- Buongiorno, mie care lettrici :) Come state?
- La vostra estate fila liscia e fin troppo velocemente come la mia? Vorreste che il tempo si fermasse? Beh, io sì, lo vorrei tanto >-< Vorrei anche che la scuola venisse abolita, ma ovviamente chiedo cose decisamente impensabili. ù.ù Viste le stelle cadenti?? Io forse xD
- Se avete notato che sto cincischiando più del solito, avete ragione..hihi ^^"
- Perchè ho sinceramente paura di quello che penserete leggendo questo capitolo..e ho paura per la mia incolumità, quella di Natalie, e soprattutto quella di Adam..ç_ç Vi assicuro che ci vorrete uccidere..ma abbiate pietà! Se no come risolvo i casini che io stessa creo?? XP
- Beh, vi lascio al capitolo...vi ricordo: siate magnanime ;P
- PS: vi ringrazio tutte per le bellissime recensioni..scusate se non sono riuscita a rispondere >-<
- Un bacione. :*
- Capitolo 14. L'ho
sempre detto io che ho un cuore difettoso!
- Okay.
Ragioniamo.
Io, Natalie Smith, mi ritrovavo col mio ex, Rick Donagan, il quale mi aveva tradita con la prima che capitava perchè era convinto che fossi innamorata di Adam Brown, allora il mio acerrimo nemico e attualmente il ragazzo che avevo quasi-baciato la sera prima, perchè il mio ex diceva di voler tornare con me.
Rick continuava a guardarmi attentamente con quei suoi occhi celesti, come a leggermi dentro. Mi chiedevo cosa potesse vedere, dato che anche per me stessa era tutto confuso e annebbiato.
Pian piano, però, il panico si fece largo in me.
"I-io.." balbettai, cercando di trovare le parole e riordinare le idee.
Rick mi posò un dito sulle labbra, spiazzandomi ancor di più, e sorrise. "Non devi rispondermi ora, Natalie..è passato tanto tempo, me ne rendo conto,e ti ho ferita.." fece una pausa teatrale, e i suoi occhi si fecero serissimi. "Ti chiedo una seconda chance. Sai com'era stare insieme, sai che tenevo davvero a te. Ti chiedo solo di pensarci bene, e di fare la scelta più giusta secondo te." concluse. Poi tornò a sorridere sereno, e invertì la direzione. "Ti riporto a casa."
Non parlò più, finchè non raggiungemmo il mio cancelletto. Sembrava soddisfatto di sè, del suo discorso. Era probabilmente sicuro di avermi abbindolata, con quello sguardo penetrante e azzurro.
Non sapeva, però, che ero già ben intenzionata a dire di no. Era passato tanto, troppo tempo, ed io ero stata veramente male a causa sua. Non mi sarei più fidata, ed ero sempre stata convinta che in un rapporto la fiducia nell'altro fosse essenziale: perciò, non se ne faceva nulla. Tra l'altro..non riuscivo a vedermi fidanzata, in quel momento. Almeno, non con lui.
Però non volevo dirglielo subito.
L'avrei lasciato in brodo di giuggiole, e poi..gli avrei detto di no. Era una piccola rivincita, diciamo.
E no, non ero mica sadica.
"Ci vediamo in giro, Nat..il mio numero lo sai, nel caso di bisogno." ammicò, e a tradimento mi scoccò un bacio sulla guancia. Rimasi immobile, e mi trattenni dal stenderlo con un pugno sul naso.
No, non era maturato. Probabilmente era anche peggiore di quando l'avevo lasciato due anni prima. Ma era un classico dei maschi: più l'età avanza, più diventano cretini.
"Sì. Non mancherò." Come se avessi chiamato davvero lui, in caso di bisogno.
Girai i tacchi, ed entrai. Stavo per aprire la porta di casa, ma quella si aprì prima che potessi afferrare la maniglia.
Rosalie mi guardava severa. "Cosa ci fa qui?" disse, schietta e dura.
"Voleva parlarmi." Tagliai corto, scansandola ed entrando in casa.
"Cosa ti ha detto?" chiese, con un tono piatto.
Le lanciai uno sguardo inviperito. "Ma cos'è, un interrogatorio? Sembra che io abbai fatto qualcosa di male!" sibilai.
Rose mi guardò accigliata. "Nat, sono solo preoccupata! Devo ricordarti quello che ti ha fatto passare?" il suo tono, se voleva colpirmi, ci riuscì.
"Mi ha solo chiesto di perdonarlo e tornare con lui." tagliai corto, andando in salotto, dove c'era nostra madre. Lì il discorso era impossibile affrontarlo, dato che Emily non ne sapeva nulla. Tra l'altro, non mi sembrava il caso di litigare per Rick, soprattutto davanti a Melanie, che furba com'era, avrebbe frainteso.
Rose aveva una faccia stralunata, incredula. Probabilmente era convinta che avessi detto di sì.
