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Autore: Soul Sister    16/08/2011    8 recensioni
Dal primo capitolo:La mia vita era sempre stata come una di quelle sit com americane, piena zeppa di colpi di scena, ma sempre prevedibili. Di quelle con teenager alle prese con qualche cretino super-figo che le tormenta e rende la loro vita un inferno, ma che, inevitabilmente, poi, le fa innamorare di lui come delle povere pere cotte.
Ma, fortunatamente, io non ero la classica ragazza da sit com che s’innamorava del cretino della città. Io ero la teenager che affrontava il deficiente in questione, perché, purtroppo, anche nella mia prevedibile realtà, lui esisteva.
Non poteva mica non esserci. Perché quella presenza era peggio di una piaga in via di putrefazione, un porro peloso, un foruncolo, e resisteva.
Ma, se nelle sit com, poi diventava l’eroe, si poteva star certi che qui, nella mia città, nella mia vita, lui non sarebbe mai diventato magicamente il santo della situazione. Non c’erano segreti scabrosi della famiglia che l’avevano irreparabilmente rovinato, niente maschere che nascondevano un cuore d’oro. Eh sì, perché, purtroppo, il figone del mio, di villaggio, lo conoscevo fin troppo bene. Perchè le nostre famiglie erano amiche da quando mio padre e mia madre andavano al liceo, e, come se non bastasse, una delle mie sorelle era fidanzata col fratello maggiore della mia nemesi. Solo per informazione, nel mio universo, la pustola, colui che rompeva le palle insistentemente, aveva il famoso nome di Adam Brown: mi rifiutavo categoricamente di ritenerlo mio cognato. Era troppo..deprimente.
Restava il fatto, che la Pustola aveva appena segnato la sua ora.

-Spero vi abbia incuriosito :)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Buongiorno, mie care lettrici :) Come state?
La vostra estate fila liscia e fin troppo velocemente come la mia? Vorreste che il tempo si fermasse? Beh, io sì, lo vorrei tanto >-< Vorrei anche che la scuola venisse abolita, ma ovviamente chiedo cose decisamente impensabili. ù.ù Viste le stelle cadenti?? Io forse xD
Se avete notato che sto cincischiando più del solito, avete ragione..hihi ^^"
Perchè ho sinceramente paura di quello che penserete leggendo questo capitolo..e ho paura per la mia incolumità, quella di Natalie, e soprattutto quella di Adam..ç_ç Vi assicuro che ci vorrete uccidere..ma abbiate pietà! Se no come risolvo i casini che io stessa creo?? XP
Beh, vi lascio al capitolo...vi ricordo: siate magnanime ;P
PS: vi ringrazio tutte per le bellissime recensioni..scusate se non sono riuscita a rispondere >-<
Un bacione. :*
Capitolo 14. L'ho sempre detto io che ho un cuore difettoso!


Okay. Ragioniamo.
Io, Natalie Smith, mi ritrovavo col mio ex, Rick Donagan, il quale mi aveva tradita con la prima che capitava perchè era convinto che fossi innamorata di Adam Brown, allora il mio acerrimo nemico e attualmente il ragazzo che avevo quasi-baciato la sera prima, perchè il mio ex diceva di voler tornare con me.
Rick continuava a guardarmi attentamente con quei suoi occhi celesti, come a leggermi dentro. Mi chiedevo cosa potesse vedere, dato che anche per me stessa era tutto confuso e annebbiato.
Pian piano, però, il panico si fece largo in me.
"I-io.." balbettai, cercando di trovare le parole e riordinare le idee.
Rick mi posò un dito sulle labbra, spiazzandomi ancor di più, e sorrise. "Non devi rispondermi ora, Natalie..è passato tanto tempo, me ne rendo conto,e ti ho ferita.." fece una pausa teatrale, e i suoi occhi si fecero serissimi. "Ti chiedo una seconda chance. Sai com'era stare insieme, sai che tenevo davvero a te. Ti chiedo solo di pensarci bene, e di fare la scelta più giusta secondo te." concluse. Poi tornò a sorridere sereno, e invertì la direzione. "Ti riporto a casa."
Non parlò più, finchè non raggiungemmo il mio cancelletto. Sembrava soddisfatto di sè, del suo discorso. Era probabilmente sicuro di avermi abbindolata, con quello sguardo penetrante e azzurro.
Non sapeva, però, che ero già ben intenzionata a dire di no. Era passato tanto, troppo tempo, ed io ero stata veramente male a causa sua. Non mi sarei più fidata, ed ero sempre stata convinta che in un rapporto la fiducia nell'altro fosse essenziale: perciò, non se ne faceva nulla. Tra l'altro..non riuscivo a vedermi fidanzata, in quel momento. Almeno, non con lui.
Però non volevo dirglielo subito.
L'avrei lasciato in brodo di giuggiole, e poi..gli avrei detto di no. Era una piccola rivincita, diciamo.
E no, non ero mica sadica.
