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Autore: Dira_    16/08/2011    21 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
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Capitolo XL
 

 





Ti amo non per chi sei tu, ma per chi sono io quando sto con te.

(G. G. Márquez)
 

25 Dicembre 2022

Wiltshire, Malfoy Manor.

Nott e Zabini sarebbero venuti al Manor per accompagnare Scorpius e la di lui ospite Violet ad Hogwarts con la carrozza di quest’ultimo. Scorpius di primi acchito ne era stato contento: tra lui e i due serpeverde c’era un’amicizia che non si manifestava come quella che aveva con Potty. Ma c’era.

E poi non sarebbe stato solo nel sorbirsi le crisi isteriche pre-ballo della sua graziosa dama.
Al momento attuale, in realtà, avrebbe dato fuoco ad entrambi.
 
“No, assolutamente non quegli occhiali!”
“Cos’ha che non vanno per l’amor di Merlino?!”
“Stai scherzando?”

Scorpius pensava che stare chiusi nel suo armadio dei  vestiti – cabina armadio la chiamava pomposamente Mike – da più di due ore in cerca della combinazione di accessori perfetti per il suo vestito avesse un po’ esacerbato entrambi. Vedendo inoltre  che l’aria battagliera di Zabini non cedeva di una virgola, decise di buttarsi sulla diplomazia. “Mike, hai un evidente problema con gli accessori babbani. Posso capirlo. Ti voglio bene lo stesso, amico. Ma voglio mettere quegli occhiali.”
L’altro non sembrò impressionato dalla sua maturità: normalmente, lo sapevano tutti, Michel non scendeva dal suo piedistallo. Ti guardava dall’altro e arricciava le labbra disgustato.

Gli unici momenti in cui si scaldava erano quelli precedenti ad un evento sociale.
Per l'appunto.
“Sono io a decidere in questa stanza. Sono io l’arbiter elegantiae, e tu non indosserai quegli orrendi occhiali babbani!”
“Non è una stanza, è un dannato stanzino e siamo chiusi qui dentro da troppo tempo!”
Da lontano, ovvero sia dentro la sua vera stanza, si udiva Loki sghignazzare al sicuro.
“Voglio questi occhiali!” Ripeté forse per la ventesima volta. “Sono belli e me li ha regalati Rose!”
“E questo sarebbe un motivo sufficiente per non indossarli…”
Scorpius, spazientito, decise di uscire facendo uno spavalto passo avanti. Il Capitano di Serpeverde gli sbarrò la strada.

“Passerai sul mio cadavere.” Lo informò serissimo.
Scorpius emise un lamento: Michel era un avversario tostissimo; non importava che al momento fosse rivestito di un completo a tre pezzi di seta borgogna. Non importava che si fosse autodichiarato un dandy. Era grosso e forte quanto lui. E con la bacchetta a portata di mano.
“Stiamo facendo tardi.” Tentò, mentre da lontano le risate di Loki sfumavano in sghignazzi.
E vaffanculo pure a lui.
“Persone come noi si fanno attendere.” Replicò imperturbabile. “Siamo il fiore all’occhiello della gioventù magica della Gran Bretagna. La festa non inizia senza di noi.”
Scorpius lo guardò, indeciso se schiantarlo e scavalcare il suo corpo esanime o soccombere alle sue fissazioni. “Okay.” Disse, perché non poteva uccidere un amico d’infanzia sponsorizzato dall’Associazione PurosanguePerSempre e passarla liscia. “Allora siamo in una fase di stallo.”
Dalla stanza si sentì un sommesso rumore, un chiudersi e aprirsi della porta.

“Si può sapere che state combinando qui dentro? Siete peggio di una ventina di ragazze!” La voce di Violet Parkinson-Goyle fu un balsamo per le orecchie di Scorpius.
“Violet, aiuto!”
“Mike ha preso Scorpius in ostaggio.” Spiegò garrulo Loki. “Oppure lo sta molestando. Ti va di scomm…”
“Chiudi il becco, Snaso.” Lo apostrofò spiccia e Scorpius fu certo che la mancata replica di Nott fu dovuta alla sua indignazione. “Michel, smettila di fare la fata madrina! Siamo in ritardo, la carrozza ci sta già aspettando!”

Michel fece una smorfia scocciata. “Parkinson, vuole portare quei cosi.”
Ci fu una pausa al di là della porta.

“Ti sei fregato da solo negandoglieli. Ora è diventato un punto di principio fare il contrario. Sono stata in Inghilterra tre volte quando ero bambina e ho capito il Piccolo Lord Malfoy alla seconda. Tu no? ” Scorpius annuì all’affermazione beccandosi un’occhiata nauseata. “Lasciaglieli portare e facciamola finita.”
Perché ti rivolgo ancora la parola?” Soffiò Michel, guardando con odio i suddetti agganciarsi al taschino della giacca. “Ti prego, almeno non indossarli o tuo padre pretenderà le nostre teste.”

Dieci minuti dopo erano finalmente tutti pronti. Scesero nel salone centrale, dove li aspettavano i suoi genitori. Scorpius notò che esprimevano emozioni contrastanti: suo padre, vestito interamente di nero, aveva una faccia in tono. Sua madre, fasciata di seta color oltremare, sembrava esprimere invece pacato orgoglio.
“Siete bellissimi, bambini.” Sorrise loro, baciando le guance a Zabini, come fosse solo merito suo.  
In effetti non ha dato tregua né a me, né a Violet e Loki per le ultime quarantotto ore… con Violet ha rischiato pure un paio di maledizioni.
Le ragazze sono così permalose…
“Non è colpa mia, Signor Malfoy.” Disse Michel, guardando con apprensione la faccia tirata del capostipite della loro nobil casata. “Sugli occhiali Scorpius non ha voluto sentir ragioni. E per la veste da cerimonia, ecco…”
“Immagino valga la stessa scusa.” Replicò suo padre, divertito; ma Michel non conoscendo la cinestesia Draconiana non poteva saperlo.

Probabilmente gli sembrerà sarcastico o insultante. A scelta.
“Già!” Replicò Scorpius in allegria, mentre alle sue spalle Loki soffocava una risatina. “Non siamo bellissimi, papà?”
“Sembrate dei babbani.” Fu la caustica risposta.

“Certo che lo siete, tesoro.” Sua madre si alzò sulle punte per baciargli la guancia. “Adesso però andate. Noi saremo nella carrozza dietro alla vostra.”
“Violet, ti prego di tenerlo sotto controllo.” Inspirò suo padre, rivolto alla francofona dama, che batté le palpebre un po’ intimidita, annuendo.