La feci aspettare tutta la mattina e il pranzo, prima che potesse rapirmi in camera sua e mi facesse dire la verità.
"Non ho detto di sì." dissi solo. Rosalie parve sollevata e sospirò. "Gli ho detto che ci avrei pensato.." lasciai la frase volontariamente in sospeso, facendo sbarrare gli occhi a mia sorella.
"Che hai intenzione di fare?"
"Gli dirò di no" sorrisi, "Ovviamente. Voglio solo illuderlo un po'."
Rosalie scoppiò a ridere, forse per il sollievo, oppure era veramente impazzita. "Sei sadica, sorella. Non ti fai scrupoli!" scherzò. Ma io mi rabbuiai. "Lui non si è fatto alcuno scrupolo, mi sembra." le ricordai.
Il pomeriggio lo passai a parlare fitto fitto con Rosalie, e poi, quando lei uscì con Bryan, mi sdraiai sul divano di sotto con le cuffie nelle orecchie e la musica a palla.
Mi sentivo terribilmente confusa. E preoccupata.
Come avrei dovuto comportarmi quella sera? Adam cos'avrebbe fatto?
Restai a rimuginare per ore, sotto lo sguardo ansioso di mio padre, il confuso di mia madre e l'indifferente di Melanie.
Non che la cosa li toccasse particolarmente. Papà ogni tanto mi chiedeva se andasse tutto bene, e io gli facevo un cenno affermativo, troppo concentrata sulla musica e sui miei pensieri.
Tutti i miei vaneggiamenti su Adam e quella serata, vennero spazzati via dal vento quando Emma chiamò mia madre per dirle che Adam non si sentiva bene.
"Oh, cara, non preoccuparti..Fagli prendere qualcosa, mi raccomando.." ecco, lei si che dava buoni consigli alle altre madri..peccato che non li mettesse in pratica con le sue, di figlie. "Anche Natalie mi sembra piuttosto giù di corda..magari è qualcosa che ha mangiato ieri sera..come? Anche Adam è uscito ieri? Non lo sapevo, sai?" Emily mi scoccò uno sguardo incuriosito. "Beh, ci sentiamo presto..che ne dici, magari domani pomeriggio vieni a bere il tè"
Sprofondai la testa nel divano, sospirando pesantemente. Mio padre mi scoccò a sua volta un'occhiata, ma al contrario di mia madre, sembrava aver capito tutto al volo. Anche che non era per colpa del cibo che ero così messa male.
Le ore passarono lente, e in ogni momento m'inventavo un pretesto per mandare un messaggio a Adam. Poi fissavo le parole scritte sul display, e scuotevo la testa, cancellando tutto.
A cena non toccai cibo. Rosalie continuava a scoccarmi sguardi straniti. Esausta, andai a letto prestissimo, infilandomi sotto le coperte appena alle nove, dopo una doccia veloce e un ultimo sguardo alla finestra. Poi pensai che la stanza di Rose dava dall'altro lato della casa, e che da lì non potevo vedere la stanza di Adam. Sospirai, lasciandomi cadere sul materasso.
Scommettevo tutto quello che avevo che Adam stesse benone, almeno fisicamente. Magari si sentiva esattamente come mi sentivo io. Scombussolata, confusa e soprattutto impaurita. Magari anche lui era convinto che la nostra amicizia era stata messa a repentaglio, la sera precedente. E magari non voleva più avere a che fare con me...
E se invece non gliene fregava nulla di me? Se magari avesse capito quello che provavo? Mi sarebbe stato alla larga, per questo?
Con questi pensieri mi addormentai tardi, e con quelli mi svegliai di buon'ora la mattina successiva.
Guardandomi allo specchio, stentai a riconoscermi. Sembravo uno di quei vampirastri della Meyer, però brutto. Sì, perchè avevo un aspetto terribile e spaventoso, e se non era bastato un non-bacio ad allontanare Adam, la mia figura l'avrebbe fatto scappare a gambe levate lontano da me.
Tutti i miei pessimi pensieri si riflettevano sul mio viso, e i segni si vedevano eccome.
Con l'ennesimo sospiro, forse il trentesimo in sessanta secondi, mi abbandonai sotto il getto della doccia. Ma non ebbe alcun effetto positivo; non che ci sperassi, quella mattina il mio pessimismo rasentava picchi mai visti, e dubitavo che qualcosa sarebbe andato per il verso giusto, quel giorno.
Mi vestii con calma, e feci lentamente colazione.
"Tutto okay?" domandò Rosalie, guardandomi accigliata e preoccupata, spalleggiata da papà, apprensivo come non l'avevo mai visto. Evidentemente, nemmeno quando mi ero lasciata con Rick ero messa così male, se l'avevo convinto ad entrare nei panni del genitore in panico per il comportamento strano della figlia. Non che in quel periodo papà fosse stato assente; mi era rimasto vicino senza essere ossessivo, e soprattutto, dato che aveva intuito quanto fossi giù, aveva provveduto a tenermi il più calma possibile mammà.