"Ci vediamo in giro, Nat..il mio numero lo sai, nel caso di bisogno." ammicò, e a tradimento mi scoccò un bacio sulla guancia. Rimasi immobile, e mi trattenni dal stenderlo con un pugno sul naso.
No, non era maturato. Probabilmente era anche peggiore di quando l'avevo lasciato due anni prima. Ma era un classico dei maschi: più l'età avanza, più diventano cretini.
"Sì. Non mancherò." Come se avessi chiamato davvero lui, in caso di bisogno.
Girai i tacchi, ed entrai. Stavo per aprire la porta di casa, ma quella si aprì prima che potessi afferrare la maniglia.
Rosalie mi guardava severa. "Cosa ci fa qui?" disse, schietta e dura.
"Voleva parlarmi." Tagliai corto, scansandola ed entrando in casa.
"Cosa ti ha detto?" chiese, con un tono piatto.
Le lanciai uno sguardo inviperito. "Ma cos'è, un interrogatorio? Sembra che io abbai fatto qualcosa di male!" sibilai.
Rose mi guardò accigliata. "Nat, sono solo preoccupata! Devo ricordarti quello che ti ha fatto passare?" il suo tono, se voleva colpirmi, ci riuscì.
"Mi ha solo chiesto di perdonarlo e tornare con lui." tagliai corto, andando in salotto, dove c'era nostra madre. Lì il discorso era impossibile affrontarlo, dato che Emily non ne sapeva nulla. Tra l'altro, non mi sembrava il caso di litigare per Rick, soprattutto davanti a Melanie, che furba com'era, avrebbe frainteso.
Rose aveva una faccia stralunata, incredula. Probabilmente era convinta che avessi detto di sì.
La feci aspettare tutta la mattina e il pranzo, prima che potesse rapirmi in camera sua e mi facesse dire la verità.
"Non ho detto di sì." dissi solo. Rosalie parve sollevata e sospirò. "Gli ho detto che ci avrei pensato.." lasciai la frase volontariamente in sospeso, facendo sbarrare gli occhi a mia sorella.
"Che hai intenzione di fare?"
"Gli dirò di no" sorrisi, "Ovviamente. Voglio solo illuderlo un po'."
Rosalie scoppiò a ridere, forse per il sollievo, oppure era veramente impazzita. "Sei sadica, sorella. Non ti fai scrupoli!" scherzò. Ma io mi rabbuiai. "Lui non si è fatto alcuno scrupolo, mi sembra." le ricordai.
Il pomeriggio lo passai a parlare fitto fitto con Rosalie, e poi, quando lei uscì con Bryan, mi sdraiai sul divano di sotto con le cuffie nelle orecchie e la musica a palla.
Mi sentivo terribilmente confusa. E preoccupata.
Come avrei dovuto comportarmi quella sera? Adam cos'avrebbe fatto?
Restai a rimuginare per ore, sotto lo sguardo ansioso di mio padre, il confuso di mia madre e l'indifferente di Melanie.
Non che la cosa li toccasse particolarmente. Papà ogni tanto mi chiedeva se andasse tutto bene, e io gli facevo un cenno affermativo, troppo concentrata sulla musica e sui miei pensieri.
Tutti i miei vaneggiamenti su Adam e quella serata, vennero spazzati via dal vento quando Emma chiamò mia madre per dirle che Adam non si sentiva bene.
"Oh, cara, non preoccuparti..Fagli prendere qualcosa, mi raccomando.." ecco, lei si che dava buoni consigli alle altre madri..peccato che non li mettesse in pratica con le sue, di figlie. "Anche Natalie mi sembra piuttosto giù di corda..magari è qualcosa che ha mangiato ieri sera..come? Anche Adam è uscito ieri? Non lo sapevo, sai?" Emily mi scoccò uno sguardo incuriosito. "Beh, ci sentiamo presto..che ne dici, magari domani pomeriggio vieni a bere il tè"
Sprofondai la testa nel divano, sospirando pesantemente. Mio padre mi scoccò a sua volta un'occhiata, ma al contrario di mia madre, sembrava aver capito tutto al volo. Anche che non era per colpa del cibo che ero così messa male.
Le ore passarono lente, e in ogni momento m'inventavo un pretesto per mandare un messaggio a Adam. Poi fissavo le parole scritte sul display, e scuotevo la testa, cancellando tutto.
A cena non toccai cibo. Rosalie continuava a scoccarmi sguardi straniti. Esausta, andai a letto prestissimo, infilandomi sotto le coperte appena alle nove, dopo una doccia veloce e un ultimo sguardo alla finestra. Poi pensai che la stanza di Rose dava dall'altro lato della casa, e che da lì non potevo vedere la stanza di Adam. Sospirai, lasciandomi cadere sul materasso.
Scommettevo tutto quello che avevo che Adam stesse benone, almeno fisicamente. Magari si sentiva esattamente come mi sentivo io. Scombussolata, confusa e soprattutto impaurita. Magari anche lui era convinto che la nostra amicizia era stata messa a repentaglio, la sera precedente. E magari non voleva più avere a che fare con me...
