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Autore: lullaby_89    13/09/2011    1 recensioni
Ebbene ci sono di nuovo, nuovo nome, nuovo titolo, ma i personaggi sono gli stessi!
Una storia d'amore e d'amicizia senza troppe pretese. Tra lacrime, sorrisi, incomprensioni, errori e scelte sbagliate Edoardo e Giulia cercheranno di capire qual'è il confine tra amore e amicizia!
“Sono libera di scegliere ciò che voglio senza che tu mi faccia da supervisore lo sai?”
Al contrario di Niccolò, con Edo non riuscii a mantenere un contatto visivo. I suoi occhi chiari mi schiacciavano a terra senza via di fuga.
“Io voglio solo vederti felice” accarezzò la mia spalla nuda portandomi più vicina “non raccattare il tuo cuore a pezzi” [...]
“Quando troverai un ragazzo mi lascerai da parte vedrai…” sorrise nervoso e mi posò una mano sulla mia "Un giorno ti dimenticherai di me"

- probabilmente scriverò dei capitoli extra per i missing moment a rating rosso -
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Grazie per i commenti! Siete veramente gentili ragazze!
Sono contenta che vi piaccia questa storia! (che molte conoscevano già xD)
Anche questo capitolo è simile alla versione precedente, anche se qualcosa cambia...spero che vi piaccia!!
 

 


 

La vibrazione del cellulare mi costrinse a svegliarmi, la mattina avevo il sonno molto leggero e al minimo rumore mi svegliavo, cercai di raggiungerlo per farlo smettere, ma non riuscii a muovermi. Aprì gli occhi di scatto ricordandomi della notte prima, vidi Edo che beatamente dormiva, avevo la testa poggiata sul suo braccio e potevo vedere nitidamente il suo collo bianco, alzai lo sguardo guardando la bocca semiaperta circondata da labbra carnose e rosee. Gli occhi erano chiusi e le ciglia chiare incorniciavano quella forma delicata, rara nei ragazzi, il taglio dei suoi occhi era veramente bello.

Alzai il braccio che mi circondava la vita piano, senza svegliarlo e scivolai via da quell’abbraccio rispondendo.

“Pronto” sussurrai seduta sul bordo del letto.

“Buongiorno dormigliona, tra meno di quindici minuti siamo da te” esclamò Vittoria svegliandomi del tutto con la sua voce acuta e gioiosa.

“Bene” biascicai “vi aspetto”

“Ok! Ciao”

Agganciai e mi voltai a guardare il mio amico che allungava il braccio quasi a cercarmi, non potei non sorridere a quella scena. Mi alzai ricoprendolo con il lenzuolo che avevo spostato per rispondere al telefono e lui si aggrappò al mio cuscino stringendolo come aveva stretto me.

Uscii fuori accostando la porta e andando ad aprire le persiane, fuori il cielo era limpido, nemmeno una nuvola, c’era una leggera brezza fresca e tutto era bagnato, era piovuto veramente tanto, ma adesso finalmente un sole splendido illuminava tutto quanto facendo brillare le gocce d’acqua sulle piante e sull’erba del piccolo giardino.

Mi stiracchiai aprendo le braccia verso il cielo, ero in pigiama sulla porta di casa, per fortuna la siepe non permetteva di vedere all’interno, sarei stata un bello spettacolo con le mie ranocchiette!

Richiusi andando a rifare il letto di Edo, avrei dovuto svegliare lui e dirgli di rifarselo da solo, ma poi sapevo che mi sarebbe dispiaciuto disturbare quel sonno così profondo. Rifeci tutto con calma aspettando l’arrivo delle altre due mie amiche, finito mi buttai sul divano guardando l’orologio, erano già le 11 e 30, avevamo dormito veramente tanto.

Impaziente tornai nella mia camera, entrai senza far rumore e lui dormiva ancora tranquillo aggrappato al cuscino di piume e le labbra piegate all’insù come in un sorriso, chissà cosa sognava.

