Capitolo
3
L’imbarazzo
che mi colse fu innaturale: non sapevo cosa dire sentendo
quegli occhi su di me e vedendo la preoccupazione sul volto di
Stè, poi vidi
Emile passare davanti a noi con quella donna, senza degnarci di uno
sguardo e
tornai in me.
Brutto arrogante, poteva almeno
fare un cenno di saluto!
Mi
ero proprio arrabbiata: avevo trascorso gli ultimi tre giorni
sempre col suo volto nei miei pensieri, salutarmi era il minimo che
potesse
fare! E il fatto che probabilmente non mi aveva notato la sera prima al
Dada e di certo non poteva sapere
che
l’avevo sognato, erano particolari insignificanti, rispetto
al malumore che mi
stava causando da troppo tempo ormai!
La
mia dignità offesa però dovette cedere
momentaneamente il passo ad
una realtà più immediata, perché
Simona era andata dall’ortopedico e Stè era
una maschera di preoccupazione:
«Pasi, mi vuoi dire
cosa è successo?»
Il
fatto che mi chiamasse per nome era indice della sua
serietà: Stè
era innamorato di Simona da tempo immemore, ma non aveva mai trovato il
coraggio di confessarglielo. Lei era più grande di tre anni,
sempre così seria
e compita e incuteva un certo timore: di sicuro Testa di Paglia temeva
di risultare
un bimbo sciocco e inetto davanti agli occhi di mia sorella. Se molte
cose
della vita, Stè le prendeva con leggerezza e filosofia,
quando si parlava di
Simona era totalmente insicuro e tragico! Aveva avuto le sue storie e
credo che
alcune delle sue ex ragazze le avesse amate in qualche modo, ma nessuna
era
riuscita mai a distoglierlo da mia sorella.
Cosa
ci trovasse in lei era un mistero per me! Eravamo quasi due
estranee, io non capivo lei e lei non capiva me e nessuna delle due
sembrava
intenzionata a cambiare le cose: era così fredda e
distaccata, sempre pronta a
parlare di doveri e mai di piaceri…non ricordo una sola
volta in cui fossimo
uscite insieme a divertirci! Come poteva Stè, il giullare
del nostro gruppo, essere
travolto così tanto da una persona che era il suo esatto
contrario?
In
quel momento però il suddetto giullare aveva
tutt’altro aspetto e
se non mi fossi decisa a parlare, sarebbe imploso per l’ansia
e me lo sarei
portato sulla coscienza per tutta la vita.
«Stai tranquillo
Testa di Paglia, non è niente di grave»
o almeno lo speravo: eravamo in attesa che Simona uscisse col verdetto
dell’ortopedico, «Simo
sta
bene, è solo terrorizzata al pensiero di dirlo ai nostri
genitori!»
A
quel punto mi scappò una risatina, che Stè non
gradì affatto: che
brutto effetto gli faceva mia sorella, era irriconoscibile!
«E dai Stè! Non
fare
quella faccia! Cosa vuoi che sia una piccola caduta dalle scale, che
non ha
nemmeno provocato lei, davanti alla sua perfezione? Mamma e
papà non le diranno
nulla, anzi la coccoleranno e le cadranno ai piedi servendo e riverendo
la loro
figlia prediletta!»
Stavo
iniziando a parlare in modo maligno e acido, in quel pronto
soccorso si erano concentrate troppe persone irritanti e se non mi
zittivo
subito, avrei potuto dire qualche cattiveria di troppo.
«Scusa Stè... lo
so
che sei preoccupato per Simona ed io sono una perfetta imbecille, ma
è che ho
dormito male e poi non ho fatto colazione e sono venuta qui di corsa e
c’era
anche quello lì…»
«Quello lì chi?» disse Stè con
l’aria più sorpresa
del mondo; evidentemente preso dalla preoccupazione, non aveva notato
la
presenza di Emile nemmeno quando gli era passato accanto.
