Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Dira_    23/08/2011    25 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo XL (II°Parte)
 



Si conobbero. Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s'era mai saputo.
E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre,
 mai s'era potuta riconoscere così.
(Il Barone Rampante, Italo Calvino)


 
“Dammi da bere.”
“… eh?”
Albus si voltò solo in tempo perché James gli impattasse contro, nella calca del post-cena.
Stava servendosi due Acqueviole per sé e per Rose e improvvisamente, dal nulla, suo fratello si era materializzato.

“Dammi da bere.” Ripeté prendendogli il bicchiere. “C’è una fila pazzesca! Metti un po’ di alcool e finisce che tutti ci si buttano come cavallette.” Vuotò il bicchierino schioccando la lingua. “Aw, ma che schifo! È Acquaviola!”
“Spero tu sia allergico.” Replicò irritato.

“Lo sai che non sono allergico a niente!”
“Un’allergia improvvisa. Accade. Shock anafilattico e sei morto.”

James lo afferrò per la collottola e gli strofinò vigorosamente le nocche sulla testa, tirandosi indietro quando tentò di sferrargli un calcio. “Aw, Albie, quanto sei carino!” Lo sfotté allegro.
Certe cose non cambiano mai…
La Sala Grande era molto movimentata. Era stato invitato nientemeno che il conduttore degli ‘Ascolti di Marvin’ su Radio Strega Network: vi era dunque una playlist tutta babbana, con gran scorno da parte delle autorità più conservatrici, e gran gaudio da parte della restante folla. Numerosa.
 
I feel like dancing tonight
I'm gonna party like it's my civil right¹


Com’era ovvio, James era nel pieno della sua estasi festaiola. Aveva già ballato con metà sala, coinvolto Malfoy in una danza virile e molestato Tom in più occasioni facendo ridere come una matta Meike.
Per questo Al se lo voleva tenere lontano.
“Jam, dov’è Teddy?”

“A fare il vecchietto.” Gli fu prontamente risposto.
“Dovrebbe tenerti d’occhio.”
“Mi ama, si fida.” Ghignò.

“Jamie, levati dai piedi.” Sospirò, rimettendosi a fare la fila per prendere da bere alla sua imparanoiatissima dama; Rose aveva ballato con lui, si era divertita ma erano trascorse ben tre canzoni dalla fine della cena e stava giungendo il Gran Momento.
Quello in cui farà qualcosa di stupido ed eclatante per convincere Malfoy.
Ah, l’amore.
Passò avanti ad un paio di ragazzi con la nonchalance di un’infanzia passata a volere ed ottenere sempre la fetta di torta ideale. Si ritrovò James affianco dopo dieci secondi.
“Se lo rifai ti spezzo le dita.” Lo informò, ottenendo solo una sghignazzata arrogante. “Okay. Allora un qualsiasi giorno delle prossime vacanze farai colazione con la tua pinta di succo di zucca e ti troverai impotente perché te l’avrò avvelenato.” Stavolta la minaccia funzionò perché l’altro smise la sua aria strafottente per lanciargli un’occhiata preoccupata.
“Serpe.”
“Scimmione.” Sbuffò. “Cosa vuoi?”
“Il tuo cervello.” Replicò. “Hai notato che Rosie e Malfoy non hanno ancora combinato?”
“Naturalmente.” Sospirò suo malgrado. “Ma temo non possiamo farci nulla.”
Dopotutto non poteva far molto neppure per Tom, nel pieno di una crisi di misantropia: non voleva lasciare il tavolo, neppure per prendere da bere qualcosa con lui. L’unica con cui aveva mostrato un po’ di coinvolgimento emotivo era stata Meike. L’aveva perfino fatta ballare un po’, ma poi la bambina aveva captato l’umore dell’altro ed era andata a cercarsi facce più allegre.

Bimba furba, sempre detto.
“Sì, beh, anche tu e Tommy non siete proprio una coppia che sprizza unione stasera.” Lo apostrofò James, notando la traiettoria del suo sguardo. “Che gli piglia?”
“Pensieri.” Tagliò corto. Era sicuro che non fosse solo uno dei suoi insopportabili momenti da lupo solitario. Non poteva biasimarlo, dopotutto, se non aveva voglia di far festa. Un anno prima avrebbe fatto in modo che tutti sapessero che era l’assistente del Campione, adesso invece aveva chiacchierato giusto qualche minuto con Lord Malfoy dato che Scorpius era venuto a prelevarlo forzosamente per presentarli.

Penso che ormai gli sia passata la voglia di essere al centro dell’attenzione.
Del tutto.
Mise a tacere la damina affranta che soggiornava nel suo Io e prese finalmente da bere.
“Certo che solo io e Ted siamo riusciti a venire assieme, voi vi siete tutti portati qualcun altro!” Esclamò James con il solito, apprezzabile, tatto da troll in un negozio di porcellane.
“Vaffanculo James.”
“Ehi!”
“Che succede?” Ted doveva essersi stufato di invecchiettirsi – verbo coniato da James, insolitamente geniale – ed era andato a cercare il suo ragazzo. “State di nuovo litigando?”
“Condizione naturale, direi.” Gli sorrise, mentre il giovane professore dava una leggera tiratina d’orecchi a James.

“Non ho iniziato io!” Protestò.
“Inizi sempre tu.” Ribatté. “Lascia in pace Albus e vieni con me.”
“Quello sempre Teddy!” Esclamò allegro, facendolo arrossire tricoticamente. “Però, sul serio, stavamo cercando di ideare un piano per far coronare il sogno d’amore di Malfuretto e Rosie. Sono lenti come due Scopelinde!”  

Al inarcò le sopracciglia. “Stavamo facendo questo? Certo che sei impiccione.”
“Parla per te, diario segreto delle femmine di famiglia!”
“Oh.” Ted batté le palpebre, ignorando con abilità consumata il loro battibecco. “Beh, immagino che Rosie abbia bisogno di una piccola spinta…” Di fronte all’aria stupita di entrambi, si schiarì la voce. “Diciamo che da persona a persona … devo un favore a Scorpius.”
“Che favore?” Chiese James incuriosito. Ted scrollò le spalle imbarazzato e Al intuì al volo.
Mi sa che quella volta, al Solstizio di Ottery St. Catchpole c’è arrivato solo perché qualcuno ce l’ha spedito. Malfoy, per l’appunto.  
Ted intanto riprese. “Dicevo… mi sono accorto anch’io che sono in una situazione di stallo. È chiaro che uno dei due ha bisogno di fare il primo passo.”
Albus si trovò suo malgrado intrigato dall’insolita iniziativa di Ted, l’unico uomo al mondo che sembrava privo di voglia di farsi gli affari altrui.

Suppongo che tutti cambino.
E suppongo che Jamie gli abbia anche fatto una testa così per tutta la sera.
“E quindi?” Guardò i due drink e Rose, che seduta ad un tavolo giocherellava con una ciocca di capelli lanciando occhiate in una sola, perenne direzione.
Scommetto che oltre la calca c’è Malfoy.
Ted fece uno di quei suoi sorrisi miti, apparentemente privi di malizia. Non è che fosse del tutto vero; Al sapeva bene, da bravo serpeverde, che l’assenza di malizia non era una qualità di questo mondo.
“Forse ho un’idea…”
 