Chiusi e andai fuori prendendo le ciabatte da mare, era strano come cambiava velocemente il tempo, faceva freddino, ma sotto il sole si poteva riscaldarsi veramente. In fondo era luglio pensai, doveva fare caldo prima o poi.

Un Maggiolino nero parcheggiò davanti a casa e riconobbi la targa, Vittoria uscì sorridente seguita da Vale che aveva un gran sorriso sul volto, aprii il cancello ed entrambe mi abbracciarono baciandomi insieme le guance.

“Finalmente ci siamo!” esclamarono “abbiamo portato anche il sole” aggiunse Vittoria fiera di sé.

“Certo, certo…” scherzai dandole una pacca sulla spalla “prendete le valige, vi metto nella camera dei miei zii” dissi uscendo fuori in pigiama, tanto la strada era deserta.

Le aiutai a scaricare ogni cosa e a mettere tutto nella stanza che avrebbe dovuto essere di Edoardo, avrei spostato le sue cose dopo, anzi le avrebbe spostate lui appena sveglio.

“Scusa ma questa non è sempre stata la camera di Edo?” chiese Vale aprendo la valigia sul letto guardandomi curiosa “dov’è?” domandò ancora tirando fuori le magliette.

“Dorme” dissi semplicemente non approfondendo dove.

“Dove?” chiese Vittoria “qui non c’è...nel divano letto neppure, dove lo hai messo? In bagno?” scoppiò a ridere.

“Di là…” sussurrai “nel mio letto” abbassai lo sguardo imbarazzata. Non c’era nulla tra di noi, non avevamo fatto niente eppure mi imbarazzava il fatto che avessimo dormito insieme quella notte.

“Cosa?” sulla faccia di Vittoria c’era quella che si può dire una signora espressione sorpresa e non di meno era quella di Vale.

“Che ha fatto?” chiesero in coro lasciando perdere tutti i vestiti sedendosi sul letto curiose “che avete fatto?” la corresse Valentina.

“Niente!” mi affrettai a dire mettendo le mani avanti “ha solo dormito con me...non so perché stanotte è entrato nel mio letto...” spiegai.

Non so se facevo bene a raccontare tutto questo, ma non avendo nessun peccato da confessare mi sembrava una cosa alquanto innocente, siamo due amici che dormono insieme. Io non credevo che l’amicizia fra uomo e donna fosse impossibile, tutti dicevano che senza dubbio se esisteva c’era un secondo fine dietro, non per me.

“L’ho sempre detto...” Vale scosse la sua folta chioma ramata “non so perché si ostini a stare con Gemma, si vede che c’è qualcosa..con te”

“Non c’è niente!” esclamai indignata “E Gemma l’ha lasciata…”

Prima mia mamma, poi loro. Ma cos’era? Una cospirazione? Dicevano tutti così, ma non eravamo amici, era il mio migliore amico, non esisteva e non sarebbe mai esistito altro tra di noi. Non mi sembrava difficile da capire una semplice amicizia tra uomo e donna.

“Lo so…ma dicevo: sarà così per te, ma per lui?” disse alzando un sopracciglio.

Non volevo crederci e non l’avrei mai creduto.

“No, sono sicura è solo giù di morale perché ha lasciato Gemma per la decima volta e adesso sembra anche definitiva” affermai convinta mentre entrambe mi guardavano poco convinte della mia ipotesi.

“Neghi sempre, prima o poi te ne accorgerai”

Quella di Vale sembrava più una minaccia che un avvertimento.

“Ho sentito Gemma stamani, era sul treno per Milano. Questa volta ha proprio deciso, finalmente l’ha capito che erano come cane e gatto. Incompatibili.”

Non potevo darle torto su questo.

“Già…vado a svegliare il ghiro” ridacchiai per cambiare discorso.