“Specialmente niente dolci.” Soggiunse. “Come hai avuto modo di notare in questi ultimi due giorni, lo rendono eccitabile.” Scorpius sbuffò, notando con divertimento che Violet sembrava proprio non captare l’ironia.
Quella di papà è un po’ tanto sottile…
“Allora ci vediamo ad Hogwarts!” Salutò i genitori.
Quando si accomodò nella carrozza assieme agli altri guardò fuori dal finestrino, lasciando poi vagare i pensieri mentre le foreste del Wiltshire sfrecciavano loro ai lati in una macchia scura e confusa.
Il Natale era stato molto meglio di quanto si fosse aspettato: Violet, Loki e Michel l’avevano passato con lui. Quando aveva chiesto di chi fosse stata l’idea di rimanere al Manor, i tre avevano rimpallato la risposta da un’insinuazione all’altra.
Scorpius aveva capito che l’avevano fatto più o meno tutti per lo stesso motivo: non fargli sentire troppo la mancanza del clan Potter-Weasley e collateralmente - c’era sempre un tornaconto - star lontani dalle proprie famiglie che, in vista del Ballo, speravano nel consolidamento di rapporti fruttuosi con gli ospiti presenti tramite i loro pargoli.
Specialmente Violet… credo che abbia chiesto asilo politico alla mamma o roba del genere.
Insomma, era stato una bella Vigilia, anche se molto purosangue. Non c’erano state battaglie a palle di neve, ma chiacchiere davanti al camino sorseggiando liquori alle erbe.
Però al quarto bicchiere sono riuscito a convincerli a giocare a nascondino!
… beh, Violet l’abbia trovata dopo tre ore, che si era persa, però è stato divertente.
Era stato una buona Vigilia, ma non vedeva l’ora di tornare ad Hogwarts e re-indossare i suoi panni di Sy.  
Violet gli tirò un calcetto, dato che gli era dirimpettaia, interrompendolo nelle sue riflessioni. “Se continui a sorridere così, ti verrà una paresi.” Lo apostrofò, lisciandosi l’elaborato vestito di satin, di un colore che Scorpius non sapeva classificare, ma che ben si abbinava al suo completo babbano.
Le ragazze coi vestiti sono proprio straordinarie…
“Lascialo fare.” Replicò Michel in un inaspettato anelito protettivo. “Dopotutto è comprensibile… rivedrà la sua bella dama di campagna.”
“Di tutta la frase lascerei soltanto di campagna.” Replicò Violet, ma senza troppa cattiveria. Sapevano entrambi che aveva poco su cui ironizzare.
Non con la dama che ti saresti scelta tu, Piggie.
“Non ha delle gran tette, ma ha spirito, la tua Weasley.” Chiosò Loki placidamente, lucidando il suo orologio da taschino.
Scorpius ritenne doveroso rifilargli un calcio nello stinco, che però, dato il poco spazio, prese Violet che per tutta risposta gli tirò un cuscino in faccia.
“Per favore.” Li apostrofò Michel sdegnato, scostandosi con un fluido movimento. “Se parlare di una Weasley scatena queste reazioni, non parliamone mai più. Datevi un contegno…  siete infantili.”
Fu giustamente seppellito da una valanga di cuscini.
 
And I can see our days are becoming nights
I could feel your heart beating across the grass
We should have run, I would go with you anywhere¹
 
 
Scozia, Hogwarts. Sette di sera.
 
“Tenetela ferma!”
“Non ci riesco!”
“Lasciatemi, dannate britanniche!”
Lily!


Lily stava bellamente fingendo che alle sue spalle, nella stanza delle ragazze del Quinto anno, usata come base per prepararsi, non si stesse scatenando l’inferno.
Prepararsi a casa era fuori questione. Molto meglio lontane dalle censura parentale. Specie nel mio caso.
Si disegnò una linea scura sulle palpebre, per dare profondità allo sguardo. Doveva avere gli occhi capaci di inchiodare un ragazzo alla sedia quella sera.
“Poi trucchi anche me?” Cinguettò Meike, sporgendosi a guardarla con occhi tondi e supplichevoli.  
“Non posso Mei.” Si scusò con un sorriso. “Thomas pretenderebbe la mia testa. Ho già rischiato con il lucidalabbra, sai.”
“Uffa, Tom è un bacchettone!” Sbuffò la bambina, in piena ragione.

Lilian Luna Potter!” Le interruppe Rose, mentre tentava di mettere a sedere l’indomabile Dominique, cioè la causa di tutte quelle urla. “Vieni a darci una mano!”
“Sul serio, è tua cugina, non la mia!” L’apostrofò Abigail, già vestita ma con i capelli impazziti a furia di tutto quell’agitarsi.

“Ho detto che non me li tolgo i tatuaggi!” Sbraitava Dominique, in uno dei suoi rarissimi attacchi di irragionevolezza, tenendosi a distanza delle due ragazze. Le altre compagna di stanza erano già scese, forse fiutando l’aria che si era trascinata dietro l’anglofrancese non appena aveva calcato il suolo della Torre di Grifondoro munita di vestito, accessori e un pessimo umore da record.
“Tua cugina è pazza?” Si informò Meike, facendo fare una ruota al vestito forse per la ventesima volta nell’ultima ora.
“Solo un pochino.”
“Forte!”

“Non puoi aprire le danze tatuata come un marinaio!” Sbottò intanto Rose. “La tua Preside non ha forse detto che sarebbe capace di trascinarti di nuovo in Francia?”
“Ha anche detto che mi avrebbe tagliato il braccio come estrema soluzione, mica dice la verità.” Fece spallucce l’interpellata, appiattendosi contro il muro dato che sia lei che la volenterosa Gail guadagnavano terreno. “Mi avete già fatto indossare questa roba, mi avete fatto togliere i piercing… ma i tatuaggi no!”

Lily distolse lo sguardo dallo specchio, con un sospiro: aveva imparato ad accettare l’inevitabile chiassosità della sua famiglia. Dominique era solo una delle espressioni, e neppure la più terribile. Rose per esempio, aveva passato tre ore a riordinare compulsivamente il bagno delle ragazze del suo anno, ripetendosi a nastro continuo ciò che avrebbe dovuto dire e non dire durante la serata.
Sono questi i momenti, brevi attimi, in cui vorrei essere un ragazzo. Insomma, Fergus e Hugo, per non parlare di Jamie sono splendidi in queste occasioni. Nessuna paranoia, solo… beh, noia.
“Guarda che chiamiamo i ragazzi e ti facciamo tenere ferma!” Rose stava raggiungendo il punto di rottura. Era in ansia per la serata, e soprattutto, per la presenza congiunta dei suoi genitori, quelli di Scorpius e Scorpius stesso.
Accompagnato da un’altra.
Lily, già pronta, con un cavaliere inappuntabile ad attenderla e non un cugino, si sentì un po’ egoista;  quindi infilò la bacchetta nella pochette e si alzò, fronteggiando la ribelle Dominique.
“Non provarci, nanetta.” L’apostrofò quella sardonica.
Ah, sì?
“Non io. Vic.” Stillò la sillaba lentamente, in modo che l’altra recepisse in pieno. Tirò fuori il suo specchio comunicante e lo agitò davanti al naso della cugina. “Chiamo tua sorella e le dico che fai i capricci?”
La minaccia, come Lily aveva sperato, sortì il suo effetto: Dominique assunse un’espressione furiosa, poi incredula e infine rassegnata.