«Uff,
quello lì, Emile, il cantante! Quello di ieri e
dell’altro
ieri e.. di oggi! È diventato un incubo, lo ritrovo ovunque
io vada!»
anche nei sogni, aggiunsi mentalmente.
«Ah
sì? E che ci faceva qui?»
«E cosa vuoi che ne
sappia!?» Risposi
stizzita:
non c’era nulla da fare, quel tipo tirava fuori il peggio di
me!
«Ti ha detto
qualcosa? Ti ha riconosciuto?»
«Credo di no, l’ho
visto da lontano e poi è passato dietro di te quando sei
arrivato, senza
degnarci di uno sguardo!»
Parlandone,
tornò a riassalirmi la rabbia per quel comportamento che
dal mio punto di vista del momento, era decisamente poco educato.
«E beh, cosa volevi
che ti dicesse? Sicuramente era preoccupato per qualcuno se si trovava
qui e
non credo che si ricordi di te. Anche se quando avete discusso hai dato
il
meglio delle tue capacità… Io mi ricorderei
certamente di quella tua testolina
calda!»
Così dicendo mi
appoggiò una mano sulla testa ed io sconsolata
l’abbracciai.
Ho
sempre adorato gli abbracci, generano calore e creano
un’intima
comunicazione tra due persone; credo che riescano a trasmettere affetto
e conforto
molto più di tante parole e considerato che la mia famiglia
era un tantinello
rigida e fredda, ogni volta che potevo abbracciare Stè o
qualcun altro dei miei
amici, ne coglievo l’occasione al volo. Loro erano la mia
vera famiglia, il mio
porto sicuro, le persone care che avevo scelto io e non una stupida
linea di
sangue, che finora mi aveva portato solo rogne e incomprensioni!
Mentre
ero lì a bearmi del caldo abbraccio di Stè,
sentii un rumore
dietro di me e un attimo dopo Testa
di Paglia era accanto ad Emile che cercava di sorreggere la signora
accanto a
lui, che aveva avuto un mancamento:
«Facciamola sedere
qui.», disse
Stè, facendo
accomodare la signora sulle sedie che erano accanto a noi.
«Ti ringrazio.» fu la lapidaria e formale
risposta
di Emile che le si accomodò accanto: «Ti
sei affaticata troppo vero? Riposa un po’ qui.»
Parlava
a quella donna con una voce dolcissima, non smetteva di
proteggerla con il suo abbraccio e di accarezzarle il viso;
com’era diverso dal
ragazzo spocchioso e velenoso che avevo visto due giorni fa, diverso
anche dal
cantante che mi aveva causato quegli stupidi sogni... ma quante
personalità
aveva questo tipo?! Quella però, era una domanda che non
aveva la benché minima
importanza, ero troppo intenta ad osservare quella scena che mi
lasciò dentro
una sensazione troppo complessa per poterla sviscerare in quel momento.
«Posso dare una
mano? Vado a prendere del tè freddo o un po’
d’acqua?»
disse Stè, sempre pronto ad aiutare il prossimo.
«Non preoccuparti, grazie,
ci andrò io appena si sentirà meglio»
fu la risposta di Emile, di nuovo sintetico, cortese e freddo come il
polo
Nord!
«Tranquillo, non
è
un disturbo, dimmi solo cosa prendere: è meglio
l’acqua o le serve un po’ di
zucchero?» Emile
alzò lo sguardo
su Stè come se stesse valutando la serietà delle
sue parole e mi accorsi per la
prima volta che aveva degli occhi chiarissimi, di un grigio quasi
evanescente.
«Del tè
è meglio,
grazie.» disse con
un lieve
sorriso di cortesia.
«V...vado
io Stè, tu resta qui in caso esca Simona, non sei
ancora riuscito a vederla ed io ho bisogno di fare due passi.»