Uscii dalla camera da letto lasciandole a sistemare gli abiti nell’armadio e le varie cose nei due bagni. Edoardo respirava lentamente e pesantemente, adesso russava anche. Ci credo con tutte le sigarette che si fumava mi sembrava anche quasi impossibile che riuscisse a giocare una partita intera. Mi inginocchiai sul letto posando le mani sulla sua spalla scuotendolo un po’ e chiamandolo dolcemente.

Mugolò muovendosi e alzando un braccio facendomi cadere tra le sue braccia ancora una volta.

“Edo” chiamai ad un centimetro dal suo viso “svegliati” dissi più convinta.

Aprì finalmente gli occhi, piccole pietre azzurro verde ancora opache che brillarono subito anche con la poca luce che c’era. Mi lasciò andare e si stropicciò gli occhi mugolando qualcosa che doveva assomigliare ad un buongiorno e mi riabbracciò subito affondando il viso tra il mio collo e la spalla.

“Ti ho dato fastidio...” alitò sul mio collo con la voce impastata.

Non capii se era un affermazione o una domanda, ma decisi di rispondere lo stesso.

“No...” sussurrai con le mani raccolte al petto e immobile come una statua, intanto aveva iniziato ad allentare la presa sulla mia vita e piano piano si scostò anche dal mio collo.

Mi allontanai quel tanto che bastava per guardarlo dritto negli occhi. Avrei voluto chiedere il perché, ma avevo paura, un terrore folle di sbagliare, io lo sapevo che c’era solo amicizia e allora perché diamine mi tormentavo per ciò che dicevano intorno a me?

Non aveva senso tutto questo. Se gli avessi chiesto qualcosa sarei risultata ridicola se la risposta fosse stata quella che mi aspettavo. Amava la mia amica, lo ripeteva di continuo, quei piccoli gesti non erano certo sinonimo di amore, piuttosto di affetto, io ne ero certa.

E se invece mi sbagliavo avrei comunque perso un amico importante, io non lo amavo, e come avrei potuto essere la stessa di prima sapendo ciò che lui provava.

Scossi la testa cacciando via quei pensieri. Non c’era niente!

“Sono arrivate?” chiese alzandosi dal letto e stiracchiandosi.

“Sì, anzi devi spostare le tue cose dalla loro camera, dormi sul divano letto stanotte, ma i vestiti mettili in questo armadio” non ammettevo repliche, non potevamo dormire ancora insieme.

“Perché?” chiese voltandosi subito, sembrava deluso “non posso dormire qua?”

Ma lo domandava anche? Vale già si faceva castelli in aria dopo aver saputo che avevamo dormito insieme una notte, che avrebbe fatto se per tutta la permanenza al mare avessimo diviso il letto?

“Non è il caso” dissi decisa abbassando lo sguardo, se avessi incrociato i suoi occhi avrei ceduto, lo facevo sempre.

“Ti prego” supplicò gattonando sul letto fino a me e alzandomi il viso.

Aveva vinto di nuovo.

Annuii senza rispondere e lui sorrise di rimando alzandosi in piedi e uscendo dalla camera, lo sentii salutare le altre e afferrare i vestiti dall’armadio per portarli in quella che era la sua nuova stanza.

Mi lasciai cadere tra i cuscini e le lenzuola stropicciate mettendomi le mani nei capelli. Per la prima volta avevo paura di ciò che tutti dicevano, il mio migliore amico era strano, e lo stava diventando sempre di più. Si comportava in modo diverso, soprattutto con me.

 

Passammo la giornata sul mare scherzando come facevamo sempre, anche se le due mie amiche non cedevano e ad ogni abbraccio o altro mi guardavano come per dirmi che avevano ragione. Io le ignoravo e basta, continuando a comportarmi normalmente, com‘era logico fare, niente era cambiato da pochi giorni prima.

Il sole era tornato e nulla ci impedì di fare il bagno e prendere il sole fino a tardi tanto che tornammo a casa che erano le 8 passate, mangiammo una pizza che avevamo ordinato poco prima e ci andammo a preparare per andare a ballare.