Victoire. L’unica persona al mondo capace di esasperare Dom a tal punto da farla capitolare.
La francese si sedette con uno sbuffo scornato sul suo letto, tendendo il braccio in direzione di Rose. “Procedi. Ma che sia una cosa temporanea.” La minacciò.  
“Te li disilludo e basta, smettila di comportarti come se ti mozzassi un braccio.” Sbuffò questa, appoggiando la bacchetta sulla pelle e recitando la formula.
Abigail fu ben lieta di poter tornare accanto a Lily, di fronte al grande specchio della stanza.
“Tua cugina ha più piume di zucchero in tasca che buon senso in testa.” Esordì, quando fu sicura che l’altra non sentisse, troppo occupata a lamentarsi a gran voce con Rose.
“È solo il suo modo di esprimere disagio.” Spiegò picchiettandosi il rossetto sulle labbra per stenderlo in modo uniforme: Trucco Acqua e Sapone. I Babbani erano proprio dei geni, alle volte. “È una strega d’azione, non da salotto. E poi non sa ballare.”

“Tu di certo non avrai questo problema.” Sorrise Gail cospiratrice. “Ma il tuo cavaliere? No, perché è una vera e propria stregoneria complessa beccare un ragazzo che sappia mettere due passi di fila.”
Lily rifletté, poi scrollò le spalle. “Sören è un purosangue. A quanto ne so, insegnano loro a ballare da quando sono capaci di stare in piedi. Non puoi far politica se non sai condurre la dama giusta sulla pista da ballo.”

L’amica si sporse nella quadratura dello specchio per mettersi un riccio dietro l’orecchio. “Ha senso.” Mugugnò invidiosa. “Sei fortunata.”
Lily sorrise senza risponderle: Ren le aveva spedito il suo regalo, quella mattina. Era stata infatti svegliata da uno sparviero dall’aria minacciosa che le si era posato alla finestra. Si era buttata sul povero pennuto, che vezzeggiato e ringraziato, si era rivelato piuttosto mite.
Dopo averlo rifornito di cibo, aveva chiuso la porta a doppia mandata – casa sua in quei giorni era proprietà condivisa– e aveva aperto il pacchetto.
Si sfiorò il polso ornato dal presente: un braccialetto d’argento a doppio filo con una pietra che riluceva azzurro torbido, anche al buio; doveva essere magica.
Era stato un regalo talmente bello ed elegante che lei, la regina delle pretese natalizie, si era sentita intimidita.
E pure un po’ cretina, ad avergli regalato una sciarpa fatta a mano.
Ren sicuramente aveva passato la Vigilia tra cibi raffinati e cristalli, tra persone importanti e regali di buon gusto; doveva essere  rimasto perplesso dal suo regalo da pochi zellini, giusto quelli necessari a comprare la lana.
Che cavolo mi è venuto in mente?
“Lils?” La riscosse Gail dandole un leggero colpetto sulla spalla. “Ti sei incantata?”
“Ci sono!” Sorrise all’amica. “Anzi, senti… mentre finite di prepararvi, vado giù ad aspettare con Hugo e Gus. Mei, vieni con me?” Si rivolse alla bambina, che guardava affascinata lo spettacolo di Dominique che aveva tolto la bacchetta a Rose, con gran disperazione di quest’ultima.
“Stare con la vostra famiglia è sempre così buffo!” Esclamò, prendendole la mano obbediente. “Tom è l’unico musone.”
Lily rise, chiudendosi la porta alle spalle. “Ma gli vogliamo bene lo stesso, vero?”
“Sì!” Sorrise. “Anche se non sa ballare! Però è il mio cavaliere, quindi lo difendo.” Le lanciò un’occhiata che già prometteva un’adolescenza all’insegna della furbizia femminile. “È carino il tuo cavaliere?”
“Tanto. Anche lui è serio, ma i ragazzi seri vanno bene.”

“Benissimo!” Le confermò, liberandosi dalla sua mano per scendere le scale due a due.
Lily avrebbe voluto condividere quell’entusiasmo; ma per quanto fosse emozionata all’idea di ciò che la stava aspettando, c’era sempre una specie di pungolo, sottile come uno stiletto, che le tratteneva il sorriso che avrebbe dovuto avere sulle labbra.
Durmstrang coinvolta nell’attacco dei Dissennatori? Sembra così assurdo… solo per uno stupido Torneo?
E Ren? C’entra qualcosa, sa qualcosa? È questo che lo angoscia?
Si sentiva piccola; c’erano tante cose che non capiva, che non sapeva. E le sembravano enormi.
Nella Sala Comune ebbe però modo di tirarsi su di morale: la concitazione che precedeva un ballo era sempre divertente, specialmente a Grifondoro, l’anima festaiola di Hogwarts. Le chiacchiere, le risate, la musica suonata dalla radio del salotto e i vestiti colorati non potevano non metterla di buon’umore.

Sorrise all’aria impacciata di Hugo, in un vestito rosso fuoco che ricordava curiosamente quello del famoso cantante babbano con i capelli a banana.
Elvisqualcosa?
“Abigail… ehm, è pronta?” Chiese in un sorrisetto sghembo: era finalmente riuscito, dopo settimane di tentennamenti, a farle la fatidica domanda e, con suo grande smarrimento, la più piccola dei Finnigan gli aveva risposto sì, molto volentieri.
“Tra pochi minuti, non mangiarti le mani.” Lo ammonì scherzosa, voltandosi poi verso Tom e Al, che chiacchieravano seduti sul divano con Meike tra di loro.
Ovviamente sono perfetti … perfetti e perfettamente coordinati.
Al di là dell’ironia, pensò che due anime gemelle dovessero avere esattamente quell’aspetto: non c’era bisogno si tenessero per mano o si baciassero. Stare seduti l’uno accanto all’altro era già sufficiente. Erano talmente belli che glielo disse di getto, beccandosi un’occhiataccia da Tom, ma un sorriso affettuoso da parte del fratello maggiore.
“Anche tu sei una meraviglia.” Le disse alzandosi per abbracciarla. “Meno male che Jamie ti vedrà solo in Sala Grande. O non ti avrebbe fatto uscire per paure che tu faccia girare la testa a tutta Hogwarts.”
Questi sono i complimenti che mi merito.” Esclamò fissando Tom con intenzione, il quale la ignorò bellamente mentre Meike ridacchiava divertita.
“Eccoci.” Si inserì la voce di Rose alle loro spalle: sfibrata, trascinava Dominique come avrebbe fatto con un cavallo recalcitrante.
Lily dovette ammettere che la cugina d’oltremanica, stretta in un vestito vaporoso, come la moda magica imponeva, e senza tatuaggi, era…
Sbuffò una risatina. Stava bene, dato il fisico da indossatrice di biancheria intima – definizione di Jamie.
Però…
Sentì alle sue spalle Hugo tirarsi un pugno nello stomaco per non ridere. Persino Albus nascose una risatina voltando il viso alla ricerca di qualcosa alla sua destra.
… però è come mettere decorazioni natalizie su un ombrellone.

