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Autore: MockingbirdBlack    07/09/2011    1 recensioni
Draco Malfoy questa volta ha commesso un reato grave, condannato ad abitare tra i babbani per un anno intero a New York..dove lo aspetta una misteriosa persona che gli sconvolgerà la vita.
Questa è una Dramione, avente una trama complicata. Piena di passione e sentimento e ovviamente magia. Spero che vi piaccia.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Non si era accorto, però, che la ragazza con cui si era scontrato lo aveva fulminato con lo sguardo urlandogli contro: - E stai un po’ più attento! –
Fortunatamente la ragazza non si era rovesciata il  caffè che teneva in mano addosso, ma avrebbe rischiato  di cadere per terra se non fosse stato per una cortese signora, sulla sessantina ma molto attiva, che le aveva afferrato le spalle sorreggendola.
- Grazie mille. – disse la ragazza sorridendo.
- Di niente ragazza. – replicò la signora ricambiando il sorriso.
Il nome della ragazza era Hermione Granger. Aveva dei voti alti a scuola, difatti era molto intelligente e studiosa; possedeva una grande bellezza ed era molto popolare, cosa che, però, a lei non interessava particolarmente. Possedeva una forte passione per la lettura, soprattutto lettrice di romanzi e poesie. La sua famiglia era ricca e conosciuta, abitava a Manahttan, quartiere dove, com’era noto, risiedeva l’alta società di New York. Era una ragazza ambiziosa, sopratutto; aveva intenzione di andare al college, ovviamente uno dei più prestigiosi e celebri della nazione. Voleva sempre privaleggiare tra gli altri studenti. Con il tempo però, dopo avere ricevuto critiche malvagie per colpa della gelosia degli altri ragazzi, si era abituata a cercare di non vantarsi dei propri voti e intelligenza, restando allo stesso tempo molto brillante. Il signore e la signora Granger erano molto fieri della figlia, l’unica che avevano, e seppur indaffarati nel loro lavoro non si negavano del tempo da dedicarle.
Quella mattina Hermione stava andando a scuola, con in mano un caffè preso di fretta. Indossava la divisa dell’istituto, comprendente gonna a quadri svizzeri, camicia, una cravatta sottile e un gilet avente lo stemma della scuola ricamato su di esso; la giacca autunnale le arrivava appena sopra l’orlo della gonna e portava una borsa a tracolla che sobbalzava ad ogni passo. Alle orecchie aveva gli auricolari dell’i-pod, ascoltava, infatti, un brano dei Coldplays sentendo a malapena i rumori del traffico mattutino della Grande Mela. Solitamente andava a scuola in taxi o si faceva accompagnare con la limousine dall’autista della famiglia Granger, quel giorno  invece si era svegliata con la voglia di camminare. Mentre si dirigeva verso scuola si era scontrata con quel ragazzo biondo, ma la leggera arrabbiatura le era passata grazie alla gentilezza della signora. Così, dopo una sana passeggiata, arrivò davanti alla Constance High School. Finì il caffè ed entrò nell’edificio. Si diresse subito verso gli armadietti dove incontrò Courtney.
Courtney era la sua migliore amica da quando erano piccole. Le loro due famiglie erano legate da una forte amicizia resistente ormai da parecchi anni ed anche le figlie avevano stretto lo stesso legame, probabilmente ancora più forte, essendosi conosciute fin da piccole. Anche Courtney proveniva da una famiglia ricca, era brillante seppur non quanto l’amica; possedeva una graziosa, ma non particolare bellezza. Erano le ragazze più guardate nell’istituto, ma a loro non interessava particolarmente quel tipo di ammirazione, mentre preferivano una stima di tipo intellettuale, anche se, è doveroso dirlo, Courtney tendeva alla vanità più di Hermione.
- Hey Court! – Hermione aprì il suo armadietto prendendo in mano dei libri.
- Ciao Herm! – anche lei prese i libri scolastici – Come stai? –
- Tutto bene! Tu? – sorrise mostrando un candido sorriso. – Allora, come ti è sembrata la festa ieri sera? Io speravo in qualcosa  di meglio, insomma era pieno di ochette che hanno passato gran parte del loro tempo a spettegolare sugli invitati. – La ragazza alzò gli occhi al cielo.
- Bene anche io, grazie. – Chiuse l’armadietto, con i libri in mano. – Infatti, - sospirò, - mi aspettavo di meglio da Alice. –
Lo squillare della campanella risuonò in tutti i corridoi. Le ragazze continuarono a parlare della festa organizzata da una ragazza, Alice, appartenente ad una famiglia ricca, ma che pensava sempre e solo alla popolarità e all’apparenza. Entrarono nella classe per metà assolata e si sedettero ai loro posti.
 
