Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: controcorrente    09/09/2011    4 recensioni
Questo fu il mio primo vero incontro con coloro che avevano provocato la miseria in cui vivevo, malgrado i miei sforzi. Avevano portato via quel poco che avevo con un semplice battito di ciglia.
I nobili mi avevano fatto conoscere la loro indifferenza verso chi lottava ogni giorno per un tozzo di pane, considerando la loro vita come un qualcosa di accidentale e privo di ogni importanza. E fu proprio in quel momento che conobbi la luce e le tenebre di quel mondo fatto di agi e benessere.
Questa fic è dedicata a Rosalie e alla contessa di Polignac. Buona lettura.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rosalie Lamorlière
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Salve a tutti cari lettori e benvenuti ad un nuovo capitolo della storia. Ecco spero di fare un buon lavoro con questa fic, dove mi destreggio con la prima persona. Una scelta che io faccio molto raramente ma finché me la sento, sarà così.

 

CAPITOLO 1 IL BRACCIALE DI CLAUDE

 

Ripensare a quei momenti, pure ora, a distanza di tempo, mi procura una strana sensazione. Un po’come quella che potrebbe avere un viandante nel momento in cui si volta indietro e guarda con stupore la strada percorsa, non sapendo se considerarla troppa o poca: un’incredulità priva di qualsiasi sentimento, impregnata in ogni sua fibra di pura e semplice sorpresa. Un pensiero neanche troppo insolito per me.

All’epoca ero, a conti fatti, solo una misera popolana.

Mia madre, mia sorella ed io vivevamo come stiratrici, una delle mansioni meno pagate e più faticose. L’unica, forse, che delle donne potessero svolgere, senza che vi fosse alcun impedimento. Ogni giorno, Nicole si alzava alle prime luci dell’alba per iniziare il giro delle case, da cui prendeva le camicie e gli abiti che dovevano essere stirati. Spesso si recava nella casa della signora Millet, una nostra vicina, piuttosto rispettata tra le lavandaie. Era lei a mettere una buona parola per Nicole, che riceveva così i vestiti da stirare.

Lavorava molto duramente e quando Jeanne ed io diventammo abbastanza grandi, iniziammo a darle una mano.

Nostra madre, per i primi tempi, ci dava le mansioni meno impegnative, riservandosi il resto. Una prassi, che anticipava il momento in cui avremmo svolto qualsiasi parte del lavoro.

Era inevitabile per noi, che non potevamo permetterci di rischiare di perdere quella che era la nostra unica fonte di guadagno. Immagino che questo sviluppo dei fatti non la rendesse molto felice: spesso ci guardava con rammarico, stando attenta a non farsi scoprire.

- Figlie mie- mormorava con un sorriso soddisfatto, orgoglioso e triste- quanto vorrei non vedervi costrette a fare dei mestieri così pesanti. Se solo vostro padre fosse vivo, forse le cose andrebbero meglio.-

Jeanne, allora, sentendo parlare del genitore, di cui aveva pochissimi ricordi, si metteva improvvisamente ritta sulla schiena, come se fosse stata colpita da un manico di scopa. –Ah mamma!-esclamava con una scintilla in quegli occhi scuri che la rendeva ancora più bella di quello che era –raccontaci della storia di come hai conosciuto nostro padre!-

A quelle parole, non potevo fare a meno di sorridere.

Mia sorella maggiore aveva una particolare venerazione per nostro padre. Ogni volta che sentiva da nostra madre anche un solo accenno, cominciava a tempestare la nostra genitrice di raccontarle la storia di come si erano innamorati, anche quando ormai era chiaro che l’aveva imparata a memoria, al punto da sapere a mente ogni battuta.

Nicole le lanciava allora uno sguardo esasperato poi, con la sua solita pazienza, iniziava a raccontarle la storia. Spesso accadeva poco prima di andare a riposare.

Me la ricordo anche adesso.

La storia di una cameriera che si innamora, ricambiata, di un uomo nobile, discendente dei Valois.

Del loro corteggiamento nascosto, conclusosi con delle nozze altrettanto segrete.