La bionda ignorò con dignità le risatine attorno a lei, così come le occhiate incuriosite dei grifondoro.
“Dai, ci divertiremo.” Tentò Al, che tentava anche, male, di contenere l’eccitazione, pari forse a quella di Meike.
Dominique inspirò, lanciando un’occhiataccia a Rose, che la ricambiò di tutto cuore. “Bando alle cazzate.” Disse col solito tono pratico, piazzandosi le mani sui fianchi. “Facciamo iniziare questo maledetto Ballo!”

There will be no rules tonight
If there were we'd break 'em
Nothing's gonna stop us now
Let's get down to it²
 
****
 
Sören non aveva più avuto modo di parlare con suo zio.
Quella mattina si era svegliato all’alba per poter prendere la Passaporta per Hogwarts e non l’aveva incrociato per i corridoi.
Tornato al Vascello aveva ingannato il tempo allenandosi e leggendo. Arrivata l’ora opportuna, si era rinfrescato e poi vestito con l’uniforme di gala; aveva di conseguenza sopportato i complimenti falsi di Poliakoff sul perfetto stato della sua uniforme, che ad onor del vero, aveva solo due anni di anzianità rispetto alle altre.
E non che l’abbia usata, diplomato.
Al momento aspettava l’arrivo di Lily di fronte alle possenti scale di marmo che portavano al primo piano del castello: assieme a lui attendevano un nutrito gruppetto di studenti di tutte e tre le scuole, tra cui riconobbe Scorpius Malfoy che pensò bene di avvicinarglisi.
“Luzhin!” Lo apostrofò vestito di una babbana giacca bianca su camicia nera. Dei babbani, Sören apprezzava i colori sobri. “Le dame si fanno attendere, eh?”
“Già.” Replicò stringato: dopo l’episodio della sera prima non si sentiva d’umor socievole. L’altro non sembrò accorgersi del suo desiderio di troncare la conversazione, perché gli sorrise di nuovo.

“Sai, ho sempre voluto indossare la vostra uniforme… è davvero marziale. Quando ero piccolo ho anche pensato di iscrivermi da voi. Però Durmstrang mi è sempre sembrata poco ospitale. Lo è?”
“Avrai modo di farti un’opinione quando verrete.” Notò che l’altro non lo stava ascoltando, da come occhieggiava la scalinata. Smise dunque di parlare.

Riflettendo sulla vecchia Alma Mater, Sören non poté fare a meno di sentirsi inquieto: se suo zio aveva fatto mettere sotto Voto Infrangibile la delegazione, o comunque l’aveva resa complice, non aveva certo potuto fare lo stesso con tutta la scuola.
A parte i ragazzi del Primo anno, il resto noterà che il loro Campione è uscito dal nulla.
Aveva espresso quel dubbio, all’inizio di Dicembre; gli era stato assicurato che tutto era stato preparato affinché non ci fossero fughe d’informazioni.
Come sempre ne so meno di quanto dovrei.
La cosa cominciava a irritarlo: meglio, cominciava a fargli maturare l’idea che quel piano così apparentemente ben congegnato, in realtà fosse totalmente affidato al caso.
Non era un bel pensiero.
“Oh, ecco le ragazze di Grifondoro!” Esclamò Scorpius, strappandolo dalle sue riflessioni. Voltò lo sguardo verso la scalinata. Eccole era la parola giusta: c’erano almeno una dozzina di ragazze che scendevano le scale, chi già accompagnata, chi alla ricerca del suo cavaliere. Un nugolo di vestiti coloratissimi, risatine e baluginii di monili.
Lily?
La vide e cancellò con un colpo di spugna tutte le altre.
Era sempre stato abituato a vederla nella castigata uniforme della scuola oppure con vestiti comodi, sebbene alla moda.
Adesso era come fosse stata trasfigurata. Il vestito la fasciava alla perfezione, la stoffa azzurra esaltava i capelli rossi e gli occhi chiari. Era diversa, eppure era lei. 
Era… strano.
Il suo corpo decise, di colpo, di fare stato a sé, perché sentì il cuore schizzargli in gola e l’odiato rossore diffonderglisi lungo il viso, scottandolo.
Si irrigidì, scattando in una stupida posa da soldato, mentre la ragazza lo cercava, lo individuava e finalmente gli sorrideva.
“Ren!” Esclamò, prendendo il piccolo strascico con la punta delle dita per scendere le restanti scale più agevolmente. Gli si fermò davanti e per un attimo gli sembrò che fosse rossa sulle guance: ma dovevano essere le luci.
“Wow, stai benissimo, l’uniforme ti dona da morire!” Disse con la consueta schiettezza, dandogli una pacca sulla spalla. Sören si ricordò finalmente le buone maniere e riuscì a comporre un sorriso che non sembrasse una paresi.
“Anche tu, Lily. Sei… bellissima.” Le prese la mano e vi posò le labbra: non era mai stato così contento che vi fosse un galateo a salvarlo dall’imbarazzo di dover improvvisare.
Perché Lily era splendida quella sera e lui era rimasto senza parole come un povero idiota.
Attorno a loro le varie coppie si cercavano, si formavano e sciamavano verso la Sala Grande: lui e Lily, come una mezza dozzina tra Campioni e studenti meritevoli erano invece stati istruiti ad attendere il segnale del cerimoniere; sarebbero entrati solo a sala piena e per aprire le danze.
Vide con la coda dell’occhio Thomas allontanarsi con la propria dama, curiosamente, una bambina. Non gli importò che lo guardasse, non in quel momento. Si sentiva troppo frastornato.
“Ren, sei silenzioso, va tutto bene?” Lily richiamò la sua attenzione, rompendo quell’attimo di impacciato silenzio.   
Le sorrise in automatico. “Perdonami, ero sovrappensiero. Hai passato una buona Vigilia?”
“Incasinata come sempre!” Rise scrollando le spalle. Erano nude, pallide e sembrava, estremamente morbide. “Ah, e grazie per il regalo!”

Quale rega… ah, naturalmente. Il mio regalo, il braccialetto.
Notò che lo indossava ma non le chiese se le fosse piaciuto. Aveva ben altro in testa, purtroppo.
Impacciato le offrì il braccio, occhieggiando il cerimoniere affaccendarsi per contare le coppie. Era quasi ora. Ne fu sollevato: ballando, non avrebbero dovuto conversare. Al momento non se ne sentiva in grado.
Anche Lily notò il movimento e gli si strinse al braccio. “Vedrai, saremo la coppia più bella della serata.” Disse forse per celare il nervosismo. “Saremo fantastici.”
“Non ne dubito.”
Per un attimo Sören si cullò nell’illusione che fosse tutto lì: una semplice serata con una ragazza che gli era cara. Vedendola sorridergli decise che quell’illusione sarebbe durata un po’ di più.
 
