Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Segui la storia  |       
Autore: Dobhran    25/08/2011    2 recensioni
Sfregai il naso contro la pelle delicata. Poi leccai la gola laddove sentivo il pulsare del sangue.
Sentii la ragazza dibattersi, ma non poteva assolutamente niente contro di me. Niente.
Si lamentò, ma la sua agitazione, la sua paura non placarono la mia sete. Semmai la aumentarono perché contro la lingua sentivo le sue pulsazioni farsi sempre più frenetiche.
Raschiai con i denti la sua pelle, ma ancora non morsi. Volevo farlo, ma allo stesso tempo sapevo che l’attesa sarebbe stata eccitante. Sarebbe stata quasi un’estasi.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Grazie di cuore per i commenti, a GeeSomerhalder, YukiMoon e a VeryGood, a quest'ultima anche per aver tentato di farmi inserire tra le storie scelte. Impresa coraggiosa :D ciao!





26.





-Eireen! Apri la porta! Ti prego, apri!-
Gridai, dando pugni sulla porta abbastanza forti da farla tremare, ma non abbastanza da scardinarla, cosa che sarebbe successa presto se non avesse aperto in fretta.
Le chiavi in dotazione per ogni camera erano tre, ma avevo dimenticato la mia sul letto, quella mattina. Anche se una l’aveva Faith, che ancora doveva ridarmela, la mia nuova compagna di stanza aveva la possibilità di entrare quando voleva perché aveva la terza.
La porta si socchiuse e fece capolino il viso carino di Eireen. Mi guardò male, con un’espressione interrogativa, e mi osservò mentre io la costringevo ad aprire del tutto la porta e a lasciarmi entrare.
Mi seguì con lo sguardo mentre mi infilavo di corsa nel bagno e poco dopo me la trovai di fianco.
-Che cos’è successo alla tua faccia?-
-Lascia perdere la faccia!-
Gemetti. Feci un sospiro tremante quando accesi la luce.
Prima di controllare la mano mi guardai allo specchio. Se possibile ero ancora più pallida e le guance erano rigate di lacrime.
Il punto del viso dove l’uomo mi aveva colpita si notava grazie a dei segni rossi, che lentamente stavano diventando viola. Non volevo sapere come sarebbero diventati il mattino dopo, ma quello era il mio problema minore.
-Allora che hai fatto? Rispondimi, Jackie!-
-Guarda!-
Strillai. Mi tremavano le mani, le gambe e persino la voce.
Aprii e distesi bene il palmo, e un nuovo intenso bruciore mi fece piagnucolare.
Quando vidi le condizioni della mia mano mi sentii quasi mancare.
-Oh mio Dio, Jackie, chi è stato?-
Ero senza parole. Il palmo era liscio e sudato, ma la continuità delle linee della mano era interrotta da un simbolo. In corrispondenza la pelle era rossa, raggrinzita e bruciata. Era un croce, ma non una croce normale.
Aveva le braccia che si diramavano in due parti ed era stata marchiata a fuoco nella carne con qualcosa di incandescente.
Mi era famigliare, ma non ci riflettei su per far emergere indizi dalla memoria.
-Figlio di puttana…-
Mormorai stringendo i denti per il dolore. Mi lasciai sfuggire un nuovo singhiozzo e con l’altra mano aprii l’acqua nel lavandino, lasciando che diventasse ancora più gelida del normale.
Feci per tuffare l’ustione sotto il getto freddo, per cercare sollievo, ma Eireen, con una mossa velocissima, mi fermò.
-Aspetta. Non sono certa che sia la cosa migliore. Vado a chiamare Robert, lui ha fatto un corso di pronto soccorso alle elementari. Cioè…lo abbiamo fatto entrambi, ma io non ricordo nulla. Tu...stai ferma e…-
Sembrava agitata.
-Stai ferma e non fare niente. Io torno subito.-
Detto questo si fiondò fuori dalla stanza e io pregai perché tornasse presto. Volevo Robert.
Non me ne fregava niente del corso di pronto soccorso, ma volevo il ragazzo che amavo, solo per poterlo avere vicino.
