io mi sciolgo al solo pensiero ** Il pezzo in corsivo è il primo PoV in assoluto che ho scritto di Andy, quando ancora i personaggi non erano per nulla definiti e avevo un abbozzo di trama ancora primitivo. Nel prossimo capitolo potrebbe esserci un incontro decisamente ravvicinato fra Andy e Michael, ZucconeAndy permettendo ^^ Il titolo del capitolo è legato ad una frase del film "Titanic", frase che mi ha passato Ivana Efp l'altro giorno ** L'originale è "Only in my memories", ma il concetto è più o meno quello ^^

Non so come ringraziarvi per ciò che mi scrivete nelle recensioni e anche su Facebook, a volte mi commuovo proprio *rolls*

Vorrei invitarvi a leggere una nuova storia che ho iniziato a postare il mese scorso, e del quale adesso scriverò il terzo capitolo, alternandolo con quelli di Stelle Perdute. Si intitola "Basta solo guardare le stelle" ed è (teoricamente) una commedia romantica. Il livello di angst è più basso (non è vero, ce n'è a palate), ed è la storia di Oliver, giornalista inglese, e Jamis, fotografo francese, che si incontrano a Taormina per il Festival del Cinema e decidono di passare la settimana insieme a fare sesso, senza alcuna implicazione di carattere sentimentale. Ma le cose andranno davvero così o saranno costretti a ricredersi? Sto già progettando il seguito di questa storia e ci terrei tanto a ricevere un vostro parere su ciò che ho scritto.

*fine momento pubblicità*

Spero che, nonostante le vacanze, troviate il tempo di leggere questo capitolo, non so quando arriverà il prossimo, perché ora mi tocca rimettermi a studiare (ç__ç), scrivere il capitolo di Oliver&Jamis, una storia estiva per il concorso di EFP (anche se non credo di arrivarci, considerati i miei tempi biblici).

A presto,

Aika.


 

 

 

   
 
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