E se invece non gliene fregava nulla di me? Se magari avesse capito quello che provavo? Mi sarebbe stato alla larga, per questo?
Con questi pensieri mi addormentai tardi, e con quelli mi svegliai di buon'ora la mattina successiva.
Guardandomi allo specchio, stentai a riconoscermi. Sembravo uno di quei vampirastri della Meyer, però brutto. Sì, perchè avevo un aspetto terribile e spaventoso, e se non era bastato un non-bacio ad allontanare Adam, la mia figura l'avrebbe fatto scappare a gambe levate lontano da me.
Tutti i miei pessimi pensieri si riflettevano sul mio viso, e i segni si vedevano eccome.
Con l'ennesimo sospiro, forse il trentesimo in sessanta secondi, mi abbandonai sotto il getto della doccia. Ma non ebbe alcun effetto positivo; non che ci sperassi, quella mattina il mio pessimismo rasentava picchi mai visti, e dubitavo che qualcosa sarebbe andato per il verso giusto, quel giorno.
Mi vestii con calma, e feci lentamente colazione.
"Tutto okay?" domandò Rosalie, guardandomi accigliata e preoccupata, spalleggiata da papà, apprensivo come non l'avevo mai visto. Evidentemente, nemmeno quando mi ero lasciata con Rick ero messa così male, se l'avevo convinto ad entrare nei panni del genitore in panico per il comportamento strano della figlia. Non che in quel periodo papà fosse stato assente; mi era rimasto vicino senza essere ossessivo, e soprattutto, dato che aveva intuito quanto fossi giù, aveva provveduto a tenermi il più calma possibile mammà.
Annuii, masticando passivamente i cereali.
Dopo essermi lavata i denti, domandai a mio padre di accompagnarmi a scuola in macchina.
Evviva l'allegria, anche il tempo sembrava essere d'accordo con me; diluviava alla grande. Ma quello era solo la scusa; in realtà avevo paura di incontrare per strada Adam, o addirittura di doverla fare tutta con lui..e non me la sentivo proprio.
Papà acconsentì di buon grado, e notai Rose sospirare e scuotere la testa, tirando fuori il telefono.
Quando scesi dall'auto, una ventata gelida mi colpì. Ma quello fu il male minore, finchè non notai Adam ridere e scherzare con Jim Wilson. Sentii il sangue ghiacciarsi nelle vene, non ci potevo credere.
Camminai incerta verso Kim, che sembrava a dir poco furente.
"Quel brutto pezzo di merda. Non ha nemmeno ricambiato il saluto, stamattina!" ringhiò, incrociando le braccia al petto. Mi concessi un sospiro. Questo..questo faceva davvero male. Non contribuiva certo a tirarmi su il morale.
"Ma Nat, cos'hai? E' successo qualcosa con Adam? E' per questo che non è venuto con te?"
Chiusi gli occhi, per un attimo, cercando di riordinare i pensieri.
Quando li riaprii, la mia migliore amica mi guardava confusa e ansiosa.
Le feci cenno con la testa verso l'entrata della scuola, e mentre la campanella suonava, le spiegai quello che era successo la sera prima, lasciandola a bocca aperta.
"E'..ma è stupido non parlarti per quello!" esclamò, picchiando il pugno sul palmo aperto della mano.
Sospirai, massaggiandomi gli occhi. Ci sedemmo al nostro posto, e tirai fuori il libro di storia dallo zaino.
"Non è tutto.." annunciai, con l'entusiasmo di un cadavere. "Rick è venuto a casa mia."
Kim sbarrò gli occhi, esterrefatta. "Che cosa? Cosa voleva quel brutto, viscido verme?" sibilò.
"Vuole che torni con lui.." Kim scoppiò a ridere, quasi istericamente. Ma perchè questa rivelazione scatenava in tutti questa ridarella inquietante? Non c'era propriamente da divertirsi.
"Ti prego, dimmi che gli hai dato un pugno." pregò, tornando seria.
Mi oscurai in volto. "Avrei tanto voluto farlo quando ha insultato Adam.."
Kim assunse un'aria tronfia e saccente. "Non che in questo momento non si meriti una bella barca d'insulti, il caro Adam, Nat..però il pugno ci stava." Mi lasciai scappare un sorriso, che morì nell'esatto momento in cui entrò Adam affiancato da Jim. Passò a fianco al mio banco, ma m'ignorò totalmente, facendo sì che lo sconforto prendesse possesso di me fin nel profondo. Era assurdo, ma mi sentivo persa senza di lui.
"Non struggerti per Brown, Nat.. a lui ci penso io." mi rassicurò la mia amica, con uno sguardo che non prometteva nulla di buono..non per Adam, almeno. "Ma cosa hai risposto a Donagan?"
Mi strinsi nelle spalle, e risposi in un sussurro. "Ero shoccata, non sapevo che dire..e lui mi ha detto di pensarci su. Ma non voglio stare con lui, non lo amo..non è lui che vorrei al mio fianco.."
