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Autore: LilithJow    02/09/2011    3 recensioni
Il mio nome è Samantha Finnigan. Sono nata e cresciuta a Rossville, una cittadina con poco più di mille abitanti nell'Illinois, Stati Uniti.
Sto per compiere ottanta anni.
Ho vissuto una vita meravigliosa, ho avuto un marito affettuoso e tre fantastici bambini.
Ma non è di questo che sto per scrivere. Sono convinta che alla gente piacerebbe leggere di una grande storia d'amore, con un bel lieto fine, ma purtroppo io e i lieti fine non siamo mai andati d'accordo.
Ciò che state per leggere, perchè se adesso avete queste righe sotto gli occhi, presumo lo stiate per fare, non ne ha neanche l'ombra, o, per meglio dire, dipende dai punti di vista.
Voglio raccontarvi di un periodo particolare della mia vita, di molti anni fa, cinquantacinque per l'esattezza. Per me è come fosse ieri, forse perchè non ho mai dimenticato quello che successe. Impossibile farlo.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Cercai di evitare Daniel nei giorni che seguirono. La mia non risposta al suo 'ti amo', la diceva lunga ed ebbi addosso il gran timore che lui avesse cominciato a sospettare qualcosa.
Probabilmente non sarebbe arrivato proprio a capire i miei reali obiettivi, ma avrebbe compreso che i miei sentimenti erano solo una perfetta messa in scena.
A dire la verità, ero confusa. Amavo Lucas, era cristallino e palese che fosse così, ma Daniel? Cos'era Daniel per me? Non lo sapevo. Avevo giurato a me stessa di essere distaccata, apatica con lui, invece mi ero aperta e lui si era aperto totalmente a me. Il mio cuore sussultava nelle sue vicinanze e se accadeva una cosa simile, voleva dire..
No, non doveva essere. Cercai di scacciare quel pensiero e, dopo tanto, tornai a focalizzarmi solo su Lucas. Però, ogni volta che ci provavo, i suoi occhi verdi, cambiavano colore, così come i capelli castani. Cambiavano i tratti del viso, la forma degli occhi e.. E alla fine avevo davanti Daniel.
Rischiavo di impazzire. Mi diedi malata un giorno in ufficio, non riuscivo ad alzarmi dal letto e non avevo chiuso occhio quella notte. Fui costretta a mettermi in piedi solo quando qualcuno bussò energicamente alla mia porta.
Quando aprii, mi trovai davanti colui che aveva causato tutto. “Daniel.. Hey, che.. Che ci fai qui?” balbettai.
“Continui a non rispondere alle mie chiamate” spiegò brevemente lui, prima di oltrepassarmi ed entrare in casa. In realtà, non avevo nemmeno più controllato il telefono da quella sera.
Feci per dire qualcosa, ma Daniel mi precedette: “Ascolta, mi dispiace. Forse l'altra sera ti ho messo in soggezione con quelle parole e ho visto abbastanza film per sapere che una non risposta è spesso la causa della rottura. Solo che noi non siamo in un film, nella realtà le cose vanno diversamente e devi sapere che io non la voglio neanche una risposta. Te l'ho detto perchè mi sentivo di dirlo, tutto qui. Non voglio che tu ti senta in obbligo o altro.. Insomma, non voglio che le cose cambino”.
Il modo in cui parlò, i piccoli gesti che fece, lo resero molto più maturo di quello che era. Nessuno si sarebbe aspettato di sentire un ragazzo di quindici anni dire tali cosi. Ma in fondo sapevo bene che Daniel Monroe non era un normale ragazzino. “Non mi hai messa in soggezione” dissi allora io. “E' che.. Non me lo aspettavo ed è.. Bello”.
Daniel abbassò lo sguardo. Scorsi apparire sulle sua guance bianche, un leggero rossore, il che lo rendeva più adorabile di quanto fosse già. “Non l'ho mai detto a nessuno” mormorò.
“Non te ne ha mai dato nessuno l'occasione?”.
“No. Io non ho mai dato a nessuno l'occasione di conoscermi ed entrarmi dentro, come ho fatto con te”.
Avevo ragione sul fatto che Daniel si fosse del tutto aperto con me, il che era buono e cattivo allo stesso tempo.
Era un ragazzo meraviglioso e mi apparteneva.. E io che stavo facendo? Lo stavo usando, come un giocattolo. Mi facevo schifo, perchè lui era così vero, così buono e io.. Io ero solo una brava attrice. Avevo accusato duramente Lucas per aver finto, e non mi ero accorta di star facendo peggio.
Guardandolo negli occhi, mi venne in mente di dirgli tutto, in quell'istante, di lasciar perdere ogni cosa e sperare che restasse con me, anche dopo aver saputo quelle cose orribili. Ma non me ne diede il tempo.
“Voglio portarti in un posto, stasera” esclamò.
“In un posto? Che posto?”.
Non rispose alla mia domanda. Disse solo di vestirmi. Tentennai: non avevo voglia di uscire, soprattutto nello stato pietoso in cui mi trovavo, ma lui non mi lasciò scelta e dovetti arrendermi. Infilai le prime cose che trovai nell'armadio e uscimmo velocemente di casa. Non avevo la più pallida idea di dove volesse portarmi e non mi sforzai neanche di capirlo. Lui, d'altra parte, non mi diede nessun indizio.
Camminai a testa bassa, finchè Daniel mi fece fermare. Quando alzai gli occhi, mi ritrovai di fronte a una distesa d'acqua all'apparenza immensa. Il sole stava cominciando ad immergersi in essa e la colorava di arancione. Gli unici suoi udibili erano il fruscio del vento che smuoveva i rami degli alberi già spogli e il canticchiare degli ultimi uccelli, che non erano ancora emigrati. “Questo è.. Il mio posto” mormorò lui. “Ci vengo sempre quando sono triste e.. Vado a sedermi sotto quell'albero di ciliegio che vedi laggiù”.
“E perchè mi hai portato qui?” chiesi, innocentemente. “Perchè voglio che tu conosca ogni parte di me” rispose lui.
Sentii il mio cuore fermarsi in quell'attimo.
Dannazione, mi ero innamorata di Daniel Monroe, nonostante tutti gli sforzi.
Presi le sue mani e non dissi niente. Mi sentivo una persona orribile e il peso delle bugie e dei sotterfugi mi stava opprimendo. Per far smettere tutto, mi avvicinai a lui e lo baciai delicatamente sulle labbra.
La mia pelle toccò la sua, gelida, come sempre, ma mi ero abituata a quella sensazione.
“E poi perchè tu sei in ogni cosa, ogni notte, anche nelle stelle” sussurrò ancora.
Era impossibile non innamorarsi di lui. Perchè mi ero illusa che fosse il contrario?
Passò così il resto della sera e gran parte della notte. Quando mi riaccompagnò a casa, lo invitai ad entrare. Forse, nel mio inconscio, desideravo spingermi oltre con lui, forse ci mancava solo quello, ma con tono dolce, rifiutò.
Daniel era diverso anche in quello. Un normale ragazzo non avrebbe mai rifiutato, in prospettiva di quel che sarebbe successo subito dopo. Era strano, ma amavo tale aspetto.

