Capitolo II
«A
quanto vedo...gli omicidi più misteriosi si concentrano nella
zona del Tennessee» disse
Damon, leggendo le notizie che apparivano sullo schermo del Pc.
«In
effetti è così...» Elena
si alzò dalla sedia. «Ed è per questo che ho
intenzione di recarmi lì. Manca più di una settimana
all'inizio delle lezioni...» continuò,
mentre camminava nervosamente per fare mente locale sul da
farsi.
«Non se ne parla. Tu non vai proprio da nessuna
parte!» Damon
bloccò quasi sul nascere le sue agitate confabulazioni.
Elena
si arrestò, per poi dirigersi con determinazione verso di
lui.
«È di
Stefan che stiamo parlando! Non posso continuare a vagliare
informazioni su internet, come se stessi preparando una
tesina!...Devo fare qualcosa...» gli
replicò, con tono alterato, per poi continuare con più
calma: la calma di chi ha un nodo alla gola.
«Devo trovarlo,
Damon» le
si inumidirono gli occhi; era stanca di sentirsi impotente.
La
schiena di Damon si mosse impercettibilmente all'indietro, come se
fossero state le parole di Elena a spostarlo. La guardò fisso
negli occhi e fece una mezza smorfia con la bocca. Anche se si
trattava di suo fratello, quegli occhi velati di lacrime erano un
boccone spietatamente amaro.
«Lo capisco, Elena. Ma
devi restare al sicuro. Klaus è convinto che tu sia morta ed è
preferibile che resti di questa convinzione! Non ci servono altre
preoccupazioni! Sarò io ad andare...da solo!»
disse
con tono autoritario, scandendo con decisione soprattutto le ultime
due parole. Elena lo fissò per qualche istante, per poi
iniziare a scuotere la testa in segno di negazione.
«No,
non posso...non riesco più a starmene qui ad aspettare!»
mormorò, portando
lo sguardo di lato, per poi perderlo nel vuoto. «Ho bisogno di
sapere che sta bene.» Una lacrima le rigò il volto, nonostante il disperato tentativo di mostrarsi forte.
Damon
cancellò quel segno di tristezza dal suo viso col pollice: un gesto che includeva una latente e sofferta carezza.
«Lo troverò...è
una promessa» le
disse con tono confortante, ma interrompendo quel contatto con una sorta di freddezza. «Ora va a riposare.»
Dopo
qualche secondo di esitazione e smarrimento, Elena fece un cenno col
capo. Quella mano leggera sul suo volto aveva avuto l'effetto di
mille dolci parole e, mentre osservava Damon lasciare la sua stanza,
per un attimo, desiderò intensamente che restasse, ma quel
pensiero fu subito annientato.
*** ***
Mentre
guidava verso casa, Damon si chiedeva se quel bacio non avesse acceso
in lui delle vane e inconsapevoli speranze.
Fino a quel momento,
aveva completamente rinunciato all'idea di poter stare con Elena.
Quando le aveva dichiarato il suo amore per la prima volta, le parole
che aveva pronunciato avevano rispecchiato i suoi più sinceri
pensieri: lui non la meritava. Era Stefan il fratello buono: quello
che lottava attivamente contro il suo lato malvagio. Era lui a
meritare un angelo come Elena al suo fianco. Damon si era rassegnato
al suo ruolo di difensore, che comunque comportava una notevole
frenata ai sui istinti. Anche stare semplicemente al suo fianco per
proteggerla, per Damon, significava meritare quel posto. Tutto per
lui era più difficile, perché proprio non riusciva ad
accendere in sé quella parte di coscienza che dà valore alla
vita umana. Per Damon, solo la vita di Elena era realmente
importante; tutti gli altri erano solo pezzi di carne dal collo
fragile, che valevano quanto fili d'erba calpestati
incurantemente.
Damon sapeva cosa lo rendeva tanto diverso dal
fratello — in fondo, anche Stefan era stato un vampiro
criticabile quanto lui. Eppure, il minore aveva trovato in sé
la forza per combattere e controllare la sua natura
—
questo, almeno, fino all'arrivo di Klaus. A
Damon, quella forza mancava: lui non ci aveva mai neanche provato.
Damon aveva amato con tutto sé stesso una donna che non lo
aveva scelto. Per 145 anni aveva detestato Stefan per il semplice
fatto che Katherine avesse trasformato anche lui, per poi scoprire
che era addirittura lui quello che lei amava tra i due. Certe ferite
sono difficili o quasi impossibili da curare. Aprirsi all'umanità,
per un vampiro, vuol dire lasciare libero accesso ad ogni dolore,
misurarsi continuamente con le proprie emozioni e convivere con i
propri tormenti.
Stefan doveva confrontarsi con il rimorso per le
vite che aveva spezzato. Damon doveva fare i conti con un
amore mai ricambiato.
E il destino, anche questa volta, ad un
secolo e mezzo di distanza, non era stato dalla sua parte: ancora una
donna...ancora secondo.
Come accettare il proprio lato umano con
questi presupposti?
Le vittime collezionate con gli anni non
sarebbero state un problema per la sua coscienza; la sua natura di
vampiro sarebbe stata per lui una più che valida
giustificazione a ciò che riteneva un semplice allargamento
della catena alimentare.
Ma quale scusante aveva per non essere
mai il primo nel cuore della donna che amava?
E, soprattutto,
come poteva trovare in sé la forza per mettersi in gioco, se
partiva sconfitto per l'ennesima volta?
***
***
I
dettagli della strada si perdevano a causa dell'alta velocità.
Nella
mente, ancora gli occhi di Elena carichi di amore per Stefan.
Nel
petto, qualcosa stringeva i suoi polmoni strozzandogli l'aria nella
gola; ma qualcosa catturò la sua attenzione, liberandolo da
quell'opprimente sensazione. Sul ciglio della strada, una donna gli
faceva segno di fermarsi.
Damon accostò e
uscì dall'auto con una movenza calma e sicura. Osservò con curiosità la giovane
ragazza dai capelli biondi che lo aveva distolto dai suoi spiacevoli
pensieri e le sue labbra si incresparono in un mezzo e ambiguo sorriso.
«Come posso aiutarti?» domandò, col suo solito fascino ipnotico.
«Grazie a Dio ti sei
fermato! Iniziavo a temere che non sarei più tornata a casa!
Ho bucato una ruota, ed ho il cellulare completamente scarico...»
disse la ragazza, rincuorandosi.
Damon la guardò fisso
negli occhi: delle innocenti iridi color nocciola.
«Posso
sapere il tuo nome?» le domandò serafico. E la ragazza si
perse per qualche istante nel fascino elettrico di quello sconosciuto.
«Louren...mi chiamo Louren» rispose, con un lieve
imbarazzo.
Damon, con una scintilla di perversione che illuminava i suoi occhi, estese il suo sorriso a tutta la larghezza delle labbra. «Felice di averti incontrata...Louren» un
secondo dopo, i suoi canini affondavano nel collo della ragazza,
facendo scivolare sangue caldo sulla sua candida pelle.
Era inutile
urlare e dimenarsi. Il presentimento di Louren... forse non era così
sbagliato!
Grazie
per la lettura :)
NaNa***