Annuii, masticando passivamente i cereali.
Dopo essermi lavata i denti, domandai a mio padre di accompagnarmi a scuola in macchina.
Evviva l'allegria, anche il tempo sembrava essere d'accordo con me; diluviava alla grande. Ma quello era solo la scusa; in realtà avevo paura di incontrare per strada Adam, o addirittura di doverla fare tutta con lui..e non me la sentivo proprio.
Papà acconsentì di buon grado, e notai Rose sospirare e scuotere la testa, tirando fuori il telefono.
Quando scesi dall'auto, una ventata gelida mi colpì. Ma quello fu il male minore, finchè non notai Adam ridere e scherzare con Jim Wilson. Sentii il sangue ghiacciarsi nelle vene, non ci potevo credere.
Camminai incerta verso Kim, che sembrava a dir poco furente.
"Quel brutto pezzo di merda. Non ha nemmeno ricambiato il saluto, stamattina!" ringhiò, incrociando le braccia al petto. Mi concessi un sospiro. Questo..questo faceva davvero male. Non contribuiva certo a tirarmi su il morale.
"Ma Nat, cos'hai? E' successo qualcosa con Adam? E' per questo che non è venuto con te?"
Chiusi gli occhi, per un attimo, cercando di riordinare i pensieri.
Quando li riaprii, la mia migliore amica mi guardava confusa e ansiosa.
Le feci cenno con la testa verso l'entrata della scuola, e mentre la campanella suonava, le spiegai quello che era successo la sera prima, lasciandola a bocca aperta.
"E'..ma è stupido non parlarti per quello!" esclamò, picchiando il pugno sul palmo aperto della mano.
Sospirai, massaggiandomi gli occhi. Ci sedemmo al nostro posto, e tirai fuori il libro di storia dallo zaino.
"Non è tutto.." annunciai, con l'entusiasmo di un cadavere. "Rick è venuto a casa mia."
Kim sbarrò gli occhi, esterrefatta. "Che cosa? Cosa voleva quel brutto, viscido verme?" sibilò.
"Vuole che torni con lui.." Kim scoppiò a ridere, quasi istericamente. Ma perchè questa rivelazione scatenava in tutti questa ridarella inquietante? Non c'era propriamente da divertirsi.
"Ti prego, dimmi che gli hai dato un pugno." pregò, tornando seria.
Mi oscurai in volto. "Avrei tanto voluto farlo quando ha insultato Adam.."
Kim assunse un'aria tronfia e saccente. "Non che in questo momento non si meriti una bella barca d'insulti, il caro Adam, Nat..però il pugno ci stava." Mi lasciai scappare un sorriso, che morì nell'esatto momento in cui entrò Adam affiancato da Jim. Passò a fianco al mio banco, ma m'ignorò totalmente, facendo sì che lo sconforto prendesse possesso di me fin nel profondo. Era assurdo, ma mi sentivo persa senza di lui.
"Non struggerti per Brown, Nat.. a lui ci penso io." mi rassicurò la mia amica, con uno sguardo che non prometteva nulla di buono..non per Adam, almeno. "Ma cosa hai risposto a Donagan?"
Mi strinsi nelle spalle, e risposi in un sussurro. "Ero shoccata, non sapevo che dire..e lui mi ha detto di pensarci su. Ma non voglio stare con lui, non lo amo..non è lui che vorrei al mio fianco.."
L'espressione di Kim, dalla nera e sadica, passò alla sorpresa e accorata.
Entrò il professore in classe, ma, come un tempo, Adam continuò a far casino con i suoi stupidi amici. Nonostante Kim avrebbe tanto voluto continuare a parlare come se nulla fosse, per troppo rispetto mise il muso e riservò l’attenzione al professore, lasciando me a crogiolarmi nei miei pensieri.
Mi sentivo nello sconforto totale, avevo voglia di piangere.
Se un non-bacio aveva causato tutto questo, non volevo immaginare se ci fossimo baciati sul serio. Ne sarei morta.
"Che peccato.." brontolò il prof, "Pensavo che finalmente Brown avesse messo la testa a posto.."
Già..pensai amaramente, lo credevo anch'io.
.
Durante la seconda ora, Adam era come sparito. Ma ero troppo giù di morale, per notare che non fosse l'unico a mancare all'appello. Quando, negli spogliatoi della palestra, una mia compagna di classe entrò tutta trafelata, col viso rosso e le labbra gonfie, la comprensione mi arrivò come una secchiata d'acqua ghiacciata. Anche lei non era in classe.
Sentii cedere le ginocchia, e mi dovetti sedere sulla panca, per non volare a gambe all'aria.