Della scoperta del matrimonio da parte del loro nonno, con la conseguente cacciata della mamma ed il suo allontanamento da nostro padre.

Della ricerca da parte di Nicole di un lavoro e di come era riuscita a trovare un piccolo impiego presso la casa di alcuni esponenti della piccola nobiltà.

Di come si era scoperta incinta.

Di come era nata Jeanne.

Di come poi si fosse ricongiunta a suo marito, che aveva lasciato la propria famiglia per stare con lei.

Di come ero nata io e di come mia madre, per seguire la nostra crescita, aveva deciso di lasciare il suo impiego.

Di come mio padre era morto, a causa di una lunga malattia.

Ricordo distintamente ogni singola fase di quella vicenda eppure, rispetto ad allora, quando ero una bambina ingenua e sinceramente legata a mia madre, non riesco a non domandarmi come potessi non aver visto la stonatura di fondo di tutta quella storia,trobbo bella per essere vera, ma forse non dovrei stupirmene.

Non avevo ancora sentito sulla mia pelle, le menzogne ed il male che si trova in ogni individuo.

Non sapevo quanto potesse essere dura e meschina la vita.

Nostra madre era lì con noi, forte e tenace, pronta a rivolgerci il suo sorriso benevolo in ogni occasione. Era il nostro punto di riferimento.

La nostra ancora di salvezza, in quell’esistenza grama e felice. Nicole, malgrado il lavoro, ci dedicava ogni attenzione possibile, non perdendo occasione di raccontarci qualche storia ma la nascita dell’amore di Nicole e mio padre era forse quella preferita da me e Jeanne.

Per quanto mi riguardava, era l’unico modo che avevo per immaginare il mio genitore, morto poco dopo la mia nascita.

Per Jeanne, che aveva invece qualche ricordo del padre, quella storia aveva un valore molto diverso. Ogni volta che sentiva la storia della nostra famiglia, i suoi occhi sembravano ricoprirsi di fiamma, come se le parole del racconto avessero acceso nel suo animo acerbo qualcosa che io e la mamma non vedevamo. Spesso la sentivo, poco dopo la fine del racconto, quando nostra madre si era ormai addormentata, uscire piano dalla casupola doveva abitavamo e sedersi sui gradini della scala che collegava la nostra abitazione al livello della strada.

Era un punto particolare.

Di notte, infatti, quelle scale, si tingevano della luce dei raggi della luna, facendo sembrare quella pietra semplice come se fosse ricoperta da un tappeto fantastico. Era una sua abitudine, che aveva da che avessi memoria. Rimaneva spesso, per intere notti a vedere quel cielo stellato con il naso all’in su e gli occhi fissi ai bagliori che splendevano nel buio.

Non mi avvicinavo mai a mia sorella in quei momenti.

Non era giusto nei suoi confronti.

Jeanne, per quanti difetti avesse, era una persona piuttosto riservata, che amava tenere celati i suoi pensieri più nascosti.

Un’ abitudine che avrebbe mantenuto per tutta la vita.

Solo una volta, mi avvicinai a lei.

Non ci eravamo ancora giunte sulla soglia dell’adolescenza ma qualcosa, nell’aria, si stava muovendo. Fu mia sorella a sentirlo per prima, iniziando a cercare, con maggiore impegno rispetto al passato, i suoi spazi solitari. Il suo fisico stava lentamente perdendo le forme fanciullesche, trasformandosi in quelle acerbe di una donna. Spesso io e la mamma la vedevamo mirarsi allo specchio, atteggiando il viso in smorfie di vario genere, che la rendevano piuttosto buffa, e non potevamo fare a meno di sorridere divertite.

-Tua sorella Jeanne, cara Rosalie- disse una volta Nicole, vedendo sua figlia osservare il proprio aspetto –è una brava ragazza ma è troppo bella per poter amare una vita semplice-

La contemplazione della sua immagine, spesso e volentieri, diventava la sola ed unica occupazione di mia sorella. Più volte mia madre l’aveva rimproverata ma lei non la ascoltava, trascurando i suoi doveri per perdersi nei suoi pensieri. Era sempre così ma serviva a poco perché Jeanne era molto testarda.

