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Autore: L_Fy    05/09/2011    1 recensioni
Cosa riserva il futuro all'umanità? La Terra sta lentamente scivolando verso l’autodistruzione e prima o poi le risorse primarie si esauriranno. Per tali motivi, in un futuro non troppo lontano, l'umanità si è vista costretta a partire verso le volte dell'universo, alla ricerca di un altro pianeta abitabile. E’ quindi questo il compito delle 4 enorme navi spaziali chiamate Orion che dopo essere uscite dal sistema solare hanno perso contatto con il loro pianeta madre.
Genere: Azione, Science-fiction, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piattaforma Dream Rewind 1845 Far West – Ranch  – incognito
Benson, Elijah            digi-alias        Sé stesso                    
Cardinale, Jude           digi-alias        Sé stesso
Morales, Eric             digi-alias        Sé stesso
O’Brian, Garrie          digi-alias        Sé stesso
Patterson, Matt            digi-alias        Sé stesso
 
Sotto la tenda nel bel mezzo del canyon l’aria era calda, umida e irrespirabile, ma nessuno sembrava intenzionato ad uscirne. La bottiglia di whisky, iniziata poco dopo il ritorno della squadra dalla piattaforma Olo-cinema Multisala, era ancora mezza piena mentre veniva passata fiaccamente da una mano all’altra. Al centro della tenda, come un triste trofeo, stava la multi-arma da computer da polso che Benedict aveva usato durante il loro primo incontro, sulla piattaforma DR Roma Imperiale: l’aveva lasciato in bella vista, come un ultimo regalo per chi, auspicava, avrebbe avuto più fortuna di lui. Nessuno però aveva ancora trovato il coraggio di impossessarsene. Patterson aveva medicato di nuovo le ferite di Elijah in un’atmosfera insolitamente formale. Garrie era uscito per un po’ dalla tenda e quando era tornato, taciturno e corrucciato, aveva segni evidenti di pianto intorno agli occhi, ma a nessuno venne in mente di prenderlo in giro come era loro abitudine. La morte violenta di Benedict li aveva messi con le spalle al muro e gli occhi puntati sul loro imminente destino, e la sua vista non era per niente incoraggiante, nemmeno per dei Runners col pelo sullo stomaco come loro. I cinque erano stesi a terra da un bel po’ di tempo, cercando di non pensare a niente, quando Patterson si alzò di scatto dalla sua posizione distesa con il viso illuminato da un’idea.
“Ma certo!” esclamò, determinato e sollevato.
Gli altri della squadra la guardarono, sorpresi, mentre a grandi passi si dirigeva verso l’uscita della tenda e se ne andava a trafficare in mezzo agli attrezzi lasciati dai Runners in mezzo all’accampamento.
“Che gli è preso?” chiese fiaccamente Morales ricevendo per risposta un sollevamento di spalle da parte di Elijah.
Patterson tornò due minuti dopo con un assortimento di pale, vanghe e zappe strette in una mano possente: si fermò sulla soglia della tenda lanciando uno sguardo circolare ai compagni ancora stravaccati a terra.
“Andiamo” disse telegrafico, e uscì.
Elijah e gli altri si scambiarono uno sguardo tra l’esasperato e il rassegnato: Cardinale fu la prima a d alzarsi lentamente, accompagnando con una smorfia di dolore il crocchiare delle giunture duramente provate dall’ultima esperienza.
“Io vado a vedere cosa combina” disse con un sospiro “Pazzo com’è, è capace di voler uscire dalla piattaforma scavando un tunnel”
“Credo che sia meglio che andiamo tutti” propose Elijah alzandosi a sua volta.
Morales e Garrie lo seguirono senza profferire verbo. Patterson si era piazzato a gambe larghe in mezzo ad una piccola radura isolata, gli attrezzi sulle spalle, la mano davanti al viso per ripararlo dal sole cocente. Quando i suoi compagni si fermarono con aria interrogativa in semicerchio accanto a lui, gettò un attrezzo ad ognuno di loro, risoluto e insolitamente serio.
“Scaviamo” disse brandendo una pala e vibrando un primo, poderoso colpo al terreno duro e sassoso.
Garrie si appoggiò di peso alla sua vanga con la faccia corrucciata.