Kimberly mi riservò uno sguardo preoccupato e confuso. Non aveva ancora afferrato. - Angelina stava per parlare,
probabilmente per raccontare cosa
aveva fatto con quel..quel..oh, ma perché proprio con Adam?Ma il prof,
fortunatamente o per sfortuna, dipendeva dai punti di vista, bussò poco
galantemente e ci intimò di sbrigarci, perché non avevamo tutto il
tempo del
mondo.
"Kim..puoi.." balbettai mentre sentivo lo stomaco contorcersi e annodarsi, con un filo di voce. Kim annuì, intuendo la richiesta, e uscì con le mie compagne, ritornando qualche istante dopo col professore.
"Smith, Stevenson ha ragione, non hai una bella cera..è meglio che tu stia ferma, oggi. Vieni, starai seduta sugli spalti."
Indossai nuovamente la felpa -sentivo un freddo polare- e lo seguii.
Per la prima volta da quella mattina, Adam mi guardò. Durò meno di un secondo, ma incrociai i suoi occhi smeraldini, e, mio malgrado, pensai che
mi erano mancati terribilmente.
Seguii la partita di pallaprigioniera passivamente, ricevendo stoccate dopo stoccate ogni volta che Angelina lanciava occhiate di sbieco a Adam.
Se trovarsi a due millimetri dal baciarmi gli faceva venire voglia di farsi un'altra ragazza, buon per lui. Che cosa carina, davvero. Mi veniva da vomitare.
"Prof, posso.." e feci un cenno allo spogliatoio. Lui annuì, ed io corsi velocemente nei bagni, accasciandomi sul pavimento, contro il muro. Lì, finalmente sola, scoppiai a piangere come non avevo mai fatto.
Non sentivo più nemmeno il mio cuore battere, era morto, oppure si confondeva con i singhiozzi che mi scuotevano forte. Mi sentivo malissimo, non trovavo nemmeno la forza di pensare.
Nella mia testa ronzava il pensiero di Adam e Angelina. - Stavano insieme? Da quanto,
oggi o da molto e io non ne sapevo
nulla?
- A quell’idea, lo stomaco si
contorse e un nuovo attacco di lacrime
e singhiozzi mi distrusse.
Mi portai una mano al viso, l'altra alla fronte per togliere di torno i capelli.
E arrivò. La conclusione, più temuta e negata fino allo stremo, arrivò: mi stavo innamorando di Adam.
Questa ne era la prova. Non era solo delusione perchè m’ignorava. Mi mancava, terribilmente e strenuamente.
Ero talmente gelosa da poter desiderare che quella ragazza non fosse mai esistita.
Ne ero palesemente attratta e, per concludere, stavo piangendo per lui. Paradossalmente, facevo la cosa che odiavo di più solo per le persone che amavo o a cui tenevo di più; mi era successo solo quando ero veramente sconvolta per mia madre e Rick...e ora toccava a Adam, segno che mi stava realmente entrando nel cuore.
“Nat, tutto..oddio, Natalie!” Kim si fiondò immediatamente da me. L'abbracciai di riflesso, continuando a far scendere lacrime e bagnandole la maglietta. “Su..su, non piangere..”
“Kim..avevi ragione..dovevo stare attenta con Adam..” singhiozzai, stringendo forte tra le dita la stoffa della t-shirt. “Mi sono fatta male di nuovo..”
Lei fregò la mano sulla mia schiena, cullandomi: “Lo so..lo so”. - .
- Per mia fortuna, il
professore non mandò a chiamare Kim convenendo
che avessi avuto bisogno d'aiuto. Mi sfogai con la mia migliore amica
per un
tempo indefinito, continuando a piangere abbracciata a lei, finchè il
prof non
fischiò la fine della partita.
Mi lavai il viso, cercando di salvare il salvabile, sotto consiglio di Kimberly. Ma avevo gli occhi gonfi e rossi, si vedeva da un chilometro che avevo pianto, e di sicuro la mia faccia non era meglio di stamattina.
Le ultime due ore passarono in un soffio. Non sentii una parola delle lezioni, in compenso i prof, informati del mio stato dall’insegnante di fisica, non mi ripresero mai. Ero uno straccio, era evidente.
Cercai di ritrovare una parvenza di normalità, comunque, nelle due ore; non volevo sembrare la depressa complessata di turno. - Ovviamente,
era quasi
impossibile per me, anche perchè ogni due nanosecondi pensavo a Adam,
al suo
viso, al suo sorriso, e inevitabilmente ricordavo che l'avrebbe rivolto
ad
Angelina d'ora in poi, quel maledetto sorriso. Mentre a me, non
spettava
nulla, nemmeno un cenno.
- Eppure eravamo amici..o lo
eravamo stati.
Quella parola era forse più dannosa per me, che il pensiero di Angelina con Adam.
La campanella suonò, e passivamente riposi tutte le mie cose nella cartella. Kim era schizzata fuori dalla classe, lasciandomi sola..o quasi. Notai solo in quel momento di essere rimasta con Adam in classe.