****
 
Rose si sentiva pronta. Sul serio.
Ma come si faceva a capire quand’era il momento giusto?
Il Ballo era nel suo culmine, dato che finalmente la cena era terminata e la musica da valzer leggeri si era tramutata in qualcosa di più giovanile.
Gli adulti ormai erano stati relegati nello sfondo, e la notte era diventata ufficialmente loro.
Aveva intravisto Scorpius più volte, tra la calca: spesso ballava con la sua dama, ma stranamente questo non l’aveva angosciata; più che una coppia danzante, le erano sembrati una coppia di amici che si divertiva. Scorpius buffoneggiava molto e la ragazza rideva, più che provarci sensualmente.
Comunque è strano. Voglio dire, per quanto sembrava provarci all’inizio dell’anno scolastico…
Cos’è cambiato?
Al momento Rose era seduta ad uno dei tavolini, in attesa che Al le portasse qualcosa di fresco da bere: ci stava mettendo troppo e quindi non poté fare a meno di cercare Malfoy ancora una volta, anche se sapeva benissimo dov’era; seduto al tavolo dei genitori con nessuna intenzione di schiodarsi di lì.
Come cavolo faccio ad invitarlo a ballare se rimane in territorio nemico?!
Sapeva che doveva andare là, ma curiosamente i piedi sembravano esserlesi attaccati al pavimento.
Sentiva ogni tanto un’occhiata trafiggerle la nuca ed era certa che si trattasse di suo padre. Si era progressivamente rilassato durante la serata, vedendo che lei e Malfoy erano sempre ad una ventina di persone di distanza. Minimo.  
Dannazione.
Improvvisamente le si parò davanti James.
“Ehilà, cugina!” La apostrofò accaldato, con il sopra dell’uniforme abbandonato al suo destino e la camicia slacciata e rimboccata sui gomiti.
L’uomo della festa.
“Ehi Jamie.” Mormorò distratta; suo cugino era l’ultimo dei suoi pensieri al momento.
“Ti vanno due salti in pista?”
“Ho saltato come una cavalletta fin’ora. Mi sto riposando. A proposito l’hai… argh!” esclamò quando  l’afferrò per un polso e la strattonò su con un movimento fluido. “Ti ho detto che non…”
Blah blah blah.” Replicò l’altro imperturbabile portandola in pista senza che potesse opporsi. Non poteva, non con quei tacchi e con il rischio di capitombolarci. Le fece fare una giravolta da girare la testa mentre suonava una canzone scoordinata come il pazzo che la stava conducendo.  

 
They say… "You've got the right to remain on the dancefloor
So show us what you've got cause you know you've got more!"


“Jamie, ho i tacchi! Vuoi farmi rompere una caviglia?” Sbottò imbarazzata. Era molto meglio ballare con Al, eccellente quanto prudente ballerino.
A quanto pare l’estate scorsa ha imparato nei migliori club gay della Londra babbana.
James… no.
“Veramente voglio agitarti un po’ di fronte al naso del Malfuretto.” Ghignò abbozzando un casquet che la fece seriamente temere per la sua vita. Non che ballasse male, beninteso, ma l’allievo auror Potter era irruento in tutto. Il ballo non faceva eccezione.
“Non ce n’è alcun bisogno!” Lanciò un’occhiata verso la tavola dei Malfoy e pomposi ospiti. Scorpius li stava guardando con un’espressione indecifrabile. “Non è lui che deve fare la prima mossa!”
“Ah no?” James la tirò di nuovo su. Le stava venendo il mal di mare. “Sei tu? Allora che aspetti? È tutta la sera che vi lanciate occhiate struggenti!”
“Ha una dama, non è che posso chiederle di levarsi dai piedi!”
Anche se vorrei. Tanto.

James roteò gli occhi al cielo. “La francesina è tutt’altro che interessata al Malfuretto.”
“Lo dice anche lui, ma sinceramente ho avuto pro…”
“È lesbica.” Esclamò, ridacchiando della sua espressione sbalordita. Riuscì peraltro a farle fare un’altra giravolta senza che protestasse.

“Stai scherzando?!” Chiese con un filo di voce quando il mondo smise di vorticare impazzito.
“No, per niente. Le ho chiesto di ballare per allontanarla dal nostro biondino e mi ha guardato come se fossi una specie di schiopodo lebbroso.”
Rose sbuffò. “Certo, si rifiuta di concedersi a te, quindi è per forza omosessuale. Non sei il metro della sessualità di nessuno, idiota.”
“Non esserne tanto sicura!” Replicò offeso. “Ah, e poi Domi è venuta a dirmi che mi avrebbe strappato le braccia se glielo avessi chiesto di nuovo.”
“Domi…?” Avrebbe finito per rotearla sopra la sua testa senza che emettesse protesta, se continuava a darle certe rivelazioni. “Mi stai dicendo che …”
“Sono stupito anch’io, che ti credi. Pensavo che fosse asessuata o roba del genere!” Sbuffò divertito. “Comunque rimane il punto. Esistono al mondo coppie più assurde di voi due. Tu e Malfuretto siete quasi noiosi!”

Rose capì il sottotesto, e sorrise a quell’impossibile scimmione del cugino. Forse per questo Al non stava tornando con i loro drink.
I Potter hanno modalità tutte loro per farti capire che è ora di darsi una mossa.
“Jamie, vatti a trovare una nuova dama.” Lo apostrofò.
“Sicuro!” Le fece un gran sorriso, mollandola di colpo. Rose, che se lo aspettava, rimase in piedi piuttosto dignitosamente e si diresse poi fuori con l’incedere dell’Espresso per Hogwarts.
Se mi fermassi, non sarei più capace di ripartire.
Ci mise pochi attimi ad arrivare al tavolo dei Malfoy. Erano tutti e tre schierati, e per un attimo Rose pensò di tirare dritto e andare a schiantarsi contro il muro; Scorpius la stava guardando un po’ sorpreso, con un drink in viaggio verso le labbra. Non riuscì a guardare i di lui genitori, ma fu certa che Lord Malfoy la stesse fulminando con il suo temibile sguardo da becchino durante una sepoltura. Notò anche la non-presenza di Violet e ne fu felicissima.
“Rosie.” Esordì Scorpius. “Ehm, cia-”
“Malfoy, mi faresti l’onore di questo ballo?”

Avrebbe davvero voluto essere più sciolta, quasi ironica, estremamente auto-consapevole e intelligente. Non riuscì in nessuna di queste cose, ma gli tese comunque la mano. Scorpius allora le fece un enorme sorriso, tra l’incredulo e il divertito.
“Molto volentieri Weasley.” Le prese la mano tirandosi su e liberandosi del drink.
Rose sentì anche qualcuno fissarla alle sue spalle e sperò che fosse suo padre.
Non so decidermi? Beh, state a guardare.
Lanciò un’occhiata che sapeva essere molto sfrontata, ai genitori del suo Malfoy. Come sospettava, Lord Malfoy sembrava trattenere un brutto accesso di tosse, ma Lady Astoria le sorrise.
Oh.
Le sorrise di rimando e poi trascinò Scorpius sulla pista da ballo mentre molte persone guardavano. Troppe persone guardavano.
E che guardino. ‘Fanculo. Che guardino io che ballo con il mio ragazzo.
Si sentiva intoccabile in quel momento. Scorpius aveva accettato la sua mano e sì, le era sembrato che aspettasse proprio quello. Forse non era una richiesta usuale, ma Rose sapeva che con Malfoy l’usuale non funzionava un granché. Per fortuna.
Scorpius in effetti era divertito dalla sua situazione a ruoli rovesciati. Gli si leggeva in faccia a chiare lettere; la prese tra le braccia, perfettamente cavalier danzante e gentiluomo.
… ah. Gli ho chiesto di ballare e non ho neanche idea di che canzone…
 
And I'd give up forever to touch you
Cause I know that you feel me somehow
You're the closest to heaven that I'll ever be
And I don't want to go home right now²
 
La canzone che cominciò era miracolosamente una ballata. Troppo miracolosamente.
Rose capì che non era fortuna quando vide Al e Hugo affiancare il giovane mago che si occupava di alternare i dischi.
Ah, ecco dov’era finito quella serpe…
Al, incrociando il suo sguardo, le mostrò i pollici in segno di vittoria. Scorpius se ne accorse e ridacchiò.
“L’intero tuo clan sezione giovanile ha cospirato perché questo accadesse…”
“Non c’è di che stupirsene.” Sbuffò. “Sono degli impiccioni.”
“O tifano per noi.”  Replicò. “In ogni caso, fiorellino…” Rose non avrebbe mai creduto che le sarebbero mancati quei nomignoli idioti. E invece… “… che dici, riavviamo il nostro tempo?”
“Sarebbe anche ora, Malfoy.”

