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Autore: lullaby_89    06/09/2011    3 recensioni
Ebbene ci sono di nuovo, nuovo nome, nuovo titolo, ma i personaggi sono gli stessi!
Una storia d'amore e d'amicizia senza troppe pretese. Tra lacrime, sorrisi, incomprensioni, errori e scelte sbagliate Edoardo e Giulia cercheranno di capire qual'è il confine tra amore e amicizia!
“Sono libera di scegliere ciò che voglio senza che tu mi faccia da supervisore lo sai?”
Al contrario di Niccolò, con Edo non riuscii a mantenere un contatto visivo. I suoi occhi chiari mi schiacciavano a terra senza via di fuga.
“Io voglio solo vederti felice” accarezzò la mia spalla nuda portandomi più vicina “non raccattare il tuo cuore a pezzi” [...]
“Quando troverai un ragazzo mi lascerai da parte vedrai…” sorrise nervoso e mi posò una mano sulla mia "Un giorno ti dimenticherai di me"

- probabilmente scriverò dei capitoli extra per i missing moment a rating rosso -
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Grazie di cuore a  DreamsBecameTrue che ha lasciato un commento ^^ fa sempre piacere! Grazie anche a chi ha inserito la storia tra preferiti, seguiti, ecc... spero che con il tempo questa storia appassioni qualche persona. 
Intanto ecco il 2° capitolo! Non succede niente di particolare e per chi seguiva la vecchia versione dico che è quasi uguale al precedente! I cambiamenti ci saranno dopo!
Un bacio July :)

 

CAPITOLO SECONDO "Dormi con me?"
 

La richiesta di Edo non fu altro che pregarmi in ginocchio di poter passare qualche giorno al mare, lontano da tutto e da tutti. Ovviamente non potetti negarglielo. Quando lo vidi arrivare con quell’aria da cucciolo bastonato, che invano cercava di essere forte per non mostrare quanto in realtà ci stesse male, il mio lato da buona samaritana saltò fuori.

Chiamai anche Vittoria e Valentina, sapevo bene che io e lui soli ci saremmo solo depressi più che mai e alla fine saremmo tornati più tristi di prima e io non volevo questo per lui. Desideravo rivedere il sorriso solare del mio migliore amico.

Aveva cercato in qualche modo di apparire sereno e per niente turbato da quella rottura, che io avevo sempre reputato inevitabile, ma la realtà era che lui ci stava male e soffriva. L’unica differenza stavolta era che la decisione sembrava definitiva per entrambi.

Non sapevo dire perché, ma ne soffrivo anche io, vederlo in quello stato mi rattristava. Mi accollavo i suoi problemi come fossero i miei, era come se ci fosse stato un legame che mi impediva di essere felice quando lui non lo era.

Era un’amicizia speciale la nostra.

“Sai che non hai una bella cera?” dissi ironica cercando di tirargli su il morale.

Tutto sembrava inutile anche se lui per farmi felice sorrise, ma subito dopo tornò in quello stato di coma apparente.

“Mi riprenderò Giulia. So di aver fatto la cosa giusta e quindi non ho rimorsi” quello adesso era un vero sorriso.

La mia timidezza non mi permise di abbracciarlo, ma avrei voluto tanto farlo, coccolarlo come un cucciolo per farlo tornare allegro, per poter rivedere la luminosità dei suoi occhi, adesso un po’ spenti. Mi limitai a poggiare una mano sulla sua spalla affettuosamente.

“Possiamo partire domani mattina?” chiese improvvisamente alzandosi dal divano.

“Certo, dammi il tempo di preparare le valige però” scherzai.

“Grazie, ci vediamo domani alle dieci” disse chinandosi per baciarmi la guancia “devo andare dal mister”

“Ok…” annuii e ancora una volta mi stupii di quel gesto.

Lo sentii salutare mia mamma e poi la porta sbatté. Ormai conosceva così bene casa mia che nemmeno lo accompagnavo più, avrei potuto dargli anche una copia delle chiavi.

Non feci in tempo ad alzarmi che mamma sbucò dalla porta bloccandomi con lo sguardo, con quell’espressione tipica che significa solo una cosa: non muoverti che dobbiamo parlare.

“Che cos’ha Edoardo?” domandò così, sorprendendomi per quanto era stata diretta.