Anche io avevo fatto un corso simile, ma era stato corto e si era trattato solo di cose basilari, che a stento ricordavo.
L’attesa fu più difficile di quello che mi ero aspettata. Il dolore era bruciante e la rabbia era ancora peggio.
Come si era permesso quel tizio, di farmi una cosa del genere?
In fondo, io non gli avevo fatto nulla! E poi quella frase...
La stirpe del diavolo non deve sopravvivere.
Era una minaccia bella e buona.
Le lacrime continuarono a scendere copiose. Avevo più pianto in quei pochi giorni da vampiro che in tutta la mia vita.
Mi sedetti sul pavimento del bagno e con la schiena contro la parete coperta di mattonelle rosse e bianche. Voltai la testa per appoggiare una guancia contro la sua superficie fresca.
Fu un sollievo, ma durò poco.
La porta si aprì nuovamente ed ebbi un tuffo al cuore, quando Robert mi corse incontro e si inginocchiò proprio accanto a me.
-Jackie!-
Esclamò prendendomi il polso che tenevo rigido e che ancora mi tremava. La mano era quasi inguardabile.
-Chi è stato? Raccontami com’è andata!-
-Io…-
Feci per dire, ma lui scosse la testa.
-No, me lo dirai dopo…fammi dare un’occhiata.-
Guardò con attenzione e curiosità la sagoma della croce e vidi che la sua fronte cominciò ad imperlarsi di sudore.
-Cazzo…fa male, vero?-
Chiese. Lo guardai così male che probabilmente se gli sguardi avessero potuto uccidere, lo avrei incenerito all’istante.
-No, è una meraviglia!-
Commentai sarcastica.
-Alzati!-
Mi ordinò. Ci mancava solo lui che mi metteva fretta! Feci come mi disse, perché collaborare significava forse alleviare il dolore visto che Eireen aveva detto che Robert sapeva come comportarsi in un momento del genere.
In ogni caso non mi andava di fare storie solo perché ero nervosa.
Il ragazzo mi prese la mano e aprì l’acqua nel lavello, come avevo fatto io poco prima.
Quando la mise sotto il getto gelato fu un sollievo e contemporaneamente uno strazio. Bruciava come l’inferno quella dannata ustione!
Restammo così per un po’, finché non percepii sempre meno dolore. Era comunque intenso, ma dopo qualche minuto sotto l’acqua diminuì notevolmente.
Non sapevo se erano effettivamente le sue cure o la semplice presenza di Robert a farmi sentire meglio, ma in ogni caso sapere che lui era lì con me era confortante.
Dopo un paio di minuti mi fece sedere sul mio letto, in assenza di garze e bende sterili da applicare. Robert mi disse che se le sarebbe presto procurate, in un modo o nell’altro.
-Credo…-
Mormorò pensieroso.
-Credo si tratti di un’ustione di secondo grado.-
Osservò.
-In casi normali dovremmo portarti al pronto soccorso. È stato l’argento vero?-
Mi rivolse uno sguardo interrogativo. In realtà la mia risposta era irrilevante, dato che sapeva benissimo di che si trattava. Mi limitai a scuotere le spalle.
-Non ho visto cos’era, ma se è riuscito a ferirmi, era di sicuro dell’argento.-
-Dimmi che cos’è successo. Voglio i particolari.-
Era secco e scorbutico, ma non era freddo, distaccato e impassibile. Ormai lo conoscevo abbastanza bene da riconoscere nei suoi occhi scuri una forte preoccupazione, per me e anche per qualcos’altro. Sembrava che sapesse già ciò che stavo per raccontargli.
Ignorai quella sensazione e decisi di raccogliere le idee per spiegargli tutto.
-Eri appena andato via. Stavo parlando con Kimmo e…-
-Con chi?-
-Robert, se mi interrompi ogni secondo come posso raccontarti tutto?-
Lo rimproverai, sentendo però nello stomaco una fitta di soddisfazione nel capire che la sua in fondo era solo un po’ di gelosia.
Lui annuì, lasciandomi continuare.