Non parlarono più, mentre la musica sembrava annullare qualsiasi rumore e tutti erano sfondo. Rose si dimenticò della sua famiglia, di suo padre e di… insomma, di tutti.
Non avevano la minima, stramaledetta importanza. Sentì l’ansia scivolare via, e sorrise anche lei.
Perché quello era il momento.
Non ci fu bisogno che si sporgesse per baciarlo perché si andarono incontro.  
 
“Ron, dove stai andando?”
“Hermione, li hai vis… dannazione! Quel moccioso ha osato…!”
“Nessuno ha osato niente.” Hermione Granger aveva visto e pensato abbastanza da farsi un’opinione su sua figlia, il giovane Scorpius e tutte le implicazioni del caso.

Per questo aveva afferrato la manica della veste del marito impedendogli di lanciarsi al salvataggio assolutamente non richiesto della figlia.
“La sta baciando! Mia figlia, davanti a…”
“Si stanno baciando.” Lo corresse con fermezza. Hermione aveva le sue opinioni e Merlino solo sapeva che nessuno poteva impedirle di esprimerle. “Rose è andata a chiedergli di ballare e lui ha accettato. Ora tu accetta che nostra figlia è innamorata del figlio di Draco Malfoy. Penso sia ora.”
Era un ordine e sapeva che suo marito li mal digeriva. L’espressione era esplicativa. Quindi addolcì il tocco e il tono. “Non una decisione che spetta a noi, in nessun modo… e in fondo, lo sai anche tu.”
Ron non replicò, non che Hermione se lo sarebbe aspettato. Quella sua cocciutaggine era il suo maggior difetto. “Ma è il figlio…” Iniziò infatti.
“Anche lei è una figlia, lo siamo tutti.” Lo fece risedere, ma meno riluttante di quanto si sarebbe aspettata; dopotutto, forse, il suo testardo marito voleva essere fermato. “Basta guardarli, Ron, per capire che non sarebbe giusto. Forse noi genitori non ci piacciamo, ma sai bene che questo deve andare oltre alle nostre reciproche antipatie. Loro l’hanno fatto.” Gli toccò la mano. “Non possiamo sapere come andrà in futuro … ma adesso non rovinare loro questo momento.”

Ron obbedì perché non poteva non farlo. Forse ricordava anche lui gli errori del loro Ballo del Ceppo.
Rimase a guardarli con aria indecifrabile, prima di sbuffare. “Quel ragazzino ha vinto la lotteria, con la nostra Rosie…”
E si sedette, vinto.
 
When everything's made to be broken,
I just want you to know who I am
 
****
 
Sören aveva trascorso la serata diviso. Esattamente così.
Ciò che di buono stava provando, era a causa di Lily. Era Lily ad averlo distratto, dopo l’incontro con l’agente del DALM americano, era stata lei a farlo ridere e imbarazzare in ugual misura tentando di ballare quegli strani, moderni ritmi babbani.
Per la prima volta in vita sua si era divertito.
Non è stato solo divertente però…
Le decorazioni della Sala, il valzer di apertura, il vestito di Lily, il loro toccarsi anche quando non danzavano, la complicità che aveva provato sorridendole…  era diverso da tutto ciò che aveva mai provato. Era simile ad un’ebbrezza.
Non era certo fosse appropriato.
Sono confuso… tanto per cambiare.
Al momento stava osservando la folla seduto ad uno dei tavoli; la sua dama non c’era. Era andata a consolare un’amica, Abigail, reduce da un appuntamento disastroso con il cugino.
Bevve un sorso dal suo drink tanto per fare qualcosa. Andata via quella piccola scia di energia vivace, si sentiva di nuovo assalire dal pungolo dell’ansia.
L’agente americano…
Quando l’aveva vista aveva dovuto trattenere ogni emozione, anche se non era certo di esserci riuscito del tutto; del resto era chiaro che quella donna fosse lì per lui. O meglio, per la Thule.
La stessa cosa.
Non gli era sembrata interessata alla sua persona, per fortuna.
Perché dovrebbe? Sei un Campione. Sei il cavaliere della figlia di Harry Potter.
Eppure non riusciva a scrollarsi di dosso quella sensazione angosciosa, quasi si sentisse preso all’angolo.
Si sentì toccare la spalla. Si voltò e si trovò di fronte Poliakoff. Trattenne una smorfia scontenta, perché non aveva senso provasse irritazione al vederlo.
In realtà sì, dato che lo detesti e ti sta ricattando.
“Luzhin!” Lo apostrofò. Dal respiro pesante e alcolico, capì che aveva bevuto. “L’hai vista?”
Annuì un po’ stupito: Kirill, nonostante non fosse precisamente in sé, si era accorto della presenza dell’agente.
Beh, non che sia difficile. Non fa certo nulla per nascondersi, non è neppure in borghese.
“Sì.” Confermò, facendogli cenno di sedersi accanto a lui: non gli piaceva torreggiasse dietro la sua sedia come un dannato avvoltoio. L’altro ragazzo obbedì.
“Che facciamo?”
“Nulla. Qualsiasi iniziativa attirerebbe l’attenzione, ed è l’ultima cosa che ci serve al momento.”

“Ah, già…” Replicò stolidamente l’altro. “Però… l’ho vista confabulare con Harry Potter.”
“Non è lui a capo delle indagini per l’attacco alla Prima Prova?” Scrollò le spalle. “Probabilmente collaboreranno.” Non era così tranquillo come dimostrava, neppure lontanamente, ma non voleva dar motivo al russo di fiutare il suo nervosismo.

“Hai avuto anche missioni in America, giusto?” Lo incalzò avvicinandosi al suo orecchio; non c’era alcun bisogno di sussurrare dato che il tavolo a cui erano seduti era vuoto eccetto loro. Lo stava facendo per infastidirlo? Registrò la frase e serrò le labbra: sì, lo stava infastidendo.
“Certo.” Confermò. “E con questo?”
“Beh, c’è da tenere gli occhi aperti…” Borbottò il russo, preso in contropiede. Forse si era aspettato di trovarlo più preoccupato.
“Non serve che me lo ricordi, Kiriev.” Replicò asciutto, scostandosi al suo tocco e raddrizzandosi. “Grazie per la premura.” Il tono era conclusivo e l’altro lo intuì perché schioccò le labbra contrariato, ma si alzò.
“Va bene, va bene… ti lascio alla tua bella dama.” Fece un sorrisetto. “Posso chiederle un ballo?”
La sua espressione dovette parlare da sola, perché l’altro fece una breve risatina, ma che non poté nascondere del tutto il nervosismo. “Non fare quella faccia, me lo ricordo quel che mi hai detto! Lily Potter è tua, nessun problema.” Alzò le mani in segno di resa, prima di allontanarsi e sparire tra la folla.

Sören inspirò, sentendo i muscoli rilassarsi gradualmente; si contraevano di colpo ogni volta che Poliakoff era nei paraggi.
Con un paio di frasi è riuscito a rovinarti l’umore…
Bevve un sorso sostanzioso dal suo whisky incendiario. Ne aveva preso solo uno dall’inizio della serata, lasciando che Lily ordinasse per lui: aveva avuto l’impressione che alla ragazza non piacesse vederlo bere.
Sentì di nuovo una mano sulla spalla, ma stavolta fu diverso. Era morbida, femminile. Sorrise appena, voltandosi. “Lily.” La chiamò e gli fu sorriso.
“Ehi, scusa l’assenza. Gail aveva bisogno di una spalla terapeutica.” Alla sua espressione confusa, scosse la testa, sedendosi accanto a lui. “Tutto a posto. Alcune persone non si… mixano bene assieme, ecco tutto. Sarebbe bello potersene accorgere subito.” Soggiunse pensierosa.
“Non accade tanto spesso…” Disse per dire qualcosa.
Gli fece un mezzo sorriso disimpegnato. “Vero.”
Rimasero in silenzio. Non c’era molto di cui parlare a festa inoltrata. Lily guardò in direzione di un punto preciso della folla, e fece una risatina. “Era ora…” Gli diede un colpetto contento sulla spalla. “Mia cugina e Malfoy… vedi? Sono tornati assieme, da come sono avvinghiati. E non c’è stata neppure una faida familiare! È proprio la magia del periodo natalizio.”
“Ne sono lieto.” In realtà non gliene importava nulla e non aveva dato che un’occhiata distratta alla coppia: era attratto invece dal modo in cui le candele che fluttuavano sul soffitto giocavano con i riflessi ramati dei capelli dell’altra. Lily intercettò il suo sguardo, inarcando le sopracciglia.