L'espressione di Kim, dalla nera e sadica, passò alla sorpresa e accorata.
Entrò il professore in classe, ma, come un tempo, Adam continuò a far casino con i suoi stupidi amici. Nonostante Kim avrebbe tanto voluto continuare a parlare come se nulla fosse, per troppo rispetto mise il muso e riservò l’attenzione al professore, lasciando me a crogiolarmi nei miei pensieri.
Mi sentivo nello sconforto totale, avevo voglia di piangere.
Se un non-bacio aveva causato tutto questo, non volevo immaginare se ci fossimo baciati sul serio. Ne sarei morta.
"Che peccato.." brontolò il prof, "Pensavo che finalmente Brown avesse messo la testa a posto.."
Già..pensai amaramente, lo credevo anch'io.
.
Durante la seconda ora, Adam era come sparito. Ma ero troppo giù di morale, per notare che non fosse l'unico a mancare all'appello. Quando, negli spogliatoi della palestra, una mia compagna di classe entrò tutta trafelata, col viso rosso e le labbra gonfie, la comprensione mi arrivò come una secchiata d'acqua ghiacciata. Anche lei non era in classe.
Sentii cedere le ginocchia, e mi dovetti sedere sulla panca, per non volare a gambe all'aria.
Kimberly mi riservò uno sguardo preoccupato e confuso. Non aveva ancora afferrato.
Angelina stava per parlare, probabilmente per raccontare cosa aveva fatto con quel..quel..oh, ma perché proprio con Adam?Ma il prof, fortunatamente o per sfortuna, dipendeva dai punti di vista, bussò poco galantemente e ci intimò di sbrigarci, perché non avevamo tutto il tempo del mondo.
"Kim..puoi.." balbettai mentre sentivo lo stomaco contorcersi e annodarsi, con un filo di voce. Kim annuì, intuendo la richiesta, e uscì con le mie compagne, ritornando qualche istante dopo col professore.
"Smith, Stevenson ha ragione, non hai una bella cera..è meglio che tu stia ferma, oggi. Vieni, starai seduta sugli spalti."
Indossai nuovamente la felpa -sentivo un freddo polare- e lo seguii.
Per la prima volta da quella mattina, Adam mi guardò. Durò meno di un secondo, ma incrociai i suoi occhi smeraldini, e, mio malgrado, pensai che
mi erano mancati terribilmente.
Seguii la partita di pallaprigioniera passivamente, ricevendo stoccate dopo stoccate ogni volta che Angelina lanciava occhiate di sbieco a Adam.
Se trovarsi a due millimetri dal baciarmi gli faceva venire voglia di farsi un'altra ragazza, buon per lui. Che cosa carina, davvero. Mi veniva da vomitare.
"Prof, posso.." e feci un cenno allo spogliatoio. Lui annuì, ed io corsi velocemente nei bagni, accasciandomi sul pavimento, contro il muro. Lì, finalmente sola, scoppiai a piangere come non avevo mai fatto.
Non sentivo più nemmeno il mio cuore battere, era morto, oppure si confondeva con i singhiozzi che mi scuotevano forte. Mi sentivo malissimo, non trovavo nemmeno la forza di pensare.
Nella mia testa ronzava il pensiero di Adam e Angelina.
Stavano insieme? Da quanto, oggi o da molto e io non ne sapevo nulla?
A quell’idea, lo stomaco si contorse e un nuovo attacco di lacrime e singhiozzi mi distrusse.
Mi portai una mano al viso, l'altra alla fronte per togliere di torno i capelli.
E arrivò. La conclusione, più temuta e negata fino allo stremo, arrivò: mi stavo innamorando di Adam.
Questa ne era la prova. Non era solo delusione perchè m’ignorava. Mi mancava, terribilmente e strenuamente.
Ero talmente gelosa da poter desiderare che quella ragazza non fosse mai esistita.
Ne ero palesemente attratta e, per concludere, stavo piangendo per lui. Paradossalmente, facevo la cosa che odiavo di più solo per le persone che amavo o a cui tenevo di più; mi era successo solo quando ero veramente sconvolta per mia madre e Rick...e ora toccava a Adam, segno che mi stava realmente entrando nel cuore.
“Nat, tutto..oddio, Natalie!” Kim si fiondò immediatamente da me. L'abbracciai di riflesso, continuando a far scendere lacrime e bagnandole la maglietta. “Su..su, non piangere..”
“Kim..avevi ragione..dovevo stare attenta con Adam..” singhiozzai, stringendo forte tra le dita la stoffa della t-shirt. “Mi sono fatta male di nuovo..”
Lei fregò la mano sulla mia schiena, cullandomi: “Lo so..lo so”.
.
Per mia fortuna, il professore non mandò a chiamare Kim convenendo che avessi avuto bisogno d'aiuto. Mi sfogai con la mia migliore amica per un tempo indefinito, continuando a piangere abbracciata a lei, finchè il prof non fischiò la fine della partita.