“Pat, se ti è venuta una qualche meravigliosa idea rendici partecipi affinché possiamo capire se sia davvero buona o se i tuoi neuroni hanno definitivamente perso la loro battaglia e sono deceduti”
Patterson non si prese nemmeno la briga di rispondere: lavorava alacremente, i muscoli delle braccia guizzanti e l’espressione del viso assolutamente impenetrabile. Morales fece un sorrisetto stanco e imbracciò il suo attrezzo.
“Bè, sempre meglio che abbruttirsi con l’alcool…” commentò, e iniziò anche lui a scavare.
“Spero per te che tutto questo abbia un senso, mastro Patterson, altrimenti la vanga ti arriva dritta sulla testa” sentenziò Cardinale, accingendosi a sua volta a iniziare il lavoro.
Elijah e Garrie si scambiarono uno sguardo esasperato ma iniziarono anche loro a scavare di malavoglia. Dopo un’ora si era creata una buca profonda un metro e larga abbastanza da contenerli tutti quanti. I cinque erano grondanti di sudore e quando Morales si levò la camicia piegandola coscienziosamente e mettendola al riparo lontano dalla fossa, fu pesantemente ridicolizzato ma ben presto imitato da tutti, a parte Cardinale che si ostinava a rimboccare le maniche e a farsi vento dentro la scollatura ogni tanto.
“Andiamo, Cardinale, siamo tra amici” la punzecchiò Garrie sorridendo “Credi di avere qualcosa lì sotto che non abbiamo già visto?”
“Il mio è solo pudore. So che il tuo archivio personale di immagini di tette gareggia ormai con la Biblioteca Nazionale…sono certa che non reggerei il confronto” ribatté acida la ragazza.
“Davvero hai paura del giudizio di Garrie?” ridacchiò Morales “Se vuoi do un’occhiata io: cercherò di essere un giudice imparziale”
“Piantatela con queste corbellerie” li ammonì Patterson, semiserio “Le tette di Cardinale non devono essere l’argomento di discussione principale”
“Vista l’alternativa, direi che parlare delle sue tette è l’unica cosa che voglio fare adesso” ribatté Garrie, convinto.
Cardinale cominciò ad assumere un preoccupante color lampone.
“Garrie, se non la pianti ti arriva il badile sullo scroto” sibilò seria.
“Se mi fai sbirciare sotto la tua maglietta, quasi quasi ci sto” le mormorò Garrie nell’orecchio, allusivo.
Cardinale tentò di lanciargli uno sguardo di fuoco, ma il sorriso ridente di Garrie le provocò un leggero capogiro.
“Fatti in là, porco, o alzo l’ascella e ti tramortisco col puzzo”
“Ho detto basta, Garrie” intervenne Patterson, burbero “Sai che la signorina in fondo in fondo è timida. Comunque, se proprio lo vuoi sapere, io le ho viste le sue tette e devo dire che non sono male…a metà classifica, più o meno”
“Cosa…eh?!? Tu non hai mai visto un bel cavolo di niente, uomo di Neanderthal” strillò Cardinale, arrossendo vistosamente sotto la maschera di sudore.
“Che ne vuoi sapere tu? Credi di essere trasparente o di poter sfuggire al radiografo brevettato di nonna Pat? Se vuoi ti so anche dire di che colore hai le mutandine, guarda…”
“Tu…tu…non sarà mica vero?” trasecolò la ragazza, sinceramente basita, brandendo la vanga come uno scudo.
Patterson la liquidò con uno sventolio di mano noncurante.
“Donna, continua a pensare ai tuoi computer che io continuo a pensare alle cose serie” rispose Patterson altezzoso “E poi, che strilli: ti ho anche messo a metà classifica, dovresti essere contenta, no?”
“Oh, certo, grazie mille per la concessione” sbuffò Cardinale indecisa se arrabbiarsi o scoppiare a ridere.
L’atmosfera, comunque, si era notevolmente distesa: sotto il sole rovente la squadra continuò a lavorare di buona lena, scambiandosi piacevolezze e facendo a gara a chi diceva la stupidaggine più grossa. Ogni volta che qualcuno era stanco supplicava Patterson di spiegare il motivo di quella buca o chiedeva se non era già abbastanza fonda, ma l’uomo continuava a scavare e ad incitarli a fare altrettanto con indomabile convinzione. A pomeriggio inoltrato, Garrie gettò la spugna, definitivamente: si sdraiò a terra a braccia larghe a guardare il cielo, ansimante, i capelli appiccicati alla fronte in disordinate ciocche bagnate.