“Ho qualcosa trai capelli?”
“No…” Scosse la testa, lanciando un’occhiata al braccialetto. Il regalo era stato straordinariamente semplice, quando aveva fatto mente locale. Lo aveva fatto commissionare da un orafo che si occupava della pulizia periodica dei gioielli degli Hohenheim: appena l’aveva visto nel suo catalogo, aveva capito che era quello.  

Ormai conoscono i suoi gusti… dopotutto, è ciò che dovevo fare.
Lily notò anche quella occhiata, e fece tintinnare il monile al polso. “È stupendo. Non te l’avevo ancora detto?” Non aspettò risposta. “Mi piace tantissimo, sul serio!” Ebbe una lieve esitazione e le guance, non poteva sbagliarsi, le si tinsero di imbarazzo. “… sì, insomma. Mi dispiace…”
“Di cosa?”

“Il mio regalo…”
Sören si trovò a disagio, ricordando di aver dormito con quella sciarpa appoggiata al cuscino. Non aveva mai dormito così bene nell’ultimo periodo.

“Mi … mi è piaciuto molto.” Si risolse a dire. La frase non parve convincere l’altra che fece una smorfia ancora più accentuata.
“Lo so che non è bello o di valore come il tuo, non serve che ti sforzi.” Mugugnò.
“Non mi sto sforzando!” La voce gli uscì piuttosto incredula, se ne rese conto da solo. “È il miglior regalo che abbia mai ricevuto.”
Lily sembrava più perplessa di lui, ma anche sottilmente compiaciuta. Del resto stava sorridendo. “Ora mi prendi in giro…”

“No.” Disse fermo. “Lo è davvero. Non mi era stato mai donato qualcosa di fatto a mano.”
“Non è…” Iniziò, salvo scuotere la testa divertita. Sören capì che aveva di nuovo frainteso qualche sottotesto. Non sembrava importante, comunque. “… è solo che è la prima volta che sento qualcuno dire qualcosa del genere a proposito di una sciarpa. Però suppongo ci sia sempre una prima volta.” Aggiunse velocemente. “E poi, sei il primo a cui la regalo in effetti.”
Cadde di nuovo il silenzio. Uno di quei silenzi che ormai Sören aveva imparato a riconoscere: erano il preludio a qualcosa, solo non sapeva cosa. Lily lo guardava infatti di sottecchi, come se si aspettasse un suo gesto.
Siamo ad un Ballo…
“Ti va di ballare?” Chiese incerto. Lily sembrò delusa, poi fece uno di quei suoi sorrisetti allegri.
“Certo, non dubitarne mai!”
Sören non capiva, sul serio, ma sembrava andar bene lo stesso. Si alzò e le porse la mano; la ragazza la prese sistemandosi il vestito con leggeri tocchi delle dita: sembrava essere nata per indossarlo.
La condusse in mezzo agli altri ballerini e aspettarono un po’ scioccamente la fine della canzone, a quanto pareva troppo movimentata per incontrare i gusti della sua dama.
Al ricominciare di un’altra però si illuminò. “Morgana, questa mi piace un sacco!” Esclamò.
 
There used to be a graying tower alone on the sea
You became the light on the dark side of me
Love remained a drug that's the high and not the pill³
 
Le sorrise. “Ti piacciono tutte le canzoni d’amore?” La prese in giro.
Lily stette al gioco, accarezzandogli civettuola la spalla. “Ma non lo sai, caro il mio Ren, che la maggior parte delle canzoni lo sono?”
“Si imparano sempre cose nuove.” Rispose non impegnativo, perché quella canzone, ad ascoltarla, era meno fumosa delle altre. Parlava di una situazione curiosa. Una situazione simile alla sua.  
Poi Lily gli appoggiò la guancia sul petto, abbandonandovisi con una fiducia così spontanea che Sören provò di nuovo quella singolare ebbrezza. “È la più bella serata della mia vita.” Gli mormorò.

Non le rispose: aveva notato che a volte Lily tendeva ad esagerare un po’, a tendere verso l’assolutezza. Poteva essere uno di quei casi. Ma non  per lui.
 
But did you know, that when it snows,
the light that you shine can be seen?
 
Sentiva il suo respiro tiepido solleticargli il collo. Senza rendersene conto, serrò appena la presa sulla vita. Sembrava così fragile, e piccola. Lo era. Eppure era lui a sentirsi quello debole.
Perché non poteva essere davvero il suo Ren? Perché non poteva essere Sören Luzhin?
 
I compare you to a kiss from a rose on the gray
The more I get of you, the stranger it feels
 
Per Lily quella era la serata perfetta.
Non avrebbe potuto essere migliore: Rose e Scorpius si erano finalmente ritrovati – molto meno stress per tutti. Teddy e James erano assieme, felici: li aveva visti scambiarsi un bacio bellissimo.
Al e Tom avrebbero finito la serata assieme, ci scommetteva da come aveva visto quest’ultimo cercare Al con lo sguardo, non trovarlo e andare rapidamente alla sua ricerca. Persino Dominique non era da sola, ma con quella francese, che le sedeva accanto posandole la testa sulla spalla. La cugina sembrava molto meno inferocita adesso, quasi tranquilla.
Ah, lo sapevo!
Persino il povero Hugo che, dopo una serie infinite di gaffe era stato scaricato dalla sua dama, si era consolato giocando con Meike un’ardita partita a Mazzo Incendiario.
E poi c’era Ren.
Ren era stato semplicemente incantevole.
“Ren?” Lo chiamò, anche se non pensò minimamente di scostarsi dalla sua comoda posizione. Era la migliore per ballare, abbracciarlo e non farlo notare troppo in giro.
“Dimmi Lily.” Le fu risposto. Non che avesse una vera e propria domanda in mente, era più…
Sì, insomma.
Era cotta di lui in modo inesorabile e trovava del tutto legittimo dimostrarglielo. Del resto, per come si era comportato quella sera, per l’affetto e le attenzioni che le aveva dimostrato…
Insomma, non posso sbagliarmi.
Pensieri a parte, lo stava guardando. Si stavano guardando e ormai ballare era poco più che inerzia.
Lily si aggrappò con leggerezza alla sua spalla e si alzò in punta di piedi. Notò un lampo di smarrimento nello sguardo dell’altro ed ebbe un’esitazione. Poco più di un secondo, perché poi facendo valere tutti i suoi quindici anni lo baciò.
 
Sören ci mise più di qualche istante a capire cosa stesse succedendo.
Di solito era piuttosto rapido nei processi mentali: era naturale, gli era spesso stato necessario per sopravvivere o non farsi catturare.
Ma stavolta sentì il cervello incepparsi, lo sentì, quasi fosse un meccanismo mal oliato.
Poi realizzò.
Lily lo stava baciando.
E non sulla guancia, non sulla fronte. Non c’era nulla di amichevole in quel gesto, o affettuoso.
Non va bene.
Il cervello riprese a funzionare. Lo realizzò in un lampo.
Non va bene. Non va affatto bene.
Si staccò. “Non… Lily, che stai facendo?” Mormorò cercando di tenere il tono fermo o, che Faust glielo risparmiasse, alzare la voce.
Lily corrugò le sopracciglia, mentre un lampo ferito le passò nello sguardo. “Non si vede?” Replicò sfacciata per coprire l’evidente delusione. “Tu mi piaci, Ren. Pensavo…”
“No.”  

