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Autore: lar185    26/08/2011    1 recensioni
- Mi scusi…?- disse, alzando il dito rivolta al cameriere.
- Mi dica signorina- rispose quello, sorridendole.
La giovane fu imbarazzata dal suo sorriso come una bambina alla quale viene fatto un complimento, abbassò lo sguardo per un frazione di secondo e poi riprese dicendo:
- E’ passato di qui per caso un principe?-
Il cameriere la guardò stralunato, Bianca evitò per un pelo di strozzarsi con l’acqua [...]
- Principe ha detto?-
- Già. Un principe. Non mi dica che non ne ha mai visto uno-
Il cameriere alzò le spalle.
- Beh, solo in televisione, e di solito non c’è mai tanto da dire su di loro. Principe William, principe Henry… non molto utili alla società-
La giovane sembrava sconcertata.
- Oh- sospirò, portandosi una mano alla bocca, - ma a parte la televisione, non ne ha visto uno qui dentro, vero?-
Il cameriere scosse la testa.
- Credo che lei si stia sbagliando, signorina. Non ci sono principi da queste parti-
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eva non aveva tanti amici, e neppure un fidanzato. Tutti la ritenevano un po’ troppo scorbutica, troppo altezzosa. In realtà Eva era soltanto un po’ irritabile, ma questo non era da considerarsi un difetto, era piuttosto una caratteristica. Ma a lei non importava molto, ormai il tempo in cui la sua preoccupazione fondamentale era piacere ai ragazzi era passata, adesso era arrivata l’epoca del “come fare per liberarsi di Amanda”.
Dopo quanto era successo in pizzeria, Amanda era diventata paranoica: se ne stava tutto il giorno chiusa in casa, camminando nervosamente avanti e indietro con gli occhi spiritati e le gote bianche, di tanto in tanto lanciava sguardi preoccupati alle finestre per poi ritirarsi, impaurita. Era convinta che quello che era accaduto non era un caso.
-  Smettila adesso. Non puoi continuare così- la rimproverò Eva il terzo giorno.
Amanda scattò in piedi appena sentì la sua voce.
-  Non entrare così all’improvviso senza avvisare. Mi metti paura-
Amanda si lasciò cadere sul divano.
-  Tu sei pazza-
Eva si sedette accanto a lei, Amanda le lanciò uno sguardo fulmineo.
-  Hai voglia di uscire un po’?- le domandò.
-  Ma che sei impazzita? No, no! Non posso uscire!-
Eva sospirò stizzita.
-  E hai intenzione di rimanere rinchiusa qui fino a quando, precisamente?-
-  Per tutto il tempo necessario-
Il tempo necessario, aveva detto. Cosa intendesse Amanda per “tempo necessario” ne aveva una vaga idea. Per quanto poco poteva conoscere Amanda, sapeva che i suoi stati di agitazione erano difficilmente domabili, e poiché suo padre glie l’aveva affidata, questo significava che fino a quando Amanda non si sarebbe decisa a smetterla con la vita della monaca di clausura, neanche lei poteva fare nient’altro. Questo era ingiusto, oltre che incredibilmente odioso. Eva non era la baby sitter di Amanda, questo suo padre lo sapeva bene, eppure continuava a convincersi del fatto che Eva avrebbe imparato ad accettarla, se lui glie l’avesse in qualche modo imposta.
-  Ascolta, principessina, non ho intenzione di restare rinchiusa qui perché devo farti da balia!-
-  Non devi farmi da balia. Se vuoi, esci pure-
Esci pure? Si, era facile per lei: se papà l’avesse scoperto l’avrebbe uccisa.
-  Lo sai che non posso lasciarti da sola-
-  Parlerò io con tuo padre-
-  Non ti ascolterà. Andiamo Amanda, ragiona: finalmente sei tornata ad invadere la mia casa, la mia città e tutto il mio mondo, e cosa decidi di fare? Restare chiusa in casa? Si muore di caldo. Andiamo al mare!-
-  Non mi va-
Eva si alzò dal divano più stizzita di prima.
-  Sei una piaga-
-  Mi dispiace, Eva –
-  Ti ammazzo-
Eva lasciò la stanza,  Amanda continuò il suo giro di perlustrazione avvicinandosi di soppiatto a tutte le finestre della casa.
Bene, Maometto non va alla montagna? La montagna andrà da Maometto.
Salì velocemente le scale e si chiuse la porta della sua camera alle spalle, dopo di che afferrò il cellulare e compose frettolosa un numero.
Dopo due squilli una calda voce maschile rispose:
-  Ciao, bellezza! Credevo non m’avessi più richiamato!-
Dall’altro capo del filo era Riccardo, un giovane con il quale Eva era uscita una volta o due. Era simpatico, un po’ ingenuo, ma molto carino. Frequentava la stessa facoltà di Eva, quella di Architettura, e conosceva più persone lui che quante Eva avesse speranza di conoscere in tutta la vita.
-  Ciao Ricky, - rispose lei, civettuola, - senti, stasera do una festa. Ti va di venire? Porta tutti gli amici che hai, non importa quanti sono-
-  Mi sembra una fantastica idea-
Eva rise di nuovo, gli diede qualche altra indicazione e poi agganciò il telefono, pronta a fare qualche altra telefonata.
-  Ora glie la faccio vedere io alla principessina…-
 