Mi lavai il viso, cercando di salvare il salvabile, sotto consiglio di Kimberly. Ma avevo gli occhi gonfi e rossi, si vedeva da un chilometro che avevo pianto, e di sicuro la mia faccia non era meglio di stamattina.
Le ultime due ore passarono in un soffio. Non sentii una parola delle lezioni, in compenso i prof, informati del mio stato dall’insegnante di fisica, non mi ripresero mai. Ero uno straccio, era evidente.
Cercai di ritrovare una parvenza di normalità, comunque, nelle due ore; non volevo sembrare la depressa complessata di turno.
Ovviamente, era quasi impossibile per me, anche perchè ogni due nanosecondi pensavo a Adam, al suo viso, al suo sorriso, e inevitabilmente ricordavo che l'avrebbe rivolto ad Angelina d'ora in poi, quel maledetto sorriso. Mentre a me, non spettava nulla, nemmeno un cenno.
Eppure eravamo amici..o lo eravamo stati.
Quella parola era forse più dannosa per me, che il pensiero di Angelina con Adam.
La campanella suonò, e passivamente riposi tutte le mie cose nella cartella. Kim era schizzata fuori dalla classe, lasciandomi sola..o quasi. Notai solo in quel momento di essere rimasta con Adam in classe.
Presi un profondo respiro, e mentre lui passava affianco al mio banco, parlai. “Fatto pace con Wilson? Ora non hai più bisogno della bisbetica Smith?” volevo fosse un sibilo secco, e mi uscì un mormorio tremolante. Un classico.
Adam non si voltò a guardarmi; dopo un attimo di esitazione, ricominciò a camminare verso la porta. Si fermò allo stipite, e si decise a rispondermi. “Sai..mi sentirei il terzo incomodo..Sii felice con Donagan.”
Sbatacchiai le palpebre, mentre afferravo a fatica il concetto.
“Adam!” sbraitai, prendendo lo zaino e mettendolo in spalla, mentre lo rincorrevo. “Sei uno stupido! Non capisci niente!”
Lui si fermò in mezzo al corridoio ormai deserto, e si voltò a fissarmi con astio. “Evidentemente non sono intelligente..” fece, piccato. “Pensavo di conoscerti bene, Natalie..ma mi sbagliavo.”
Stava per riprendere a camminare, quando mi sentii esplodere.
“Bene! Bene! Comportati da immaturo! Ignorami come oggi, come se non fosse mai successo niente!” esclamai, con tutta la rabbia che provavo. “La nostra amicizia non è abbastanza importante, per te..” l'ultima parte lo dissi piano, lettera per lettera. Faceva male persino a me, dirlo.
Adam si voltò nuovamente, sgomento. “No. La nostra amicizia non era abbastanza, per me...
A quelle parole, sentii il mio cuore spezzarsi. Potevo stare peggio?
Sentii le lacrime scendere calde sulle mie guance, e non provai nemmeno a cancellarle. “Sei solo uno stronzo, Adam..non avrei dovuto fidarmi e permetterti di diventare importante per me..”
Adam fece una smorfia. “Per piacere..smettiamola, okay?” disse, con tono strascicato e stanco, “Vuoi la verità? Ti ho presa in giro. Era una scommessa con Jim, sin dall’inizio. Dovevo riuscire a diventare tuo amico, conquistare la tua fiducia. Dato che Jim non ci riusciva, e lo prendevo in giro, mi ha sfidato..ed io non potevo tirarmi indietro, no? E’ ovvio.” Mi rivolse una smorfia, che avrebbe dovuto essere un ghigno dei suoi. “Spero che la delusione non ti bruci troppo.” Ci misi qualche secondo a recepire le informazioni, e quando lo feci, fu come se un’incudine di due tonnellate mi arrivasse direttamente sul petto, disintegrando il mio già acciaccato cuore.
Mi aveva presa per il culo. Per tutto quel tempo. Ed ero convinta fossimo amici.
Era tutto uno stupidissimo scherzo, una scommessa..e io mi ero innamorata di lui.
Come avevo potuto essere così ingenua e stupida?
Mi veniva da vomitare. Ero schifata e umiliata come mai in vita mia.
Volevo solo allontanarmi da lui e rintanarmi in un posto dove rimanere sola con la mia vergogna e il mio dolore.
“Complimenti, hai vinto..” sibilai, correndo via e lasciandolo da solo nel corridoio.
Raggiunsi casa senza badare alla pioggia scrosciante e ai capogiri che mi facevano ciondolare pericolosamente e vedere doppio. Quando aprii la porta, mi ritrovai nientemeno che un Brown davanti, e senza un motivo lo mandai a fanculo. No, un motivo c’era: era fratello di Adam, e questo bastava.
“Natalie!” mi riprese Rose, sconvolta quasi quanto il mio migliore amico. Volevo salire in camera di Rosalie, ma le forze venivano meno e i polmoni sembravano in fiamme per la corsa che avevo fatto. Mi girava la testa, e mi sedetti sui gradini, mentre, sfiancata, non opposi alle mie palpebre che volevano chiudersi e riposare.