Una volta, il loro litigio fu particolarmente violento.

Mia sorella aveva iniziato a raccontare dell’interesse che Claude, il figlio del calzolaio, un uomo di circa vent’anni, stava iniziando a nutrire per lei. All’epoca aveva 11 anni ma aveva il fisico di una donna, ed un animo gonfio di pensieri che scalpitavano per essere lasciati liberi. Un giorno, mentre eravamo di ritorno dal fare compere, quell’uomo aveva iniziato a riempirla di complimenti, donandole alla fine alcuni bottoni colorati.

Un gesto che aveva sorpreso mia sorella, che da quel momento non aveva fatto altro che guardare quell’uomo di nascosto e non riuscivo a capire il motivo del suo interesse. Claude era un perdigiorno che trascorreva il suo tempo dietro alle ragazze dell’osteria. Lo sapevano tutti ma l’infatuazione di mia sorella andava ben oltre questo.

E nessuno riusciva a contenere la sua euforia.

Jeanne si era allora montata la testa e da quel momento non faceva altro che blaterare di come fosse bello e benestante. Lo ripeteva in continuazione, come quella sera. La sua chiacchiera si perdeva da circa un’ora, mentre io e la mamma ce ne stavamo mute a mangiare silenziosamente la nostra zuppa di patate.

Alla fine, la pazienza di Nicole arrivò alla fine.

-Adesso basta Jeanne!- disse, posando il cucchiaio nel piatto –Smettila di comportarti in modo così superficiale e pensa a fare le commissioni che ti chiedo, invece di lasciarle quasi tutte a Rosalie.-

Jeanne allora arricciava il naso, aggrottando la fronte.

-Ma mamma!- esclamò, mostrandole il braccialetto di perle di vetro, uno dei regali che Claude le aveva donato- Claude mi ha detto che è un regalo…per me! Io!..Un giorno, diventerò una persona importante e avrò decine di uomini ai miei piedi! Sarò ricca e potrò indossare dei vestiti alla moda, come ogni nobile!-

Posai piano piano il cucchiaio nella ciotola, fissando mia sorella.

Sembrava incredibilmente convinta di quello che diceva. I suoi occhi all’epoca non erano molto bravi a dire bugie.

-E tu credi che questo Claude ti darebbe ciò che vuoi?- fece nostra madre, fissandola severa –Tu sei ancora una bambina e lui è un uomo! Invece di perdere tempo in simili fantasticherie, dovresti darci una mano. Sai bene che non siamo benestanti e dovresti iniziare ad impegnarti seriamente, se vuoi incontrare, un giorno, un uomo onesto. Sei ancora piccola ma devi iniziare a guadagnarti una dote, perché non siamo abbastanza ricche da averne una, come la nobiltà.-

Era un discorso che ormai pronunciava da diversi mesi, da quando mia sorella aveva compiuto undici anni. Io avevo due anni meno di lei ed ero ancora una bambina in confronto eppure non ero estranea a quel genere di discorsi. Jeanne però iniziò a fare i capricci e la lite finì con il degenerare. Mia madre, stanca di sentire le sue fantasie, le diede uno schiaffo, nella speranza che iniziasse a ragionare, ma tutto ciò che ottenne fu un pianto carico di rabbia e risentimento. Mia sorella fissò intensamente la mamma, con uno sguardo indecifrabile, poi riprese a mangiare.

Non disse più una parola e quel silenzio mi preoccupò.

Ogni volta che le cose non andavano come desiderava, Jeanne tendeva a chiudersi in sé stessa, in attesa di trovare una soluzione ai propri problemi. Faceva sempre così ma quella volta fui presa dal timore che lei e la mamma potessero guastare i loro rapporti.

Una paura che non mi lasciava mai, rafforzata dalla consapevolezza che mia sorella era insofferente a quel genere di vita.

Quella notte infatti non dormii bene, presa dal ricordo di quel litigio. Era più forte di me. Ogni volta che stavo per cedere al sonno, il ricordo di quella lite mi costringeva ad aprire gli occhi improvvisamente.