 
 

 
 
 
Bianca non era solita far cose del genere, ma era come se Lara avesse un chissà quale ascendente su di lei. Dopo essersi fatta convincere a fare un giro per negozi (già in cerca del famoso abito per la famosa festa di chissà quando) subito dopo aver concluso il suo turno di lavoro, adesso aveva invitato Lara a casa sua per mangiare una fetta di torta alle mele preparata da sua madre. Lara aveva saltellato dalla gioia, Bianca l’aveva guardata stranita. Le faceva tenerezza questa Lara, le sembrava un’orfanella, un’inesperta del mondo, come se non sapesse neanche camminare. Era entrata in ogni negozio propostole da Bianca con tanto di occhi spalancati, sconvolta, come se non avesse mai visto niente di simile. Eppure Bianca c’avrebbe giurato, Lara ne sapeva qualcosa in fatto di moda, si vestiva davvero bene. Quel giorno aveva un grazioso abito rosso, stretto in vita, la borsa di paglia del giorno dell’esame di stato e un paio di sandali rossi. Eppure, Lara sembrava non dare per niente importanza agli abiti che indossava, sembrava non avesse scelto lei di indossarli. Guardava ammirata le vetrine, le sete, i fiocchi e quant’altro capitasse sotto tiro. Quando finalmente ebbero perlustrato Via Scarlatti, Bianca era esausta, così, per non lasciare l’orfanella in strada da sola, le aveva proposto di sedersi alla sua tavola per una fetta di torta.
Bianca abbozzò un sorrisetto mentre infilava le chiavi nella toppa ed apriva la porta.
Lara seguì Bianca come un cagnolino, silenziosa e stranamente a disagio. La casa era silenziosa, il lungo corridoio era illuminato dalla luce della finestra che proveniva dalla cucina, sulla destra, mentre sulla sinistra si apriva il salone.
-  Sono a casa!- gridò.
Dalla stanza infondo al corridoio si aprì una porta e Stefano le corse praticamente incontro.
-  Ma a che ora hai finito ‘sto turno di lavoro? – esclamò, quasi ridendo. Si bloccò però alla vista di Lara, che lo lasciò confuso ed esterrefatto.
-  Ciao- disse poi, alzando la mano in segno di saluto.
Stefano era imbarazzato, Bianca non ricordava di averlo mai visto in una situazione del genere. Lara sorrise, si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
-  Ciao- mormorò a sua volta.
Bianca posò la borsa sull’appendi abiti e mi portò le mani ai fianchi sospirando.
-  Non m’avevano sequestrata, è che sono andata a fare un giro con Lara - disse, indicandola.
-  Piacere, io sono Stefano. Il fratello di Bianca-
Lara sorrise, Bianca non poteva credere ai suoi occhi. Magicamente, Lara non stava dando spettacolo di se.
-  Ciao, io sono Lara - disse, stringendo la mano che Stefano le porgeva.
-  Ho pensato di invitarla per una fetta di torta. Lara è straniera, sai?-
Bianca aveva dato le spalle ai due per dirigersi in cucina, dove ora apriva il forno e tirava fuori la torta.
-  Oh. Da dove vieni?-
-  Dal Nord-
Stefano fissava Lara con curiosità, come se si aspettasse che continuasse a parlare.
Bianca rise.
-  Non fissarla, non ti dirà di più. Diciamo che è timida. Avanti, cosa fate sull’uscio della porta? Lara, vieni dentro. Ste, vuoi un po’ di torta anche tu?-