Nel medesimo edificio un ragazzo biondo era entrato nella segreteria scolastica, facendosi dare gli orari delle lezioni ed altre scartoffie riguardanti la recente iscrizione. Poco prima che le ragazze entrassero, il giovane mago aveva attraversato silenziosamente la porta dell’aula sedendosi all’ultimo banco, destando alcun minimo sguardo.
Nessuno studente, infatti, si era accoro del ragazzo biondo in fondo all’aula, finché il professore di algebra, il signor Hale, un uomo sulla sessantina di media altezza e con tanto di baffi, pronunciò il nome del ragazzo presentandolo alla classe come nuovo studente.
- Draco Malfoy. - La maggior parte dei volti si girarono curiosi verso il fondo dell’aula, tra i quali anche quello di una ragazza castana, la quale alzò lentamente lo sguardo dai libri appena posati sul banco. – Signor Malfoy, potrebbe essere tanto gentile da alzarsi e presentarsi alla classe qui, davanti alla cattedra? – Ormai tutti gli sguardi erano rivolti verso il ragazzo biondo.
Draco si alzò, infastidito da tutte quelle futili cerimonie. Lo sguardo rimaneva impassibile, serio, quasi malinconico. Lentamente, a grandi passi, arrivò davanti la lavagna, di fianco la cattedra. Anche non  mantenendo dritto il busto sforzando i muscoli, le sue spalle erano perfettamente dritte e larghe e possedeva una permanente e corretta postura, evidenziando la sua anatomia.
- Sono Draco Malfoy. Da oggi faccio parte di questa scuola, spero di non trovare difficoltà. – pronunciò queste parole con particolare disinteresse. Non gli venne in mente nessuna presentazione migliore. Con noncuranza tornò al suo posto, rimanendo in silenzio per tutta la lezione.
Hermione, però, non appena si girò verso il ragazzo lo riconobbe subito: era il ragazzo che le era andato addosso quella mattina stessa. Strano, dimostrava più anni di quanti ne avesse. Si voltò non appena il ragazzo si fu riseduto al suo posto, chinandosi sui libri, intercettando un raggio di sole mattutino.
Le prime due ore di algebra scorsero in modo incredibilmente lento, quasi come densa melassa versata. Draco rinunciò ad ascoltare dopo i primi dieci minuti: equazioni? fattore numerico? costante? Non aveva la più pallida idea di cosa stesse dicendo quel Babbano, le parole che uscivano dalla sua bocca dopo un po’ diventarono un leggero ronzio, mentre il ragazzo ripeteva mentalmente gli incantesimi appresi ad Hogwarts, dato che aveva la costante paura di dimenticarli.
La campanella squillò vivace, Draco alzò e attraversò la classe con agilità passando tra i ragazzi. Dispiegò il foglio con l’orario delle lezioni che aveva distrattamente messo nella tasca dei pantaloni e lesse il luogo della lezione seguente.
 
               3a ora - Letteratura inglese, locale 81.
 
Si diresse verso l’aula, attirò molti sguardi incuriositi, poichè era un volto nuovo alla Constance.
Trascorse le tre ore seguenti come le prime due: ripetendo incantesimi, fatture e maledizioni. Alla fine della terza ora, il diciassettenne uscì dall’aula. Camminava per i corridoi con passo leggero e sicuro. La differenza tra Hogwarts e la Constance era palese: nessun corridoio buio illuminato dalla luce fioca di qualche lanterna, inutili armadietti di metallo posizionati lungo le pareti, nessun quadro dove i soggetti si muovevano, troppi poster di un colore esageratamente acceso, nessuna scala mobile, niente Gazza, niente Miss Purr, nessun fantasma che vagava per la scuola, nessun ragazzino del quinto anno impacciato e nervoso che tenta, all’ultimo secondo, prima di entrare in classe, di rieseguire l’incantesimo assegnato, nessun’esplosione, niente Potter da prendere in giro. Niente. Niente di tutto questo. Solo babbani. Stupidi babbani.
 