Realizzò in quel momento. Fu come una doccia gelida.
Lily era quella ingannata, e lui colui che ingannava. Questo lo sapeva. Ma c’era dell’altro. Era lui, il problema; come un povero idiota si era ingannato da solo, con le sue mani.
Quello che provava per lei era eccessivo e sbagliato, ridicolo… e ormai inevitabile.
Poliakoff aveva ragione: si era illuso di essere Luzhin a tal punto che era diventato Luzhin.
Non sei invaghita di me. Ma di lui. Di Luzhin, non di me. Io in tutto questo non esisto.
Si scostò bruscamente sotto lo sguardo sbigottito della ragazza.
“Ren, cosa…?” Tentò, cercando di toccargli un braccio. Fece un altro passo indietro. Non doveva toccarlo.
“No…” Ripeté. “… non è vero.”
Sì, se l’era detto più volte ma non aveva mai realizzato del tutto la portata di ciò che stava facendo.

Lily non sarebbe mai stata sua amica. Né tantomeno innamorata di lui. Non di Sören Hohenheim. Mai.
Io per lei non esisto.
Si sentì improvvisamente soffocare, come se la Sala gli incombesse addosso: le belle candele ghiacciate, la volta piena di nevischio, i tavoli eleganti, gli astanti, Lily. Lo stavano soffocando.
Quello che provava era reale. Lo era maledettamente, nessun dubbio su quello. Eppure, allo stesso tempo, non lo era affatto.
Stava soffocando.
Si allontanò dalla pista da ballo senza voltarsi.
 
To me you're like a growing addiction that I can't deny
Won't you tell me is that healthy?
 
Lily rimase impalata in mezzo alla pista. Non molti avevano visto ciò che era accaduto tra lei e Sören, ma abbastanza dal sussurrarle alle spalle.
Appena succede qualcosa ad un Potter, tutto sulla bocca di tutti!
Sentì un groppo chiuderle la gola e le lacrime premere prepotenti per uscire.
No, no. Non azzardarti a piangere, o finirà nel giornalino scolastico!
… si fotta il giornalino scolastico.
Che diavolo è… che diavolo…
Si sentì voltare piuttosto gentilmente anche se un po’ goffamente. Era il suo Hugo.
Magari per qualcuno la legge del Clan Potter-Weasley era poco più che ironia applicata ad una famiglia allargatissima. Non era vero: Hugo sapeva sempre quando aveva bisogno di lui perché lui era un Weasley e lei una Potter. Perché erano due Potter-Weasley.
“Ohi.” Disse. “Ti va di ballare, eh? Sì, vero? Ecco.” E l’afferrò con una certa sicurezza, sperimentando qualche passo.
È più coordinato con me che quando era con Gail… - pensò distrattamente. Si sentiva frastornata, come se avesse preso uno schiaffo in faccia.
Mi ha rifiutata.
Hugo invece le aveva appena risparmiato una figura patetica, dato che il suo primo istinto era stato quello di correre dietro al suo fuggitivo cavaliere. 
Non è vero? Non è vero cosa?
Abbracciò con forza il cugino, approfittando dei ritmi lenti della nuova canzone. “Ch’è successo?” Chiese Hugo con un borbottio. “Vuoi che vado a picchiarlo?”
Lily strinse ancora di più la presa. “Portami via…” Riuscì a dire e non fu male, dato che aveva solo voglia di scoppiare in singhiozzi. “Per favore, non voglio più ballare.”
“… ricevuto.” Hugo era un vero asso nelle fughe tattiche da ambienti che non gli erano congeniali. In men che non si dica Lily si trovò seduta ad un tavolo con accanto il cugino che la fissava tutto arruffato e con l’espressione angosciata.  Le porse un fazzoletto. “Vuoi un bicchier d’acqua? Che chiamo Al? Rosie?” Snocciolò frettoloso. “Dai, dimmi qualcosa, cacchio!”  

Lily sapeva che era davvero una rarità che non aprisse bocca.
Beh, è anche una rarità che qualcuno mi abbandoni sulla pista da ballo dopo che l’ho baciato.
E dopo il trauma, venne la rabbia.
Mi ha piantata! Senza una spiegazione! L’ho baciato, non minacciato di morte!
“Un bicchiere d’acqua va benissimo.” Si sentì dire, quasi fosse un’altra persona ad avere quel tono tranquillo e cordiale. In effetti il cugino la guardò in modo strano, ma annuì, alzandosi e scappando sollevato verso il rinfresco.
Lily si alzò in piedi e uscì fuori dal salone. Avrebbe trovato Sören; non aveva il minimo senso ciò che era successo. Certo, era consapevole del fatto che non poteva piacere a chiunque e che c’era la possibilità che non piacesse all’amico.
Ma non mi avrebbe mai piantata così. Non per com’è fatto. Se non avesse voluto baciarmi me l’avrebbe semplicemente detto!
Dopo essere salita al Primo piano per pura inerzia – era quella la strada che faceva ogni giorno – prese un profondo respiro. Non poteva vagare alla sua ricerca a caso. Doveva pensare.
Appoggiò una mano ad una parete, sentendola freddissima; era quello che le serviva per tornare in sé.
Sören era letteralmente fuggito: non c’era verbo migliore che esprimesse il concetto. Era fuggito quasi avesse visto l’inferno spalancare le sue porte.  
Potrebbe essere andato alla nave.
Improbabile, pensò subito: il vascello era troppo distante. Nessuna persona sana di mente avrebbe camminato mezzo miglio con parecchi gradi sotto zero e solo un’uniforme di gala a proteggerlo.
Si morse un labbro frustrata; cercarlo non era semplice. Poi le sovvenne un pensiero.
Cosa farei io, se fossi scossa come lo era lui?
La soluzione le si presentò in pochi secondi.
Andrei a sciacquarmi il viso. Quindi andrei in un bagno.
I primi bagni erano al piano terra, Sören lo sapeva per forza, dato che li aveva usati. Tanto valeva provare.
Ridiscese la scalinata di marmo e quasi si scontrò con Rose e Malfoy, usciti dalla Sala Grande in direzione della porta principale: forse volevano andare a godersi il giardino magico realizzato per l’occasione. 
“Lils!” Esclamò Rose. Doveva avere un’espressione piuttosto eloquente se la cugina la guardava con quella preoccupazione. “Va tutto…?”
“Sì!” Sbottò in fretta, sorpassandoli. Ignorò il richiamo dell’altra ragazza e si infilò senza colpo ferire nel bagno dei ragazzi; era deserto.

Naturale. Nessuno studente utilizza i bagni di servizio quando sopra ha i propri… e per quanto riguarda gli ospiti, beh… se ne sono già andati quasi tutti.
Il bagno era immerso nel silenzio e Lily poteva sentire il ritmo veloce del suo respiro. Aveva fatto le scale di corsa, ed erano tante.
Poi capì che non era lei a respirare così; era un’altra persona. Di fronte al grande lavabo centrale, chinato in avanti con le braccia a puntellarsi sul ripiano di pietra, c’era Sören.
La casacca era stata abbandonata a terra, quasi se la fosse voluta togliere di dosso il più velocemente possibile, senza l’onere di posarla da qualche parte. Sulla leggera camicia di lino sottostante si stava allargando una grossa macchia di sudore.
Quando ha sudato così? Fa freddo tra l’altro!
La schiena si alzava ed abbassava. Stava respirando male.
… ma che…
Doveva capire. Doveva capire a costo di… beh, di parecchio. Si toccò il lobo dell’orecchio, percorse la cartilagine con le dita. Inspirò. E poi si tolse l’orecchino di controllo.
Sören non sembrava essersi accorto della sua presenza, quindi poté avvicinarsi senza che l’altro la notasse. Il viso gli gocciolava d’acqua: come aveva supposto, era andato a sciacquarsi il viso. Teneva gli occhi chiusi e l’espressione…
Di nuovo quell’espressione.
Un tormento profondo, l’avrebbe definito.  
“Ren.” Lo chiamò e il ragazzo si irrigidì. Le lanciò un’occhiata molto simile a quella di qualcuno consapevole di essere braccato da qualcosa di spaventoso.
Cavolo. Sono io? No, non è possibile. Che gli prende?
“Lily.” Disse e il tono era talmente in controllo da suonare falso. “… non dovresti stare qui, è il bagno dei ragazzi.”
Lo ignorò. Non meritava neanche risposta. “Che ti prende? Stai bene?”
“Sì… sto benissimo.” Era una palla talmente assurda che suonava quasi grottesca.