Mi resi conto che l'unica cosa che era importante ora, era la relazione con Daniel. Del mio piano, ero a conoscenza solo io e potevo tranquillamente mandarlo a monte, senza ferire nessuno.
Ero felice. Dopo cinque lunghi anni, avevo ritrovato un sorriso genuino, in tutti quei momenti che passavo con quel ragazzo dagli occhi di ghiaccio.
Tutto si svolgeva in prospettiva di un lieto fine. Ma ricordate ciò che vi ho detto all'inizio? I lieto fine mi odiano.
Una mattina, sentii bussare alla mia porta. Ero sicura che non fosse Daniel, dal momento che era a scuola, ma potevo aspettarmi di tutto da lui. Così andai ad aprire, con un sorriso stampato in faccia. Ma quando lo feci, due fari verdi mi stavano fissando. “Lucas..” mormorai. Lui entrò in casa, rischiando di buttarmi a terra. Chiusi la porta alle mie spalle e prima che potessi dire qualcosa, cominciò a parlare: “Non reggo più”.
“Non reggi più.. Cosa?” chiesi, con leggero timore.
“La tua.. Presenza”. Il modo in cui scandì le parole, mi fece rabbrividire. Non avevo notato come la sua espressione fosse diversa dal solito. Sembrava stanco, spossato e i suoi capelli, di solito perfetti, erano scompigliati.
“Non dovrebbe importarti ed è comunque poco il tempo che passo con te” replica. Cercai di tenere la calma. Lucas era strano, la sua voce era strana. Ma che gli era successo?
“No, tu non.. Tu non capisci”. Sillabò anche quella frase, mentre muoveva qualche passo verso di me. Istintivamente, indietreggiai, ma lui mi afferrò per i polsi, costringendomi a guardarlo negli occhi. “Averti nella stessa città mi fa impazzire, basta solo quello. Ma tu stai con mio fratello e hai idea di quanto sia dura da sopportare per me?”.
“Considerando ciò che mi hai detto l'ultima volta, non dovrebbe importarti”.
“Dannazione, non ti sei accorta che mentivo?”.
Sì, me ne ero accorta, era palese.
Lui continuò: “Haley mi ha costretto a dirti quelle cose. Voleva che ti allontanassi subito, perchè aveva paura. Ma lei non sa niente, lei non sa quello che abbiamo passato, i nostri momenti... Non sa cosa siamo stati”.
Realizzai, dopo quelle parole, che il mio piano subdolo, malvagio, aveva dato i suoi frutti, aveva funzionato alla perfezione. Eppure, ciò mi demoralizzò e mi mise il panico addosso. Fino a qualche giorno prima, avrei gioito, ma in quel momento, desideravo solo che Lucas continuasse la sua recita imposta da Haley e che io potessi continuare la mia storia con Daniel.
“Hai usato un tempo passato, lo sai? Ed è quel che siamo, Lucas, siamo il passato” dissi. Citai Haley e mi maledissi per ciò, ma solo allora mi resi conto di quanto fosse rilevante quell'affermazione. Ero così fermamente attaccata al passato, da rifiutare il presente.
E Lucas non era diverso da me. Lo dimostrò quel che fece subito dopo. Prese il mio viso tra le mani e mi baciò sulle labbra. Mi prese alla sprovvista e ci misi un po' per distaccarlo.
Non mi importava più di lui. Avevo partecipato al suo film, ma non avevo intenzione di essere presente anche nel suo secondo tempo.
“Sono cambiata, Lucas. Sto con Daniel e amo lui. Tu sei.. Tu semplicemente, non mi appartieni più” esclamai.
Non avrei mai pensato di essere in grado di dire una frase del genere. Eppure lo feci. Dopo tanta agonia, avevo voltato pagina, con qualcuno di migliore.
Lucas mi guardò per qualche secondo, sorpreso, perplesso. Infelice.
Alla fine, gli avevo comunque impartito una lezione. “Va a casa, torna da Haley” gli sussurrai.
Lui lo prese come un ordine e andò via, lasciandomi sola.






 

  
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