Lara passò gli occhi smarriti prima su Stefano, poi su Bianca, che le porgeva un piattino con la torta. Stefano con un sorriso le indicò la cucina, Lara si fece coraggio ed entrò. Sembrava un gattino allontanato dalla madre che faceva di tutto per ambientarsi in un nuovo ambiente. Lara si sedette alla sinistra di Bianca, Stefano si posizionò proprio di fronte alla nuova arrivata.
-  Come vi siete conosciute?- iniziò Stefano.
Bianca offrì una forchettina a Stefano ed una a  Lara, che la prese con un sorriso.
-  Ci siamo incontrate il giorno del mio esame di stato. Lara è stata una specie di portafortuna, o almeno io la considero tale-
Bianca si infilò un pezzetto di torta in bocca, osservò Lara che giocherellava con la forchetta.
-  Io credo piuttosto che sia stato un segno- mormorò poi, spezzando la torta nel piattino.
-  Segno?- chiese Stefano, cortese ed incuriosito.
-  Beh, si, - Lara masticò velocemente la torta, - quando si è destinati ad incontrare una persona. Una guida. Io non credevo potesse succedermi!-
Si stava liberando dalla corazza della timidezza, eppure sembrava in soggezione davanti a Stefano. Lui sembrava stregato, ma Bianca non lo biasimava. Lara era strana e anche molto carina.
-  Credi che Bianca sia la tua guida?-
Stefano le lanciò un’occhiatina, Bianca alzò le spalle con un sorriso.
-  Una cosa del genere- rispose Lara.
-  Quanto resterai a Napoli?- incalzò Stefano.
-  Un bel po’- rispose lei, come se questa fosse proprio la risposta che lui volesse sentire.
-  Sai che lei conosce un principe?- ricominciò Bianca.
Lara abbassò gli occhi sorridendo imbarazzata.
-  Principe?-
Stefano sembrava avere la stessa reazione di Sergio.
-  Oh, è una lunga storia, e anche questa “segreta”-
Bianca rise, poi mangiò un altro pezzetto di torta. Stefano non chiese nulla circa la segreta identità di Ariel, piuttosto sorrise a Lara. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, e lei sembrava essersene accorta.
-  Un altro po’ di torta?- chiese poi Bianca, vedendo che nessuno parlava.
-  No, grazie. Ma era davvero buona, fai i complimenti a tua madre- disse Lara, mentre posava educatamente la forchetta nel piatto.
Quando Bianca si alzò per riprendere i piattini, Stefano sembrò risvegliarsi da un sonno.
-  Sono stato invitato ad una festa, questa sera. Vi va di venire con me?- chiese.
Bianca si voltò sconvolta. Era la prima volta che Stefano diceva una cosa del genere.
-  Festa?- chiese, quasi balbettando.
-  Già. Riccardo mi ha detto che posso portare chi voglio-
-  Oh, ma io non sono stata invitata- disse subito Lara, come se volesse scrollarsi quel fardello di dosso.
-  Non preoccuparti, è come se lo fossi stata-
-  Chi da questa festa?- intervenne Bianca, tornando al tavolo.
-  Un’amica di Riccardo – rispose Stefano, dandole appena un’occhiata.
