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Autore: Remedios la Bella    19/08/2011    7 recensioni
Un ragazzo tedesco che tollera gli ebrei e trova misera la loro condizione. Max.
Una ragazza Ebrea dallo sguardo vuoto e dal passato e presente tormentati e angustiati. Deborah.
Due nomi, un'unica storia. 15674 è solo il numero sul braccio di lei, ma diverrà il simbolo di questa storia.
In un'epoca di odio, nasce l'amore.
E si spera che quest'amore rimanga intatto per lungo tempo, e sradichi i pregiudizi.
Enjoy!
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Carissimi Lettori! sono felicissima che in poco tempo questa storia abbia raggiunto le 20 recensioni! E siamo solo all'inizio! Ringrazio infinitamente tutti i recensori che dicono di appassionarsi come non mai alla storia e anche ai soli lettori, che mi danno la voglia di continuare a scrivere!
Remdios la Bella vi ringrazia infinitamente!

Capitolo 9


Iniziai a raccontare la mia esperienza a Elly ( è così che la chiamavo mia sorella):” Un giorno andai con mamma e papà in città. Tu non eri ancora nata,  ma nostra madre era incinta proprio di te quando questo accadde. Comunque … tenevo la mano a mamma mentre passeggiavamo tra le vie della città. C’era molta gente, soprattutto tedesca, o più che altro è quello che io credevo ci fosse.
Erano appena scoccate le tre al campanile …” feci una pausa, ora arrivava il peggio:” quando, anche attraverso la miriade di gente che confabulava per la strada … ho sentito un urlo. Un urlo di bambino, straziante.”
“ E come hai fatto a sentirlo?” mi chiese Elly, attenta al mio racconto adesso.
“ Non lo so, avevo la sensazione che sarebbe successo qualcosa .. me lo sentivo. Quell’urlo in effetti non passò inosservato a nessuno, era come una specie di supplica, non una lagna da bambino.
Fatto sta che la gente si voltò verso la fonte di suono, compresi mamma e papà.
C’era una bambina, aveva i capelli neri e un abitino azzurro semplicissimo. Correva per la strada urlando a tutti di poterla aiutare:” La prego mi aiuti! La prego! Hanno preso mio padre! La prego mi aiuti!”
Nessuno, purtroppo, le dava importanza, e lei piangeva copiosamente, piangeva tantissimo. Tutti la scostavano o le dicevano di stare alla larga, come se fosse una zecca repellente o una zingara. E lei continuava a supplicare perdono.
E io non capivo. Chiesi alla mamma perché la piccola stesse urlando.
“ è pazza, tesoro .. non guardare.”
“ Ma le hanno preso il papà … perché nessuno la aiuta?”
Lei mi squadrò attentamente:” Perché suo padre è un criminale.” Mi disse secca.
“ Perché? Cos’ha fatto?” continuavo a porle domande, la mia curiosità andava in qualche modo soddisfatta.
“ é … Ebreo.” Mi disse lei, impassibile.
Nella mia testa si creò il caos più totale: all’epoca non ne sapevo niente di quelle povere persone ..”
Qui mia sorella mi interruppe:” non definirle caritatevoli, secondo me in quell’occasione le hai odiate pure tu!” mi disse quasi severa.
Mi voltai verso di lei e la fulminai:” Taci. Non hai il diritto di parlare se non sai niente!” le urlai addosso.
Lei si zittì spaventata forse dalla mia impulsività. Si accucciò bene sul letto e mi fece continuare.
“ Dicevo … all’epoca non ne sapevo niente, così chiesi a mamma cosa fosse un Ebreo. Stavolta fu papà a rispondere:” Max, chiudi il becco e lascia stare la mamma. Lo capirai solo quando sarai più grande.”
Liquidò le mie domande con quell’ordine quasi secco e senza sentimento alcuno. Continuai così a guardare la piccola che si inginocchiava tra la polvere dell’asfalto e pregava che qualcuno la aiutasse.
A quel punto una guardia la strattonò per il braccio: “ Vieni, piccola pezzente! Stai zitta!” le tuonò feroce trascinandola via.
La bambina cercava di opporre resistenza sotto gli occhi attoniti o indifferenti di tutti, ma la forza del soldato era onnipossente su di lei. Con forza la fece salire su un furgone, insieme ad altre persone, e lei andò verso una donna, che supposi fosse sua madre da come l’abbracciò.
Ero sempre più confuso; perché li portavano via? Dove andavano?
Guardai mamma tristemente, e lei mi disse:” Tesoro, non preoccuparti per loro. Andranno in un bel posto.”
“ Ma mamma, sembrano così tristi.”
“ Vedrai che dopo saranno felici … Ora però andiamo tesoro.” Mi tirò il polso per farmi andare via da lì e da quel spettacolo, ma da bambino testardo che ero e che sono ancora …”