You change your position, You're changing me
Casting these shadows where they shouldn't be³
 
Rose aveva fatto tutto come si doveva. Si era lasciata pettinare da una magi-parrucchiera ad
Hogsmeade, aveva lasciato scegliere il vestito a Roxie e Lily e infine aveva analizzato i probabili esiti della serata da ogni angolazione possibile.
Insomma, si era preparata.
Ciò non toglieva, che scese le scalinate di marmo con il braccio di Al a sostenerla – detestava quei tacchi fragili che le avevano fatto comprare le cugine – si era sentita morire, vedendolo.
Non che stesse facendo niente di che: Scorpius era appoggiato al muro, con le braccia conserte e l’espressione tranquilla mentre chiacchierava con la sua elegantissima dama francese.
Non ce la farò mai a riprendermelo… questo vestito è orribile, non so camminare coi tacchi e…
Al le toccò la mano che stringeva forse un po’ troppo saldamente il suo avambraccio. “Rosie.” Mormorò gentile al suo orecchio e Rose rimise a fuoco il mondo.
“Sei meravigliosa, andrà tutto bene.” Aggiunse aiutandola a scendere incolume gli ultimi insidiosi scalini. Non cosa da poco, visto quanto entrambi fossero soggetti all’inciampare.  

Giusto, ho Al. 
Si sentì un po’ meno sperduta; ma non meno agitata di fronte a tutte quelle ragazze che camminavano con sicurezza ridendo di risate argentine. 
Ti prego, fa’ che non inciampi … Oh miseriaccia, chi me l’ha fatto fare di diventare Caposcuola? Ora dovrò ballare davanti a tutti!
Beh, sì, visto che sono la dama di Al avrei dovuto farlo lo stesso, però…  
“Grazie.” Borbottò, allentando la presa dal braccio, dato che al momento era in salvo e miracolosamente in posizione eretta. Notò il cugino tirare un sospiro di sollievo. “… scusa, fatto male?”
“No, mi stavi soltanto bloccando la circolazione venosa.” Ridacchiò, dandole un buffetto. “Andiamo a salutare Malfoy?”
“Mi viene da vomitare.” Con Al poteva essere brutalmente onesta. E lo era.

“Sei solo un po’ nervosa. Andrà tutto a meraviglia.” Le ripeté. Rose sorrise, o almeno tentò: in quel momento aveva una voglia pazza di trascinare via Al, prendere un chilo di gelato dalle cucine e rannicchiarsi nel suo abbraccio di serpeverde affettuoso.
Papà sarà in Sala Grande. Perché ho fatto la spaccona? Perché gli ho ordinato di essere felice per me?!
E se rovinasse tutto? E se mi odiasse? E se…
… se non la faccio finita, finirò per scappare urlando.
Inspirò coraggiosamente e prese lei stessa l’iniziativa di andare a salutare Scorpius e dama: Albus la seguì senza obbiettare.
Scorpius quando la vide si comportò da… Scorpius. Ovvero le rivolse un sorriso accecante.
“Rosie!” Esclamò allargando teatralmente le braccia. “Sei uno schianto!” Si rivolse poi a Albus per buona misura. “Mini-Potter, sei uno schianto anche tu.”
La Parkinson non sembrò pensarla alla stesso modo dall’occhiata che lanciò loro, ma ebbe perlomeno il buongusto di starsene zitta.
“A… anche tu.” Balbettò Rose con molta dignità. Lo pensava … più o meno. Il completo di Scorpius era un po’ troppo babbano per l’occasione, ma addosso a lui dava un’idea di distratta eleganza.
Naturalmente, stiamo parlando del Piccolo Lord di Hogwarts.
Vide poi che aveva agganciato i Ray-Ban al taschino della giacca. Questo riuscì a farla sorridere per la prima volta da ore. “Li hai portati davvero…” Osservò. 
“Sicuro! Completano l’insieme magnificamente, non trovi Rosey-Posey?” Gli uscì naturale e non se ne pentì, Rose lo capì dal successivo sorrisetto furbo.
“Sì, assurdità per assurdità, suppongo si annullino.” Ribatté facendolo ridere. Poi si trovarono a guardarsi, tanto a lungo che Rose scordò che avrebbe voluto strozzare la Parkinson per essere lì ed osare respirare.
Al si schiarì d’improvviso la voce, facendoli sussultare. “Dovremo metterci in fila, tra poco dovremo entrare.”
“Giusto mini-Potter.” Concordò Scorpius che invece aveva fatto un profondo sospiro. “Ci vediamo dopo, Rosie.”

“Certo…” Si lasciò condurre via docilmente dal cugino, che sembrava indeciso se mettersi a ridere o scuotere la testa.
“Che c’è?” Sbuffò quando si furono messi dietro una francese di Beaux-Batons e il suo enorme cavaliere durmstranghiano.
“C’è che da un momento all’altro poteva partire una canzone delle Sorelle Stravagarie. Qualcosa di retrò, magari.” La prese in giro. “Fai la tua mossa finale, non aver paura, anche lui ti vuole…” Canticchiò.
“Cretino.” Rose non poté trattenere né lo schiaffo sulla spalla dell’altro, né il sorrisetto che le spuntò incontrollato sul viso.

 
“Posso tramortire mini-Potter e rapire Rosie?”
“No.”
“Posso rinchiudere in uno sgabuzzino mini-Potter e…”
“No.”
“Posso assicurarmi tutti i suoi prossimi balli minacciando l’interno corpo stu…”
Scorpius.

L’interpellato fece il suo miglior sorriso di scuse e Violet alzò gli occhi al cielo.
“Che Morgana mi dia la forza, tuo padre ha ragione.” Mugugnò. “Sei peggio di un bambino in overdose da Api Frizzole.”
Scorpius scrollò le spalle, guardando perplesso gli ampi gesti del cerimoniere. Capì dopo qualche attimo che avrebbe dovuto mettersi in testa alla fila.
Ah, giusto. Sono il Campione della scuola ospitante…
Stava pensando a tutt’altro. Quel tutt’altro era il suo schianto personale, si trovava deliziosamente a disagio e lo stava divorando con lo sguardo dalle retrovie.
“Scorpius, giuro che ti acceco se non la fai finita.” Sibilò Violet sottovoce, tirandogli un violento pizzicotto sul dorso della mano. “Un po’ di contegno! In teoria, la tua dama sono io.”
Scorpius fece una smorfia infantile, perché se lo sgridava come un moccioso, da tale si sarebbe comportato. “Sei solo invidiosa perché la mia, di dama, mi guarda.”
Violet arrossì furibonda e gli tirò un secondo, micidiale pizzicotto, arte in cui ricordava fosse esperta sin dalla più tenera infanzia. “Se mi avvicino a Nicky, quella è capace di staccarmi le dita a morsi.” Borbottò.

Scorpius le batté una pacchetta comprensiva sulla mano mentre la guidava in prima fila. “L’ho vista abbastanza sul piede di guerra in effetti…”
“Lo è, le hanno fatto indossare un vestito.” Tagliò corto. Rinunciò a riprenderlo, quando voltò di nuovo lo sguardo per cercare Rose.