Bianca se le immaginava, le amiche di Riccardo. Donnette senza cervello, oche civettuole con il cervello grande quanto una nocciolina. Riccardo era da sempre uno dei migliori amici di Stefano sebbene non avessero granchè in comune. Stefano era introverso, intellettualoide, con “pochi amici ma sinceri”, mentre Riccardo aveva tutta l’aria del playboy, con il fisico scolpito e i capelli biondi al vento. Riccardo non era però un ottuso latin lover, era piuttosto un, ehm, come definirlo, un errore genetico: simpatico, bello ed intelligente. Tre aggettivi difficile da trovare nello stesso uomo.
-   Non sarà una di quelle ochette che sbavano dietro Riccardo?- chiese Bianca disgustata.
-   No, questa è una con cui è uscito qualche volta- spiegò Stefano, - e a quanto pare ha deciso di dare una festa nella sua mega villa-
-   È pure una figlia di papà…-
Stefano alzò le spalle, Lara li guardava come se stessero parlando in turco.
-  Vuoi venirci?- le chiese Stefano, rivolgendole uno sguardo affettuoso.
-  Io…- Lara arrossì, - non credo di poter venire-
- Ma perché no?- chiese Bianca, - quasi quasi ci vado anche io!-
Lara scosse la testa.
-  Mi fa davvero piacere che tu m’abbia invitato, - disse rivolta a Stefano, - ma sai, non posso muovermi molto senza Ariel, e poi…-
-  Porta anche lui. Non c’è nessun problema- intervenne Bianca.
-  Oh, ma io, davvero, cioè…-
-  Ho capito, ho capito,- intervenne Stefano, - non vuoi venire-
-  Oh no, non è questo! Però, forse, ehm, se l’avessi saputo con un po’ di anticipo io…-
Bianca rise, Stefano la guardava deluso.
-  Dai, non fa niente. Se non ti va lascia stare. Possiamo sempre vederci in un’altra occasione-
Lara abbozzò un sorriso, Bianca rimase colpita da quella frase. Suo fratello ci stava provando con Lara.
-  Senza dubbio!-
Lara si alzò improvvisamente dal tavolo.
- Devi andare via?- chiese Bianca, intuendo i pensieri della ragazza.
- Oh, si, si è fatto un po’ tardi adesso, e devo andare a recuperare Ariel. Sono contenta di averti conosciuto, Stefano-
Stefano si alzò, l’accompagnò alla porta senza lasciare a Bianca il tempo di intervenire.
-  Anche per me, Lara. Conto di rivederti presto-
-  Oh, anche io. A presto. Ciao Bianca!-
-  Ciao tesoro- rispose con un battito di ciglia Bianca, poggiandosi all’uscio della cucina.
Lara uscì dalla porta di casa, Bianca la sentì scendere le scale. Poi finalmente scoppiò a ridere.
-  Ma che ti prende?- le chiese Stefano con un filo di voce.
-  Stai facendo la corte a Lara!- esclamò Bianca.
Stefano incrociò le braccia.
-          Sei impazzita? È una turista, cercavo di essere gentile-
-    Si, certo. A me non dai a berla-
-   Pensala come vuoi-
-  Già, la penso come voglio, e cioè nel modo giusto! È strana, non è vero? Eppure affascinante, già, capisco che possa piacerti!-
-  Ma non mi piace!-
Stefano si avviava verso la sua stanza.
-  Senti, c’è davvero questa festa stasera o l’hai detto solo per avere un’occasione con Lara?-
-  Certo che c’è la festa. Non m’invento bugie per fare colpo sulle turiste-
-  E allora mi porterai davvero con te?-
-  Fa’ un po’ come ti pare-
E così dicendo, Stefano chiuse la porta della sua camera lasciando Bianca appena un pelo fuori da essa.
 