“Ha rotto con Gemma”

Oramai mia mamma conosceva tutta la storia e non avevo motivo di nasconderle niente. Mi piaceva quel rapporto aperto e avrei odiato anche l’idea di tenerle nascosto qualcosa. Era sempre stata comprensiva e soprattutto sapeva consigliarmi.

“Gemma non è mai stata adatta a lui…”

Si mise a sedere accanto a me ripetendomi quello che aveva sempre affermato con troppa sicurezza e mi stupiva quanto ci indovinasse ogni volta.

“Già…” mormorai.

“Andate al mare da soli?” chiese.

“No mamma, andiamo insieme a Vale e Vittoria” sorrisi sapendo dove voleva arrivare. Come aveva la certezza che Gemma non era mai stata giusta per Edoardo, aveva anche quella malsana ed insulsa idea di considerarci una coppia perfetta.

“E poi che ci sarebbe di male? Siamo amici” scrollai le spalle.

“Lo so” mi posò una mano sulla spalla e continuò “però tesoro siete sempre insieme, anche quando stava con Gemma usciva più con te che con lei”

Ma dove voleva andare a parare?

“Mamma che intendi dire? Odio i giri di parole” sbuffai guardandola un po’ storto.

“Non è che Edo ha un debole per te?”

Istintivamente scoppiai a ridere come se avessi appena sentito la più bella e divertente barzelletta mai detta. Non potevo resistere. Edo attratto da me. Più ci pensavo e meno riuscivo a tornare seria mentre mia mamma mi fissava.

“Mamma non scherzare dai” le dissi cercando frenare quella risata.

“Non capisco cosa ci potrebbe essere di male. Siete due amici e lo capisco, ma non è detto che non possa nascere niente, siete così uniti”

“Appunto mamma, uniti come amici.” dissi senza indugio “solo amici” e non volevo sentire altre fesserie.

Non bastavano gli amici a ripetercelo, adesso anche la mia famiglia si metteva a fare ipotesi strampalate e assurde.

“Va bene” si arrese.

Ricordati di spegnere il gas quando andate a dormire e se andate a ballare tornate presto”

Le solite raccomandazioni delle madri e pensare che dovevo subirne ancora tante prima di partire la mattina dopo. Soprattutto mancava ancora mio padre, apprensivo e geloso al limite della decenza della sua unica figlia. Per fortuna Edoardo gli era sempre stato simpatico; ho sempre creduto che sarebbe stato l’unico ragazzo che avrebbe mai sopportato di vedere al mio fianco. Peccato che fossimo solo amici ed il sentimento fosse reciproco.

 

Come concordato alle dieci della mattina dopo Edoardo era venuto a prendermi, puntuale come un orologio svizzero. Aveva preso i miei bagagli e li aveva gettati in macchina ansioso si partire il prima possibile.

Non che fossi dispiaciuta di questo, ma non potevo resistere dal domandarmi se stesse fingendo. Che da un giorno all’altro avesse cambiato faccia non lo ritenevo possibile. Lo conoscevo troppo bene per credere che Gemma l’avesse riposta in un angolo così in fretta.

“Come va?” domandai titubante.

Purtroppo avevo il vizio di preoccuparmi eccessivamente e a volte non pensavo che le mie domande potessero dare fastidio.

“Bene, smettila di chiedermelo però” sbuffò.

Non era stato duro, nemmeno scontroso, quando era evidente che avrebbe voluto dirmi altro oltre quello. Lo vedevo dal suo volto, teso al massimo e pensieroso.

“Siamo partiti per… o meglio, io sono voluto venire al mare per non pensarci, ma se continui a chiedermi come sto non è facile” cercò di sorridere, ma non fu un gran risultato “prometti che non mi chiederei più una cosa del genere?”

“Va bene…” annuii per farlo contento.

Se poi avesse voluto parlarne lo avrebbe fatto lui, da lì in avanti avrei fatto finta di niente e avrei considerato quella fuga una semplice settimana tra amici come avevamo sempre fatto.