Presi un profondo respiro, e mentre lui passava affianco al mio banco, parlai. “Fatto pace con Wilson? Ora non hai più bisogno della bisbetica Smith?” volevo fosse un sibilo secco, e mi uscì un mormorio tremolante. Un classico.
Adam non si voltò a guardarmi; dopo un attimo di esitazione, ricominciò a camminare verso la porta. Si fermò allo stipite, e si decise a rispondermi. “Sai..mi sentirei il terzo incomodo..Sii felice con Donagan.”
Sbatacchiai le palpebre, mentre afferravo a fatica il concetto.
“Adam!” sbraitai, prendendo lo zaino e mettendolo in spalla, mentre lo rincorrevo. “Sei uno stupido! Non capisci niente!”
Lui si fermò in mezzo al corridoio ormai deserto, e si voltò a fissarmi con astio. “Evidentemente non sono intelligente..” fece, piccato. “Pensavo di conoscerti bene, Natalie..ma mi sbagliavo.” - Stava per riprendere a
camminare, quando mi sentii esplodere.
“Bene! Bene! Comportati da immaturo! Ignorami come oggi, come se non fosse mai successo niente!” esclamai, con tutta la rabbia che provavo. “La nostra amicizia non è abbastanza importante, per te..” l'ultima parte lo dissi piano, lettera per lettera. Faceva male persino a me, dirlo.
Adam si voltò nuovamente, sgomento. “No. La nostra amicizia non era abbastanza, per me...” - A quelle parole, sentii il
mio cuore spezzarsi. Potevo stare
peggio?
- Sentii le lacrime scendere
calde sulle mie guance, e non provai
nemmeno a cancellarle. “Sei solo uno stronzo, Adam..non avrei dovuto
fidarmi e
permetterti di diventare importante per me..”
- Adam fece una smorfia. “Per
piacere..smettiamola, okay?” disse,
con tono strascicato e stanco, “Vuoi la verità? Ti ho presa in giro.
Era una
scommessa con Jim, sin dall’inizio. Dovevo riuscire a diventare tuo
amico,
conquistare la tua fiducia. Dato che Jim non ci riusciva, e lo prendevo
in
giro, mi ha sfidato..ed io non potevo tirarmi indietro, no? E’ ovvio.”
Mi
rivolse una smorfia, che avrebbe dovuto essere un ghigno dei suoi.
“Spero che
la delusione non ti bruci troppo.” Ci misi qualche secondo a recepire
le
informazioni, e quando lo feci, fu come se un’incudine di due
tonnellate mi
arrivasse direttamente sul petto, disintegrando il mio già acciaccato
cuore.
- Mi aveva presa per il culo.
Per tutto quel tempo. Ed ero convinta
fossimo amici.
- Era tutto uno stupidissimo
scherzo, una scommessa..e io mi ero
innamorata di lui.
- Come avevo potuto essere così
ingenua e stupida?
- Mi veniva da vomitare. Ero
schifata e umiliata come mai in vita
mia.
- Volevo solo allontanarmi da
lui e rintanarmi in un posto dove
rimanere sola con la mia vergogna e il mio dolore.
- “Complimenti, hai vinto..”
sibilai, correndo via e lasciandolo da
solo nel corridoio.
- Raggiunsi
casa senza badare alla pioggia scrosciante e ai capogiri che mi
facevano
ciondolare pericolosamente e vedere doppio. Quando aprii la porta, mi
ritrovai
nientemeno che un Brown davanti, e senza un motivo lo mandai a fanculo.
No, un
motivo c’era: era fratello di Adam, e questo bastava.
- “Natalie!”
mi riprese Rose, sconvolta quasi quanto il mio migliore amico. Volevo
salire in
camera di Rosalie, ma le forze venivano meno e i polmoni sembravano in
fiamme
per la corsa che avevo fatto. Mi girava la testa, e mi sedetti sui
gradini,
mentre, sfiancata, non opposi alle mie palpebre che volevano chiudersi
e riposare.
Quando riaprii gli occhi, mi trovavo in un letto, ma ero così intontita che non riconoscevo nemmeno di chi fosse. Sbattei le palpebre e misi a fuoco, e mi accorsi di essere nella stanza e sul letto di Rose. - “Ehi,
Nat..” una voce al mio fianco mi fece sussultare: Bryan. Mi guardava
preoccupato e accigliato.
- “Oddio,
Bry..” mugugnai, rauca e dispiaciuta, “Non volevo aggredirti..scusami,
io..” Mi
posò un dito sulla bocca, e sorrise teneramente, come solo un fratello
poteva
fare. “Eri sconvolta.. Brutta giornata?”
- “Terribile..”
mormorai.
- “Che
è successo?” incalzò, attento e serio.
- “Io..”
la voce si incrinò, e il pensiero che mi fossi innamorata di un
coglione mi
schiaffeggiò brutalmente, portandomi di nuovo all’orlo del pianto.
- Bryan
mi abbracciò forte. “Che è successo?” ripetè.