Avremo dovuto essere assieme, stasera.
Le porte della Sala Grande, rimaste chiuse per permettere quella stupida coreografia cerimoniosa, si spalancarono lentamente e Scorpius inspirò, guardando indietro un’ultima volta; dopo avrebbe dovuto concentrarsi su ben altro.
Rose gli restituì lo sguardo e abbozzò un sorriso.
Avrebbero dovuto essere assieme quella sera. Ma non era detto che le cose non potessero cambiare.
 
****
 
Harry ricordava molto bene il suo Ballo del Ceppo. Ricordava nitidamente quanto si fosse sentito a disagio e troppo giovane.
Una bella ridda di sentimenti che guardava ormai da lontano, quasi con nostalgia; il suo Torneo non era mai stato suo veramente, dato l’inganno di cui era stato preda… ma per i suoi figli, per quei giovani maghi e streghe che avevano invaso la Sala Grande colorandola e rendendola più viva, beh… per loro era reale.
Sorrise alla moglie, che gli appoggiò una mano sul braccio. “Decorazioni splendide… ma non all’altezza di quelle ordinate da Silente. Te le ricordi?” Chiese, guardando la neve magica scendere dal soffitto incantato.  
“Le trovo comunque notevoli.” Si inserì cortese l’agente Gillespie: era stata espressamente invitata come parte del corteo del Ministro. Sembrava peraltro piuttosto a suo agio, nonostante non conoscesse praticamente nessuno. Harry un po’ la invidiò. “Avete un vero talento per la Trasfigurazione qui ad Hogwarts.”
“Abbiamo un eccellente professoressa.” Convenne Harry indicando con un cenno Minerva McGrannit che sorvegliava con la severità di una volta le giovani ed entusiaste coppiette. “Ma Silente…beh, lui era davvero magico.”

L’americana sorrise gentilmente. “Mi sarebbe piaciuto conoscerlo.” Si era messa l’uniforme di gala del suo Dipartimento e Harry doveva ammettere che era molto più sobria di quanto avesse immaginato.
Ho sempre pensato che gli americani fossero chiassosi in tutto…
In confronto quella degli auror britannici era molto più squillante, tra mostrine argentate e mantelli sgargianti.
“Lei dove ha studiato?” Si informò Ginny, che dopo una lunga panoramica e qualche convenevole aveva decretato che Nora era una donna a posto. Harry ne era stato molto sollevato.
“All’Accademia di Magia, a Salem. Tutti i maghi e le streghe del Nord America vanno lì.” Spiegò senza smettere per un attimo di scandagliare la sala con lo sguardo; Harry aveva capito che stava cercando qualcosa. Avrebbe voluto chiederle cosa, ma aveva purtroppo promesso alla moglie che quella sera l’argomento lavoro non sarebbe stato tirato fuori.
Lanciò un’occhiata a Ron, che ascoltava con aria mortalmente annoiata una conversazione tra Hermione e una loro ex-compagna di scuola, ora nel settore dei Trasporti Magici. L’altro gli scoccò un mezzo sorriso supportivo. A prescindere.
Harry vide con la coda dell’occhio il piccolo Hugo nel suo vestito buono, scortare una ragazza carina e ricciuta verso un tavolo. Sorrise: i suoi ragazzi erano nel corteo d’onore e avrebbe ancora dovuto aspettare un po’ prima di vederli.
Si sentì dare una pacca sulla spalla e si voltò, trovandosi di fronte James e Teddy. Il primo indossava l’uniforme – ogni occasione era buona, aveva ironizzato Lily – e il secondo un tranquilli completo ibrido, come andava tra l’ultima generazione di maghi con sopra il mantello nero che identificava i docenti hogwartsiani.
“Ragazzi.” Li salutò con piacere. Aveva paura fosse Percy, che era solo a pochi metri da lui e in dirittura di arrivo nella sua conversazione con il buon vecchio Baston. “Ottima scenografia, Teddy.”
Il giovane professore sorrise. “Non mi prendo alcun merito, sono stato soltanto umile manodopera. I veri ideatori sono il professor Flitch-Fletchey e il Preside.”
“Sì, sì, tutto bello… ma speriamo che questa festa si tolga il gesso di dosso, odio dover restar fermo come un pinguino della buona società!” Replicò invece James, tormentandosi un bottone.

“Ti posso assicurare che gente come Malfoy e Nott non lascerà che la festa rimanga così.” Rispose Teddy divertito. “E so che lo sai.”
James fece un sorrisetto malandrino. “Oh, beh, ho i miei uomini all’interno.” Confessò facendoli ridere.

Harry lanciò l’ennesimo sguardo all’agente americana. Continuava a chiacchierare vivacemente con sua moglie, ma si vedeva che l’attenzione era altrove.
Crede di poter trovare qualche infiltrato della Thule? Ma la sicurezza…
La sicurezza a volte poteva fallire, anche se il sergente Smith era ormai un autentico paranoico in tal senso. 
Ricordò le parole di Al e Tom, la sera prima: avrebbe dovuto dire a Gillespie i sospetti dei suoi ragazzi sul campione di Durmstrang?
Non subito, decise: prima voleva conoscerlo di persona.
Non dovette attendere molto, dato che le grandi porte della sala vennero aperte.
Guidava la fila il giovane Malfoy, accompagnato da una brunetta che Harry non aveva mai visto. Poco distante da sé vide Draco Malfoy e signora. La donna sorrideva con l’orgoglio negli occhi e Malfoy pareva, per una volta in vita sua, non avercela con il mondo intero.
Già molto.
Subito dopo veniva sua figlia con Luzhin: Harry scrutò bene il ragazzo dato che l’aveva visto solo da lontano, durante la Prima Prova. Ron aveva avuto ragione ad ironizzare sullo scarso physique du rôle. Non sembrava uno studente di Durmstrang. Però non era affatto esile come era sembrato nell’arena. Dava l’idea piuttosto di una pianta sottile, ma con radici salde a terra: i suoi movimenti erano calcolati al millimetro, non rigidi, ma precisi.
Deve allenarsi molto. Non solo con la bacchetta, ma anche a livello fisico.
Ad Harry dava l’idea di un militare di professione, di quelli che ogni tanto aveva visto nei film militari che suo zio Vernon guardava d’estate.
Era uno studente di Durmstrang, ma non sembrava affatto un adolescente.
Detto questo, conduceva sua figlia con gentilezza. Arrivati al centro della pista si comportò come mai lui sarebbe riuscito a fare con la sua sfortunata dama vent’anni prima. Poi iniziò il valzer.
 
****


A Lily pareva di sognare.
Anche se in effetti nessuno dei suoi sogni da bambina erano stati così…

Beh, così e basta.
La Sala Grande era stata letteralmente trasformata in una location onirica. Dal soffitto vorticavano grossi fiocchi di neve magica, che si scioglieva nell’aria prima di cadere a terra. Le gotiche colonne di pietra erano state sostituite da statue di ghiaccio raffiguranti naiadi dai lineamenti delicati. I soliti tavoli di legno scuro erano stati sostituiti da grosse tavole circolari che sembravano spuntare direttamente dai ghiacci. Al centro, uno specchio d’acqua ghiacciata.
Questo vedeva Lily, mentre al braccio di Sören varcava l’arcata del portone, applaudita e guardata da  tutti.
Si era immaginata a dispensare sorrisi e baci, ma si sentì un po’ intimidita di fronte a quella calca composta da così tante facce: sì, molti erano suoi compagni di scuola, ma erano così diversi, vestiti con abiti da cerimonia o smoking di foggia babbana.
Sentì allora la mano di Sören coprire la sua. Gli lanciò un’occhiata: nonostante tenesse lo sguardo dritto di fronte a sé si era accorto del suo nervosismo.
Era felice di essere lì con lui.
Non ci sarei andata con nessun altro.