“Non ti sto rimproverando. Anzi dovrei dirti grazie per tutto quello che fai per me” questa volta il sorriso fu sincero “nessuno ti obbliga, ma per me ci sei sempre”

Ed ecco il mio migliore amico, quello che non riesce mai ad aprirsi, ad esprimere a pieno i suoi sentimenti verso le altre persone. Ricordo ancora la prima volta che mi aveva detto di essere la sua migliore amica. Il cuore mi era quasi scoppiato dalla felicità, anche per me lui lo era, ma mai avevo avuto il coraggio di dirglielo. Avevo sempre pensato che non ce lo saremmo mai detto essendo io troppo timida e lui troppo chiuso in se stesso. Però si sa, non si finisce mai di conoscere una persona; e probabilmente ancora non lo conoscevo abbastanza.

 

Avevamo già fatto la spesa, messo le cose al loro posto e pranzato quando un temporale furioso era iniziato e una scarica di tuoni scendeva a terra con un rombo assordante. Avevamo scelto proprio dei bei giorni per andare al mare.

“Vale mi ha chiamato dicendomi che ormai viene domani mattina, non ha voglia di farsi un viaggio in una tormenta come questa” si lasciò cadere sul divano prendendo il telecomando, il segnale era andato.

“Che facciamo fino a domani?” chiesi cercando di far funzionare almeno un canale.

“Film” propose indicando il dvd “non ho altre idee, almeno che tu non voglia fare un po’ di joggin fuori” scherzò lanciandomi un cuscino e piegata com’ero sulle punte dei piedi caddi a terra battendo il sedere sulle mattonelle.

“Maledetto” dissi alzandomi e ributtandogli il cuscino in faccia. L’espressione che ne uscì dopo mi piacque pochissimo.

“Se ti prendo ti faccio rimpiangere ciò che hai fatto” urlò mentre io scappavo in camera per chiudermi dentro, ma ovviamente non fui abbastanza veloce e mi trovai con la schiena sul letto e lui sopra a tirarmi il cuscino.

“Sme…” cercavo di parlare ma era inutile “...tti...la!” cercavo ci calciarlo via, ma era seduto culle mie cosce ed era impossibile muoversi.

“Edo muoio se continui!” ansimai distrutta quando d’improvviso si bloccò e posò il cuscino sul letto sghignazzando vittorioso.

Ripresi fiato, mi faceva caldo, anche lui non era messo meglio, aveva il ciuffo che ricadeva sul volto e i capelli in disordine, respirava velocemente e mi guardava con un sorriso malandrino.

“Cosa non devi più permetterti di fare tu?” domandò puntando le mani sul materasso e guardandomi intensamente.

Le parole faticarono ad uscire, ma alla fine riuscii a parlare “non devo tirati il cuscino in faccia” sul suo volto si disegnò un sorriso di trionfo, sul mio una smorfia di resa.

Rimanemmo lì immobili a fissarci per un po’ e quando il fiatone scomparve riuscì a rendermi conto di dove, e soprattutto come eravamo. Edo era sopra di me, esattamente sopra il mio bacino, arrossii violentemente sentendo tutto il caldo invadermi il viso.

“Potresti...ehm...” biascicai indicando il posto dove si era accomodato e dove notavo non voleva alzarsi, forse non se ne era reso conto nemmeno lui preso com‘era dalla vittoria.

Abbassò lo sguardo e si alzò subito mettendosi in piedi porgendomi una mano per aiutarmi “non l’ho fatto apposta” si scusò grattandosi la testa imbarazzato.

“Tranquillo” dissi andando verso il salotto per scegliere un film, lui dietro mi seguiva senza dire niente.

“Che film vuoi vedere?” chiesi guardandolo sdraiato sul divano intento a fissare davanti a sé, tanto che dovetti richiamarlo più volte prima di ottenere una risposta.

“Cosa?” chiese come se scendesse dalle nuvole.

“Principessa cosa desidera vedere?” domandai ridendo.

“Chiamami principessa ancora una volta e ti ritrovi come prima” disse e sgranai gli occhi. Resosi conto di ciò che aveva appena detto si riprese subito “ti getto in strada sotto l’acqua” mi minacciò.

“Ok” dissi sapendo che ne avrebbe avuto il coraggio “mi dici cosa vuoi vedere o decido io?” chiesi con un sorriso a trentadue denti evidentemente sforzato che lo fece ridere e alzare da quel divano azzurro .

Si accucciò al mio fianco prendendo i Dvd dalle mie mani guardandoli uno ad uno, poi li rimise tutti al suo posto tranne uno.