- Scoppiai
a piangere, incapace di parlare. Non potevo dire la verità a Bryan, era
da
escludere. Cosa potevo fare, dopotutto? Tenevo troppo sia a Adam che a
Bryan,
per osare a rovinare il loro rapporto. Per cosa poi? Non era colpa mia
se la
nostra amicizia non era mai stata tale.
- Bryan
mi consolò un po’, poi mi disse di sdraiarmi perchè la febbre era
salita. Fosse
stata veramente l’influenza a farmi stare così..sarebbe stato tutto più
facile.
“Devi stare a riposo..” si raccomandò, “Ora devo andare, Rose sta per arrivare..Ciao,piccolina..” mi rivolse un sorriso stiracchiato e preoccupato, poi uscì dalla stanza. Qualche minuto dopo comparvero sulla soglia entrambe le mie sorelle, lasciandomi di stucco. - “Ehi,
Nat..che colpo mi hai fatto prendere!” borbottò Rose, avvicinandosi a
me.
Melanie se ne stava in disparte, a osservarmi; sul suo viso potevo
leggere..dispiacere? Pena?
- Non
c’era cosa che odiassi di più di essere compatita. Mi mandava in
bestia. Ma ero
così stanca e distrutta da non trovare le forze per oppormi e dire di
non
guardarmi così.
- “Si
può sapere cos’è successo?” chiese cautamente Rosalie, avvicinandosi al
mio
viso e posando una mano sulla fronte. “Sei ancora un po’ calda..Perchè
non mi
hai chiamata, sapevi che ero a casa! Non ti saresti bagnata e avresti
evitato
di ammalarti!” mi sgridò, con un’aria da madre apprensiva.
- Non
risposi, limitandomi ad un sospiro.
- E
pensare che mi ero aperta totalmente con Adam, tanto da avergli svelato
i miei
più profondi tormenti e i segreti che solo Rose sapeva.
Speravo solo che non mi facesse qualche
carognata delle sue. Lo scherzo mi aveva già distrutta a sufficienza.
- Rosalie
e Melanie stettero con me un po’, adeguandosi al mio silenzio.
- Non
osavo pensare nemmeno perché Mel fosse nella stanza e che cosa volesse;
cercavo
di disconnettere la mente e il cuore, non volevo più provare niente.
Magari la
delusione sarebbe passata, e anche quella stramaledetta cotta per Brown.
- Già,
Adam Brown, il mio acerrimo nemico che, ancora una volta, mi aveva
presa in
giro e fatto uno dei suoi stupidi scherzi, dimostrandomi ancora una
volta
quanto fosse un abile attore. Anche se stavolta ci stava rimettendo
qualcosa di
molto più prezioso dei miei capelli; ora ci smenavo il cuore.
- Me
lo sarei dovuto aspettare, dopotutto, non avrei dovuto abbassare la
guardia.
- Ogni
volta era la solita storia: mi fidavo, mi abbindolavano, e poi mi
deludevano. Ed io ancora non avevo
capito come mi dovessi comportare.
- Dopo
non so quanto tempo da quando le mie sorelle erano scese di sotto, la
porta
della stanza si riaprì, e ne entrò la piccola Kate.
- Vederla
mi provocò una fitta allo stomaco. Era incredibile quanto somigliasse a
Adam, e
la cosa non giovava al mio favore.
- “Natalie!”
urlò, correndo al mio capezzale, “Come ‘tai?” chiese, accigliandosi in
un
cruccio adorabilmente preoccupato.
- “Non
tanto bene..” sospirai.
- “Ma
quando guardisci giochi con me?” domandò, teneramente, con un filo di
voce e
uno sguardo da cucciolo irresistibile. Era da molto che non le facevo
da
baby-sitter, in effetti. Dal giorno in cui il fratello aveva messo in
atto il
suo piano per farmi capitolare.
- M’imposi
di farle un sorriso, anche se piccolo, che la fece rasserenare, e
questo mi
rincuorò. “Certo..” mentii, ma a fin di bene. Non potevo di certo dirle
che
avevo intenzione di evitare come la peste nera casa sua e tutta la sua
famiglia.
- Si
avvicinò cautamente, e accennò un sorrisetto estatico. “Addy mi ha
detto che ti
voleva far vedere la nostra casetta..ti è piaciuta?”
- Il
mio cuore perse un battito. Il rifugio segreto..quella notte..sentii le
lacrime
pungere, ma le trattenni serrando per un istante le palpebre.
- Per
fortuna, Emma entrò tempestivamente nella stanza. “Katie, credo che
Natalie
voglia riposare, è distrutta..” dicendo quelle parole, mi riservò uno
sguardo
accorato, e fin troppo consapevole. Che avesse capito tutto? Be’, non
mi sarei
stupita, con quel suo intuito da Jessica Fletcher. E poi, aveva
scoperto già
una volta i piani del figlio screanzato, perché non poteva arrivarci
ancora?
- Meglio
non pensarci.
