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Autore: Remedios la Bella    23/08/2011    3 recensioni
Un ragazzo tedesco che tollera gli ebrei e trova misera la loro condizione. Max.
Una ragazza Ebrea dallo sguardo vuoto e dal passato e presente tormentati e angustiati. Deborah.
Due nomi, un'unica storia. 15674 è solo il numero sul braccio di lei, ma diverrà il simbolo di questa storia.
In un'epoca di odio, nasce l'amore.
E si spera che quest'amore rimanga intatto per lungo tempo, e sradichi i pregiudizi.
Enjoy!
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non ci credo ancora che ogni volta spuntano recensori da ogni parte! é incredibile! Davvero, sono commossa .. Beh, buona lettura!

Capitolo 12

 
Il campo di concentramento si stagliava in tutta la sua inquietante magnificenza nel mezzo di una valle sperduta e sterrata ai limiti del boschetto. Il filo spinato cingeva la parte più alta dell’enorme rete che cingeva il campo per metri di terreno.
Da lì potevo intravedere già il tran tran dei prigionieri, nei loro logori pigiami, mentre si sforzavano di costruire qualcosa di simile a una capanna, o da lavoro o da abitazione.
Io e mia sorella guardammo attentamente dove fosse l’entrata per il campo, e riuscimmo a intravederla poco distante da dove eravamo prima.
Ma prima di andare, mi premeva sapere una cosa. Così bloccai il polso a mia sorella mentre si accingeva a correre verso il cancello.” Aspetta .. perché mi aiuti?”
“ ti sembrano domande da fare in questo momento?”
“ Lo voglio sapere .. e se poi tu dicessi tutto a mamma o papà?”
“ tanto lo saprebbe comunque papà .. in fondo stiamo andando da lui …”
Io la guardai perplesso:” ma dico … ti sei rimbecillita vero? Papà non dovrà sapere della nostra venuta qui, altrimenti ci scorticherà vivi?”
“ E allora tu perché sei venuto? Non devi impedire la morte della tua amata?” mi fece lei provocatoria:” Non mi dirai che vuoi fare tutto da solo!”
“ Non sono solo, ci sei tu .. e poi voglio solo controllare, e salvarla …”
“ Da cosa? Se è già morta non potrai fare un bel niente per lei …”
“ La speranza è l’ultima a morire …” le dissi io con voce leggermente speranzosa:” speriamo davvero …” dissi ad alta voce:” Comunque, perché hai deciso di aiutarmi?”
Mia sorella mi guardò storto :” te lo ripeto .. non sono domande da fare … e poi … quella ragazza ci sa fare con la cucina! Non mangiavo piatti decenti da tanto tempo!” disse quasi scocciata e poi strattonò la mia presa al polso:” Ora andiamo … dobbiamo eludere la sicurezza.”
“ Ho già in mente un piano …”le dissi, mentre e testa bassa ci dirigemmo verso un cespuglio poco vicino al cancello, che in linea d’aria poteva distare non più di dieci metri. Li appostati, vedemmo i due soldati di guardia al campo, sguardi freddi puntati in avanti in circospezione. Non ci avevano notato per adesso.
“ Come facciamo? Se andassimo là a dire che siamo i figli del tenente- colonnello Schubert chiamerebbero nostro padre e noi verremmo scoperti ..” disse mia sorella sottovoce, mentre cercava di non far impigliare il suo abito nei rami del cespuglio che ci nascondeva.
“ Sta a vedere …” tirai fuori dalla tasca un sasso che avevo raccolto qualche minuto prima dalla strada, un sasso abbastanza grosso da fare un rumore piuttosto udibile, e senza farmi notare troppo lo scaglia nella boscaglia dietro di noi. Come sospettai, il sasso sbatté contro il fogliame producendo il suono tipico dello spostamento di un gran quantitativo di foglie. Le guardie sentirono quel suono.
“ Cosa è stato?” fece uno.
“ non so … andiamo a controllare ..” disse l’altro. Entrambi imbracarono i fucili e corsero verso la fonte del rumore di prima. Io e mia sorella, appena li vedemmo avvicinare, ci scostammo attentamente e fummo fuori dal loro campo visivo. Prendemmo uno slancio enorme e ci avvicinammo al cancello, che fortunatamente era aperto.
Cigolò leggermente con il tocco delle mie mani che ne aprirono la fessura abbastanza grande da far passare un ragazzo esile, e io e mia sorella posammo i piedi sulla sabbia del campo. Eravamo dentro.
Ora non mi restava che cercarla. Sperando con tutto il cuore che non se ne fosse già andata per sempre.
 