Lily capì che non aveva senso: non era per il bacio. O meglio, non solo. C’entrava il bacio, ma non sembrava entrarci lei, in quanto ragazza da rifiutare.
Riesco a capirlo perché sono senza orecchino?
Non poteva saperlo naturalmente. Ma doveva. Approfittandosi dell’attimo di sorpresa dell’altro – non si era aspettato che lo seguisse perché era il bagno dei ragazzi? Illuso – lo afferrò con forza per il polso. Fu un gesto istintivo, non sapeva cosa sarebbe successo. Per gli incantesimi serviva una bacchetta, per il suo potere…
Beh, sembrava bastasse toccarlo. Perché sentì.
Un terrore infinito, angoscia, orrore le ghiacciò l’intero corpo e si sentì quasi mancare l’aria.

Era quello che Sören provava in quel momento?
Oh, Merlino…

E poi vide un volto. Le balenò davanti quasi fosse un incubo. Un volto di uomo, occhi freddi, lineamenti familiari, capelli scuri.
Tom?
Non era Tom, naturalmente, ma gli somigliava da morire.
Smettila!” L’urlo la riportò bruscamente alla realtà, ma non fece in tempo a rimettere a fuoco la situazione che Sören l’afferrò per le spalle e la sbatté contro uno dei cubicoli in cui era diviso il bagno.  
“Ren!” Esclamò frastornata. Chi era quell’uomo? Cos’aveva visto?
Il volto dell’amico era vicinissimo al suo, sfuocato in un’espressione aggressiva.  “Non… frugarmi nella testa.” Il tono era basso, poco più di un sussurro ma Lily ne fu più spaventata che se avesse urlato.
“S… scusa.” Le uscì in un soffio. Avrebbe dovuto provare paura di fronte a quell’attacco? L’aveva aggredita, certo. Aveva paura. Ma non di lui.
Ho paura e basta. E non è la mia paura. È la sua.
Si umettò le labbra. Sören la teneva schiacciata tra lui e il legno del cubicolo: le sembrava di sentire il cuore dell’altro batterle contro impazzito. “Voglio…” Riprese controllo sulla poca voce che aveva. “… voglio solo aiutarti. Dimmi che ti succede, per favore.” Le uscì, perché era vero. A questo punto era inutile negare l’evidenza: il suo principe non era poi tanto azzurro e aveva un gigantesco problema.
“No, non puoi.” La risposta fu sferzante, rapida. Non ci aveva neanche pensato, ci scommetteva. “Devi…” Vide l’esitazione tremargli sui lineamenti, ma poi continuò. “… devi starmi lontana, d’ora in poi.”
“Cosa?” La voce le tornò piuttosto prepotente. Era un giocare d’istinto lì. “Non puoi…”
“Stammi lontana.” Ripeté, serrando la presa.

“A… allora…” Dannata voce tremante. “… perché non mi lasci?” Le uscì naturale, non filtrato. Era quello che pensava, ma non avrebbe voluto dirlo. Voleva che Sören le stesse vicino; certo, magari senza farle male come in quel momento, ma…
Come si fa a credere a qualcuno che ti ordina di allontanarti e poi fa in modo che tu non lo faccia?
Sören inspirò, assumendo di colpo quella sua espressione smarrita, che le faceva stringere il cuore.
“Io…”
E poi sentì il senso di colpa. Di nuovo non suo, dato che non aveva nessun motivo per provarlo.

 
“Lily! Dove sei?”

Era la voce di Rose, la sentì chiara a pochi metri da loro. Era fuori dai bagni, la sua brillante cugina; doveva aver capito che era quella la sua meta e l’aveva quindi seguita.

Sören si staccò di colpo, come se si fosse scottato. Non disse una parola e afferrò la sua giacca caduta a terra.
“Ren, dove…”
“Stammi lontana.” Mormorò senza guardarla. “Fallo e basta.”

Qualsiasi cosa stesse pensando o provando, Lily non riuscì più a coglierla perché uscì fuori dal suo raggio d’azione uscendo da quel bagno.
Averlo vicino. Funziona così.
Pochi attimi dopo Rose entrò di gran carriera, seguita da un Malfoy incredibilmente serio.
“Lily, per tutti gli inferni brulicanti!” Esclamò abbracciandola d’istinto. “Stai bene?”
“Sì, non è successo niente.” Stava bene, e nessuno doveva pensare che Sören le avesse fatto qualcosa. Perché non l’aveva fatto.

Cioè, sì, mi ha spinta, ma non è che…
“Luzhin è uscito come un bolide, qualcosa è successo per forza.” Replicò Scorpius, guardando l’ambiente, le chiazze d’acqua ovunque e infine lei. 
“Merlino, che ti ha fatto?!” Esclamò Rose, e Lily abbassò lo sguardo. Si spaventò un po’ quando vide che aveva cinque segni rossi su entrambe le braccia. E bruciavano anche. Non se n’era accorta a causa dell’adrenalina. “Ti ha strattonata, quel figlio di…”
No!” Esclamò d’istinto. Okay, le aveva fatto qualcosa, ma era certa che non fosse stata sua intenzione. Lo sapeva, punto e basta. “Non è… insomma, stava male! Non voleva!”
“Niente di quello che può succedere ad un ragazzo può giustificarlo dall’afferrare una ragazza come una fune da scalare.” Scorpius aveva un’espressione tesa, bellicosa. Non c’erano bacchette in vista, ma non era detto che non ce ne sarebbero state se non avesse dato qualche spiegazione. Tipo, subito.

Solo, quale?
In condizioni normali gli avrebbe dato ragione su tutta la linea. Anzi, si sarebbe personalmente incaricata di andarlo a denunciare al suo Direttore e di fargli assegnare la punizione più sgradevole.
… ma non voleva farmi male. Non se ne sarà neanche accorto, come quando mi ha afferrata dopo il colloquio con il ritratto del Preside Piton…
Inspirò.
“Per favore, non ditelo a nessuno.” Di fronte all’espressione incredula dei due amici, scosse la testa. “Ve l’ho detto, non voleva farmi male.”
“Col cavolo, Lily! Ma ti ascolti?!” Sbottò Rose. “Sembri una di quelle donne maltrattate!”
Quella fu la vera doccia fredda. Perché Rose, per quanto tendesse sempre al dramma, stavolta aveva ragione. Non era da lei coprire così qualcuno. Per niente.

“Sentite, non lo so.” Ammise per quanto le costasse farlo. Di nuovo, come durante il duello con James, aveva capito cosa provava, ma non il perché. “Ha perso la testa e non lo so… forse è lo stress per il Tremaghi.” Azzardò, sapendo di mentire.
Scorpius si tolse la giacca, mettendogliela sulle spalle. “Non diremo niente, se è quello che vuoi.” Iniziò, fermando con un’occhiata l’accenno di protesta della sua ragazza. “… ma penso tu sia abbastanza sveglia, Piccola Potter, da capire che da uno così devi stare lontano minimo due piani di scale.”
Lily bloccò una rispostaccia. Dopotutto Malfoy la stava solo consigliando. Non le stava ordinando nulla.  Ed ha pure ragione…
“Sono abbastanza sveglia Malfoy.” Gli sorrise. “Anche di più.”  
Scorpius annuì, ricambiando il sorriso. “Vuoi tornare alla festa?”
“Non se ne parla!” Si intromise Rose senza mezzi termini. “Manca solo che incontri di nuovo quel pazzo!”