- Emma
si avvicinò a me, mentre la bambina si sporgeva per darmi un bacio
sulla
guancia e uscire dalla stanza poco dopo facendomi ciao ciao con la
manina e uno
sguardo triste.
- “Tutto
bene?” chiese, accorata. Quanto avrei voluto che Emily fosse stata così
dolce
con me..invece era Emma, qui, che si preoccupava per me.
- “Più
o meno..potrebbe andare sicuramente meglio.” Sospirai, sentendo la
testa
pulsare fastidiosamente. Altro che febbre, erano tutti i pensieri
negativi che
volevano esplodere.
- Emma
mi lasciò una carezza sulla guancia, e sorrise amorevolmente.
- “Non
preoccuparti..non c’è ferita che non può essere guarita..devi solo
trovare la
medicina giusta.” Disse, per poi girare i tacchi e arrivare alla porta.
“Riposati e guarisci presto.” Mi salutò, con un ultimo sorriso. Ma io
stavo già
riflettendo sul suo consiglio implicito. Comunque, aveva capito tutto,
non
c’era dubbio. Non poteva riferirsi solo all’influenza.
- Ma
qual’era la medicina giusta per me? Come minimo, dimenticare Adam..o
almeno
mettersi nella prospettiva di ignorarlo e non pensarci più. Sì, questo
era
quello che sicuramente mi aveva consigliato Emma.
- -
Due giorni dopo, la febbre era scesa lasciando come ricordo labile solo un leggero raffreddore. Peccato che mentalmente e sentimentalmente fossi a pezzi, ancora. - Quel
giovedì mattina sarei dovuta andare a scuola, e il pensiero di rivedere
Adam mi
faceva accapponare la pelle per l’ansia e battere dolorosamente il
cuore.
Nonostante non volessi più avere a che fare con lui, una parte di me
desiderava
veramente rivederlo, abbracciarlo e perdersi nel verde dei suoi occhi.
Ma c’era
il piccolo particolare –non l’avevo di certo scordato- che non ci
potevo stare
vicina nemmeno come amica, perché per lui non ero mai stata
lontanamente tale.
Che razza di fregatura: innamorata di una finta. Patetico.
- Ormai
era un dato di fatto, che io e le questioni di cuore fossimo
incompatibili.
Ogni volta succedeva qualcosa che rovinava tutto. Prima con Rick, poi
con
Adam..
- Rick,
già. Come se non bastasse, dovevo parlargli e mettere in chiaro la
situazione.
Questo discorso avremmo dovuto affrontarlo almeno due anni prima.
- Con
un sospiro, digitai il suo numero sul cellulare e poi il messaggio che
diceva
di trovarci il pomeriggio. Pochi minuti dopo, mentre finivo di
vestirmi, mi
arrivò la risposta: Non serve, ti porto a
scuola stamattina. Passo tra dieci minuti.
- Bene,
prima chiarivamo, prima mi liberavo di questo macigno.
- Rick
non si smentì: quando uscii da casa, dieci minuti dopo, lui era lì,
appoggiato
alla sua macchina –che, anche se non ero intenditrice, sembrava
piuttosto
costosa e veloce.
- “Buongiorno,
principessa.” Mi sorrise, guardandomi con tenerezza nei suoi occhi
azzurrissimi. “Come stai?”
- “Mi
sento come una che si è appena ripresa dall’influenza..” risposi,
stringendomi
nelle spalle e avviandomi verso l’auto. Rick, con un sorriso, aprì
galantemente
la portiera del passeggero, invitandomi a salire. Due istanti dopo, lui
era al
mio fianco e metteva in moto.
- “Allora..hai
avuto tempo a sufficienza per pensare alla mia proposta.” Incalzò.
- Mi
concessi due istanti per riordinare le idee e pensare ad un discorso
sensato e
coerente.
- “Il
fatto è, Rick, che mi c’è voluto un sacco di tempo, per dimenticarti.
Sono
stata veramente male, e non mi fiderò mai più completamente di te..”
lasciai un
attimo in sospeso la frase per osservarlo di sottecchi, mentre guidava
tranquillamente. Non sembrava turbato, anche se era prevedibile un mio
rifiuto.
“Non provo più quello che sentivo prima, e, tra l’altro, la mancanza di
fiducia
non è una buona cosa. Lo sai come la penso..” Rick annuì, come se
avesse capito
tutto.
- “E..?”
- Mi
accigliai. “E..cosa?”
- Rick
ridacchiò, sembrava divertito. “E..ti sei presa una cotta per Brown.”
- Rimasi
completamente di ghiaccio. Cos’aveva, la sfera di cristallo?
- “Non
arrabbiarti, Nat, ma è piuttosto evidente.. e scontato. Te l’ho sempre
detto
che lo vedevo come una minaccia quando stavamo insieme. Era ovvio che
prima o
poi saresti capitolata.” Annuì tra sé, come a sottolineare il concetto.
