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Autore: LilithJow    23/08/2011    4 recensioni
Il mio nome è Samantha Finnigan. Sono nata e cresciuta a Rossville, una cittadina con poco più di mille abitanti nell'Illinois, Stati Uniti.
Sto per compiere ottanta anni.
Ho vissuto una vita meravigliosa, ho avuto un marito affettuoso e tre fantastici bambini.
Ma non è di questo che sto per scrivere. Sono convinta che alla gente piacerebbe leggere di una grande storia d'amore, con un bel lieto fine, ma purtroppo io e i lieti fine non siamo mai andati d'accordo.
Ciò che state per leggere, perchè se adesso avete queste righe sotto gli occhi, presumo lo stiate per fare, non ne ha neanche l'ombra, o, per meglio dire, dipende dai punti di vista.
Voglio raccontarvi di un periodo particolare della mia vita, di molti anni fa, cinquantacinque per l'esattezza. Per me è come fosse ieri, forse perchè non ho mai dimenticato quello che successe. Impossibile farlo.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Il giorno dopo arrivai in ufficio con aria sognante. Avevo meno grinta e spirito di iniziativa, tutto a causa dell'incontro con Lucas. Rivedevo il suo volto nei minimi particolari guardando qualsiasi cosa: i suoi occhi castani, striati di verde, socchiusi sempre e comunque che gli davano un aria seria, ma allo stesso tempo dolce e comprensiva. Era inutile distrarmi e tentare di produrre qualcosa: la mia mente era altrove, non avrei creato nulla di esser degno di esser letto.
Così mi piazzai davanti al pc. Digitai il nome di Lucas nel nostro motore di ricerca. Non sapevo esattamente cosa cercare, nè perchè lo stessi cercando.
Non trovai molto, se non cose di cui ero già a conoscenza, come la sua vittoria con la squadra d'atletica al liceo e con quella di basket. Nulla che lo riguardasse di recente.
Passai l'intera giornata su quel pc, persa tra le sue foto. Ce n'era anche una con me. Non ricordavo nè dove nè quando l'avevo fatta, ma guardandola non potevo fare a meno di provare della nostalgia per quei tempi. Scoprii, tra varie cose e con mia grande sorpresa, che viveva ancora nella stessa casa. Presi la notizia come una specie di segno del destino. Sapevo benissimo come arrivarci e non ci pensai due volte a recarmi lì. Durante il tragitto, il mio cervello continuava a ripetermi di fermarmi, che sarebbe stato patetico presentarsi lì per... Per cosa? Neanche ero a conoscenza del motivo.
Guidai lentamente verso casa di Lucas. Nonostante ciò arrivai a destinazione dopo all'incirca dieci minuti. Attesi, chissà cosa, prima di scendere dall'auto. Presi un respiro profondo e imboccai il vialetto che conduceva alla porta. Mentre camminavo, continuavo a immaginare quello che avrei dovuto dire, le espressioni che avrei dovuto fare. Volevo recitare alla perfezione per fargli capire che non ero assolutamente disposta a tornare con lui, qualunque cosa fosse successa, che ero un'altra persona, diversa dalla liceale che conosceva, anche se era l'esatto opposto.
Sarei tornata con Lucas se solo me lo avesse chiesto.
Giunsi davanti alla porta e bussai. Aveva uno strano colore verdastro, da poco verniciata. Era strano, perchè non era un colore che a Lucas piaceva. Dedussi che non doveva essere opera sua.
Passò un bel po' prima che qualcuno venisse ad aprire. Io ero pronta a sfoggiare un bel sorriso, vedendo già il suo volto davanti ai miei occhi, ma non mi ritrovai lui oltre la soglia. C'era un ragazzo, che assomigliava molto a  Lucas, se non fosse per l'altezza. Lucas era alto, molto alto, credo raggiungesse i due metri. Il ragazzo che mi stava davanti era addirittura più basso di me, biondo, occhi azzuri che risplendevano nonostante l'oscurità. Aveva una bellezza diversa, un diverso sguardo, ma la stessa espressione dolce, forse anche di più.