Quando riaprii gli occhi, mi trovavo in un letto, ma ero così intontita che non riconoscevo nemmeno di chi fosse. Sbattei le palpebre e misi a fuoco, e mi accorsi di essere nella stanza e sul letto di Rose.
“Ehi, Nat..” una voce al mio fianco mi fece sussultare: Bryan. Mi guardava preoccupato e accigliato.
“Oddio, Bry..” mugugnai, rauca e dispiaciuta, “Non volevo aggredirti..scusami, io..” Mi posò un dito sulla bocca, e sorrise teneramente, come solo un fratello poteva fare. “Eri sconvolta.. Brutta giornata?”
“Terribile..” mormorai.
“Che è successo?” incalzò, attento e serio.
“Io..” la voce si incrinò, e il pensiero che mi fossi innamorata di un coglione mi schiaffeggiò brutalmente, portandomi di nuovo all’orlo del pianto.
Bryan mi abbracciò forte. “Che è successo?” ripetè.
Scoppiai a piangere, incapace di parlare. Non potevo dire la verità a Bryan, era da escludere. Cosa potevo fare, dopotutto? Tenevo troppo sia a Adam che a Bryan, per osare a rovinare il loro rapporto. Per cosa poi? Non era colpa mia se la nostra amicizia non era mai stata tale.
Bryan mi consolò un po’, poi mi disse di sdraiarmi perchè la febbre era salita. Fosse stata veramente l’influenza a farmi stare così..sarebbe stato tutto più facile.
“Devi stare a riposo..” si raccomandò, “Ora devo andare, Rose sta per arrivare..Ciao,piccolina..” mi rivolse un sorriso stiracchiato e preoccupato, poi uscì dalla stanza. Qualche minuto dopo comparvero sulla soglia entrambe le mie sorelle, lasciandomi di stucco.
“Ehi, Nat..che colpo mi hai fatto prendere!” borbottò Rose, avvicinandosi a me. Melanie se ne stava in disparte, a osservarmi; sul suo viso potevo leggere..dispiacere? Pena?
Non c’era cosa che odiassi di più di essere compatita. Mi mandava in bestia. Ma ero così stanca e distrutta da non trovare le forze per oppormi e dire di non guardarmi così.
“Si può sapere cos’è successo?” chiese cautamente Rosalie, avvicinandosi al mio viso e posando una mano sulla fronte. “Sei ancora un po’ calda..Perchè non mi hai chiamata, sapevi che ero a casa! Non ti saresti bagnata e avresti evitato di ammalarti!” mi sgridò, con un’aria da madre apprensiva.
Non risposi, limitandomi ad un sospiro.
E pensare che mi ero aperta totalmente con Adam, tanto da avergli svelato i miei più profondi tormenti e i segreti che solo Rose sapeva. Speravo solo che non mi facesse qualche carognata delle sue. Lo scherzo mi aveva già distrutta a sufficienza.
Rosalie e Melanie stettero con me un po’, adeguandosi al mio silenzio.
Non osavo pensare nemmeno perché Mel fosse nella stanza e che cosa volesse; cercavo di disconnettere la mente e il cuore, non volevo più provare niente. Magari la delusione sarebbe passata, e anche quella stramaledetta cotta per Brown.
Già, Adam Brown, il mio acerrimo nemico che, ancora una volta, mi aveva presa in giro e fatto uno dei suoi stupidi scherzi, dimostrandomi ancora una volta quanto fosse un abile attore. Anche se stavolta ci stava rimettendo qualcosa di molto più prezioso dei miei capelli; ora ci smenavo il cuore.
Me lo sarei dovuto aspettare, dopotutto, non avrei dovuto abbassare la guardia.
Ogni volta era la solita storia: mi fidavo, mi abbindolavano, e poi mi deludevano. Ed io ancora non avevo capito come mi dovessi comportare.
Dopo non so quanto tempo da quando le mie sorelle erano scese di sotto, la porta della stanza si riaprì, e ne entrò la piccola Kate.
Vederla mi provocò una fitta allo stomaco. Era incredibile quanto somigliasse a Adam, e la cosa non giovava al mio favore.
“Natalie!” urlò, correndo al mio capezzale, “Come ‘tai?” chiese, accigliandosi in un cruccio adorabilmente preoccupato.
“Non tanto bene..” sospirai.
“Ma quando guardisci giochi con me?” domandò, teneramente, con un filo di voce e uno sguardo da cucciolo irresistibile. Era da molto che non le facevo da baby-sitter, in effetti. Dal giorno in cui il fratello aveva messo in atto il suo piano per farmi capitolare.
M’imposi di farle un sorriso, anche se piccolo, che la fece rasserenare, e questo mi rincuorò. “Certo..” mentii, ma a fin di bene. Non potevo di certo dirle che avevo intenzione di evitare come la peste nera casa sua e tutta la sua famiglia.
