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Autore: LilithJow    27/08/2011    5 recensioni
Il mio nome è Samantha Finnigan. Sono nata e cresciuta a Rossville, una cittadina con poco più di mille abitanti nell'Illinois, Stati Uniti.
Sto per compiere ottanta anni.
Ho vissuto una vita meravigliosa, ho avuto un marito affettuoso e tre fantastici bambini.
Ma non è di questo che sto per scrivere. Sono convinta che alla gente piacerebbe leggere di una grande storia d'amore, con un bel lieto fine, ma purtroppo io e i lieti fine non siamo mai andati d'accordo.
Ciò che state per leggere, perchè se adesso avete queste righe sotto gli occhi, presumo lo stiate per fare, non ne ha neanche l'ombra, o, per meglio dire, dipende dai punti di vista.
Voglio raccontarvi di un periodo particolare della mia vita, di molti anni fa, cinquantacinque per l'esattezza. Per me è come fosse ieri, forse perchè non ho mai dimenticato quello che successe. Impossibile farlo.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Mi balenò in testa l'idea di lasciar perdere tutto. Dopo quello che avevo saputo da Daniel, sul perchè Lucas avesse cambiato i suoi piani all'improvviso, non me la sentivo di continuare.
Avrei dovuto allora allontanarmi da entrambi i fratelli Monroe e andare avanti, per la mia strada.
Ma non era così semplice. Daniel continuava a mandarmi messaggi, preoccupato dalla mia improvvisa sparizione. Era del tutto comprensibile, dato che ero passata da essergli sempre attaccata a non esserci del tutto. Non risposi mai.
Una sera lo evitai palesemente, quando lo vidi aspettarmi all'uscita del giornale.
Da una parte mi dispiaceva interrompere i rapporti con lui. Anche se silenziosa, mi piaceva la sua compagnia. Ma il mio obiettivo era Lucas e avevo deciso di cancellarlo.
Purtroppo però, qualcuno lassù, non voleva che ciò accadesse.
La sera dopo che avevo evitato Daniel, vicino alla mia auto, trovai suo fratello. Per un attimo, pensai di evitare anche lui, ma poi cambiai idea: quella poteva essere l'unica occasione per parlargli e chiedergli spiegazioni.
Così camminai dritta verso la macchina, facendo finta di non averlo visto prima. Solo quando gli fui praticamente davanti, sorrisi e lo salutai. “Lucas! Che ci fai.. Qui?”.
Lucas alzò le spalle, infilando le mani in tasca. “Parlando con mio fratello, mi ha detto che lavori qui..” rispose.
Annuii, abbassando lo sguardo. Non volevo incrociare il suo, perchè mi conoscevo e mi sarei persa nei suoi occhi verdi.
“E c'è un motivo per cui sei qui?”.
“Volevo parlarti”.
Proprio la frase che volevo sentirmi dire. Mi sforzai di non saltare di gioia in quel momento, sarebbe stato imbarazzante. Ci sedemmo nella panchina proprio di fronte alla redazione del giornale, sotto un grande lampione che rendeva l'ambiente in uno strano colore blu.
“Da quando sei tornata, in pratica non abbiamo mai avuto un momento insieme” disse Lucas. Evitai di sciogliermi ad ogni sua parola, sebbene le mie espressioni mi rendessero molto simile ad una adolescente al primo appuntamento.
“Sì, beh.. Ti ho sempre visto con Haley e...”.
“E preferisci evitare vedermi con lei”.
Lucas era fin troppo perspicace, così come Daniel. Avevo a che fare con i due fratelli più intelligenti del mondo.
“Già” sospirai. “Ma non importa”.
“Daniel mi ha parlato molto di te, di voi, di quello che vi siete detti”.
Non sapevo cosa aspettarmi da quella frase. Forse gli dava fastidio che passassi tempo con suo fratello e il mio piano aveva effettivamente funzionato? Sperai che fosse così, ma ovviamente non lo era. Lo realizzai quando lui continuò: “Ho scelto di fare medicina per mia madre, è vero. Ma l'ho fatto anche per allontanarmi da te”.
La sua affermazione mi buttò a terra. Una piccola parte di me aveva già preso in considerazione quell'opzione, ma sentirselo dire da lui, in quel tono, fu del tutto diverso.
“Wow. La delicatezza non è mai stata parte di te” mormorai, cominciando a sfregarmi le mani.
“Non prenderla male, Sam. Mi ricordo bene tutti i nostri progetti, i nostri sogni. Ma eravamo dei ragazzini che non sapevano ancora come funzionava il mondo”.
“Non la pensavi così, cinque anni fa”.
“Proprio perchè ero un ragazzino”.
Non ricordavo che Lucas fosse così. Possibile che quello che era successo ai suoi genitori avesse cambiato anche lui?
Sì, lo era. Lo capii quando incrociai il suo sguardo, riconobbi lo stesso velo grigio che era presente su quelli di Daniel. Solo che, a differenza di quest'ultimo, negli occhi di Lucas non era presente quel leggero luccichio di speranza che caratterizzava quelli azzurri di Daniel.