 

 
 
 
 
 
 
 
Bianca iniziava a credere di non aver mai visto così tanta gente in vita sua. Entrando dalla porta c’era un enorme atrio, sulla destra un altrettanto enorme salone gremito di persone, mentre sulla sinistra c’era una grande porta a vetri, chiusa. Forse si trattava della cucina, alla quale la proprietaria di casa non voleva lasciare l’accesso. Di fronte alla porta di casa c’era un enorme scalone in marmo. Bianca pensava che ormai non esistessero più scaloni così, credeva che non le costruissero più delle ville di quel genere! Era piena d’entusiasmo fino ai capelli anche se non conosceva nessun altro se non Stefano e Riccardo.
Sebbene era dispiaciuta che Lara non fosse venuta (ci sarebbe stato da ridere a vedere Lara in una situazione del genere) Bianca non aveva rinunciato all’occasione di andare ad una festa. Vero, non era stata personalmente invitata e non conosceva nessuno, ma le pareva un ottimo modo di festeggiare la sua prima giornata di lavoro come donna matura. Forse andare alla festa di una riccastra non era proprio da donna matura, ma non le importava. Ad aprirle le porte di casa era stata una ragazza che a giudicare dall’aspetto, doveva essere ubriaca fradicia. Stefano la salutò alzando le spalle, Riccardo le posò una mano sulla spalla, poi si voltò per dire ai due che non si trattava della padrona di casa. Oh bene, pensò Bianca, se era lei la prima ad essere ridotta in quello stato, c’era da preoccuparsi. Stefano le aveva chiesto perché non avesse deciso di invitare Sergio, ma Bianca non aveva risposto. Non che non le andasse di vederlo, ma non sarebbe sembrata sfacciata ad uscire con lui per ben due sere di fila? E poi era meglio andarci piano. Si, certo, era carino, ma questo non significava ancora niente. E poi cosa avrebbe pensato di lei, se l’avesse chiamato chiedendogli di accompagnarla ad una festa alla quale non era stata neanche invitata? Lui avrebbe pensato che era una stupida ochetta, dunque era stato meglio lasciar perdere.
La musica era assordate e dopo qualche minuto, Bianca non si ritrovò più al fianco di suo fratello.
 
 

 
Eva chiuse a chiave la porta della sua stanza. Non le andava che qualcuno decidesse di chiudersi al piano di sopra, che era assolutamente off limits. Se soltanto papà avesse scoperto di quella festa, sarebbe stato un disastro. Si mise in tasca la chiave e fece per scendere le scale, quando sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla.
L’avrebbe riconosciuta tra mille.
-  Cosa sta succedendo?- domandò Amanda, con un filo di voce. Eva si voltò verso di lei, i suoi occhi lucidi modellavano un’espressione tra l’impaurita e l’irritata.
Eva alzò le spalle con un sorriso.
-   Ho dato una festa- rispose tranquilla.
-   Una festa?-
-  Già. Sai cos’è una festa?-
-  Beh, io…- Amanda sembrava confusa, - certo che lo so. Ma c’è un rumore assurdo!-
-  Mettiti un bel vestito e vieni giù. Ti divertirai un mondo-
-  Quante persone hai invitato?-
-  Non lo so. Saranno una cinquantina-
-  Cinquanta?-
Amanda sembrava sull’orlo di una crisi di nervi.
-   Dovresti rilassarti, e una festa è proprio quello che ti ci vuole. Vieni giù!-
-   No-
-  Avanti Amandina. Nessuno ti mangerà-
Amanda aggrottò le sopracciglia, Eva scese qualche scalino, pavoneggiandosi nel suo tubino nero.
-  Sei cattiva con me-
Eva sorrise.
-  Non sono cattiva. Voglio solo divertirmi un po’-
-  Invece l’hai fatto soltanto per mettermi in difficoltà-
-  Non essere egocentrica-
-  Perché cerchi di vendicarti?-
-  Non voglio vendicarmi-
-  Fai di tutto per rendermi la vita impossibile-
-  Se avessi voluto farlo, saresti già morta-
Eva si allontanò velocemente, con le guance arrossate e la rabbia che le cresceva dentro.
 