Così
dicendo andai via di corsa in cerca di un distributore automatico
o di un bar che avesse il tè più zuccheroso del
mondo e che fosse lontano abbastanza
da farmi mettere ordine nei miei pensieri. Ero in subbuglio, ero
rimasta ferma
come un’ebete ad osservare tutta la scena e questo non era da
me! Normalmente
ci sarebbero stati dei tafferugli tra le due Teste di Fuoco su chi
dovesse
prestare aiuto per primo, invece stavolta, ero stata totalmente inutile
e
inattiva.
Cosa
diavolo mi stava accadendo?!
Perché
in presenza di Emile, non riuscivo più ad articolare parola?
Eppure
due giorni prima gliene avevo dette di cose!
E
non ero di certo una che si teneva i propri pensieri per sé!
Arrivai
al distributore automatico, presi il tè e feci un bel
respiro
profondo come mi aveva insegnato Sofia e ripresi la padronanza di me (o
almeno
ci speravo), decisa a non comportarmi più come una perfetta
imbecille. Quando
li raggiunsi, i due ragazzi stavano parlando e la signora si era
svegliata:
porsi il tè ad Emile, che mi ringraziò con la
solita gentilezza formale e
fredda e delicatamente lo fece bere alla sua compagna. Guardando i loro
visi
così vicini, mi accorsi che si somigliavano moltissimo: la
signora aveva i
capelli castani, lievemente mossi e
lasciati lunghi sulle spalle, ma i lineamenti del viso
erano la
fotocopia di quelli di Emile, gli occhi in particolare erano gli
stessi, anche
se quella donna non aveva luce in essi e non lessi alcuna emozione su
quel
viso.
In
quel momento arrivò Simona su una sedia a rotelle con la
caviglia
ingessata: Stè
corse da lei,
sostituendosi immediatamente all’infermiere che spingeva la
sedia. Rendendomi
conto che in quel momento Testa di Paglia poteva offrire a mia sorella
un
conforto migliore del mio, restai dov’ero e facendomi forza
per non perdere
l’attimo, mi rivolsi ad Emile:
«Va meglio?»
Ero
in piedi, appoggiata al muro e alla mia destra erano seduti la
fonte di tutti i miei ultimi disagi e quella che doveva essere sua
madre.
«Sì grazie, basta
un
po’ di zucchero per farla star meglio»
Incoraggiata
da quella risposta così “logorroica”,
osai porre un’altra
domanda:
«Capita spesso?»
«Ogni volta che sta
troppo tempo fuori di casa.»
Emile
abbassò lo sguardo su quel volto così simile al
suo, tornando a dargli una
dolcissima carezza; sua madre doveva essere davvero molto malata.
«Non
c’è una cura?
Conosco tante persone che sono riuscite a guarire con la chemio,
nonostante la
sofferenza che pro…»
«Mia madre non ha il
tumore, in quel caso forse ci sarebbe stata una speranza! Ma per la sua
depressione
non c’è cura che tenga!»
Il
suo tono si fece d’improvviso amaro e rabbioso e capii di
aver toccato un tasto
dolente che era meglio evitare.
Depressione!
Come avevo fatto a non accorgermene?!
Nella
comunità dove lavorava Fede c’erano alcuni
residenti che ne
erano affetti e conoscevo i sintomi, eppure non li avevo riconosciuti
guardando
lo stato in cui versava la signora… Pensandoci bene, non
avevo mai visto
qualche vittima della depressione in quelle condizioni!
«Sc- scusami, non
dovevo impicciarmi così...»
«Non fa nulla, anzi,
vi ringrazio per essere stati così gentili. Ora dobbiamo
andare, ringrazia il
tuo amico da parte mia.»
aiutò
sua madre ad alzarsi e si allontanò dandomi le spalle,
mentre Stè e Simona
arrivavano accanto a me.