Già, Lucas era cambiato. Quel ragazzo di cui ero follemente innamorata sembrava scomparso.
“Perchè mi dici queste cose ora?” chiesi, cercando di trattenere le lacrime che sentivo stessero per arrivare.
“Perchè è giusto che tu lo sappia”. La sua risposta fu fredda, distaccata. Dava come l'impressione di star recitando una parte, come se avesse imparato un copione a memoria e quella fosse la prima.
Scossi leggermente il capo, passandomi una mano sul viso. “Apprezzo la tua sincerità” commentai, in un singhiozzo. “Scusa, devo andare”. Mi alzai, di scatto. Lucas disse ancora qualcosa, ma non lo ascoltai. Corsi verso la macchina e misi in moto, guidando dritto verso casa.
Le sue parole mi avevano completamente abbattuta. Avrei dovuto aspettarmi una cosa del genere, metterla in conto. Insomma, negli ultimi cinque anni lui non si era mai fatto vivo, perchè avrei dovuto credere che provasse ancora qualcosa per me?
Eppure, qualcosa nel profondo del mio cuore, una voce mi diceva che Lucas stesse solo fingendo. Quei sentimenti che provavamo l'uno per l'altro erano troppo forti per semplicemente svanire, con una scusa così patetica.
Non mi sarei arresa. Se volevo farlo prima, rinunciare a tutto, allontanarmi da lui e da loro, qualcosa era cambiato.
Diventai sempre più determinata nel mio piano. Avrei solo dovuto dimostrare a Lucas che fingere di non provare niente per me, non era la giusta soluzione.
Quella sera stessa chiamai Daniel. Mi scusai per non avergli mai risposto, incolpando il lavoro, anche se non era vero. Lui ci credette e gli diedi appuntamento al grande e unico parco della città, un'ora dopo.
Arrivai lì con grande anticipo. Lui invece fu puntuale.
Appena lo vidi, gli sorrisi, sperando che i segni del pianto che mi aveva assalito quando ero arrivata a casa, fossero spariti.
“Non sono in ritardo, vero?” disse Daniel, grattandosi dietro l'orecchio. Aveva un'aria innocente, imbarazzata, infantile. Era, in poche parole, adorabile. “Sei in perfetto orario” lo tranquillizzai. Daniel abbozzò un sorriso, prima che incominciassimo a camminare tra i vari viali del parco. A quell'ora della notte, quel posto era deserto.
“Credevo non rispondessi alle chiamate per quello che è successo l'altra sera” esclamò lui. Capii subito che si stava riferendo al bacio sulla ruota panoramica. Io non ci avevo pensato molto, perchè le sensazioni che avevo provato, non avevano fatto altro che confondermi. La cosa positiva era che Daniel era uscito dal suo guscio. Una settimana prima non avrei mai detto che avesse il coraggio di dar inizio a una conversazione, soprattutto con quei temi.
“No, no, non è per quello. Te l'ho detto, il lavoro..”. Restai vaga, anche perchè non sapevo effettivamente che dire, cosa più unica che rara. “Quindi non ne sei pentita?” chiese lui e il suo tono di voce perse gradualmente intensità.
Scossi subito la testa. Pentita non era la parola esatta. In fondo, quel bacio, mi era piaciuto.
“Assolutamente no. Se no, non farei questo”. Mi fermai, di colpo. Daniel sobbalzò leggermente. Mi stavo lasciando guidare dall'istinto, mi ero completamente abbandonata ad esso. Misi una mano dietro alla sua nuca e lo attirai a me, baciandolo sulle labbra, un bacio che durò tre volte di più rispetto a quello sulla ruota.
Potevo chiaramente scorgere in me un leggero senso di voglia di vendetta. Volevo vedere se Lucas riusciva a fingere anche che la mia relazione con Daniel non gli desse  fastidio. Se così fosse stato, avrei dovuto regalargli un Oscar.
Quando mi staccai, Daniel mi stava fissando perplesso e felice nello stesso momento. Io sorrisi, portando entrambe le braccia sulle sue spalle. Lui era più basso di me, ma non era un gran problema.
Non restai lì ferma, per paura che lui dicesse qualcosa o, più che altro, che cominciassi io a parlare, dicendo qualche idiozia. Scossi di poco il capo e feci un passo indietro, riprendendo poi a camminare. Lo sentii seguirmi, mezzo secondo dopo.
Sorrise, sorrise e basta, per tutto il tempo. Era la cosa che più mi piaceva di Daniel, di quello che stava di nuovo venendo fuori. Sembrava che fossi riuscita nell'intento di strappargli via la tristezza. Stava tornando a essere solare, ad aprirsi con me, tanto che, nel corso della serata, parlammo di tutto e di più e io mi ritrovai molte volte a interrompere le sue frasi, così che potessi dire anche la mia.
Il tutto era accompagnato dal suono delle nostre risate.
Quella sera, con Daniel, fu la prima sera in cui il nome di Lucas non fece capolinea nella mia testa. I miei pensieri erano vari e non lo toccavano. In compenso, suo fratello ne era il protagonista.
Probabilmente in tutta quella storia, ci avrei guadagnato, in un modo o nell'altro.

  
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