“Basta” sentenziò col fiatone “Sono in un bagno di sudore, puzzo come un animale da cortile ed ho talmente tante vesciche sulle mani da far invidia ad un carpentiere”
“Sì, Pat” si accodò Elijah oscillando come in preda ad un capogiro “Dicci lo scopo di questa fossa, semmai ce ne sia uno, altrimenti rischi di farci cuocere il cervello. Per chi ancora ne avesse un po’, dico”
Patterson valutò serio l’ampiezza della fossa, ed infine annuì pensieroso.
“Ok, può bastare” si decise.
Tolse dalla tasca posteriore dei calzoni una grossa e antiquata pistola e la puntò con decisione verso i suoi compagni.
“Molto bene” disse con voce tonante “E’ ora, ragazzi. Sapendo quello che è successo a Benedict e sapendo che la nostra fine, nella migliore delle ipotesi, sarà quella lì, è arrivato il momento di prendere una decisione”
“Metti giù quel cannone, Pat, rischi di fare un digi-buco dell’ozono se ti scappa un colpo inavvertitamente” brontolò Morales corrugando appena la fronte. Patterson lo ignorò bellamente.
“Siamo tutti amici, e tutti sappiamo bene a cosa andiamo incontro. Se qualcuno di voi non ha più speranze o energia o voglia di vivere, questa è l’occasione buona. Avete vicino persone che, non si sa per quale assurdo motivo, vi vogliono bene; c’è una bella fossa grande che guarda il sole, per quanto sia un sole artificiale, ma non è il caso di sottilizzare; c’è una bella pistola carica che, con un semplice colpo indolore, vi può togliere da tutte le preoccupazioni e darvi la pace eterna. Adesso, a voi la scelta: chi vuole farsi saltare le cervella lo dica adesso e sarà esaudito”
I quattro Runners, dopo un primo minuto buono di smarrimento dove rimasero come cristallizzati al loro posto, si guardarono l’un l’altro con le facce inebetite di chi ha preso uno schiaffo senza motivo.
“Di cosa diamine stai parlando?” chiese Garrie alla fine, genuinamente esterrefatto.
“Personalmente, io sono un Runners” continuò Patterson, granitico “E non perché me lo abbia detto qualcun altro o perché ho portato per tanto tempo il distintivo. Sono un Runners perché ho voglia di combattere. Per la verità, per i miei amici, per me stesso. Io non ci mollo. Non sarò una gran cima, ma sono un guerriero, questo è poco ma sicuro. Ho bisogno di sapere voi che cosa pensate di essere, se avete ancora voglia di provarci. Sono pronto a seppellirvi da amico o a morire per voi, di nuovo da amico. Se qualcuno vuole, come me, provarci fino in fondo, a costo di essere sezionati come cavie da laboratorio, sono pronto. E voi?”
La scena sarebbe stata quasi comica, se la faccia di Patterson non fosse stata così maledettamente seria: tutti sporchi, impolverati e ingobbiti dalla fatica a guardarsi meravigliati mentre prendevano in seria considerazione la possibilità di finire per sempre in quella fossa che avevano scavato per tutto il maledetto giorno. Elijah era sorpreso: per tutta la sua vita si era convinto di non avere alternative alla lotta. E Patterson, il meno sveglio di tutti, era lì a fargli capire che in realtà l’aveva sempre avuta una via alternativa, facile, comoda e, tutto sommato, piuttosto allettante. Una scelta, quello che anelava da sempre: la possibilità di decidere della propria vita, nel bene e nel male. Quale era, nel profondo del suo cuore, la via che voleva seguire? Elijah si riscosse dai suoi pensieri e vide Cardinale che lo guardava. Nei suoi grandi, liquidi occhi scuri vide riflessi i suoi stessi pensieri, le sue stesse paure e la sua stessa, indomita voglia di provarci. E ancora, e ancora, e ancora, fina ad avere rispetto di sé stessi, fino a guadagnarsi quello che da sempre desiderava inconsciamente: la sua libertà.
Gli occhi azzurri e limpidi di Garrie.
Quelli blu e troppo seri di Morales.
Quelli piccoli e battaglieri di Patterson.
In tutti vide sé stesso, e la risposta venne spontanea e necessaria come respirare. Elijah fece un grosso sospiro, girò lo sguardo su i compagni e sorrise, placidamente.