*****
Mia
sorella se l’era cavata con poco: uno stiramento del tendine,
ovvero ingessatura per un paio di settimane alla caviglia e poi
riabilitazione
senza alcun bisogno di operare. Dubitavo che avrebbe scatenato
un’ira funesta
nei miei genitori anche se si fosse davvero rotta un osso quindi, non
mi
preoccupai minimamente della loro reazione… anche
perché al momento la mia mente
era troppo occupata a liberare la matassa di emozioni che si
accalcavano
caotiche in me. Quella
mattina mi ero
svegliata con istinti omicidi verso Emile, in tumulto tra la rabbia di
due
giorni prima e l’adorazione (tutta da confermare!) per la sua
esibizione della
sera precedente e dopo quella mattina in ospedale, ci si metteva anche
una sensazione
dolorosa di commozione e tristezza che non mi lasciava più!
Se fossi andata
avanti di questo passo, sarei finita al manicomio! Quante emozioni
può gestire contemporaneamente
un essere umano?! Personalmente, ne stavo provando già
troppe!
*****
Come
previsto, i miei genitori non furono particolarmente duri con
Simona: erano palesemente contrariati per l’inconveniente, ma
la preoccupazione
ebbe la meglio su quell’irritante imprevisto che avrebbe
rimandato di due
settimane i programmi di studio di mia sorella.
Un pomeriggio ero diretta
in camera mia prima di andare in comunità, quando passando
davanti la camera di
Simona, la sentii piangere: non riuscivo a credere alle mie orecchie!
Appoggiai
la testa alla porta della stanza per
sentire meglio e dovetti confermare ciò che avevo udito: la
donna di ghiaccio
piangeva! Restai stupita dalla rivelazione che mia sorella fosse
più umana di
quanto pensassi e in uno slancio improvviso di affetto entrai in camera
sua.
«Posso entrare Simo?»
Era seduta davanti alla sua
scrivania, ma mi dava le spalle e scorsi un movimento repentino delle
mani dal
viso verso una tasca, di sicuro stava celando un fazzoletto:
«Ormai sei entrata, che
cosa vuoi? E non chiamarmi Simo, lo sai che mi dà fastidio
quando accorci il
mio nome!»
Il mio momento di affetto
fraterno stava per fare un bel retro front, quando mi dissi di provare
ancora a
capire il motivo di quel comportamento. Ero troppo curiosa di sapere
cosa fosse
successo per rendere Simona in quello stato, poteva mai essere dovuto
tutto al
fatto che avrebbe rallentato i suoi studi di due settimane?! Non osavo
pensarlo, al suo posto avrei fatto i salti di gioia per quel motivo!
«C’è qualcosa che ti
turba?
Ho avuto l’impressione che fossi triste…»
«Non ho niente! Sto bene.»
Ad un tratto mi resi conto
che quell’atteggiamento mi ricordava quello di Emile
all’ospedale, prima che
acconsentisse a farsi aiutare (nel frattempo evitai come la peste di
soffermarmi sul pensiero
del rossino in
quel frangente): probabilmente mia sorella stava valutando quanto fossi
sincera, ed iniziai a percepirla sotto una luce nuova.
«Simo, cioè no, Simona, se
c’è qualcosa che ti turba... insomma... dopotutto
siamo sorelle.»
«E te lo ricordi solo ora
che puoi bearti della mia sconfitta vero! Sei venuta qui col pretesto
di fare
la buona sorellina per vedere con i tuoi occhi la mia disperazione e
gioirne!
Che soddisfazione dev’essere per te vedermi criticata da
mamma e papà, per una
volta non sei tu l’oggetto dei loro dispiaceri!»
Ero esterefatta! Quali
dispiaceri aveva visto? E di quale sconfitta stava parlando?
«Dispiaceri?! Quello lo
chiami dispiacere?! Ma se a mala pena ti hanno detto qualcosa! Non ho
visto
nemmeno l’ombra di un’arrabbiatura sui loro volti,
erano semplicemente
infastiditi, quello non era un dispiacere!»
Ed io lo sapevo benissimo, visto che tante volte mi
avevano riempito la
testa con la frase: “Quanti
dispiaceri
ci causerai ancora?!”