Si
voltò verso di me, e sorrise, analizzando la mia espressione confusa e
basita.
“L’ho capito quando l’ho chiamato bastardo. Sei trasalita, e dai tuoi
occhi ho
capito che avresti voluto strozzarmi per averlo fatto.” Ammiccò, sicuro
di sé.
Poi tornò a fissare la strada e ricominciò a parlare. “Ho capito anche
che ti
fa male sentir parlare di lui, deve averti ferita, molto più di quanto
l’ho
fatto io due anni fa.” Ecco, era in arrivo un mancamento. Ma questo mi
leggeva
seriamente nella mente. Era più sveglio di quanto ricordassi. E, mio
malgrado,
dovevo ammettere che stare con lui mi stava facendo accantonare, anche
se per
poco, la delusione per Adam, anche se ora lo stava nominando e stava
rovinando
tutto.
- “Sono
diverso, ora, Natalie..” in quel momento, parcheggiò nello spiazzo
davanti alla
scuola, e piantò i suoi occhi nei miei. “Anche tu sei cambiata. Però mi
rendo
conto che, anche se è passato tutto questo tempo, per me è facilissimo
volerti
più che bene. Mi viene naturale. Vorrei davvero poter rimediare ai miei
sbagli
e riuscire a riconquistare la tua fiducia Nat, e soprattutto toglierti
dalla
testa quel pensiero molesto di Brown.”
- La
sua ultima affermazione mi fermò il cuore.
- Aveva
toccato il tasto dolente, e ci stava lavorando sopra. Purtroppo aveva
anche
capito ciò di cui avevo bisogno, e il suo discorso non faceva una
piega.
- Ma
sarei potuta stare con Rick, pur amando Adam? Se non lo amavo,
comunque, ci
andavo veramente vicinissimo.
- Non
che stare a struggermi e sguazzare nella depressione mi facesse star
meglio,
ovviamente..avevo imparato a mie spese, proprio con Rick, che non
bisognava
farlo. Dovevo riprendere in mano la mia vita, ora che non aveva toccato
completamente il fondo, ora che ancora non ero ancora nella via della
perdizione per Adam.
- E
se Rick avesse avuto ragione? Se stare con lui mi avesse fatto bene, e
mi
avrebbe aiutato a riacquistare la fiducia in lui? E se, soprattutto, mi
avesse
fatto dimenticare l’esistenza di Adam dal mio cuore?
- Tanto
con lui non avrei avuto mai speranze. Forse, se fossimo stati amici
davvero,
qualcosa potevo raggiungere; ma dato che non eravamo stati nemmeno
quello, e
dato che eravamo tornati alle origini, con odio reciproco (e una buona
dose di
sofferenza da parte mia, con amore annesso), non c’era niente da fare.
Tra
l’altro, come poteva il sentimento per Adam continuare a crescere, se
la parte
di lui di cui mi ero infatuata era solo una mera recita?
- Non
c’era più, anzi, non c’era mai stato. Non si poteva amare una maschera,
era
esattamente come dire di essersi innamorate di un vip della
televisione.
- E
io non avevo bisogno di un amore basato sulla finzione, né di
struggermi per
qualcosa di inesistente.
- “Se
ti dicessi di sì, mi prometti che non mi tradirai più? Che cercherai in
ogni
modo di farmi dimenticare Adam e di farmi innamorare di te, senza
finzione?”
- Gli
occhi di Rick brillarono. “Te lo prometto, Natalie.”
- In
quel momento, sentii il trillo lontano della campanella.
- Rick
si sporse verso di me, ma la mia occhiata restia lo fece fermare un
istante.
- “Non
andremo di fretta, Nat. Voglio recuperare il tempo perso, e non brucerò
le
tappe. Sarà come ricominciare tutto daccapo.” Sorrise, in un modo
rassicurante,
e mi fidai. Rick non mi baciò, in compenso mi strinse in un abbraccio
che, per
qualche secondo, mi scaldò il cuore. “Ti vengo a prendere alla fine
delle
lezioni?” chiese.
- “Con
calma.” Ribadii, sciogliendo la presa e aprendo la portiera. Rick
ridacchiò.
- “Okay.
Ora,però, l’invito a salvare il mio numero nella rubrica è da
cogliere.” Mi
rivolse un sorrisetto furbo che mi fece alzare gli occhi al cielo.
- “Certo,
Rick.” Sorrisi, appena appena, ma sinceramente serena. “Ci vediamo
domattina.
Mi passi a prendere, ovviamente.” Detto questo, scesi e richiusi la
portiera,
per poi correre nell’edificio.
- Sembrava
che, dopo tre giorni di buio, fosse rispuntato un raggio di sole. Era
la
prospettiva di eliminare davvero Adam dalla mia mente, come amico,
ragazzo e
perfino come nemico.
- Non
volevo più dargli corda, desideravo solo togliermelo dalla testa e
tornare alla
normalità.