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Autore: Ulisse85    25/08/2011    3 recensioni
La Morte... una storia di omicidi inspiegabili. Il sovrannaturale si mischia alle vicende di vita quotidiana di Marco e Ettore... lungo un cammino che li porrà a confronto con se stessi e con qualcosa di molto più grande di loro.
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Domenica 23 gennaio

 

La casa di Ettore era un po’ fuori mano, così Marco aveva dovuto prendere un taxi per raggiungerla. Era una villetta a due piani, piccola e dall’aria vissuta, ma si notava come fosse stata da poco restaurata.

Quando era arrivato a pochi passi dal cancello un bambino, Matteo, gli aprì.

Era un bambino di 7-8 anni, biondino e con l’aria sveglia.

Qualche secondo dopo lo raggiunse Ettore.: “ah bene, sei arrivato….”

Lo condusse dall’altro lato del giardino, quello più riservato, e lo fece accomodare. La casa era diversa dal suo ufficio: ordinata. Si vedeva che non era affidata alle sue cure ma a quelle di sua moglie.

Questa appena lo vide gli andò a stringere la mano e a fare conoscenza.

Moira era una bella donna, sui 40, di quella bellezza che solo le donne che hanno partorito da poco possiedono: infatti aveva una bimba, Lucilla, di pochi mesi.

Dopo qualche chiacchiera, i due uomini furono spediti fuori dalla cucina, così intanto che lei preparava da mangiare Anselmi portò Marco ad ammirare la bambina.

Lucilla aveva preso più dal padre rispetto a Matteo: aveva la faccina rotonda e “pagnottosa”, così la definì Ettore.

Il pranzò fu squisito. E anche la compagnia lo era per Marco.

Non era abituato a pranzare in quel modo, vivendo da solo.

Una volta sazi, Matteo andò a giocare in camera sua e Moira, la moglie, a guardare Lucilla. Ettore chiese a Marco se sapeva giocare a scacchi.

Contro il computer di solito perdo, però non me la cavo tanto male.”

Sistemarono la scacchiera su un tavolinetto in giardino.

Era dalla mattina che c’era il sole, e non tirava vento. Bisognava approfittarne.

Ettore aveva i bianchi e Marco i neri.

Intanto che giocavano parlarono un po’.

hai davvero una splendida famiglia”

grazie… è vero” – rispose Ettore guardando verso il primo piano da dove proveniva la voce di Moira che cantava una ninna a Lucilla. Poi aggiunse quasi parlando più con se stesso che con il ragazzo “è per loro che faccio tutto” .

A quel punto alzò lo sguardo verso Marco, pensando di essere stato un po’ indelicato. Sapeva che Marco era solo. Anche i parenti che lo avevano ospitato dopo la morte dei suoi se ne erano ormai andati. Ma il ragazzo non sembrava intristito.

Anzi sorrideva e sembrava tranquillo. Era contento di stare passando la domenica così. C’era una bella atmosfera in quella casa.

Un’atmosfera che non respirava da tantissimo tempo.

Ma non era tipo da invidiare o piangere per ciò che non aveva. Per lui era ormai normale il proprio stile di vita. Inoltre aveva degli obiettivi, e questi lo sostenevano.

Inoltre essere solo voleva dire rispondere solo a sé e non dover dare spiegazioni, e questo per lui era uno dei lati positivi.

Parlando ovviamente finirono sull’argomento eutanasia. Era inevitabile.

Ettore ne approfittò per cercare di capire come mai Marco fosse così nettamente a favore. Questo aveva le idee abbastanza chiare: “Già al liceo ho riscontrato in un autore la teoria che poi ho capito corrispondere esattamente al mio modo di pensare. Non fraintendere, questo trattava più che altro di politica. Ma Machiavelli in alcuni passi tratta il tema della fortuna.. e afferma che gli eventi sono determinato al 50% da questa e al 50% dalla virtù, quindi dalle capacità umane. E tutto dipende dall’essere o no in sintonia con i tempi. Secondo me c’è un grande verità alla base di questa idea. Gli eventi tendono a seguire un certo corso. Questo è influenzato dalle nostre azioni e decisioni. Ma certe cose ci è dato raramente la possibilità di cambiarle. E quando una cosa vuole andare in una certa maniera e i tentativi di evitarlo vanno a vuoto, non bisogna impuntarsi : talvolta il corso di alcuni eventi deve essere quello. Non credo nel destino, o nella Provvidenza, ma una specie di sorte, di naturale direzione degli eventi, c’è e questa alcune volte sembra suggerirci se sia il caso di fare o non fare qualcosa. È quello che molti definiscono istinto.”

Ettore aveva anche intuito dove volesse andare a parare, ma comunque voleva lasciarlo finire.

“…. quindi -continuò Marco- quando è arrivato il momento, per qualcuno, se c’è la possibilità di salvarlo, lo si deve fare, assolutamente: l’uomo non è solo istinto, ma anche ragione e quindi ha i mezzi per fare certe cose. Ma se la sorte si impunta … -sorrise amaramente, dicendolo- bisogna cedere, è inutile tenere in bilico la vita di una persona, se non si può rendergli la vita, si deve concedergli la morte.”

Anselmi era impressionato. Non era certo un modo di pensare da 25enne.

Anche se probabilmente le sue vicende personali lo avevano influenzato non poco.

Quindi se tu ti trovassi in quella situazione, vorresti non essere tenuto.. sospeso?”

No… direi di no. Naturalmente spero che non succeda – Marco fece ironicamente il gesto della corna, imitato da Ettore – ma non ho paura di morire, semplicemente non voglio.”

già, io invece ho paura. – gli sorrise Ettore – ma non della morte in sé. Ma di quello che perderei. E poi mi devo prendere cura della mia famiglia. Non posso morire adesso. Non devo.”

C’era una tale convinzione nei suoi occhi… Marco decise di cambiare argomento, ma l’altro lo precedette. “Non sei molte religioso, vero ?!” non c’era tono di rimprovero nella domanda, suonava più che altro come una constatazione. Che il ragazzo confermò.

Non sono religioso. Ma credo in … qualcosa. Semplicemente non professo nessuna fede particolare.”

Era un approccio semplice e aperto. Se fosse stato più diffuso si sarebbero evitati molti conflitti religiosi.

Ettore comunque fece notare al ragazzo che i riti e la preghiera se non altro erano un momento in cui le persone trovavano conforto ed entravano in comunione con gli altri, quindi era un fattore aggregante. Infatti “….neanch’io sono un credente troppo praticante. Però Matteo lo mando al catechismo, e lo farò anche con Lucilla. La religione è un buon mezzo per insegnargli dei valori. Quando saranno abbastanza maturi da rispettare i valori morali potranno smettere di essere religiosi.”

Rimasero ancora un po’ a parlare … scendendo mano mano ad argomenti più tranquilli, dal calcio al tempo, alla politica, a come innaffiare il giardino.

Il tea lo consumarono in salotto. L’inoltrarsi del pomeriggio aveva fatto scendere la temperatura, e aveva ricominciato a soffiare quel vento gelido: la tregua concessa dal freddo era terminata. Marco era contento di averla ben sfruttata.

Ma era ora di andare: ringraziò, saluto ed era di nuovo in taxi, verso casa … e anche se era ancora sorridente e rilassato, una leggera inquietudine senza nome si celava nel fondo dei suoi pensieri. Sapeva che, al contrario del freddo, le morti del giovedì non avrebbero concesso tregua.

   
 
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