“Non credo che sia tornato in Sala Grande, ma comunque sì, niente festa… preferisco andare a letto.” Annuì. Aveva solo una voglia incredibile di rannicchiarsi sotto le coperte.
Ho bisogno di crollare. Bisogno sul serio, accidenti.
“Va bene, vengo con te.” Sorrise sua cugina, già più tranquilla. “Sono un po’ stanca anch’io.”
Okay, vuole controllare che vada a letto come se avessi cinque anni. Ma con quel che m’è successo…
… sì, mi sa che glielo devo.
“Vi accompagno. Non ho intenzione di essere placcato dai miei appena rimetto piede in sala.” Soggiunse Scorpius facendo loro l’occhiolino, forse per alleggerire la situazione, forse perché era Malfoy, l’uomo ammiccante.
Rose gli fece un microsorriso, poi le passò un braccio sulle spalle, protettiva. “Sei sicura di non voler…”
“Non voglio denunciarlo.” La interruppe. “Ho le mie ragioni.”  

Gli altri due si guardarono, ma per fortuna rinunciarono a replicare.
Non avrei proprio la forza di mettermi a discutere adesso.
Si lasciò accompagnare fino alla sua stanza da Rose, vuota ad eccezione di Gail, a prima vista già nel mondo dei sogni. Le augurò la buonanotte e si chiuse la porta alle spalle.
Che. Diavolo.
Non aveva neppure voglia di piangere. Tutto quello andava ben oltre al suo orgoglio ferito, ben oltre ai suoi sentimenti presi a calci.
Molto oltre.
Sentì Gail muoversi sotto le coperte. “Ehi…” Mormorò assonnata. “… sei tornata presto. Tutto okay?”
Lily sforzò un sorriso. “Brutta serata anche per me.”
Per fortuna Gail non chiese delucidazioni, così poté infilarsi sotto le coperte senza dover parlare; si tolse solo le scarpe e posò la guancia sul cuscino freddo; se la sentiva bruciare. Il braccialetto di Ren catturò un raggio di luna che filtrava dalle finestre, brillando; il cielo dalla finestra era terso, non c’era neppure una nuvola.

Una serata perfetta…
Stavolta le lacrime neppure ci pensò a fermarle.
Che diavolo significa, Ren?
 
****
 
Albus non avrebbe mai pensato di finire la serata a fare il guardone.
Cioè, non precisamente.
Ma come altro si poteva chiamare il ruolo impostogli da un brillo e scaricabarili Direttore Lumacorno?
Avrei dovuto dirgli di no e andarmene a letto. Tanto, questa serata è stata una schifezza.
Aprì l’ennesimo sportello, trovandovi all’interno due ragazzi intenti a scambiarsi effusioni vivaci.
Due ragazzi maschi.
Aaah… meglio mi sento.
“Scendete.” Borbottò illuminandoli con un fastidioso quanto efficace lumos. “Avanti.”
“Fatti i fatti tuoi, Potter!” Rispose uno dei due, poco preoccupato di trovarsi di fronte un Caposcuola.

Mh. Sesto anno, Boyd Brennan.
“Grifondoro, eh?” Chiese ottenendo un’occhiata allarmata. “Sì, Grifondoro. Dieci punti in…”
“Va bene, va bene!” Esclamò l’altro occupante clandestino, rivestendosi alla meno peggio. “Andiamo, dai! È un Caposcuola, può toglierci i punti!”

Brennan fece una smorfia, ma acconsentì sotto la pressione del compagno. “Guardone!” Gli urlò quando furono a distanza di sicurezza, prima di scappare via.
Albus ebbe l’ impulso di sbattere la testa contro la prima superficie dura disponibile.
Tom l’aveva ignorato praticamente per tutta la sera. Era stato di un umore talmente metifico che solo Meike era scampata alle sue frecciatine al vetriolo.
Quando anche Rose l’aveva abbandonato per Malfoy – ne era stato contento, sul serio – aveva fatto per un po’ compagnia a Michel, salvo che questi si era mostrato più interessato a concludere con un piccoletto francese, che a dargli retta. Il francesino inoltre l’aveva fissato malissimo finché non li aveva salutati.
E Nott… sì, vabbeh, Loki in queste occasioni è reperibile quanto sangue di unicorno.
Si era divertito comunque, aveva ballato quanto e come aveva voluto.
Ma avrei voluto ballare con Tom.
Magari non così platealmente come avevano fatto sua cugina e Malfoy: quel genere di gesti non gli si confacevano. Li trovava belli sì, ma un pochino esagerati.
Roba da Grifondoro, insomma.
Aprì l’ennesima carrozza, stavolta trovandola fortunatamente vuota.
Beh, mi farò odiare solo da circa una dozzina di coppie. Perché diavolo il Direttore ha bevuto così tanto? Odio l’innata capacità serpeverde di scaricare la patata bollente a qualcun altro.  
Si voltò e per poco non gli prese un colpo. Tom era lì, quasi l’avesse chiamato pensandolo. Aveva però poca neve sul mantello invernale, il che significava che era appena uscito dal castello.
“Che stai facendo?” Gli chiese blandamente divertito.  
“Il lavoro del Professor Lumacorno.” Replicò neutro, chiudendo lo sportello e incamminandosi verso la carrozza seguente. Ondeggiava leggermente e Al tremava d’orrore all’idea di cosa avrebbe potuto trovarci.
Tette al vento? Urgh.
“E tu che ci fai qui? Stancato di far festa?” Non aveva potuto fare a meno di usare il sarcasmo.
Sentì un lieve sospiro da parte dell’altro. “Cercavo te.” Fece una pausa. “Sei arrabbiato?”
No, adoro passare un evento del genere da solo mentre tutte le coppie tubano nel grande miracolo natalizio!

“Sono stanco.” Disse, giusto per fargli capire che non lo era, ma che non gli avrebbe rivelato la causa. “E non è piacevole essere il guastafeste della situazione.”
Tom lo afferrò per una mano e strinse. “Allora smettila.” Lo strattonò appena. “Vieni.”
“Ho da fare.”
Tom aggrottò le sopracciglia. “Sei arrabbiato.”
“Wow, sei davvero geniale come dicono.”
Tom lo voltò verso di sé. Lo scrutò un po’, poi rilasciò un lungo sospiro. “Sembravi divertirti con Rose.”
Al stavolta si trattenne seriamente da strozzarlo con la sua sciarpa coordinata al cappotto. “Certo che mi diverto con Rose, è mia cugina! O volevi che mettessi il broncio e fissassi il nulla cosmico come te?”

Tom ebbe quasi un’espressione colpevole. “La serata non è finita.” Tentò.
È finita. La gente si imbosca e gli ospiti se ne vanno.”
“Non per noi.” Lo afferrò di nuovo per mano. “Vuoi venire o no?”

Al era curioso, suo malgrado. Tom non avrebbe mai improvvisato nulla, non ne era capace: sicuramente aveva già qualcosa in mente da prima.
Solo l’ha tirata un po’ lunga sulla tempistica.
“Va bene…” Concesse liberandosi dalla sua presa. “… ma non ti tengo per mano. Hai le mani gelate.”
Tom fece una smorfia irritata, ma non ribatté. Al dovette trattenere un sorriso, quando lo vide strofinarsele per produrre un po’ di calore e infine, vinto, infilarsele nelle tasche del cappotto. “Di qua.”
Al lo fissò un po’ stupito: di là c’era il giardino ornamentale creato per onorare lo spirito del Ballo del Ceppo, o più prosaicamente, ogni occasione era buona per stupire gli ospiti stranieri.
Il giardino era molto più caldo rispetto all’ambiente circostante sebbene fosse interamente fatto di ghiaccio; fino a poco prima dovevano avervi passeggiato coppie ed ospiti ma adesso era vuoto e si sentiva persino la fontana centrale zampillare, colma di succo di zucca ghiacciato.
Questa dev’essere stata un’idea del Preside…
Tom si fermò poco distante dalla fontana. Esitò sotto il suo sguardo indagatore.
“Volevi che passassimo la serata assieme?” Chiese infine.
 