“Di un po’, nonna Pat, mi sa che hai sprecato tutto il tuo vocabolario per questo sermone. Da quanto tempo lo tenevi in caldo per noi?” disse con voce leggera e canzonatoria.
Patterson inspirò profondamente e rispose al sorriso con un ghigno abbagliante.
“Effettivamente era un po’ che volevo farlo. La speranza era che tutti quanti vi metteste in ginocchio ad implorarmi di spararvi in mezzo ai denti, ma mi sa che mi è andata male anche stavolta…”
“Vuoi dire che abbiamo scavato questa fossa per niente, razza di beduino?” sibilò Garrie, inviperito.
Morales gli batté fraternamente una mano sulla spalla.
“Tranquillo, Garrie, potremmo sempre farci una bella piscina” lo consolò sorridendo.
“Già. Una bella Jacuzzi con idromassaggio” approvò Patterson, entusiasta dell’idea.
Cardinale, improvvisamente, saltò fuori dalla fossa e corse ad abbracciare Patterson che la avvolse in un abbraccio stritolante.
“Era ora che ti accorgessi di essere follemente innamorata di me, dolcezza” le disse lui infine con voce malferma, allontanandola rudemente. Cardinale aveva gli occhi lucidi ma rise, beffarda.
“Non ho saputo resistere al fascino travolgente del tuo aroma animale”
“In poche parole, ti sta dicendo che puzzi come una capra” lo informò Garrie, velenoso. Patterson lo prese e abbracciò anche lui, sbattacchiandolo come una bambola di pezza.
“Mettimi giù, razza di yak nepalese!” strepitò il giovane, disgustato e Patteron obbedì mentre Morales si rotolava a terra dalle risate.
Elijah si avvicinò a loro, estraendo dal taschino la fiaschetta di wishky : aveva un curioso magone in gola e gli era difficile deglutire, ma non riusciva a smettere di sorridere.
“Ok, un brindisi davanti alla Jacuzzi di Pat prima di un bel bagno collettivo, Cardinale compresa: a Benedict, dovunque sia”
“A Benedict” disse Patterson immediatamente, mettendo una mano sulla spalla di Garrie.
“A Benny” mormorò Garrie con gli occhi lucidi.
“A Benedict” si accodò Morales, alzandosi da terra con decisione.
“A Benedict” terminò Cardinale con lo sguardo fermo fisso su Elijah.
In semicerchio davanti alla fossa ammonitrice, rimasero in silenzio a rendere omaggio ad un amico mentre il sole tingeva di rosa le rocce e donava loro una nuova, assurda speranza.
*          *          *
Piattaforma Dream Rewind 1973 Seven Dogs Club – incognito
Richner, Damon          digi-alias        Sé stesso
 
Quando arrivò al club “Seven Dogs” quella sera, Damon era piuttosto confuso e non sapeva bene cosa aspettarsi. Cercò piuttosto discretamente di mettersi in contatto con una sventolona bionda che gli avevano indicato come Alicia Grady, ma era piuttosto scettico sull’esito di questo incontro. Gli venne fatto sapere dal cameriere che la signorina Grady lo aspettava nella sua suite al piano superiore dove fu scortato da un buttafuori talmente grosso che la sua mano pareva un intero prosciutto. Damon entrò dubbioso nella stanza: le pareti erano di un bel vetro rosa tenue da cui si poteva vedere il panorama circostante, non visti; un enorme letto a baldacchino troneggiava al centro della stanza e anche le lenzuola di raso erano rosa tenue. Nella testa di Damon passò come un lampo il sospetto che la Grady non fosse altro che una prostituta di alto bordo, e fu tentato di uscire di lì a gambe levate. L’avrebbe anche fatto se in quel momento non fosse comparsa la ragazza, avvolta in una nuvola di chiffon rosa.
“Mi hai cercato, bello?” chiese lei con voce suadente appoggiandosi allo stipite della porta: nella mossa, una coscia tornita uscì dallo chiffon e l’occhio di Damon ci cadde inevitabilmente sopra.
“Ah, oh, io..” balbettò allontanandosi leggermente da lei “Spiacente, devo aver sbagliato persona” terminò poi precipitosamente.
Fece per tornare verso la porta quando si trovò improvvisamente ad un centimetro dal naso di Alicia che si era fulmineamente messa tra lui e la porta.
“Dove credi di andare, maledetto tirapiedi” sibilò la ragazza spingendolo bruscamente verso il letto e sfogando la sua rabbia repressa.
