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Autore: GenGhis    26/08/2011    15 recensioni
Questi racconti nascono principalmente da molto tempo libero, uniti ad una notevole capacità di elaborare idiozie e trascriverle su carta. Non mi andava di dover scrivere sempre le stesse cose, quindi non c'è un vero e proprio tema che accomuna queste storie. Solo, appunto, tanto tempo libero e la stessa penna.
Genere: Demenziale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Racconto 5
Love


* * *


Il martedì è sempre un giorno orribile.
Inizia sempre con un sorriso, perché sono sette giorni esatti che fantastico sul nostro incontro; sono così tremendamente felice che il mio viso rimane immobile così, con le guance puntellate sugli zigomi aguzzi, e quando noto che per strada mi fissano straniti, so per certo che la colpa è di quell’espressione stolida e un po’ inquietante. E allora studio il mio riflesso nelle vetrine nei negozi, o negli specchietti retrovisori delle automobili, perché voglio capire se c’è un reale motivo per rimanere turbati. Ma vedi, il problema è che mi basta vedere un accenno delle mie labbra arricciate, o lo scintillio degli incisivi impudicamente scoperti, per ricordarmi che se sono raggiante è tutto merito tuo, e questo mi induce a scoppiare in una risata ancor più oscena.
I miei martedì sono ripetitivi: questo perché mi convinco ingenuamente che, se la mia preparazione sarà magistrale, se non fallirò in nessuno dei punti che mi sono prefissata, allora passeremo assieme una splendida giornata, e questo mi sarà sufficiente per sopportare un’altra settimana vedendo il tuo volto pietrificato solo nelle numerose espressioni estatiche nelle quali ho intrappolato i tuoi sorrisi, e che ora fanno bella mostra di sé sul pianoforte. Accendo quindi l’autoradio facendo sempre lo stesso gesto, ovverosia muovendo appena il polso, e attendo pazientemente che il segnale si ristabilisca da solo. Parcheggio sempre davanti la cioccolateria, e occupo sempre lo stesso posto -quella zona è praticamente desolata alle nove di mattina- ; mentre entro, do un’occhiata generale a tutti i dolci esposti, e mi obbligo a protendere la mia scelta verso qualcosa che ancora non hai provato, ma che ciò nonostante potrebbe accordarsi con i tuoi gusti elitari.
So che il tuo cioccolatino preferito è quello cosparso esteriormente di granella di cocco, e con un morbido cuore di cioccolato alle nocciole, e perciò a discapito dei miei propositi finisco sempre per uscire con due acquisti: qualcosa di nuovo e qualcosa di vecchio, che ti dia quindi una solida sicurezza sulla quale contare mentre assaggi titubante le strane leccornie che sono solita prediligere nelle mie incursioni zuccherose.
Prima di rivolgere uno sguardo ansioso alla bustina dorata, preoccupata al pensiero che si possano sciogliere durante il tragitto in macchina, mi domando sempre se lei sappia o meno delle tue preferenze in fatto di dolciumi. A questo non so rispondermi, e se da un lato mi tranquillizzo assicurandomi che certamente non ha idea di come tu la possa pensare su un’infinità di argomenti, sudo freddo al solo pensiero che possa essersi addentrata così a fondo della tua mente da aver carpito ciò nonostante le tue opinioni, e averle utilizzate per tirarti dalla sua parte. La possibilità che sia stato tu a confidarle il tuo amore per tutto ciò che contiene, anche in minima parte, scaglie di cocco, non la prendo nemmeno in considerazione: sarebbe abbastanza per gettarmi in uno stato di totale apatia.
Sappiamo entrambi che lei non mi piace, e che io non piaccio a lei. E’ convinta che i nostri incontri siano mirati ad allontanarti da lei, e io sono più che sicura che lei impieghi tutto il tempo in cui sono assente -da quando ti do un bacio e mi dileguo oltre la porta d’ingresso a quando pigio il bottone del citofono alle nove e mezza in punto- per riempirti la testa di panzane sul mio conto. Di certo ti punzecchia dove sei più sensibile, la mia ineluttabile lontananza, e la motiva con frottole ingegnose, tese appunto a farti più insicuro e diffidente nei miei confronti. Non ho idea di cose si sia inventata, quale orribile e fantasiosa storia si sia presa la briga di stendere, ma che mi remi manifestamente contro è palese: basi pensare al modo in cui sono contrassegnati in nero tutti i martedì del mese, sul calendario scarabocchiato che ha appeso in cucina.
Ci lima sempre il tempo che in teoria dovremmo destinare al recupero dei giorni perduti, e quando facciamo un gioco arriva sempre prepotentemente a metterci i bastoni fra le ruote, o a ricordarti un astruso motivo per cui quel passatempo non è indicato oppure, più frequentemente, svilendomi osservando con una certa civetteria come “non gli piace affatto quel noioso quiz a premi, accetta di giocarci solo per non dare un dispiacere a te”. E’ bravissima a piantare il germe del dubbio nella mia mente, e quando ti dico che se non ti va possiamo provare con qualcos’altro, lei, dall’alto della sua sedia color senape, annuisce vistosamente.
Se propongo di uscire dal suo squallido appartamento sub-urbano, trova sempre motivo di litigare, e di far sentire l’importanza della sua posizione di “madre”. Quando lasciò cadere i due cioccolatini nel tuo piccolo palmo teso, tira rumorosamente su col naso, e fa schioccare la lingua contro gli incisivi, decisa a manifestare il suo disaccordo. Al momento di lasciarci, mentre io ancora sono elettrizzata per il bacio scivoloso e soffice che mi hai schioccato sulla guancia, si appoggia quasi stancamente al battiscopa e, ricordandomi la durata del nostro accordo, dice:
-Ancora sei settimane – prima di chiudermi la porta in faccia.
Eppure, oggi è successo qualcosa di bello. Questa volta ha deciso di impedirti una volta per tutte di mettere sotto i denti “quella robaccia calorica” che io ti avevo portato, avvolta nel solito sacchetto perlescente. Mentre eri distratto, mi ha strattonata per un braccio e mi ha intimato di smetterla di cercare di comprare il tuo affetto con quei penosi mezzucci, e io , poiché non ho voluto spiegarle quanto la sua accusa fosse infondata, dato il fatto che se avessi avuto il solo presentimento di trovarmi in una situazione tale da dover addirittura procurarmi il tuo amore elargendoti cioccolata non avrei probabilmente più avuto interesse nel rimanere in vita da molto tempo addietro, ho assentito e sono venuta a sedermi sul divano, al tuo fianco.
Guardavi fisso lo schermo del televisore, e il tuo sguardo dardeggiava indeciso da un personaggio all’altro del cartone che stavi seguendo. Io osservavo la tua espressione pensierosa, e mi chiedevo se fossero vere tutte quelle storie di cui mi riempivano la testa, come “di mamma ce n’è una sola”, “la mamma è sempre la mamma”, “il legame del sangue” eccetera. E cercavo di vedere nei tuoi occhi puntati sul plasma traccia di nostalgia per l’anno che avevamo passato insieme mentre lei si disintossicava, e io non ero ancora la stronza invadente che oggi riceve in casa ogni martedì. Quando io ero l’angelo dell’affidamento al quale ti eri aggrappato per non cadere nel baratro degli orfanatrofi e degli istituti minorili.
Me l’hai detto con indifferenza, ed è stata proprio questa noncuranza che mi ha fatto saltare a piè pari un paio di battiti, che mi ha restituito il motivo che la riassegnazione alla tua madre biologica aveva fatto scivolare lontano.
-Mamma, ma quand’è che torno a casa?
Love.
  
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