“Questo” disse tirando fuori il cd grigio su cui a caratteri rossi ed eleganti stava la scritta L’avvocato del Diavolo.

“Ok” acconsentii con un sorriso, era uno dei miei film preferiti, con il mio attore preferito per giunta.

Lo inserii nel lettore e accesi la tv ancora del tutto senza segnale, dopo aver sistemato lingua, sottotitoli e cose varie mi gettai sulla poltrona accanto al divano stringendo al petto il cuscino e mentre i trailer avanzavano sullo schermo mi voltai a guardare Edo.

Era disteso sul divano senza le scarpe, che giacevano sul pavimento, le mani incrociate sulla pancia e lo sguardo vuoto verso il televisore. Sembrava non lo stesse guardando.

Il film, anche se di lunga durata, passò veloce, almeno per me, non saprei dire se fu lo stesso per Edo che per tutte le tre ore stette fermo e immobile nella stessa posizione, facendo solo qualche commento sulla trama, che tra l’altro conoscevamo entrambi a memoria.

Mi alzai per spegnere tutto guardando l’orologio, erano le sei e mezza e fuori non cessava di piovere, a mio parere la pioggia era aumentata d’intensità e il cielo era nero come il carbone con qualche nuvola più chiara perché rischiarata da un fulmine.

“Che tempo...” si lamentò sempre sdraiato su quel divano, se continuava così sarebbe entrato in simbiosi con quel pezzo di arredamento.

“Alzati di lì ghiro che non sei altro” lo rimproverai prendendo una bottiglia d’acqua dal frigo chiedendo se ne voleva un po’.

“Mi alzo” sbuffò stiracchiandosi “anzi mi faccio una doccia e poi cuciniamo qualcosa. Che ne dici?” chiese posandomi le mani sulle spalle e poggiando il mento su una di esse.

“Vai pure, ho voglia di dolci...che ne dici di un paio di crepés alla ciocclato?” domandai scostandomi da quel contatto troppo intimo, troppo per noi. Per me.

“Perfette! Torno subito, ci metto un attimo” disse senza guardarmi e scomparendo in quella che era stata adibita come sua camera. Io intanto presi le uova e il latte per preparare il tutto, presi anche la Nutella e la misi nell’acqua calda per farla diventare più morbida.

Posai le mani sul marmo di travertino della cucina con la testa china respirando a pieni polmoni mentre sentivo l’acqua della doccia scrosciare e la pioggia battere sulle persiane chiuse.

Quei giorni sarebbero stati una tortura se il temporale fosse continuato, io ed Edo chiusi in casa con i propri pensieri, saremmo impazziti entrambi. A lui mancava Gemma anche se non lo ammetteva, io ero estremamente confusa da quel ragazzo che sembrava essere un altro.

Apparecchiai mentre aspettavo che Edo uscisse dalla doccia e si vestisse, erano le sette e mezza, un po’ presto per cenare, ma non avevamo altro da fare e almeno avremmo passato un’ora.

Finalmente sentii la porta del bagno aprirsi e richiudersi, si presentò di fronte a me con l’accappatoio blu avvolto attorno al corpo e i capelli gocciolanti.

“Vestiti se non vuoi morire di freddo” gli consigliai accendendo il condizionatore in modalità riscaldamento per non farlo congelare o peggio ammalare.

“Si mammina” disse prendendo una sigaretta dal pacchetto sul tavolino e accendendosela sbuffando un po’ di fumo dalle narici come un drago. Non potei trattenermi dal ridere.

“Vai!” scherzai indicando la porta della camera.

Con una linguaccia se ne andò in camera afferrando il posacenere e si chiuse la porta alle spalle. Ne uscì dopo pochi minuti con i pantaloni di una tuta e una maglia grigia attillata che si modellava perfettamente sul suo torace.

“Bene Cenerentola, che mi hai preparato?” chiese infilando un dito nel barattolo di cioccolata scottandosi il dito e imprecando come a suo solito.

“Non lo vedi che è immerso nell’acqua calda?” dissi prendo la sua mano e guardando il polpastrello arrossato mettendolo sotto il getto di acqua fredda “sei peggio di un bambino” scherzai ridendo mentre lui ritraeva il dito.

“Brucia” si lamentò.