“Secondo me ha qualcosa in mente...non ha parlato di Gemma per tutto il giorno, è strano” pensò Vale a voce alta sciacquando i bicchieri nel lavello vicino a me che invece asciugavo.

“A me sembra normale” lo difesi io guardando distrattamente l’asciughino “aveva detto che era deciso...stufo di essere trattato come uno zerbino e Gemma ha capito che non faceva per lei. Secondo me sta solo cercando di andare avanti” dissi trovando il mio discorso molto intuitivo.

“Vedremo stasera...” sentenziò la mia amica passandomi l’ultima forchetta che asciugai e riposi nel cassetto senza ribattere.

“FATTO!” la voce di Edo risuonò in casa mentre usciva dal bagno avvolto con un asciugamano da mare in vita lungo fino ai piedi e veniva in cucina a prendersi la sua solita sigaretta e accendersela sedendosi sulla sedia del tavolo.

“Vittoria ha già preso possesso della doccia” ci avvisò.

“Abbiamo sentito” disse Vale ridendo sotto i baffi ascoltando la canzone stonata che stava cantando la nostra amica mentre si faceva il bagno.

“Se continua così piove di nuovo” scherzai facendo ridere tutti i presenti.

“Se proprio vuoi la pioggia ci penso io” sghignazzò Edo posando la sigaretta nel posacenere e afferrandomi con una mano entrambi i polsi stringendomi al suo petto umido scuotendosi l’acqua dai capelli con l’altra libera.

“Smetti! Basta!” lo pregai cercando di scappare mentre Vale si stava sbellicando dalle risate guardandomi mezza fradicia.

“No, non ti mollo!” rise lui sfregando i suoi capelli sul mio viso, stavo affogando in quella massa di fili d’oro profumati.

Alla fine iniziai a ridere anche io per il solletico provocato dalle ciocche di capelli sul collo e sul volto, le sue braccia erano strette intorno al mio corpo senza però mollare la presa dei polsi. Mi girò tra le sue braccia facendomi cozzare contro di lui, ma non si rendeva conto di essere mezzo nudo con me tra le braccia?

Arrossi impercettibilmente, ma si poteva scambiare per la fatica di liberarmi dalla sua stretta ferrea. Mi accorsi solo in quel momento che profumava di menta, con la guancia posata sul suo petto annusai quel dolce profumo rilassandomi e finalmente mi lasciò andare con sguardo interrogativo. Ovvio prima urlavo di liberarmi e poi mi calmavo come se mi avessero dato un sedativo.

“Che fai?” domandò divertito.

“Profumi di menta” risposi alzando le spalle guardando i suoi occhi che sembravano sorridere per lui.

“Sembravi più un gatto che fa le fusa” disse provocatorio facendomi scattare verso di lui con lo sguardo omicida sul volto, Vale se ne rese conto e trattenne a stento una risata.

Però non riuscivo a trovare le parole per controbattere, mi ero veramente strusciata sul suo petto sentendo quell’odore fresco. Mi guardava con aria interrogativa aspettandosi una mia risposta pungente che però non arrivò.

“Mi piace quel bagnoschiuma” dissi sembrando quasi ridicola.

“Ho notato”

“Vatti a vestire!” gli ordinai puntando l’indice verso la nostra camera e lui con una risata si incamminò richiudendosi la porta alle spalle.

L’unico motivo per cui mi ero persa in quel profumo era che mi ricordava Stefano, era lo stesso odore che aveva quando usciva dalla doccia: menta. Però io non potevo dirlo, lo avevo dimenticato, era uscito dalla mia vita e ciò comportava il fatto che di lui non si potesse parlare. Mai. Poco importava se tutti i presenti avessero pensato chissà cosa.