«Oh Pasifae smettila! Tu
non capirai mai come mi sento, è inutile parlare con
te!»A questo punto il
retro front era lì che scalpitava per farsi sentire e
cedetti all’istinto:
«Scusami tanto se per una
volta ho pensato di essere una sorella per te! Io potrò non
capirti, ma nemmeno
tu hai mai fatto un minimo sforzo per capire me! Non preoccuparti, non
ti
disturberò più, ora andrò a gongolarmi
in giro perché mia sorella starà per due
settimane a casa con una caviglia ingessata e ne sarò
felice, perché sono una
sorella menefreghista e maligna!»
Chiusi con rabbia la porta
di camera sua e andai da Federico furiosa.
*****
Era giunto il giorno in cui
il gruppo di Emile si sarebbe esibito al
Soapbox, un locale a
qualche chilometro
di distanza e da tempo io e Stè avevamo progettato di
andarci. Testa di Paglia come
ogni pomeriggio dall’incidente, venne a trovare me passando sempre, guarda caso, negli
orari in cui poteva trovare
Simona libera dai suoi studi casalinghi: l’ingessatura aveva
rallentato le
ricerche per la tesi, ma la scrittura e la revisione, nonché
i libri di testo
per il test d’ingresso alla Scuola di Specializzazione erano
lì a portata di
mano!
Stè aveva appena finito la
sua “casuale” conversazione quotidiana con mia
sorella e venne in camera mia
per organizzare l’uscita per quella sera:
«Testarossa, che ne pensi se
chiamiamo anche gli altri?»
«E tu pensi che vengano? A
sentire Emile? Ti rendi conto che l’ultima volta in cui siamo
stati tutti
insieme, rossino compreso, non si sono sentiti proprio a loro
agio?!»
«E vabbè, ma quello ormai
è
passato, non siete riusciti a parlare in modo civile l’altro
giorno? E poi non
andiamo lì per parlare con lui, ma per stare insieme e
ascoltarlo mentre canta,
non avrà modo di interagire col nostro gruppo! E
poi… stavo pensando di
chiedere anche a Simona di venire con noi…»
«ASSOLUTAMENTE NO!»
Ecco il
motivo di quella trovata! Sapeva benissimo
che era improbabile che qualcuno dei nostri amici uscisse con noi
durante la
settimana, era solo un pretesto per depistarmi e non farmi focalizzare
sul vero
motivo: portare Simona!
«Io con quella non ci esco!
Non ho mai avuto una sorella e ora più che mai non la
ritengo tale e non voglio
rovinarmi la serata con la compagnia sgradevole di
un’estranea!»
Dal giorno della nostra discussione,
io e Simona non ci eravamo più rivolte nemmeno una parola,
tra noi si era
stipulato un patto silenzioso: io non interpellavo lei e lei non
interpellava
me, ci ignoravamo cordialmente durante tutto l’arco della
giornata.
«Pasi sei troppo dura con
lei, è la prima volta che si trova in una situazione
simi...»
«Proprio per questo ero
andata a darle sostegno! Perché io la conosco fin troppo
bene la situazione in
cui è lei, anzi, conosco situazioni ben peggiori! E il
risultato della mia
attenzione è stato di sentirmi dare della meschina e di
voler gongolare della
sua sconfitta!»
«Tu non la capisci Pasi...»
ancora questa storia?
«Oh beh, tu si invece,
vero?! Tu che sei così simile a lei, vi comprendete a
menadito ormai, siete
pappa e ciccia! Esci con lei visto che siete diventati così
amici!»
Mi stavo spingendo troppo
oltre, stavo per toccare il suo punto debole, ma non riuscivo a
fermarmi e
temevo ora di aver combinato un casino!
«Non è caduta dalle
scale.»
«Cosa?»
Restai interdetta dalla sua
risposta, mi aspettavo un’esplosione d’ira di
quelle terrificanti (mai arrivare
a far arrabbiare le persone allegre e gioviali, si scatena
l’Apocalisse!) e
invece Stè si limitò a tirare un sospiro prima di
darmi quella risposta a
bruciapelo.