“Tirapiedi…non so di cosa stia parlando, signorina” disse Damon tentando di apparire più innocente di quanto non fosse in realtà.
Alicia lo spinse ancora e Damon inciampò all’indietro e cadde sul letto: immediatamente si trovò con la punta di un coltello molto affilato puntata sotto il mento.
“Chi credi di imbrogliare, piccolo patetico Runner? Sei qui per spiare le mie mosse da parte del generale Scott, non è così?”
Damon  fece scattare contemporaneamente il ginocchio e il gomito e in men che non si dica le parti si invertirono con Alicia stesa sul letto e Damon che le puntava la lama del coltello alla gola.
“Effettivamente, è stato il generale Scott a mandarmi qui” disse in tono salottiero mentre Alicia, furiosa, si divincolava sotto di lui “Ma non per spiare. Ha questa assurda convinzione che tu sia abbastanza in gamba da potermi dare una mano ad aiutare la squadra Tau Centauri, ma credo che abbia preso un abbaglio..”
Nel sentire il nome della squadra, Alicia si era bloccata di colpo e lo fissava con gli occhi stretti e sospettosi.
“Così sei venuto qui per la Tau. E secondo te io dovrei darti informazioni riguardo alla squadra? Scordatelo” sibilò alla fine, inviperita.
Damon la lasciò andare e si allontanò da lei per evitare che gli mollasse un calcio negli stinchi.
“Di quello che credi tu non me ne importa  un fico, gioia” disse alla fine, irritato “Se davvero sei in contatto con Elijah, vorrei inviargli un messaggio, tutto qui”
“Che tipo di messaggio?” chiese Alicia, ancora bellicosa.
“Questo messaggio: ho visto la registrazione di Benedict. Farò di tutto perché la veda anche Scott. Tenete duro. Io sono qui. E’ abbastanza chiaro come messaggio o vuoi che te lo scriva?”
Alicia lo guardò a lungo, in cagnesco. Damon ricambiò lo sguardo senza paura.
“Nessuno mi dice che tu non stai facendo il doppio gioco” mormorò infine la ragazza e Damon annuì senza scomporsi.
“Sì, è vero. Non ti chiedo di fidarti di me. Ti chiedo di mandargli quel messaggio. E di approfittare di me, se cerchi una strada per salvarli”
Di nuovo Alicia lo scrutò intensamente per cogliere un qualsiasi segno di falsità nella sua storia. Ma Damon rimaneva davanti a lei con lo sguardo sincero e limpido di un bambino. Decise di fidarsi, forse perché non poteva fare nient’altro, o forse perché aveva davvero bisogno di fidarsi di qualcuno.
“Devi farmi vedere la registrazione” disse seccamente. Damon annuì, controvoglia.
“Sì, ma non qui. Per quanto questo posto sia schermato, sono io che non mi fido di te”
“Ok” sbottò Alicia girandogli le spalle “Dammi un minuto”
“Adesso…?” chiese preso in contropiede Damon. Alicia si fermò sulla porta e gli lanciò uno sguardo di rimprovero.
“Ti sembra che abbiamo molto tempo a disposizione?” gli buttò lì, e chiuse la porta senza attendere risposta.
*          *          *
Piattaforma Dream Rewind 1845 Far West – Ranch  – incognito
Benson, Elijah            digi-alias        Sé stesso                    
Cardinale, Jude           digi-alias        Sé stesso
Morales, Eric             digi-alias        Sé stesso
O’Brian, Garrie          digi-alias        Sé stesso
Patterson, Matt            digi-alias        Sé stesso
 
Approfittando di un momento di distrazione dei compagni, Cardinale sgattaiolò verso il fiume, cercando un’ansa nascosta che le permettesse di rilassarsi senza quei trogloditi tra i piedi. Trovato il punto adatto, si spogliò rapidamente, tenendo prudentemente addosso la biancheria intima, e si tuffò nell’acqua fresca. Sospirando di sollievo e appagamento, nuotò con pigre bracciate verso l’altra riva, rinfrescandosi anche il viso accaldato. Poi, si adagiò in superficie, supina, lasciando che l’acqua le riempisse le orecchie. Che pace, pensò stordita. Il suo cuore cominciava ad accettare, riluttante, la scomparsa di Benedict, ma dietro, nascosta nell’ombra, c’era anche la sotterranea angoscia del pensiero della morte. Il mestiere di Runner le aveva insegnato a conviverci, con quel pensiero, ma mai come in quel momento le era sembrato potente e vicino. Soprattutto vicino.