“Che...” iniziò Vale, ma la bloccai prima che potesse dire qualsiasi cosa le frullasse in mente “non dire nulla!” quasi urlai dirigendomi verso il bagno sentendo Vittoria uscire. Ci scontrammo nel corridoio, guardava prima Vale poi me e mentre stava per chiedere qualcosa entrai in bagno spogliandomi e gettando tutto nell’angolo.

Aprii l’acqua e mi buttai dentro senza pensarci, acqua, era un vero paradiso stare a testa in su mentre il getto ti colpiva massaggiando e rilassando i muscoli.

Avevo veramente reagito così per un ricordo che credevo di aver rimosso o c’era qualcos’altro che non riuscivo a capire?

Mi poggiai alla parete di marmo e fino a quando non bussarono alla porta non uscii dal box. Lasciai che anche Vale si facesse una doccia e andai ad asciugarmi i capelli nell’altro bagno dove l’altra mia amica si sistemava i capelli, finito andai in camera e trovai Edo vestito elegante che mi guardava.

“Puoi uscire devo vestirmi?” chiesi gentilmente lasciando da parte tutte le paranoie della giornata, se le altre avessero continuato così io sarei sicuramente impazzita.

“Sì certo” disse passandomi vicino e lasciando una scia di profumo intenso, vidi la bottiglietta di profumo a forma di palla grigia e arancione sul comodino: Boss, ecco perché era così buono e invitante.

“Grazie” dissi prima di chiudere la porta e gettare l’accappatoio sulla sedia lì vicino prendendo la biancheria e indossandola velocemente.

Aprii l’armadio e scostai le cose di Edo da una parte per decidere cosa mettere, alla fine oprai per una minigonna di jeans scuro e una maglia lunga con una scritta piena di paillette nere e grigie.

Misi tutto e mi truccai leggermente riprendendo i colori della maglia, misi una molletta con un brillantino per spostare e tenere i capelli al loro posto e alla fine cercai le scarpe che erano ancora nella valigia. Sandali con il tacco alto con fasce nere di raso intrecciate fino alla caviglia, comodi anche se all’apparenza poteva risultare il contrario.

Uscii di camera prendendo la borsa, poi ci ripensai e preferii lasciarla lì, quello che mi serviva era solo il cellulare e i soldi per il biglietto d’ingresso che avrei potuto dare benissimo a Edo.

“Pronte?” chiesi entrando nel salotto, dove trovai solo Edo spaparanzato sul divano e con gli occhi puntati su di me.

“Vieni così?” chiese alquanto scocciato.

“Sì…” dissi guardandomi per bene, la gonna non era corta, anzi arrivava a metà coscia e la maglia per niente scollata.

“Stasera dovrò lavorare parecchio per tenerti lontani tutti quelli che ci proveranno” disse divertito, ma sembrò quasi infastidito a quell’idea.

“Sì, certo e io che devo dire?” domandai alzando un sopracciglio guardando attentamente il suo abbigliamento.

Una camicia blu con le maniche arricciate fino al gomito, aperta per almeno tre bottoni lasciando scoperto un fisico asciutto e liscio, pantaloni stretti di jeans e una cintura che riconobbi essere quella che gli avevo regalato io per il compleanno.

“Io cosa?” chiese.

“Dovrò faticare come te” dissi portandomi davanti a lui seria.

“Sono libero di divertirmi Giulia” disse duro “non sono più legato a nessuna ricordi?” un sorriso strafottente comparve su quel viso e ci stonava terribilmente “oppure sei tu che sei gelosa?” domandò malizioso.

“Io che??” esclamai ridendo “gelosa? No fa ciò che vuoi…” dissi mentre anche le altre entravano già pronte, Vale con un tubino nero sobrio e scarpe nere senza punta, Vittoria shorts bianchi e una camicetta azzurra con le maniche corte e sandali bianchi.

“Stasera mi invidieranno in parecchi” disse Edo guardandoci tutte e tre in fila.