-Comunque Kimmo è un cameriere, quello che ci ha provato con me alla festa.-
-Volevo ben dire io!-
-Robert!-
-Scusa.-
Chinò il capo sconsolato, però riuscii a notare che stava suo malgrado sorridendo lievemente. Era un bene che anche in un momento del genere riuscisse a trovare qualcosa di divertente.
Il suo lieve moto d’ottimismo fece sorridere anche me. Poi ripensai a cosa dire e ricordare ogni passaggio della mia disavventura mi tolse in fretta il sorriso dalle labbra.
Perché era successo proprio a me? Che avevo fatto di sbagliato?
Ignorando la rabbia e lo sconcerto, proseguii.
-Ti ricordi la frase che ha detto il tizio della festa dopo che mi sono scusata? Ho chiesto a Kimmo che cosa significa e lui mi ha detto che vuol dire stirpe del demonio o qualcosa del genere.-
Lasciai che le mie parole rimanessero per un istante sospese, per controllare l’effetto che ebbero su Robert ed Eireen. La ragazza aggrottò la fronte e mi guardò pensierosa e Robert contrasse le mascelle, come ogni volta che qualcosa non andava o la rabbia rischiava di sopraffarlo.
-Ha detto davvero così?-
Chiese a denti stretti. Gli posai la mano sana sulla guancia e lo accarezzai per calmarlo, come se fosse stato un bambino piccolo da consolare.
-Ho capito subito che qualcosa non andava, poi mi sono accorta che l’uomo della festa mi fissava e mi sono sentita tanto a disagio che ho deciso di raggiungere in fretta Eireen in camera…e lui mi ha seguita e mi ha aggredita.-
Scossi la testa ricordando quei momenti orribili. Come in conferma alla paura che ancora mi attanagliava le viscere, l’ustione sulla mia mano parve bruciare ancora più intensamente.
-Mi ha tenuta ferma e mi ha…non so, scottata con qualcosa. Non me ne sono resa conto subito.-
-Che bastardo…-
Commentò Eireen scuotendo la testa.
-Perché l’ha fatto?-
-è un cacciatore.-
Dichiarò Robert, attirando sia la mia attenzione, che quella della sorella. Eireen dapprima rise, poi aggrottò la fronte confusa.
-Hai detto cacciatore? Ma non esistono, o perlomeno non ce ne sono più in giro!-
-Ne abbiamo la prova ora, guarda la croce! E poi ho capito subito che qualcosa in lui non andava. Avrei dovuto seguire il mio sesto senso. Ecco perché quella frase, ecco perché ci osserva sempre con quell’aria da pazzo, ecco perché puzza d’aglio! Avrei dovuto ascoltare l’intuito!-
Alzai le mani in segno di resa. Probabilmente tesi troppo il palmo di quella ferita, perché il bruciore aumentò e mi costrinse a compiere meno movimenti possibili.
-Fermi! Perché ho sempre l’impressione che voi sappiate qualcosa che io non so?-
-Perché è così.-
Rispose Eireen semplicemente, seduta sul suo letto e intenta a giocherellare con un bordo del lenzuolo.
Lanciò uno sguardo a Robert che avrebbe potuto significare tutto e niente.
-Crediamo che il tipo che ti ha aggredita, l’uomo della festa, sia…un cacciatore di vampiri.-
Sgranai gli occhi incredula.
-Un cacciatore di vampiri? Esistono davvero?-
-Beh, ci sono documentazioni, ma risalgono a tantissimi anni fa quando si credeva che il vampirismo fosse una sorta di dannazione eterna e di pericolo per chiunque. La maggior parte delle volte le accuse di vampirismo erano errate e le vittime venivano uccise per nulla. Almeno, questo è quello che so.-
Robert fece un sospiro. Si passò una mano fra i capelli castani, poi continuò.
-Non credevo ce ne fossero altri, dato che oggi quasi nessuno crede ancora ai vampiri e a tutte quelle bestie leggendarie, sputate dell’inferno. Probabilmente mi sbagliavo…-
Pendevo letteralmente dalle sue labbra. Non era solo perché l’argomento era interessante o perché mi riguardava personalmente, ma perché il modo di raccontare di Robert e il suo tono era davvero ipnotici.
Non sapevo se era un effetto del vampirismo o se era davvero una sua innata caratteristica.