Una ragazza, licenziando il professor McGinty dicendo di essere terribilmente in ritardo, avendo notanto una testa bionda aggirarsi per i corridoi, seguì il ragazzo.
Gli fu talmente vicina da poterlo sfiorare solo allungando la mano. Lo superò velocemente e si fermò, improvvisamente, davanti ad un Draco Malfoy sorpreso e stranito.
- Cosa vuoi babb..cioè, cosa vuoi? – Il ragazzo era sbalordito: una babbana l’aveva bloccato mentre camminava. La sua espressione era impassibile, ma dentro era innervosito da quel gesto repentino.
- Come mi hai chiamata? – disse Hermione, - Lasciamo stare, - si sistemò una ciocca di capelli. - Stamattina, tu, mi sei venuto addosso mentre camminavamo. Nemmeno hai domandato scusa, che modi! – esclamò la ragazza.
- Scusa? – disse il biondo, sghignazzando dentro di sé: che situazione assurda.
La ragazza sbuffò, ma decise di lasciar perdere.
- Meglio tardi che mai, eh. – Lo guardò e continuò a camminare. – Sei quello nuovo, vero? –
- A quanto pare. – Annuì il ragazzo.
- Ti sei trasferito da dove? – Gli domandò, curiosa, ma senza darlo a vedere.
- Da Londra. – Draco era assolutamente disinteressato alla conversazione, mentalmente continuava a ripetere gli ingredienti del Distillato della Morte Vivente. “Primo ingrediente: fagioli soporiferi tagliati.”
- Davvero? E’ parecchio lontana Londra da qui! Perché ti sei dovuto trasferire a New York? – Continuavano a camminare per i corridoi verso l’esterno, era ora di uscire.
- Per motivi famigliari. – “Secondo ingrediente: asfodelo.”
- Sei un tipo davvero socievole, lo sai? – La ragazza insisteva a parlare con lui, non riusciva a spiegarsi il perché, ma sentiva uno strano magnetismo che la avvicinava a lui, ma non si trattava di un’attrazione sentimentale. Era un calore che sentiva provenire dal petto, la spingeva verso di lui. E sebbene lei non volesse parlare con il ragazzo, che trovava estremamente sgarbato, noioso e fastidioso, sentiva di dover continuare a parlare.
- Si, lo so. Ritengo di essere molto socievole. – “Terzo ingrediente: artemisia.”
- Ed anche molto modesto. – Hermione alzò gli occhi al cielo.
- Già. – “Al termine del mescolamento esatto degli ingredienti la pozione dovrà risultare di colore rosa pallido.”
- Anche troppo, siamo nello stesso corso di algebra e credo di averti visto anche a.. –
- Biologia e letteratura, sì. – “Questo tipo di pozione è molto forte, il risultato che si deve ottenere è che faccia perdere i sensi a chiunque la beva.”
- Esatto. –
Uscirono all’aperto. Hermione guardò il ragazzo, voleva capire più a fondo che cosa le era capitato. Riflettè per dieci minuti, finchè l’idea non le balenò in mente.
- Stasera c’è una festa, a casa di Jensen. Ti andrebbe di passarci? – La ragazza lo guardò negli occhi.
-  Perché dovrei venire? – disse indifferente Draco.
- Così, per stringere nuove amicizie. Sei appena arrivato. – Si guardarono a lungo negli occhi, ghiaccio e nocciola, finchè il ragazzo fece un impercettibile cenno con la testa.
- Va bene, ci sarò. – Era un idea assurda, un party? Non avrebbe mai pensato che sarebbe mai andato ad un party babbano, figurò nella sua mente queste due parole con parecchio disgusto. – Adesso devo andare, mi aspettano a casa. – Mentì.
- Certo, devo andare anche io. – Sorrise, incerta, la castana. – Allora ci vediamo stasera, a dopo! – Hermione si allontanò raggiungendo Courtney.
Draco mentì, perché voleva andare a casa, chiudersi nella sua stanza, leggere libri di Storia della Magia, che sinceramente non gli erano mai stati di particolare interesse, ma aveva la necessità di farlo: la necessità di provare che tutto quello che aveva trascorso non era un sogno, che era la realtà, la amata e ormai lontana realtà che aveva abbandonato a Londra.
Oltrepassando i cancelli della scuola si sentì sollevato, ma allo stesso tempo intrappolato in una vita che non era sua.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

  
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