Scossi la testa afferrandolo per un braccio portandolo fuori, chiusi tutto e finalmente entrammo in macchina. Come previsto Edo si rifiutò di far guidare una di noi dicendo che avrebbe fatto la figura del fesso. Uomini.

Parcheggiammo ad un paio di metri dall’entrata della discoteca, rigorosamente sulla spiaggia come tutte quelle della costa, era la nostra preferita, bella grande e con la possibilità di andare sulla spiaggia e di stare fuori dove c’erano i tavoli a bordo piscina. Entrammo velocemente chiamando un nostro amico che faceva il PR in quella discoteca, in più diede tre omaggi a noi ragazze. Dentro c’era già confusione, ovviamente non eravamo arrivati tanto presto, era già passata la mezzanotte e mezza e il locale era pieno sia fuori che all’interno.

Ballammo un po’ noi tre insieme mentre Edo stava parlando con dei vecchi compagni di squadra, dovunque andassimo ne trovava qualcuno. Intanto che ci scatenavamo sorridenti con la musica alta alcuni ragazzi si avvicinarono a ballare con noi. Iniziammo a ballare con loro ridendo e cercando di capire i loro nomi coperti dalla musica eccessivamente forte.

Mi pietrificai quando due mani mi presero per la vita e delle labbra si posarono sul mio collo scostandosi i capelli, chi era questo imbecille? Il ragazzo davanti a me intanto si era fermato e mi guardava.

“Lei sta con me” sentii dire abbastanza con tono deciso.

Riconobbi la voce del mio amico e capii che aveva mantenuto quella promessa che non aveva alcun senso. Ero single e libera di divertirmi con chiunque volessi, in più quel ragazzo era veramente carino.

Mi girò verso di lui senza lasciarmi scampo e mi portò le mani dietro il suo collo, il ragazzo non osò ribattere e probabilmente si era già dileguato.

“Sei tu ad essere geloso di me...” dissi portandomi a portata del suo orecchio.

“Sono sempre stato geloso di te piccoletta” disse stringendomi forte facendomi rabbrividire “sei come una sorella” aggiunse dopo un po’ facendomi calmare.

Avevo ragione io, il suo era un affetto particolarmente forte, ma non era amore, la cosa mi rincuorò, non volevo perderlo, era il migliore amico che avessi mai potuto trovare.

Sciolsi il nodo che avevo fatto dietro al suo collo e lo guardai sorridente prendendolo per mano iniziando a ballargli intorno fino a quando il DJ non annunciò un canzone lenta per le coppie della sera e Edo cortesemente mi chiese di ballare.

Acconsentii circondandogli il collo con le braccia e lui fece altrettanto dietro la mia schiena, posai la guancia sul suo petto dondolando insieme a lui sotto le note della Huston.

 

Tornammo a casa dopo aver recuperato le mie due amiche in mezzo alla marea di gente e uscendo finalmente fuori nell’aria fresca del mattino, sì mattino perché erano più o meno le 5.

“Vado a prendere la macchina, aspettatemi qua” disse Edo avviandosi verso il parcheggio.

“Ok” rispondemmo in coro sedendoci sul muretto che divideva la pista ciclabile dall’aiuola con le palme della discoteca.

“Vi ho visti” disse Vale dandomi una gomitata con una risatina.

“Mi dispiace deluderti, mi ha appena detto che sono come una sorella per lui” dissi con un sorriso trionfante sul viso, avevo ragione io, e l’avevo sempre avuta.

“Sì, sono cose che si dicono, una sorella non l’abbracci così e nemmeno vai da lei spacciandoti per il suo ragazzo per levarla dalle braccia di uno veramente carino” ribatté lei con Vittoria che le dava ragione annuendo.

Un fratello non ti bacia sul collo…

Anche se loro continuavano a smontare ogni mia convinzione io ero certa di ciò che provava per me: amicizia. Magari amicizia con la A maiuscola, ma pur sempre quella. Io ci credevo tra l’amicizia tra uomo e donna.