“Immagino tu stia cercando Lucas” disse il ragazzo, distogliendomi dalla mia analisi. “Ehm... Sì... Sì, sto cercando lui” risposi, balbettando e osservando il suo corpo. Cercai di immaginarlo senza vestiti, sembrava avere una muscolatura perfetta. Lui purtroppo se ne accorse e io alzai subito lo sguardo. “E' in casa?” chiesi. “No, è appena uscito” replicò lui. Ci fu un silenzio del tutto imbarazzante tra noi, che durò più di qualche secondo. Io tenni lo sguardo basso, cercando di cancellare ciò che avevo fatto poco prima della mia mente. Era e lo è ancora un mio difetto, quello di osservare le persone, in ogni minimo di particolare, scovare i dettagli più nascosti.
“Io sono Daniel, il fratello di Lucas” disse lui ad un tratto. Alla parola 'fratello', sbarrai gli occhi. Quello non poteva essere il fratellino combina guai di Lucas! Me lo ricordavo, cinque anni prima, aveva solo dieci anni e superava di poco il mio fianco. Giocava ancora con macchinine e pupazzi. Quello non poteva assolutamente essere Daniel, perchè allora avrei fatto delle fantasie su un minorenne.
Risi, una risata forzata, quasi isterica. “Stai scherzando” dissi, e non era una domanda. Lui era rimasto con una mano tesa verso di me, aspettando che io gliela stringessi e mi presentassi. Mi guardò in modo strano, finchè non smisi di ridere. “No, non stai scherzando” esclamai, frenando la risata. “Scusa... E' che io mi... Insomma mi ricordo del fratello di Lucas e... Insomma tu... Sei diverso, ecco” spiegai, sperando che mi credesse meno pazza di quel che già sembravo.
“Questo è ciò che chiamano sviluppo ormonale” disse lui, con calma. Tendeva ancora la mano verso di me, così gliela strinsi e mi presentai. “Samantha... Sam”. La sua pelle era incredibilmente fredda e un brivido mi percosse tutto il corpo, finchè non lasciai la presa.
“Sam quella Sam?” esclamò lui. “Sì... Beh, dipende da cosa intendi per quella Sam...” replicai.
“Sam il grande amore dei tempi passati di Lucas”. I 'tempi passati' non mi andarono tanto giù.
“Eh già... Proprio quella Sam” ammisi. “Tuo fratello ha detto per caso quando tornava?” chiesi poi. “Non ne ho idea, è uscito all'improvviso, credo l'abbiano chiamato in ospedale” rispose Daniel.
“Ospedale? C'è qualcuno che sta male?”.
“No, no, ci lavora lì”.
Non riuscivo a collegare Lucas ad un ospedale. Non era mai stato il suo sogno quello di diventare un medico e non mi spiegavo come mai fosse successo. Così non esitai a chiedere: avevo Daniel che sicuramente conosceva più cose di suo fratello che dei motori di ricerca su internet. “E' diventato un medico? Come gli è venuto in mente?” dissi.
“E' una storia lunga” rispose lui.
Mi corressi: internet era mille volte meglio.
Tentai di nuovo. “Se non ricordo male al liceo il suo sogno era di diventare un pilota o qualunque cosa avesse a che fare con gli aerei...”.
“Come ho già detto, è una lunga storia... Te la racconterà un giorno...”.
Non ricavai ancora nulla. Ero ormai decisa ad andarmene, pronta per salutare e tornare a casa, quando Daniel, guardando oltre le mie spalle, esclamò: “Oh, eccolo lì”. Mi girai di scatto e vidi arrivare Lucas. In un primo momento lo vidi da solo, poi, a poco a poco, notai la presenza di qualcun altro accanto a lui. Era una ragazza, bionda, occhi azzurri, fisico asciutto, e gli arrivava alla spalla e... La stava tenendo per mano. Mi bloccai istintivamente a fissare le loro mani intrecciate. Lei continuava ad accarezzare quella di Lucas e a sorridere.
“Sam. Che ci fai qui?” esclamò Lucas. Ci misi un po' per rispondere. “Ero... Ero nei paraggi”. Nel parlare, non staccai gli occhi da quei gesti di dolcezza che caratterizzano solo due persone innamorate. “Davvero? Se non ricordo male, abiti dall'altra parte della città”.