 
Non posso crederci … no … no .. no! Mia madre, mia madre, mia madre! Perché lei, perché non io lì dentro? Che cosa c’entrava lei?
Ero confusa, totalmente confusa, mentre continuavo a fissare la maledetta porta dell’inceneritore, la porta nera di ferro rovente, dal quale nessuno poteva fare ritorno.
Xavier mi teneva come attanagliata alla nuca, e mi faceva un male cane, sia a causa della sua stretta, sia per una frustrata nuova e sanguinante proprio lì, vicino alla mia esile nuca stretta tra le sozze dita di quel bastardo.
Si, lo chiamavo bastardo, non era altro che un fottuto bastardo, empio di cuore.
Avevo gli occhi pieni di lacrime, mentre continuavo a fissare disperata quella porta, da cui .. mia madre non farà più ritorno.
“ Visto che succede alle Hundin? La pagano cara se mettono le corna!” mi disse lui, con quella sua voce sibilante, quella sua maledetta voce che detestavo con tutto il cuore, quel rumore stridente che udivo ogni volta all’orecchio, insieme alle sue unghie che mi dilaniavano la carne in quelle terribili notti.
Ogni notte costretta a subirmi le sue angherie, le sue dita … e mi faceva un male cane. Davvero male.
“ Hai visto cosa è successo?” mi ripeté lui, continuando a stringere la presa sulla nuca, mentre io mi strinsi il labbro inferiore che sanguinò per la forza con cui lo morsi, per soffocare il grido di dolore e tristezza che avrei emanato di sicuro.
Continuai a rimanere zitta, mentre le lacrime mi scesero dagli occhi implacabili, e la vita mi passava davanti agli occhi, ogni istante passato con mia madre, che ora non c’era più: Le sue ninne nanne non le avrei più sentite, non avrei più avuto il suo tocco gentile sulle pelle.
Quando incrociai il suo sguardo prima che entrasse all’inferno, iniziai a piangere, ma lei non mi odiava per averla messa in mezzo ai miei errori, no. Era compassionevole, dolce, come sempre. E questo mi fece un male insopportabile. Avrei preferito che mi strattonasse, mi battesse a terra e mi urlasse traditrice, stronza, e mi picchiasse. Che mi spingesse lei dentro il forno al posto suo, come era giusto che fosse.
E invece accettava di morire per salvarmi, nonostante non fosse stata lei a deciderlo, ma Xavier, per vendetta. Per una misera fasciatura alla mano.
Per l’opera buona di Max … Max … perché non sei qui? Perché non mi chiedi con la tua voce vellutata come sto? Perché non mi aiuti?
Quel ragazzo mi svegliava la notte, mi coccolava con la sua voce, mi consolava dall’enorme tristezza delle notti con Xavier, era lì da pochi giorni e già lo sentivo come un amico intimo … non esitava ad aiutarmi nel momento del bisogno.
Amico? Era giusto definirlo così? Forse … forse … Max … dove sei?
I miei pensieri vennero interrotti dal sibilare di Xavier:” E adesso tocca a te …” Liberò la stretta della nuca, ma in compenso mi strinse il braccio talmente forte che gemetti tappandomi la bocca subito per non far gustare il mio dolore a  quell’insetto.
Mi tirò con forza, andava verso i suoi alloggi.
“ Ora io e te facciamo i conti ..” mi ripeteva, trascinandomi verso il mio abituale incubo. Stavolta mi avrebbe violata, ne ero certa. Stavolta avrebbe rotto il sigillo della mia verginità, mi avrebbe resa impura … mi avrebbe usata come un bambolotto.
Arrivammo all’alloggio, e lui aprì furente la porta, e mi spinse dentro, facendomi rovesciare sul sudicio letto di sempre.
“ Aspettami qui Hundin!” mi disse lui, sulla soglia:” E fai la brava che se provi a scappare te la faccio pagare cara capito?” mi disse con voce carica di odio.
Alzai la testa verso di lui, incrociai i suoi occhi. E lì tutto il mio odio per quell’essere esplose come la dinamite. Neanche mi accorsi che dalle mie labbra affiorò l’insulto più adatto per lui :” You’re a fucking Jackass!!”Glielo urlai in faccia, senza rendermi conto che stavo comunque tremando:” sei un fottuto coglioneeeeeeeeeee!!!”
Lui ricevette il mio insulto, si avvicinò a me e mi scagliò a nocche strette un pugno dritto in viso, che mi fece cadere sul letto con il naso sanguinante:” vedi di stare zitta!! Per questo insulto, puttana, avrai la doppia dose! Preparati!” mi diede un calcio alle gambe penzolanti dal letto e poi uscì sbattendo la porta.
Non mi importò del dolore che provavo al mio setto nasale e alle mie gambe livide. Rimasi sul letto, stringendo a pungo le coperte e piansi. Piansi facendo rumore, piansi urlando e soffocando le urla sul materasso sudicio.
Max … dove sei? Ho bisogno di te …  

   
 
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