Ecco la seconda interruzione di Elly:” Vuol dire che sei ancora un bambino?”
“ Ma vuoi starti zitta?” le dissi io acido.
“ Scusa .. continua.”
“ Ok .. lasciai la presa da mamma e corsi tra la folla a assistere più da vicino. E fu allora che vidi …” Non riuscivo a continuare. Se il primo pezzo del racconto era inquietante, questo era molto più che spaventoso. Da quel che mi era stato impresso negli occhi, fu la cosa più disgustosa che vidi:” Udii un rumore molto forte, come di sparo, e corsi a vedere. E … c’era un uomo a terra. Aveva un buco nella schiena, mi sembra vicino al fegato, da cui fluiva il sangue a fiotti e tutta la strada era colorata di quel colore così intenso. L’uomo tremava e boccheggiava, e io lo guardavo con gli occhi pieni di lacrime.
Sopra di lui, la canna del fucile da cui era partito il colpo fumava ancora, e il fucile era retto da un soldato. Lo guardai in faccia: Aveva un ghigno malefico stampato tra la fila di denti maledettamente bianchi … ma non fu quello a mettermi i brividi … furono i suoi occhi.” Un brivido mi percorse la schiena al solo ricordarmi di quel particolare.  Strinsi le mani alle ginocchia e strinsi i denti, poi emisi un sospiro. Mia sorella mi osservava non poco spaventata. E conclusi, con la voce tremante:” Non aveva due occhi normali. ma cubi di ghiaccio luccicanti di un alone di pura empietà, uno sguardo freddo, glaciale .. e malvagio. Guardava l’uomo ancora in fin di vita che tendeva le mani verso la gente, che disgustosamente si ritraeva senza dargli una mano.
Non sapevo a cosa correvo incontro se fossi intervenuto, e fu quello che feci. Intervenni. Non sapevo che altro fare. Mi precipitai su quell’uomo e gli alzai la testa per vedere se potesse ancora sentirmi.
“ Signore! Signore! Sta bene?” gli chiesi. Lui aveva uno sguardo spento e mi fissava. Udii come un mugolio, e poi bianco nei suoi occhi. Un bianco mortale, misto al rosso del suo sangue che fluiva imperterrito dalla ferita. Non sentii il calore del corpo e mi scostai terrificato. Fu allora che il soldato mi toccò:” Ragazzino, stai lontano … lui se l’è meritato.”
“ perché cosa ha fatto? Cosa ha fatto?” urlai disperato, attonito da quello che avevo appena vissuto. Un uomo era morto tra le mie braccia, mi aveva guardato e si era spento per sempre, sotto i freddi occhi di ghiaccio del resto della gente.
“ Lui è Ebreo .. è cattivo.” Mi rispose lui, freddamente. Con un gesto improvviso mi spinse via, e una donna riuscì ad afferrarmi e a portarmi via di lì tirandomi selvaggiamente. Non vidi altro, solo la folla accalcarsi sull’uomo. Sentivo il pianto delle persone nel furgone, il pianto della bambina. Di quella bambina tanto disperata.
Quella donna mi bloccò e poi mi guardò in faccia:” Dove sono i tuoi genitori?”
Avevo le lacrime agli occhi, e non risposi subito. Per un caso fu mamma a trovarmi:” Max!” urlò da lontano vedendomi. Si avvicinò, mi prese per mano e ringraziò la donna.
Raggiungemmo papà, e lui mi diede una schiaffo. Me lo ricordo, fu doloroso ma non me ne importò niente:” Come hai osato disubbidire alla mamma? Non stupirti se a casa riceverai quel che meriti!”
“ Tanto ho già visto il male ..” gli dissi io in un filo di voce. Tornai a casa a occhi bassi, con ancora in testa il pensiero di quell’uomo, della bambina … del male.”
Finii la mia storia. Elly era rimasta lì tutto il tempo,  e sembrava spaventata non poco:” Tu hai visto morire una persona davanti ai tuoi occhi?”
“ Si … e per opera di uno come noi. È assurdo …” mi limitai a tenermi la testa tra le mani iniziando a piangere silenziosamente.
Elly mi passò una mano sulla schiena:” io .. non …”
“ Non importa … ma ora vattene, voglio restare solo.” Le dissi piano. Sentii il dislivello del materasso, segno che Elly si era alzata, e il cigolio della porta che si apriva e richiudeva. Restai a testa china per un buon quarto d’ora, versando lacrime nel cuore.
Non sopportavo l’idea di rammentare tutto quel dolore. Era impossibile non provare pietà per quelle povere persone.
Mi stesi un attimo sul letto e guardai l’ora. Erano appena le 10. Lei sarebbe tornata tra meno di tre ore. Un’attesa troppo lunga, ma sopportabile. Mi stesi bene e mi misi su un fianco.
Chiusi gli occhi esausto, Ci avrebbe pensato il mio subconscio a svegliarmi all’ora prestabilita per l’incontro con Deborah.

   
 
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