 

 
 
Bianca avrebbe voluto prendere qualcosa da bere, ma chissà perché, non lo fece. Il tavolo sistemato di fronte alla vetrata che dava sul giardino era colmo di bevande, ma non osava avvicinarsi. I due divani in pelle bianca, sistemati perpendicolarmente alla vetrata, erano colmi di giovani ubriachi o semplicemente brilli, gettati l’uno sull’altro.
Bianca avrebbe tanto voluto sapere chi era la proprietaria di quella casa e perché aveva deciso di dare una festa tanto orribile. Quasi si pentì di esserci andata, ma subito dopo fu presa da un moto di orgoglio. Doveva soltanto trovare un modo per divertirsi e quella festa sarebbe stata fantastica. Si incamminò verso la porta a vetri situata alla sinistra dell’ingresso, si specchiò sulle ante di un lucidissimo mobile, osservò la sua figura snella e slanciata, l’attillata gonna nera e la camicetta bianca ricca di volant. Era elegante, non c’è che dire.
Anche se la porta vetrata era chiusa, Bianca decise di aprirla, e così, con un gesto veloce, si ritrovò in cucina. Era stranamente tutto in ordine, miracolosamente una stanza salva dal disastro. Si avvicinò al lavello, afferrò un bicchiere di vetro e bevve un po’ d’acqua. Si sentì sollevata, si poggiò con le mani al lavabo e attese qualche momento, come se volesse riprendersi dalla musica assordante che continuava a pulsarle nelle tempie. Bevve un altro sorso d’acqua, quasi quasi le sarebbe piaciuto restare lì, in quella stanza, fino alla fine della festa, ma poi non avrebbe avuto niente da raccontare e si sarebbe sentita una perfetta idiota. Stava quasi per andarsene via, quando vide un’ombra avvicinasi alla porta, poi una mano che la apriva. Bianca non ebbe tempo di aprire bocca che si trovò davanti un giovane, poco più grande di lei, dagli intensi occhi neri. Pareva inespressivo, era fermo sull’uscio e la fissava. Bianca sentì un tuffo allo stomaco, la testa girarle, la vista appannarle, non capiva cosa stava succedendo. Il giovane aveva lunghi capelli castani, una muscolatura scolpita, vestito in modo semplice, non adatto ad una festa. Bianca pensò per un attimo che fosse ubriaco, in quanto continuava a fissarla senza parlare, eppure non le pareva tale. Gli occhi pungenti stavano scavando dentro i suoi, vedeva il petto gonfiarsi per i suoi respiri, quasi percepiva la sua pelle.
Con movimenti veloci, il giovane avanzò verso Bianca fino a quando non si trovò ad un passo da lei.
Gli occhi divennero dolci, la sua presenza non più invasiva. Se Bianca si era sentita minacciata dalla sua comparsa sull’uscio, adesso se ne sentiva rassicurata.
Avrebbe voluto parlare, ma non ci riusciva.
Il giovane che le era ad un passo dal viso era di straordinaria bellezza.
Bianca non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, il ragazzo mosse impercettibilmente il capo.
Poi la baciò.
Fu tutto così veloce che Bianca non se ne avvide. Sentì le sue mani stringerle i fianchi, le sue labbra assaggiarla, la sua lingua scontrarsi con la sua, il suo respiro, la sua pelle.
Dopo un attimo, tutto era finito.
  
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