Si avvicinò cautamente, e accennò un sorrisetto estatico. “Addy mi ha detto che ti voleva far vedere la nostra casetta..ti è piaciuta?”
Il mio cuore perse un battito. Il rifugio segreto..quella notte..sentii le lacrime pungere, ma le trattenni serrando per un istante le palpebre.
Per fortuna, Emma entrò tempestivamente nella stanza. “Katie, credo che Natalie voglia riposare, è distrutta..” dicendo quelle parole, mi riservò uno sguardo accorato, e fin troppo consapevole. Che avesse capito tutto? Be’, non mi sarei stupita, con quel suo intuito da Jessica Fletcher. E poi, aveva scoperto già una volta i piani del figlio screanzato, perché non poteva arrivarci ancora?
Meglio non pensarci.
Emma si avvicinò a me, mentre la bambina si sporgeva per darmi un bacio sulla guancia e uscire dalla stanza poco dopo facendomi ciao ciao con la manina e uno sguardo triste.
“Tutto bene?” chiese, accorata. Quanto avrei voluto che Emily fosse stata così dolce con me..invece era Emma, qui, che si preoccupava per me.
“Più o meno..potrebbe andare sicuramente meglio.” Sospirai, sentendo la testa pulsare fastidiosamente. Altro che febbre, erano tutti i pensieri negativi che volevano esplodere.
Emma mi lasciò una carezza sulla guancia, e sorrise amorevolmente.
“Non preoccuparti..non c’è ferita che non può essere guarita..devi solo trovare la medicina giusta.” Disse, per poi girare i tacchi e arrivare alla porta. “Riposati e guarisci presto.” Mi salutò, con un ultimo sorriso. Ma io stavo già riflettendo sul suo consiglio implicito. Comunque, aveva capito tutto, non c’era dubbio. Non poteva riferirsi solo all’influenza.
Ma qual’era la medicina giusta per me? Come minimo, dimenticare Adam..o almeno mettersi nella prospettiva di ignorarlo e non pensarci più. Sì, questo era quello che sicuramente mi aveva consigliato Emma.
-
Due giorni dopo, la febbre era scesa lasciando come ricordo labile solo un leggero raffreddore. Peccato che mentalmente e sentimentalmente fossi a pezzi, ancora.
Quel giovedì mattina sarei dovuta andare a scuola, e il pensiero di rivedere Adam mi faceva accapponare la pelle per l’ansia e battere dolorosamente il cuore. Nonostante non volessi più avere a che fare con lui, una parte di me desiderava veramente rivederlo, abbracciarlo e perdersi nel verde dei suoi occhi. Ma c’era il piccolo particolare –non l’avevo di certo scordato- che non ci potevo stare vicina nemmeno come amica, perché per lui non ero mai stata lontanamente tale. Che razza di fregatura: innamorata di una finta. Patetico.
Ormai era un dato di fatto, che io e le questioni di cuore fossimo incompatibili. Ogni volta succedeva qualcosa che rovinava tutto. Prima con Rick, poi con Adam..
Rick, già. Come se non bastasse, dovevo parlargli e mettere in chiaro la situazione. Questo discorso avremmo dovuto affrontarlo almeno due anni prima.
Con un sospiro, digitai il suo numero sul cellulare e poi il messaggio che diceva di trovarci il pomeriggio. Pochi minuti dopo, mentre finivo di vestirmi, mi arrivò la risposta: Non serve, ti porto a scuola stamattina. Passo tra dieci minuti.
Bene, prima chiarivamo, prima mi liberavo di questo macigno.
Rick non si smentì: quando uscii da casa, dieci minuti dopo, lui era lì, appoggiato alla sua macchina –che, anche se non ero intenditrice, sembrava piuttosto costosa e veloce.
“Buongiorno, principessa.” Mi sorrise, guardandomi con tenerezza nei suoi occhi azzurrissimi. “Come stai?”
“Mi sento come una che si è appena ripresa dall’influenza..” risposi, stringendomi nelle spalle e avviandomi verso l’auto. Rick, con un sorriso, aprì galantemente la portiera del passeggero, invitandomi a salire. Due istanti dopo, lui era al mio fianco e metteva in moto.
“Allora..hai avuto tempo a sufficienza per pensare alla mia proposta.” Incalzò.
Mi concessi due istanti per riordinare le idee e pensare ad un discorso sensato e coerente.
“Il fatto è, Rick, che mi c’è voluto un sacco di tempo, per dimenticarti. Sono stata veramente male, e non mi fiderò mai più completamente di te..” lasciai un attimo in sospeso la frase per osservarlo di sottecchi, mentre guidava tranquillamente. Non sembrava turbato, anche se era prevedibile un mio rifiuto. “Non provo più quello che sentivo prima, e, tra l’altro, la mancanza di fiducia non è una buona cosa. Lo sai come la penso..” Rick annuì, come se avesse capito tutto.
“E..?”
Mi accigliai. “E..cosa?”
Rick ridacchiò, sembrava divertito. “E..ti sei presa una cotta per Brown.”