Alla fine, turbata, mi voltai verso il lato del letto che condividevo con mia sorella, trovando il materasso vuoto e freddo. –Jeanne?-chiamai a bassa voce, guardandomi attorno, ma ottenni solo il silenzio ed il respiro lento e profondo della mamma, che dormiva nel giaciglio posto nei pressi del camino.  Lentamente, evitando di fare rumore, con lo scricchiolio delle foglie del materasso, mi alzai dal letto, avvicinandomi piano piano alla porta.

La luce delle lampade non raggiungeva la mia casa ed avevo ormai imparato a muovermi con una certa destrezza tra i pochi mobili che occupavano il mio misero alloggio. Raggiunsi finalmente la porta, oltre la quale si trovava il luogo dove solitamente Jeanne si rifugiava.

Aprii lentamente l’uscio, quel tanto che bastava per permettermi di vedere.

Era seduta sui gradini che portavano sulla strada, intenta a fissare la luna che quella sera pareva più grande del solito. I suoi capelli scuri rilucevano sotto i raggi della regina della notte, dandole un’aria quasi misteriosa.

-Jeanne?-mormorai, avvicinandomi piano piano.

-Perché la mamma si arrabbia tanto? Io non lo capisco.-disse improvvisamente mia sorella, con il naso all’in su e gli occhi al cielo.

-La mamma è stata dura ma lo ha fatto per il tuo bene- feci, sedendomi accanto a lei.

Non rispose, poi tirò fuori il braccialetto che Claude le aveva regalato.

-E’preoccupata che tu possa soffrire. Lo dice spesso.-aggiunsi, sperando di farla uscire dal suo mutismo.

-Come se non soffrissi abbastanza- borbottò mia sorella-come se la miseria in cui viviamo mi renda felice-

A quelle parole, sussultai leggermente. Non aveva tutti i torti. Le altre bambine, per quanto povere, avevano spesso dei vestiti meglio dei nostri, ricavati dagli stracci e dagli avanzi di tessuto che la mamma riusciva a trovare. Jeanne aveva sempre guardato con invidia le cose che possedevano, spesso riservando a quelle persone fortunate occhi ostili e malevoli. Era fatta così ma non era colpa sua.

La miseria inaridisce gli animi e su mia sorella aveva fatto davvero un buon lavoro.

-Rosalie-disse, facendo un sospiro –io non sono come te e la mamma. Io non posso accettare di vivere in queste condizioni, sapendo che non è il posto che mi spetta. Io voglio avere una casa più luminosa e meno umida, senza quella muffa che ricopre il soffitto, e vivere bene senza dovermi spaccare la schiena come fa nostra madre, per essere poi pagata pochissimo. Io voglio una vita diversa da questa.-

-E pensi che fare arrabbiare la mamma ti possa dare quello che vuoi?- domandai allora.

Jeanne scosse la testa, sorridendo amara.

-Io non voglio che lei si arrabbi ma dimmi sorella-fece allora, guardando indifferente le palline di vetro –è davvero giusto secondo te vivere senza sogni e speranze? La mamma, da quando papà è morto, si limita a stirare, stirare e stirare per avere una moneta con cui comprarci qualcosa, ma alla fine che cosa abbiamo? Nulla, solo una casa pulciosa e nemmeno un soldo da parte. Ed io sono stanca di stare in un postaccio simile, senza la possibilità di vivere i miei sogni.- disse rabbiosa.

La guardai con ammirazione.

Ero ancora una bambina e quei pensieri mi apparivano come qualcosa di meraviglioso. Jeanne era poco più grande di me, eppure era in grado di fare cose simili. Era il mio idolo, l’unica che mi difendeva a spada tratta, quando gli altri ragazzini mi prendevano in giro. Avrei tanto voluto che avesse la sua occasione, che mettesse in pratica le qualità che aveva, ma la miseria ci tarpava le ali, senza possibilità di appello.

