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Autore: Inessa    24/04/2006    8 recensioni
Sfiorò con lo sguardo quei lineamenti solitamente fieri, contratti dal dolore, quella fragile figura scossa dai singhiozzi. E la sua mente ripercorse ancora una volta antichi sentieri, attraversando i viali di un amore sofferto, di lacrime amare, di passione bruciante.
La strinse a sé.
-Perdonami…
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Author: Izumi
Title: Ballad of John & Yoko
Genere: Romantico, Angst
Rating: R
Characters: Genzo Wakabayashi, nuovo personaggio
Note: One-shot
Credits: John Lennon
Data creazione: Aprile 2006
Note dell’autrice: Erano secoli che non scrivevo su Captain Tsubasa. Ci ho ripensato, per caso, qualche tempo fa, ed adesso eccomi qui. Fatemi sapere cosa ne pensate…grazie!^^

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Ballad of John & Yoko

So long ago
Was it in a dream, was it just a dream?
I know, yes I know
Seemed so very real, it seemed so real to me

Took a walk down the street
Thru the heat whispered trees
I thought I could hear (hear, hear, hear)
Somebody call out my name as it started to rain

Two spirits dancing so strange

(#9 Dream – John Lennon)

Entrò nell’appartamento semibuio, lasciando l’ombrello nel pianerottolo, e chiuse la porta alle proprie spalle.

La temperatura, all’interno, era piacevolmente alta, un toccasana per le ossa gelate sotto la pioggia. Il caminetto acceso rendeva l’atmosfera gradevole, leggera, intima.

Si lasciò cadere all’indietro sulla poltrona, scrutando con bruciante intensità la figura acciambellata sul divano di fronte, ostinata in un silenzio offeso. Una coperta la circondava parzialmente, lasciando scoperte le caviglie nude.

-Sei in ritardo.

Sollevò gli occhi verso di lei, tentando di scorgere nel suo viso un elemento che tradisse qualche emozione. Ma era perfettamente immobile, gli occhi fissi sulle fiamme danzanti nel camino, l’espressione imbronciata giustificava il suo tono di voce.

-Credevo fossi andata via.

Rispose semplicemente, lasciando che interpretasse quell’affermazione come una scusante.

-Non sei ancora pronto.

Chiuse gli occhi, permettendo alla veridicità di quell’espressione di insinuarglisi dentro, di ferirlo, di riportarlo indietro, annientando tutte le illusorie forze di cui si nutriva per andare avanti.

-Non sei ancora pronto…per vivere senza di me.

Emise un verso strozzato, a metà tra un sospiro ed un singulto, rallentando il respiro, nel tentativo di allentare le morse dolorose che gli dilaniavano il petto. Si passò una mano sul volto, per distendere i lineamenti e richiamare uno sprazzo della gelida indifferenza che gli era stata caratteristica.

Le puntò ancora una volta gli occhi addosso, riuscendo a mantenere il controllo di se stesso. Trovò finalmente il suo sguardo ceruleo, la sua fierezza si congiunse ancora una volta con la propria in ricordo dell’antica complicità.

Un lampo di stupore attraversò lo sguardo di lei, come se lo vedesse per la prima volta.

-Dov’è il tuo berretto, Genzo? Perché non lo indossi?

-Smettila!

Ringhiò tra i denti, alzandosi in piedi e dirigendosi verso la cucina. Tornò pochi istanti dopo con una birra tedesca in mano.

Sedette di nuovo sulla poltrona, sorseggiando lentamente la bevanda gelata, mentre fuori dalla finestra la pioggia imperversava sul cuore di Amburgo.

Lasciò che il silenzio riempisse l’aria, evitando di incrociare la sua espressione ferita. La mascella irrigidita tradiva la sua rabbia repressa.

L’oscurità dominava ormai la stanza, scarsamente contrastata dai bagliori del fuoco.

-Come stanno i ragazzi?

Ascoltò con completa assuefazione tutte le vibrazioni di quella flebile voce, riproducendole nella mente più volte, prima di rispondere. Era lui, in quel momento, a tenere lo sguardo altrove, lontano da quello di lei.

-Karl sta bene.- rispose deciso, stoicamente.

-E gli altri? Kojiro? Tsubasa? Taro?

Distese lentamente le dita contratte, nel tentativo di arginare l’ira. Bevve un lungo sorso dalla bottiglia semivuota, gustando il sapore forte del malto.

Non rispose.

-Stanno bene, Genzo?

-Stanno bene, Danielle!? - urlò poggiando bruscamente la bottiglia sul tavolino in vetro di fronte al camino e rialzandosi di nuovo in piedi.

Ignorò il suo sguardo sofferente e il luccichio delle lacrime formatesi nei suoi occhi.

-Non sento la vecchia squadra da mesi, Danielle! Per seguire te e le tue assurde follie, ho tagliato i ponti col passato!

Le voltò bruscamente le spalle, mentre i singhiozzi di lei si trasformavano in un pianto dirotto. Poggiò le braccia sul davanzale della finestra, osservando le grosse gocce di pioggia cadere e scrutando il proprio sguardo plumbeo riflesso nel vetro.

Lo sommerse il ricordo delle vecchie amicizie, della spensieratezza giovane di una squadra di calcio, del Giappone con la primavera ai fiori di ciliegio, di un vecchio tempio shintoista nascosto tra la quiete.

La luce di un lampo rischiarò l’ambiente per qualche istante.

Si voltò a malincuore verso la ragazza in lacrime accovacciata sul divano, illuminata flebilmente dalle fiamme. Si sedette accanto a lei, in silenzio, senza nemmeno tentare di sfiorarla.

Sfiorò con lo sguardo quei lineamenti solitamente fieri, contratti dal dolore, quella fragile figura scossa dai singhiozzi. E la sua mente ripercorse ancora una volta antichi sentieri, attraversando i viali di un amore sofferto, di lacrime amare, di passione bruciante.

La strinse a sé.

-Perdonami…

Lasciò che bagnasse il maglione scuro che indossava, piangendo più forte. Le afferrò il viso, coinvolgendola in un bacio che odorava di nostalgia.

-Dimmi che hai bisogno di me.

La sentì sussurrare sconnessamente tra i singhiozzi, le labbra ancora vicine alle sue.

-Dimmelo, ti prego…

Le accarezzò il capo, bagnandosi le guance delle sue lacrime.

-Ho bisogno di te…non andare…

Rimase immobile a guardare il vuoto di fronte a sé. Tremava a causa della temperatura gelida, il camino era spento.

Si accinse ad accenderlo, come a voler ricostruire l’atmosfera dei suoi ricordi, come poco prima.

La foto sorridente di Danielle lo vegliava da sopra il marmo del caminetto. La stessa che aveva apposto sopra la sua lapide dopo quell’incidente.

Era finita…

Eppure, pochi istanti prima, tutto gli era sembrato tremendamente reale.

Fine
   
 
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