“Bomba in arrivooooo!!!” urlò qualcuno alla sua destra, facendola quasi affogare dalla sorpresa.
Subito dopo, con un potentissimo tonfo e uno spruzzo spettacolare, una figura si tuffò vicino a lei per riemergerle quasi addosso, seguita a ruota da altri due schiamazzanti compagni. Il tuffo finale doveva essere obbligatoriamente quello di Patterson, in quanto provocò uno stunami di almeno tre metri. Cardinale alzò gli occhi al cielo, maledicendo tutto e tutti a partire dalla prima stirpe umana mentre i tre nuotavano avvicinandosi a lei.
“Che diavolo ci fate qui?” li aggredì Cardinale immergendosi nell’acqua sino al collo, furiosa.
I compagni non fecero una piega: Garrie, col suo solito sorriso da schiaffi e i capelli biondi scuriti dall’acqua appiccicati alla nuca le spalancò gli occhi in faccia con una finta espressione innocente.
“Facciamo il bagno” rispose con la pazienza di un maestro d’asilo nuotando un po’ sul dorso “L’hai detto tu che dobbiamo lavarci più spesso, no?”
“E non potevate scegliere un altro posto o andare da un’altra parte? Che so…in Cambogia, per esempio?”
 “Non mi risulta che questo fiume sia monopolio tuo” la informò piacevolmente Patterson.
“E io avevo bisogno di stare sola” mugugnò Cardinale di cattivo umore, sorvolando sul fatto che era la prima volta in due anni che si ritrovava in mezzo a loro quasi completamente nuda e senza armi a portata di mano. La cosa la inquietava, soprattutto per il fatto che Garrie, Morales e Patterson sembravano invece perfettamente a loro agio a nuotarle intorno con solo un paio di mutande d’ordinanza addosso.
“Non puoi stare sola” comunicò Morales riemergendo da un tuffo “Su questa piattaforma siamo in pericolo costante e tu sei la nostra donzelletta da proteggere. Dovunque andrai noi saremo con te”
“Seguiremo la tua ombra nei bui recessi delle latrine” ghignò Patterson, le cui braccia nude avevano la stessa circonferenza di due tronchi di sequoia.
“E faremo i turni per dormire nel tuo letto, abbracciati stretti stretti” sospirò Garrie con voce sognante.
Cardinale si allontanò un poco da loro con la faccia aggrottata.
“Cos’è, volete spingermi al suicidio con queste visioni da film dell’orrore? Già non vi sopporto da vestiti, figurarsi da mezzi nudi…”
“Ma se siamo belli e affascinanti come i bronzi di Riace” protestò Morales.
Uscì con il petto dall’acqua, gonfiando pateticamente i muscoli delle braccia che, confronto a quelle di Patterson, sembravano due mestoli da cucina.
“Sarà…a me sembra che tu, più che un bronzo assomigli a un cucchiaio di peltro e quell’armadio là sembra l’anello di congiunzione tra l’uomo e il Minotauro”
Non ebbe il coraggio di commentare su Garrie che le si avvicinò nuotando e costringendola ad arretrare millimetricamente.
“Che fine ha fatto Elijah?” chiese Cardinale cercando di non far cadere gli occhi sul compagno, sottilmente imbarazzata.
“Di guardia” rispose brevemente Garrie, incuriosito dal suo atteggiamento legnoso “Dì un po’…non ti starai mica vergognando di fare il bagno insieme a noi”
“Figurati” rispose Cardinale velocemente “Stavo solo valutando se sguazzare insieme tutti nudi sia o no un’esperienza da scrivere sul mio curriculum”
Garrie sorrise e Cardinale pensò che se lei fosse stata una donna qualsiasi avrebbe probabilmente cominciato ad iperventilare alla vista di quel corpo armonioso e perfetto abbinato a quel sorriso canzonatorio. Fortuna che lei non era una donna qualsiasi, si ansimò in testa, praticamente senza fiato.