Rimasi completamente di ghiaccio. Cos’aveva, la sfera di cristallo?
“Non arrabbiarti, Nat, ma è piuttosto evidente.. e scontato. Te l’ho sempre detto che lo vedevo come una minaccia quando stavamo insieme. Era ovvio che prima o poi saresti capitolata.” Annuì tra sé, come a sottolineare il concetto. Si voltò verso di me, e sorrise, analizzando la mia espressione confusa e basita. “L’ho capito quando l’ho chiamato bastardo. Sei trasalita, e dai tuoi occhi ho capito che avresti voluto strozzarmi per averlo fatto.” Ammiccò, sicuro di sé. Poi tornò a fissare la strada e ricominciò a parlare. “Ho capito anche che ti fa male sentir parlare di lui, deve averti ferita, molto più di quanto l’ho fatto io due anni fa.” Ecco, era in arrivo un mancamento. Ma questo mi leggeva seriamente nella mente. Era più sveglio di quanto ricordassi. E, mio malgrado, dovevo ammettere che stare con lui mi stava facendo accantonare, anche se per poco, la delusione per Adam, anche se ora lo stava nominando e stava rovinando tutto.
“Sono diverso, ora, Natalie..” in quel momento, parcheggiò nello spiazzo davanti alla scuola, e piantò i suoi occhi nei miei. “Anche tu sei cambiata. Però mi rendo conto che, anche se è passato tutto questo tempo, per me è facilissimo volerti più che bene. Mi viene naturale. Vorrei davvero poter rimediare ai miei sbagli e riuscire a riconquistare la tua fiducia Nat, e soprattutto toglierti dalla testa quel pensiero molesto di Brown.”
La sua ultima affermazione mi fermò il cuore.
Aveva toccato il tasto dolente, e ci stava lavorando sopra. Purtroppo aveva anche capito ciò di cui avevo bisogno, e il suo discorso non faceva una piega.
Ma sarei potuta stare con Rick, pur amando Adam? Se non lo amavo, comunque, ci andavo veramente vicinissimo.
Non che stare a struggermi e sguazzare nella depressione mi facesse star meglio, ovviamente..avevo imparato a mie spese, proprio con Rick, che non bisognava farlo. Dovevo riprendere in mano la mia vita, ora che non aveva toccato completamente il fondo, ora che ancora non ero ancora nella via della perdizione per Adam.
E se Rick avesse avuto ragione? Se stare con lui mi avesse fatto bene, e mi avrebbe aiutato a riacquistare la fiducia in lui? E se, soprattutto, mi avesse fatto dimenticare l’esistenza di Adam dal mio cuore?
Tanto con lui non avrei avuto mai speranze. Forse, se fossimo stati amici davvero, qualcosa potevo raggiungere; ma dato che non eravamo stati nemmeno quello, e dato che eravamo tornati alle origini, con odio reciproco (e una buona dose di sofferenza da parte mia, con amore annesso), non c’era niente da fare. Tra l’altro, come poteva il sentimento per Adam continuare a crescere, se la parte di lui di cui mi ero infatuata era solo una mera recita?
Non c’era più, anzi, non c’era mai stato. Non si poteva amare una maschera, era esattamente come dire di essersi innamorate di un vip della televisione.
E io non avevo bisogno di un amore basato sulla finzione, né di struggermi per qualcosa di inesistente.
“Se ti dicessi di sì, mi prometti che non mi tradirai più? Che cercherai in ogni modo di farmi dimenticare Adam e di farmi innamorare di te, senza finzione?”
Gli occhi di Rick brillarono. “Te lo prometto, Natalie.”
In quel momento, sentii il trillo lontano della campanella.
Rick si sporse verso di me, ma la mia occhiata restia lo fece fermare un istante.
“Non andremo di fretta, Nat. Voglio recuperare il tempo perso, e non brucerò le tappe. Sarà come ricominciare tutto daccapo.” Sorrise, in un modo rassicurante, e mi fidai. Rick non mi baciò, in compenso mi strinse in un abbraccio che, per qualche secondo, mi scaldò il cuore. “Ti vengo a prendere alla fine delle lezioni?” chiese.
“Con calma.” Ribadii, sciogliendo la presa e aprendo la portiera. Rick ridacchiò.
“Okay. Ora,però, l’invito a salvare il mio numero nella rubrica è da cogliere.” Mi rivolse un sorrisetto furbo che mi fece alzare gli occhi al cielo.
“Certo, Rick.” Sorrisi, appena appena, ma sinceramente serena. “Ci vediamo domattina. Mi passi a prendere, ovviamente.” Detto questo, scesi e richiusi la portiera, per poi correre nell’edificio.
Sembrava che, dopo tre giorni di buio, fosse rispuntato un raggio di sole. Era la prospettiva di eliminare davvero Adam dalla mia mente, come amico, ragazzo e perfino come nemico.
Non volevo più dargli corda, desideravo solo togliermelo dalla testa e tornare alla normalità.
  
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