Decisamente era quello che Al voleva.
Non era un fine interprete delle emozioni altrui, ma l’espressione dell’altro era un libro aperto.
“Perché non me l’hai detto?” Non amava quelle serate di socializzazione forzata, ma Al invece le adorava. Meglio, ci si divertiva. Invece lui, dopo quello che gli era successo l’anno prima, aveva perso ogni interesse nelle pubbliche relazioni.
Non ho certo intenzione di diventare una pedina o rientrare nell’interesse di qualcuno. Mai più.
Io gioco da solo.
Al scrollò le spalle. “A che sarebbe servito? Ti conosco, so che quando sei di cattivo umore non cambi idea.”
Perfetto.
Aveva fallito su tutta la linea. Durante i giorni precedenti, vedendo l’eccitazione dell’altro, aveva intuito che per lui era importante, in qualche modo. Ma preso dai suoi pensieri, dalle sue preoccupazioni e non ultimo, da Luzhin, si era completamente dimenticato della cosa.
Oltretutto, l’aveva visto divertirsi assieme a Rose e alcune compagne di scuola. Aveva pensato che non aveva certo bisogno del suo muso lungo nei paraggi.
E invece.
Però aveva una soluzione. O meglio, la soluzione l’aveva perché qualcuno gliel’aveva suggerita.
Incredibilmente, Meike.
 
“Non ci balli con Mutti?”
“… come?”

Tom ci aveva messo qualche secondo a ricordare che Al ormai era noto così, tra loro due.  
“Non ci balli con Al?” Ripeté la bambina, comodamente sedutagli in braccio. Si era fatta prendere per poter vedere meglio la Sala, dato che era così super-alto.
“Mutti balla un sacco ed è pure bravo, poi vado a chiedergli se vuole ballare con me.” Spiegò la bambina, perdendosi un po’ nel ragionamento. “…ma voi vi baciate, quindi dovete ballare!”
“Una cosa non presume l’altra.”
“Non ho capito, ma
devi ballarci.” Una pausa. “Scemo!”
Ah, ecco. Sta prendendosi troppe libertà. Colpa di Al.
“I maschi non ballano assieme, Meike.” Tentò di spiegarle.
“Invece sì! L’ho visto in tv! E poi prima c’era pure una coppia, l’ho vista!”

“Sì, ma io e Al non balliamo. Assieme.”
“Perché tu non sai ballare?”
“Non è questo il punto.” Lo era, collateralmente. Sì, okay, principalmente. Albus era sempre stato bravino: da bambino l’aveva spesso visto ballare in camera sua canzoni che in effetti avrebbero dovuto aprirgli uno squarcio chiarificatore sui suoi gusti sessuali.

… lui invece non aveva mai mosso un passo. Non. Uno.
“Devi ballare! Un ballo lento… con quello sono bravi tutti, devi solo ondeggiare un po’, così!” E si era dimenata come un’anguilla, con il rischio concreto di cadere. L’aveva afferrata più saldamente.
“No.”
“Guarda che Mutti ti molla!”

“Non mi lascerebbe per una sciocchezza simile.” Si rifiutava di essere inquietato delle supposizioni di un undicenne.
Meike aveva inarcato un sopracciglio come aveva imparato a fare da lui.
“Sarà meglio che ti inventi qualcosa, Tom.” Gli aveva puntato un dito sul petto. “Perché tu sei il suo cavaliere!”
 
… e qualcosa aveva in mente, per quanto lo imbarazzasse profondamente. Il suo piano coinvolgeva un oggetto babbano che aveva recuperato dai dormitori – non suo, di Al – e la presenza, di Al.
Glielo doveva. Albus sopportava perennemente le sue crisi, i suoi guai e la sua irrisolta incapacità di considerare gli esseri umani più importanti di un libro.
Io mi piaccio come sono. Ma lui non è tenuto a fare altrettanto.
 
Al guardò con curiosa perplessità Tom tirare fuori dal mantello l’ipod viola che gli aveva regalato per Natale.
Lui a me.
“Perché l’hai preso?” Non che non funzionasse; funzionava. Attaccato al fondo del lettore c'era un semplice, minuscolo brillantino rosso, circolare e non più grande di un'unghia. Prodotto dei Tiri Vispi, ancora da brevettare, emetteva un leggero campo magico che proteggeva il congegno dal campo magnetico invece emesso da Hogwarts.
Tom lo sfiorò con la punta della bacchetta, azionandolo. “Perché la selezione musicale di stasera fa schifo.” Disse.
Gli venne da ridere all’espressione sdegnata dell’altro. Sulla musica non transigeva. Gli aveva regalato quel lettore multi - qualcosa e l’aveva caricato personalmente.
Tom si chinò, mettendogli gli auricolari. “Ehi!” Gli venne un po’ da ridere, perché gli stava facendo il solletico. “Che fai?”
“Per ballare serve la musica.” Disse, e prima che potesse ribattere qualsiasi cosa, schiacciò il tasto d’avvio. O play. Era poco avvezzo a tutta quella terminologia babbana.
Le prime note della canzone gliela resero immediatamente familiare.  
 
Honey you are a rock, upon which I stand
And I come here to talk, I hope you understand
 
Tom doveva conoscerla bene, quella canzone, da come l’aveva scovata a colpo sicuro in mezzo a tutti quei titoli. Anche lui la conosceva, gli piaceva. Si sentì poi prendere per mano.
Cavolo.
Quella posizione era inequivocabile.
… Ssì, insomma…
Tom stava ballando. Stavano ballando.
“Ascolta le strofe.” Gli disse. Al ascoltò.
 
The green eyes, shines upon you
And how could, anybody, deny you
I came here with a load and it feels so much lighter
Now I've met you…


… razza di scemo…
Le guance gli presero fuoco. Perché era quello che voleva: non grandi dichiarazioni, o scene parossistiche da film. Gli bastava che Tom scegliesse una canzone per lui e che gli stesse vicino. Che fosse il suo Tom, tutto lì.
“Mi dispiace.” Gli mormorò, e nonostante la voce fosse bassa e la canzone fosse alta, lo sentì comunque. “Sei la persona più importante che ho, non pensare mai il contrario.” Guardò ovunque tranne che lui, anche se a quanto pare erano importanti anche i suoi occhi verdi. “La prossima volta…”
“… mi basta che abbiamo questo ballo.” Concluse per lui, ricacciando eroicamente i lucciconi dove dovevano stare. Lontani. “… anche se deve parlare di cose lugubri.”
“Falla finita.” Disse con una lieve smorfia. “Tanto lo so che ti piace ciò che ascolto.”

“Mi piace perché mi ricorda te, zuccone.”
 
Honey you should know
That I could never go on
Without you
 
Tom lo strinse a sé e quindi Albus trovò del tutto giustificabile appoggiargli la testa sulla spalla.
Le feste in fondo funzionavano così, ad alti e bassi. Ora era decisamente un alto.
“Dici che abbiamo vinto la palma della coppia più stucchevole della serata? Un po’ in corner, ma…” Gli mormorò contro la stoffa del mantello.
Tom gli diede un lieve bacio sulla testa. “Puoi giurarci.”
“Stai per avere una crisi di allergia allora?”
“Già.”
“Facciamo prima finire la canzone però.”
“Facciamo prima finire la canzone.”  

 
The green eyes
You're the one that I wanted to find…
 
****
 
Note:

Capitolo dedicato alle due festeggiande Andrea Moon e
Anastasia_Malfoy!
Sfortunatamente l’aggiornamento della prossima settimana, salta. Sono a Vienna. ;)  
Un ringraziamento a Stitch84 per avermi dato una mano col banner. ^^
1. ‘I feel like dancing (tonight)’ All Time Low

2. ‘Iris’ Goo Goo Dolls
3. ‘Kiss from a Rose’ Seal
Rimando alla playlist della scorsa volta.
La quarta canzone è questa che io ho sempre ricollegato a tutti i portatori di occhi verdi della famiglia Potter. Meno Harry. xD
  
Leggi le 25 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Dira_