-Ti ha marchiato. Non lo so il perché, ma l’ha fatto. Forse era solo un semplice avvertimento sia per me, che per te per dimostrarci che vuole portare a termine il lavoro.-
-Secondo te ci vuole…uccidere?-
Strinse le mani a pugno e annuì. Una goccia di sudore gli percorse la tempia.
-Se è un cacciatore, di sicuro è ben attrezzato. Il fatto che sia riuscito a bloccarti, indica che non è uno sprovveduto qualsiasi.-
-Aveva dei guanti…-
Mormorai fra me e me. Lo ricordavo, erano fatti di qualcosa di strano.
-Guanti d’argento.-
Mi anticipò il ragazzo.
-Altrimenti la tua forza sarebbe stata maggiore alla sua.-
-Ma perché l’aglio? Mi hai detto che non funziona, che è solo una leggenda!-
-L’ho detto, certo, ma probabilmente i cacciatori pensano che i vampiri non vogliano mordere chi puzza troppo d’aglio. È solo una precauzione.-
Inspirai a fondo, cominciando a delineare bene ogni particolare del mio brutto incontro con l’uomo.
-Mi ha detto che la stirpe del demonio non deve sopravvivere.-
Dichiarai, ricordandomi di colpo le sue parole, tinte di un forte accento finlandese.
-Ha detto davvero così?-
Chiese Eireen.
-Sì, e mi ha messo in mano un biglietto.-
Aggiunsi, frugandomi nelle tasche, dove lo avevo risposto per conservarlo, ed estraendo un piccolo foglio spiegazzato.
Con dita divenute improvvisamente tremanti, lo tenni in mano per qualche secondo, poi, lentamente, lo aprii ed iniziai a leggere per conto mio la scritta a penna un po’ sbavata, dopo aver tenuto il biglietto nella mano sudata.
La calligrafia era elegante, quasi eccessivamente ordinata. Era molto simile a quella dei testi antichi, inclinata e scorrevole e se possibile mi rese ancora più nervosa.

È legge di Dio, scovare ed eliminare le Bestie e i Figli del Demonio.

 Domani, 22:00. Tetto.

Dopo averlo letto due e tre volte mentalmente, riferii agli altri. non riuscivo quasi a credere a ciò che c’era scritto.
-Caspita…-
Commentò Eireen.
-Questo fa sul serio. Che cosa facciamo?-
Robert non rispose subito. Mi prese il biglietto tra le mani e osservando il movimento veloce dei suoi occhi capii che stava leggendo e rileggendo il messaggio un sacco di volte, forse per capirci qualcosa di più.
-Ecco cosa faremo. Lo accontenteremo.-
Dichiarò poi, gettando via con rabbia il foglietto e guardandomi.
-Domani andrò nel posto indicato dal messaggio. Non ho cattive intenzioni. Voglio solo parlare con lui, capire che cosa vuole, comprendere perché ti ha fatto del male. Il motivo principale è che è pazzo, ma voglio trattarlo da mio pari. Gli spiegherò la situazione, mentre tu ed Eireen starete qui buone e calme…-
Prima che potesse dire altro sia io che la sorella esclamammo un secco No di protesta.
-No, Rob, perché non posso venire?-
-Esatto…-
Aggiunsi io.
-Questa storia riguarda anche me. È me che ha marchiato, è me che ha spaventato e attaccato. Io voglio venire e non accetto un no come risposta!-
Ci guardammo in silenzio per un paio di secondi. Nei nostri sguardi c’era sia sfida che amore. Non volevo che succedesse nulla a Robert, e allo stesso tempo anche lui non voleva che succedesse nulla a me.
Ci amavamo e la preoccupazione era una delle caratteristiche principali di qualsiasi tipo di amore. Se solo quel pazzo gli avesse fatto del male, non me lo sarei mai perdonato e di certo non lo avrei mai perdonato a lui.
Noi tre volevamo semplicemente parlare con il cacciatore, ma lui voleva farci del male. Era chiaro.
Per lui quel messaggio non era un semplice invito ad un incontro.
Era principalmente una sfida e io non volevo sapere cosa avrebbe implicato la sua vittoria.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: Dobhran