«Di che stai parlando?
Cosa? Chi? Che significa?»
«Simona non è caduta dalle
scale, si è fatta male cadendo dalla moto.»
Di tutte le cause
improbabili che potevano esserci, questa era una di quelle che meno mi
aspettavo. La moto! E quando mai Simona aveva guidato una moto? Quando
mai
aveva manifestato interesse per una moto! I miei genitori le
disprezzavano
perché per loro erano solo fonte di guai e ovviamente, anche
lei si era
allineata al pensiero di casa ed ora venivo a scoprire che non ne era
poi così
convinta…
«Ma come è potuto
accadere?! Lei odia le moto.»
«In verità no, non le odia.
Non le preferisce e credo che non ne userà mai una a
prescindere da quello che
le è accaduto, ma quel giorno aveva voglia di farsi un giro,
voleva staccare
per un momento dalla monotonia delle sue giornate e non le era sembrato
un
peccato così grave, così è andata a
farsi un giro con un
suo collega di facoltà…»
In quel momento mi tornarono
in mente le parole di Simona “gli
altri
se ne sono andati”.
«…ma hanno avuto un piccolo
incidente e sono caduti entrambi, il suo collega non si è
fatto nulla di grave,
invece lei ne ha pagato le conseguenze…»
E il vigliacco del suo
esimio collega, ha ben pensato di filarsela dal
pronto soccorso prima di incappare nelle ire dei miei!
«…ed ora non riesce a darsi
pace, perché si sente una stupida, per una volta che si
è lasciata andare ha
finito anche col rimetterci. Pasi tua sorella ha vissuto sempre
all’ombra dei
vostri genitori, cercando di compiacerli in ogni campo della sua vita,
per non
vedere mai sul loro volto l’espressione di disappunto che
mostrano a te. Lei
t’invidia, perché tu sei forte, perché
li contrasti e vivi a modo tuo senza
sentire il peso della loro considerazione su di te.»
«Ma questo non è vero
Stè!
E tu lo sai quante volte sono corsa a sfogarmi da te!»
«Io sì, ma tua sorella no.
Lei ha sempre visto che li affrontavi a viso aperto e non ti curavi di
loro e
segretamente avrebbe voluto avere la tua stessa capacità di
controbattere alla
loro volontà, ma ha sempre avuto paura di farlo.»
Ora sì che vedevo Simona
sotto un’altra luce!
Non era affatto la donna di
ghiaccio che sembrava, anzi, era piena di paure che nascondeva
vergognandosi
come una ladra. Quindi probabilmente, anche lei aveva voglia di viversi
qualche
piacere, qualche benedetta futilità per alleggerirsi le
giornate piene di
doveri e sacrifici, sacrifici e doveri!
«Ok, chiediglielo pure, io
provo a vedere se gli altri fanno il miracolo!» iniziavo a
vedere Simona sotto
un altro aspetto, ma la rabbia non mi era ancora passata abbastanza da
parlarle
direttamente.
*****
Come volevasi dimostrare,
il gruppo non si riunì al completo, ciononostante andammo al
Sandbox in quattro: Simona aveva
acconsentito alla proposta di Stè e anche Fede aveva detto
di sì. Riuniti in
quell’improbabile quartetto, andammo incontro ad una serata
che si prospettava
interessante.
_____________________________________________
NDA
Spero che anche questo terzo capitolo vi sia piaciuto, intanto continuo a ringraziarvi tesore mie perché mi seguite e m'incoraggiate ad andare avanti: è una gioia scrivere, ma è una felicità ancora più grande sapere che ciò che creo piace a chi la legge.
Grazie alla mia beta-tomodachi Iloveworld, alla mia Cicci, e alle mie sisters speciali: Apina, Vale, Ana-chan e Saretta; grazie di cuore ^ ^