Ricordava benissimo. “Lavoro da queste parti” rimediai allora. La ragazza bionda si mise a fissarmi. Odiavo essere fissata, soprattutto in quel caso. Il mio sguardo era ancora immobile sulle loro mani, quando ne vidi una muoversi e tendersi verso di me. “Io sono Haley, piacere” squittì. Mi irrittò il solo suono della sua voce. Gliela strinsi distrattamente, biascicando il mio nome, quasi a non voler farglielo capire. “E' la tua... Ragazza?” chiesi poi, immaginando la risposta. Osservando le loro carezze, non avevo ancora notato un piccolo, ma molto rilevante particolare. “Diciamo, un po' più che ragazza” esclamò Haley, mostrandomi orgogliosamente un grosso anello incastonato di diamanti sul suo anulare sinistro.
Quello non lo avevo previsto. Stavo ancora elaborando l'idea che Lucas avesse una ragazza, ma non ero pronta ad affrontare il fatto che si stesse per sposare. Non tutto nel giro di cinque minuti. Rimasi bloccata dalla notizia, letteralmente a bocca aperta, osservando Lucas sorridere felicemente, guardando con dolcezza Haley, così come, non molto tempo prima, faceva con me. Lo odiai in quel momento. Forse la mia domanda aveva forzato il tutto, ma sarebbe bastato un semplice sì, avrebbe fatto meno male, invece di sbattermi in faccia il suo fidanzamento.
Lui non disse nulla, parlò solo Haley. Nemmeno suo fratello mostrò qualche reazione, quasi fosse apatico. Era strano per Daniel. Per come lo ricordavo io, era un ragazzo solare e vivace, sempre con il sorriso stampato in faccia. In quel momento non era solo il suo corpo ad essere cambiato, ma la sua espressione, il suo modo di esprimersi, erano ghiacciati, bloccati... Avrei detto privi di sentimento. Non si congratulò con il fratello, neanche abbozzando un sorriso. La notizia aveva lasciato sconvolto anche lui.
Intanto, Haley continuava a parlare, ininterrottamente, niente sembrava fermarla. Rispondendo a domande che nessuno le aveva fatto, raccontò di come si erano conosciuti, di tutte le discussioni che avevano dovuto affrontare, di come Lucas si era proposto. Lui ogni tanto interveniva, aggiungendo qualche dettaglio o correggendo le sue versioni. Io speravo che qualcosa, qualunque cosa interrompesse quel momento, uno squillo di un cellulare, un fulmine a ciel sereno, che magari colpisse Haley... Niente di niente, finché, per mia fortuna, Daniel mi salvò. “Vorrei restare a sentire la vostra favola alla Cenerentola, ma devo andare” disse. “Già... Anche io” aggiunsi.
“Oh, è stato un piacere conoscerti” esclamò Haley. Avrei voluto rispondere "per me no". Sarebbe stata una liberazione, ma dovetti replicare con un sorriso, dicendo falsamente “Anche per me”. Haley inclinò la testa di lato, sorridendo prese di nuovo per mano Lucas ed entrarono in casa. Li guardai fino a quando la porta non si chiuse e sospirai. Ero in coma, non potevo, non volevo credere a ciò che avevo appena visto.
Fu Daniel a riportarmi alla realtà. “Credo non ti abbia fatto piacere la notizia” disse.
Era così evidente? Forse. Immaginavo come dovevano essere i miei sguardi e le mie espressioni di fronte alla nuova coppia felice. “No... Insomma... Sì... E' felice... E' questo quello che conta”. Ero fin troppo brava a mentire.
Daniel mi guardò alzando un sopracciglio. Evidentemente le mia espressione aveva tradito le mie parole, ma lasciai correre. Non avevo voglia di fingere o cercare giustificazioni per il velo di tristezza che mi aveva ricoperto il viso. Era fin troppo palese il fatto che stessi più che male.
Non potevo comunque rimanere lì, a premere quel peso devastante sulle spalle di un quindicenne, dal cui sguardo avevo intuito mi volesse consolare.
Quello gli era rimasto. Mi ricordai di un episodio, riguardante lui da piccolo e una bambina alla quale era caduto il gelato nella sabbia. Io e Lucas lo avevamo portato a giocare lì e Daniel diede il suo intero cono alla fragola alla povera piccola, che piangeva. Aveva un animo altruista, fin troppo. Se fino a quel momento avevo dubitato che Daniel fosse davvero Daniel, quei suoi gesti e sguardi, mi fecero ricredere.
“Meglio che vada sul serio ora” mormorai, poco dopo. Lui si limitò ad annuire, ma mi precedette nell'andar via e scomparve nel crepuscolo.

  
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