Ci alzammo sentendo il clacson del Maggiolino nero fermo davanti a noi, lasciai che le altre entrassero dietro e io mi sedetti davanti allacciando la cintura e finalmente partimmo per tornare a casa, avevo un sonno tremendo, sarei crollata anche su un sasso.

Entrati in casa mi tolsi subito i sandali con un sospiro di sollievo, com’era bello stare a piedi nudi sul pavimento.

“Bene...adesso letto! Guai a chi mi sveglia domani” ci avvisò Vale andando in camera con Vittoria che barcollando la seguì sbadigliando anche lei con le scarpe in mano.

“Notte” dicemmo tutti in coro mentre io mi avviavo in camera.

“Che fai?” chiesi rivolgendomi a Edo che mi seguiva.

“Dormo qua no? Ho sonno e non vedo l’ora di chiudere gli occhi...”mormorò sbottonandosi la camicia.

“Ma io mi devo svestire!” esclamai mentre lui già metteva la camicia nell’armadio e rimaneva con i pantaloni.

“Anche io” disse semplicemente.

Lasciai perdere e mi voltai di spalle levandomi la maglia e la gonna senza mai girarmi, cominciavo veramente ad innervosirmi, ero timida, e lui se ne stava lì tranquillo a spogliarsi. Misi il pigiama e lo guardai piegare i pantaloni con solo un paio di boxer blu in dosso, alzai un sopracciglio “dormi così?” chiesi incrociando le braccia al petto.

“Fa caldo” disse uscendo per andare in bagno.

Lo imitai andando nell’altro per struccarmi e tornai in camera mettendomi sotto le coperte voltata di lato per mostrare la schiena al mio compagno che ancora non era entrato. Ci mise poco e spenta la luce si sdraiò al suo posto, non potei resistere dal cambiare posizione e mi trovai di nuovo con il suo volto a pochi centimetri dal mio.

“Sei arrabbiata con me?” chiese sussurrando.

Portai le braccia al petto come per proteggermi “No…” risposi abbassando lo sguardo, anche se al buio non poteva sicuramente vedermi.

“Lo sei Giù, ti conosco bene” insisté abbracciandomi e portando il mio viso tra la sua spalla e il collo, profumava ancora di buono.

“Sei strano Edo...” sussurrai timorosa “ti comporti diversamente...io...”

“Shhh” mi zittì coccolandomi con le mani sulla mia schiena “sono sempre lo stesso, ho solo bisogno di te in questo momento, non dire niente” mormorò facendomi il solletico con il suo alito sull’orecchio, sapeva di tabacco, come sempre.

Non ebbi il coraggio di dire niente, non volevo farlo soffrire, sentivo il suo respiro regolare sulla mia spalla, quasi rilassato, il suo cuore invece era partito al galoppo, lo potevo percepire benissimo essendo praticamente accoccolata a lui.

Strofinò il naso sul mio collo come un gatto che chiede di essere accarezzato, tolsi le braccia che avevo al petto e circondai la sua vita sospirando.

“Così non può andare...” mormorai piano e probabilmente non mi sentì perché non rispose, almeno non con le parole, invece mi baciò una guancia e lasciò la stretta ferrea su di me permettendomi di scostarmi un po’ da quel corpo caldo.

Mi sistemai a pancia in su con la testa girata verso la finestra, ma mi afferrò una mano intrecciando le dita alle mie, lasciai che facesse ogni cosa, persino portare la mia mano vicino al suo volto sul cuscino facendomi girare per la seconda volta verso di lui.

Senza pensarci posai le labbra sulla sua guancia “Buona notte” sussurrai chiudendo gli occhi e stringendo ancora la sua mano.

Quella notte cercai con tutte le mie forze di dormire, ma come previsto mi addormentai che già vedevo un raggio di luce filtrare timido dalla finestra.

  
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