La delegazione venne poi diretta verso la pista da Ballo. Sören le si mise di fronte, facendole un fluido inchino; Lily aveva trovato gli inchini sempre piuttosto buffi, dato che di solito chi li compieva era rigido e impacciato.
Ma lui è nato per questa gestualità…
Replicò con una riverenza leggera – si era esercitata allo specchio – e fu ricompensata da un sorriso del ragazzo.
“Andava bene?” Mormorò a bassa voce.
Sören annuì con un lampo divertito nello sguardo. “Benissimo.”
Le note del valzer si diffusero nella sala, suonate dall’orchestra posta a lato, mentre cessavano i chiacchiericci.
Okay. Ci siamo. Wow. Sono agitata.
Sören la prese tra le braccia, posandole una mano sul fianco. Era bollente. Era quella singolare mano sempre caldissima. Lily si sentì immediatamente più calma, più sicura.
Sono Lily Potter, che cavolo!
Sorrise all’amico, che ricambiò, chinandosi poi all’altezza del suo viso. “Sei perfetta.” Le sussurrò all’orecchio: certo, probabilmente era solo per incoraggiarla…
Ma comunque Lily, anche a posteriori, ricordò quello come il momento perfetto.
 
All I wanted to say
All I wanted to do
Has fallen apart now⁴…
 
“Bel tipo.” Osservò Ginny affiancandosi ad Harry. “Non pesta i piedi alla mia bambina e sa condurla in un valzer.”
“Non cosa da poco.” Convenne Hermione, saggia.  
“Col cavolo!” Borbottò poco distante James. Harry sorrise; sapeva quanto suo figlio fosse protettivo con la sorella minore, spesso irragionevolmente.
Forse stavolta non tanto…

“Andiamo a prendere qualcosa da bere?” Chiese Ted, dopo avergli lanciato una breve occhiata valutativa. Non aspettò risposta, e lo portò via recalcitrante.
“Lils ha detto che fa parte della nobiltà della Bassa Sassonia.” Sua moglie non nascose un sorriso da ragazzina maliziosa. “Bisogna ammetterlo… non è una bellezza, ma ha quel qualcosa.”
“Quel qualcosa quale?” Si inserì Ron. Fu ignorato.
“Mi ricorda un po’ Viktor.” Aggiunse Hermione, impermeabile alle occhiate assassine del marito. “Lilian ne parla molto, eh?”
Moltissimo. Ci ha mai dato tregua ieri?” Replicò Ginny e stavolta fu lei a beccarsi un’occhiataccia.

Harry guardò la figlia volteggiare assieme alle altre coppie. Era bellissima, naturalmente, ma per lui lo sarebbe stata sempre. Non era quello il punto. Fu la sua espressione a colpirlo. Lily sorrideva come mai le aveva visto fare. Sorrideva a Luzhin.
Doveva farsi presentare quel ragazzo.
L’occasione fu a portata di mano non appena il ballo finì. Luzhin la condusse lontano dalla pista, portandola verso uno dei tavoli a disposizione degli studenti. Le scostò la sedia, sorrise di un probabile lazzo alla Lily e la fece accomodare.
Le perfette maniere di un gentiluomo…
Poi si allontanò verso il buffet, probabilmente per prenderle qualcosa da bere. Lily si guardò un po’ attorno, poi li individuò. Fu lei ad avvicinarsi.
“Papà!” Esclamò talmente radiosa che Harry non poté fare a meno di sorriderle. “Mi hai vista?”
“Certo tesoro, hai ballato cento volte meglio di quanto possa fare io.” La fece ridere.

Luzhin era al piccolo rinfresco e stava riempiendo due bicchieri di  succo zucca di zucca ghiacciato.
Non aveva niente che non andasse, eppure…
Forse sono prevenuto. I discorsi di Al e Tom, e poi il fatto che Lily sembra …
“Sören è un ottimo ballerino.” Lo lodò Ginny, materna e soprattutto ignara. “Quando ce lo presenti?” Harry le fu grato. Non aveva idea di come chiederlo senza farsi rimbrottare. Lily doveva essere di ottimo umore, perché non sembrò irritata dalla richiesta, ma anzi compiaciuta. “Anche subito!” Fece un cenno per farsi individuare. “Ren, sono qui!”
Se il ragazzo fosse stato preso di sorpresa o fosse poco contento di conoscerli, non lo diede a vedere. Li raggiunse obbediente, con un sorriso di pura educazione.

“Ecco il tuo succo, Lilian.” Esordì porgendoglielo. Poi si rivolse loro. “Signori Potter, finalmente ci incontriamo.” Era una frase fatta, ma ben detta. Parlava un ottimo inglese, appena accentato. “Lilian mi ha parlato molto di voi.”
Lily sorrise, agganciandosi al suo braccio con naturalezza. Un po’ troppa, considerò Harry. “Lui è Ren, e Ren, loro sono i miei genitori… tra cui possiamo annoverare il famoso Harry Potter.” Aggiunse scherzosa.

Il ragazzo fletté leggermente la testa, alla maniera militare dell’Istituto, stringendogli poi la mano. “È un onore.” Disse soltanto.
Harry sorrise, cercando di trovare la domanda giusta da porgli. Forse non c’era, per le risposte che voleva. Si limitò quindi a ricambiare la stretta guardandolo negli occhi. Aveva uno sguardo determinato, com’era ovvio: era un Campione del Tremaghi dopotutto. Ma guardandolo appena più a lungo delle normale cortesia, Harry non vide… nulla.
Nulla?
Aveva già incontrato occhi simili, rammentò stupito. Quelli di un vecchio professore. Occhi che non esprimevano. Gli occhi di Severus Piton, il miglior Occlumante di Hogwarts.
Al e Tom me l’avevano detto … sta usando l’Occlumanzia?
Non poteva esserne certo, ma se lo stava facendo, era certo per via di Lily.
Lanciò un’occhiata alla figlia, ma questa sorrideva mentre si presentava all’agente Gillespie. Se il ragazzo si stava Occludendo, la sua piccola LeNa non se n’era certo accorta.