“Credo di non averti mai visto tanto svestita da quando ci conosciamo” continuò salottiero Garrie, spargendo dolorosamente sale sulla ferita “Non sei proprio niente male, lasciatelo dire da un intenditore. Hai due gambe lunghe e toniche…bellissime. Spalle dritte, da Runner. Saresti un gran bel pezzo di figliola, se solo non camminassi con la grazia di un Caterpillar cingolato. Senza contare che quando apri bocca ne esce una tale marea di stupidate femministe che sgonfierebbe anche un pervertito in astinenza da vent’anni”
Cardinale non rispose e Morales e Patterson le lanciarono una breve occhiata sorpresa quando videro che non avrebbe approfittato del suo diritto di replica. Anche Garrie le lanciò uno sguardo sorpreso e incontrò i suoi occhi fuggevolmente. Un indolente e sfolgorante sorriso gli salì lento alle labbra quando si accorse che Cardinale (proprio lei!) era paralizzata da un cocente, abissale imbarazzo.
“Tu…stai….arrossendo!” gorgogliò Garrie esultante con la stessa sorpresa mista a trionfo che prova un profeta a cui appare finalmente il suo Dio.
Cardinale, ovviamente, arrossì ancora di più: sentì il sangue fermarglisi in tante piccole bolle rosse sul viso e sul collo, e, per reazione, divenne ancora più velenosa e infuriata.
“Non sto arrossendo: sono solo allergica ai bambolotti burbanzosi che sputano sentenze convinti di avere la verità sulle ginocchia! Se condividiamo ancora un po’ la stessa acqua mi verrà un’eruzione cutanea. Devo uscire di qui alla svelta”
Ma non si schiodò dalla sua posizione in ammollo completo. Pensare di uscire dall’acqua con gli occhi di Patterson, Morales e (soprattutto) Garrie inchiodati al suo fondoschiena la riempiva letteralmente di puro orgasmo.
E Garrie lo sapeva benissimo: le nuotava pigramente intorno senza togliersi quel sorrisino malizioso dalla faccia tanto che Cardinale prese per un attimo in considerazione l’ipotesi di affogarlo.
“Allergia. Capisco. Sai, io sono allergico ai programmatori tronfi e imbottiti di sé come tacchini…se non fosse che ho fatto il vaccino, a quest’ora sarei spacciato” commentò il giovane avvicinandosi un po’.
Cardinale si allontanò immediatamente, di riflesso, mentre il panico galoppava libero nei verdi pascoli del suo implacabile imbarazzo. Morales e Patterson si avvicinarono a loro, sorridendo serenamente e costringendo Cardinale ad arretrare di un altro passo. L’acqua le lambiva appena le spalle.
“Andiamo Cardinale…siamo colleghi…mica avrai paura di noi, eh?” mormorò Morales con un sinistro sorrisetto storto “Vieni qui che ti facciamo un massaggino alla schiena”
Altro passo indietro.
“Paura di voi? Avrei più paura di un branco di formiche. E comunque siete Runners, anche se nudi come macachi, e dovere portarmi il giusto rispetto visto che sono di grado più alto del vostro”
Passo indietro: l’acqua le arrivava ai gomiti. Lo sguardo di Garrie puntato addosso le faceva l’effetto di una radiazione radioattiva.
“Se proprio dobbiamo trattarci come sottoposti e superiori, sono costretto ad informarvi che il vostro reggiseno bianco nell’acqua diventa quasi trasparente, tenente Cardinale” mormorò Garrie con una voce velata e Cardinale ne ebbe abbastanza: girò le spalle ai tre e marciò risoluta fuori dall’acqua sentendo i loro sguardi piazzati sulle sue mutande come chiodi arroventati. Senza pensarci troppo su, afferrò uno scarpone di Patterson abbandonato sulla riva e lo tirò con forza verso di loro, centrando un Garrie piuttosto distratto sulla fronte.
“Siete tutti dei maledetti pervertiti!” strillò Cardinale dando libero sfogo alla sua rabbia.
“Dai, tenente Cardinale, facci rapporto!” la canzonò Patterson mentre la ragazza, arraffati su i suoi vestiti, scappava via veloce come una lepre.
Morales rideva, deliziato, mentre Garrie rimaneva a guardarla allontanarsi con una comica espressione rapita sulla faccia.
“Hei, O’Brian! Ti si è inceppato il neurone?” lo apostrofò Patterson, notandolo.
Garrie finalmente si riscosse e fece un largo sorriso da fanciullo, estasiato.
“Mi ha tirato uno scarpone” disse come se parlasse di un miracolo piovuto dal cielo “E mi ha centrato. Che donna!”
  
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