-Comunque Claude è noioso ed io sono stanca di ricevere briciole. Credo che da domani inizierò ad ignorarlo.-disse attorcigliando distrattamente un ricciolo scuro attorno ad un dito.

-Ho sentito che alla fine del mese, si sposerà con la figlia di un merciaio. Lo diceva la moglie del fornaio stamattina.- dissi, fissando il cielo e chiedendomi per quale motivo mia sorella si ostinasse a passare la notte su quelle scale.

La mano di Jeanne si irrigidì per alcuni istanti.

Sussultai a quel gesto.

Era molto probabilmente rimasta scossa dalla notizia ma, come sempre, nascose bene il suo stato d’animo. Solo io e la mamma riuscivamo a volte a leggere i sentimenti che riusciva a celare dietro ai suoi silenzi e alle sue azioni. Spesso, però, era qualcosa d’impossibile anche per noi.

-Meglio così- disse con voce incolore, senza aggiungere altro.

-Buonanotte Jeanne- mormorai.

-Buonanotte Rosalie- disse prima di richiamarmi con un–Ah, Rosalie!-più basso e sussurrato.

Mi voltai, aspettando che cosa avesse da dire e non potendo fare a meno di rimanere sorpresa.

Il viso di mia sorella, così adulto pochi secondi prima, era tornato ad essere quello di una bambina. –Perché la mamma continua a raccontarci la storia del suo matrimonio con nostro padre, quando poi non vuole che gioisca delle attenzione di una persona più ricca di noi?-domandò.

-Perché ci vuole bene.- risposi, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, prima di tornare a dormire, con il cuore più leggero.

 

Alcune settimane dopo, Claude si sposò con una certa Marie, più ricca, più grande e meno bella di mia sorella. La sera successiva al lieto evento, lo sposo novello riprese a frequentare la bettola poco lontano dalla sua casa.

Se so queste cose, è perché mia sorella ed io lo abbiamo visto in entrambe le occasioni, sia come responsabile marito, sia come il perdigiorno che bazzicava nelle locande a sperperare soldi nel gioco e nelle donne.

Jeanne non disse mai nulla in proposito.

Non pianse.

Non si lamentò.

Nulla.

Il giorno dopo riprese a dare una mano alla mamma ed a me, con maggiore impegno del solito, evitando di perdere tempo come aveva fatto da quando si era infatuata di Claude. Nicole ed io non commentammo questo suo improvviso impegno. Jeanne era fatta così e non conveniva a nessuno criticarla, quando era così volenterosa: il suo carattere era così imprevedibile a volte da lasciare sorprese perfino noi. Solo una cosa sembrò lasciar trapelare il disappunto di mia sorella per la fine della sua cotta.

Accadde poco tempo dopo, quando passeggiavamo lungo il ponte, di ritorno dalla spesa presso il mercato.

Jeanne improvvisamente si fermò lungo il bordo, infilò la mano in tasca, per poi lanciare qualcosa dentro le nere acque della Senna. Nel fare questo, un raggio di sole colpì quegli oggetti, creando una scintilla di colori che non avevo mai visto.

Fu quel particolare a farmi venire in mente che cosa fossero.

Era il braccialetto che Claude le aveva regalato, facendole mille complimenti.

Il dono di cui andava tanto fiera.

Quelle pagliuzze di luce ora si trovavano in fondo al fiume, nel suo fondo limaccioso e sporco. Mia sorella rimase a guardarle cadere, fino a quando non sparirono, inghiottite dall’acqua. Si fece il segno della croce poi, senza guardarmi, riprese con me la strada verso casa. Fu così che ebbe fine il primo amore, non ricambiato, di mia sorella Jeanne.

 

Allora, questa è un piccolo salto nell’infanzia di Rosalie. Come potete vedere Jeanne non si smentisce mai. Allora, uno dei momenti che parlerò in questa storia sarà l’incontro con la contessa di Polignac, ma non sarà l’unico. La trama non è ancora definita ma spero che vi piaccia come idea. Quanto alla fic su Madame ed il Generale sto lavorando alla seconda parte del capitolo. Nel frattempo vi ringrazio per avermi letto.

cicina

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: controcorrente