“Sergente Gillespie, lui è Sören, il mio cavaliere!”
Fu un attimo. Harry lo vide fare una panoramica sull’uniforme dell’americana e riconosciutala, non riuscì a celare un’espressione allarmata.  
“È un piacere conoscerla.” Mormorò con un sorriso di evidente circostanza. Poi si rivolse a Lily. “Temo di dover fare una comparsata al tavolo del Direttore prima che inizi la cena. Ti raggiungo tra poco.” Dopo averli salutati con un cenno cerimonioso della testa se la diede letteralmente a gambe.
Harry ormai aveva esperienza nel notare quando qualcuno lo faceva, sebbene dissimulandolo.
Lily gli toccò un braccio, riscuotendolo. “Allora papà?” Esclamò con pura aspettativa. “Che ne pensi di Ren?”
Harry le sorrise: era inutile metterla in allarme. “Mi sembra un bravo ragazzo.” Si risolse a dire.
Lily per tutta risposta gli scoccò una strana occhiata, ma annuì. “Bene! Vado anch’io… credo che Rosie abbia bisogno di avermi attorno.” E qui la frecciatina fu tutta per Ron, che finse di non averla captata.
Harry aspettò che la figlia si fosse allontanata tra la folla, che stava sciamando verso i tavoli assegnati per la cena di gala, prima di sospirare.
Dannazione… che razza di situazione.
Nora gli si affiancò, mentre moglie e amici si apprestavano ad accomodarsi alla tavola d’onore già colma di funzionari, Ministri e ospiti. “Harry.” Richiamò la sua attenzione. “Mi sembri pensieroso.”
Non ha idea di quanto…
“Un po’ di gelosia paterna. È il primo ballo di società in cui non sono io ad accompagnare Lily.” Scherzò, ma l’altra non ricambiò il sorriso.
“So che questa sera non vorresti parlare di lavoro…” Iniziò con tono colloquiale, onde evitare che qualcuno notasse che la loro conversazione virava su tutt’altro. “… ma ho come l’impressione che tu mi abbia appena mentito.”
“Legimante?” Spiò, per sicurezza. Non che maghi esperti in quell’arte spuntassero come funghi, ma comunque…
“No, semplice intuito.” Replicò infatti l’altra. “Allora?”
Harry sospirò, sentendo gli occhi della moglie su di sé: aveva promesso, certo.

Ma il lavoro è il lavoro. E poi, per me è quasi una vocazione di vita temo.
“Il ragazzo che accompagna Lily… Thomas e mio figlio Albus pensano che possa essere coinvolto nell’attacco dei Dissennatori. Lui e il suo Assistente.”  
Nora non fece una piega, lo prese invece sottobraccio con naturelezza e lo guidò verso la tavolata,. “Hanno prove?” Domandò in tono pratico.
Harry cercò di ribellarsi all’idea che due adolescenti dovessero avere delle prove. Poi ricordò la sua, di adolescenza. “Non schiaccianti.” Disse. “Più che altro sparizioni ingiustificate e strani atteggiamenti.”
“Ho notato che sembrava innervosito dalla mia presenza.” Rivelò la donna, confermando i suoi precedenti sospetti. Fece un mezzo sorriso. “Ma sai com’è… l’uniforme spesso intimidisce.”
Harry sorrise amaro. Avrebbe voluto crederci: la sola idea che quel ragazzo fosse l’infiltrato della Thule e che stesse frequentando sua figlia…

Quello che più lo spaventava era il perché lo stesse facendo. Chiese un parere a Nora. Erano ipotesi, pensò accomodandosi con lei a tavola. Solo ipotesi.
“Beh, non si dice forse tieniti vicino gli amici, ma ancor più stretti i tuoi nemici?” Fece una smorfia, guardando distratta il foglio del menù. “Essere un Campione lo tiene lontano dai sospetti… Chi sospetterebbe mai di un ragazzo considerato un vessillo per la sua scuola? E poi può controllare le nostre mosse attraverso tua figlia.” Fermò la sua protesta con un cenno della mano. “So che è estranea ai fatti, ma è pur sempre tua figlia, nonché amica di Thomas.”
Harry deglutì: si sentiva come se avesse bevuto veleno. Nora aveva ragione, aveva detto cose che aveva pensato anche lui. Accanto a sé Ron, che nulla sentiva a causa dell’incantesimo silenziante che aveva castato, si voltò.

“Di che state parlando, non si sente che ronzii!” Esclamò. Sembrava quietamente disperato, notò Harry. Probabilmente il doversi trattenere dallo strozzare un Malfoy a caso lo stava logorando. Ignorando lo sguardo esasperato di sua moglie, che sveglia com’era aveva già capito tutto, Harry recitò di nuovo la formula per includere l’amico, nonché colui che, sulla carta, conduceva le indagini.
“Parliamo di lavoro.” Ammise. “… o meglio, di Sören Luzhin.”
“Ah, il ragazzo sospetto!” Riassunse l’altro. Harry l’aveva informato quella mattina, dato che aveva chiesto asilo politico a casa sua. Tra lui e le femmine di casa c’era maretta, gli aveva confidato come se ce ne fosse bisogno. “Sai, è strano.” Osservò meditabondo. “Ti aspetti che un sospetto sia sfuggente, no? Invece quel ragazzo ha l’aria… Harry, non lo so.” Si grattò il mento. “Di uno a posto.”
“Non lasciatevi ingannare.” Ribatté Nora. “Non stiamo parlando di ladri di calderoni, di gente che sa di essere nel torto e se ne frega. La Thule ha adepti che credono ciecamente in ciò che fanno. Per la conoscenza.” Recitò mente gli occhi le si incupivano. “Più si è giovani, più si è influenzabili. E, purtroppo, insospettabili.”

Harry si chiese se ne avesse mai incontrato uno, di quei giovani adepti.  
“Parole da veggente.” Sbuffò Ron. “Che facciamo, andiamo a farci due chiacchiere?”
“Non stasera.” Scosse la testa Harry. “C’è troppa gente, troppi giornalisti. Se la Stampa vedesse due Auror e un agente del DALM americano fare domande ad un Campione potrebbe farsi strane idee.”

Ron scoccò uno sguardo dritto verso un punto. Dov’era Lily, capì Harry. “Ma Lils…” Esordì. “Insomma, è il suo…”
“Lo so.” Si passò una mano sulla nuca. “Ma al momento non sta facendo nulla che giustifichi un suo interrogatorio.”

Cercò sua figlia; era seduta assieme ai cugini e ovviamente in compagnia di Luzhin. Gli toccava una spalla confidenzialmente, mentre il ragazzo si era chinato per ascoltarla. Sorridevano entrambi. Due ragazzi normali che si parlavano, ecco ciò che sembravano.
Forse quello che Luzhin non è.
“Non stasera…” Ripeté. “…ma il prima possibile.”  
 
****
 
Note:


Il capitolo sarà diviso in due parti. Questa più impostatella, la seconda più… ‘OMFG che sta succedendo’.
Niente di grave. Solo adolescenzialate. ;D

Qui il braccialetto che mi ha ispirato il regalo per Lily.
La canzone a cui si riferisce Al è questa con l’opportuna traduzione. Ve la ricordate? :D
Qui la comoda playlist. Le prime quattro canzoni sono.
1. “I Still Rembember” Bloc Party.
2. “Our Time Now” Plain White T’s.
3. “The Writer” Ellie Goulding.
4. “Mercy” The Fray.
  
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