“Puoi iniziare tu? Vado a mettermi i pantaloni lunghi, fa freddino adesso” dissi lasciando l’acqua a scorrere sul suo indice “anzi tieni la mano lì e non ti muovere” ci ripensai, non volevo avere sulla coscienza la sua morte tra i fornelli.

Rise tirandomi un calcio sul sedere senza farmi male ed io lo guardai accigliata per poi andare in camera a togliermi quei pantaloni troppo leggeri per mettermi quelli di jeans più pesanti.

Tornai in cucina e lui era ancora intento a soffiare sul polpastrello, lo lasciai stare e iniziai a fare le crepes. Mangiammo mentre io lo prendevo in giro sulla sua bassissima soglia di dolore e del fatto che anche una piccola scottatura lo facesse morire e lamentarsi come se lo avessi pugnalato.

Rimisi a posto ogni cosa e la cioccolata avanzata la prese Edoardo insieme ad un cucchiaino sedendosi al tavolo della cucina ad osservarmi mentre rigovernavo e asciugavo i piatti e ciò che avevamo usato.

“Non ti ci abituare, domani tocca a te” dissi mettendo l’ultimo bicchiere al proprio posto “e poi non te la finire tutta!” mi lamentai cercando di afferrare il cucchiaino che ovviamente spostò subito infilandolo nel barattolino “egoista”

“Tieni” disse alzandosi e mettendomi il cucchiaio in bocca senza farmi rispondere “Gra…zie” biascicai assaporando il gusto dolce e cremoso.

Posò il barattolino sul lavello e andò sul divano ad accendere la tv, qualche canale era tornato funzionante, ma alcuni erano ancora poco visibili.

“Si vede solo Super Quark o Chi l’ha visto, cosa preferisci??” domandò sarcastico.

“Direi il primo” risposi accontentandomi. Almeno avrei visto qualcosa di interessante, e non uno stupido programma dove le persona ricercano parenti spariti da secoli.

Come al solito mi lasciò la poltrona, dove mi sedetti subito mettendo le gambe di fianco e guardando un documentario sull’antica civiltà di Pompei scomparsa sotto la cenere del Vesuvio.

“Giulia ti manca Stefano?” domandò all’improvviso facendomi sobbalzare.

“Grazie per avermelo ricordato” risposi afflitta “sì, mi manca. Ma ero solo...” non sapevo come definirmi “non lo so cos‘ero, ma sicuramente ero poco importante per lui” mormorai abbassando la testa.

“Perché non provi ad allargare gli orizzonti?” chiese curioso.

“Perché quelli che piacciono a me sono i classici ragazzi a cui interessa divertirsi e basta, io ho bisogno di altro…” spiegai. Volevo qualcuno che mi amava o che almeno si interessava a me come persona.

“Hai 18 anni, divertiti!” esclamò alzando le mani al cielo.

“Senti da che pulpito parte la predica” lo rimbeccai sorridendo “e io non sono una di quelle a cui piace andare con il primo che passa!” dissi un po’ scocciata e offesa.

“Lo so, sei una ragazza rara a questo mondo” si spostò su un lato appoggiandosi su un gomito “io te lo dico perché tu non finisca come me” sorrise afflitto.

“Spero di no” cercai di sorridere per non farlo demoralizzare “intanto soffriamo in due, poveri single rinchiusi in una casa al mare con un tempo che farebbe invidia alla foresta pluviale” scherzai riuscendo a fargli uscire una risata sincera da quella bocca sottile.

“Siamo single... siamo soli...” si alzò dal divano sovrastandomi “disperati” aggiunse avvicinandosi e mettendo le mani sui braccioli della poltrona chinandosi in avanti “soli...” ripeté sorridendo sghembo.

“La nutella ti ha dato di volta al cervello?” domandai con il viso vicinissimo al suo.

“No, volevo darti noia” disse pizzicandomi le braccia facendomi urlare come una pazza, mi faceva male e non riuscivo a liberarmi dalla sua presa.

“HAIA!!” urlai con le lacrime agli occhi per le risate, mi aggrappai al suo collo lasciandolo cadere sulla poltrona mentre io scappavo fino ad indietreggiare e trovare la porta reggendomi la pancia dolorante.

“Time out” dissi mettendo una mano avanti con il palmo aperto e il fiato corto vedendolo avanzare verso di me.

“Va bene... per ora” sghignazzò spegnendo la tv.

Mi alzai per andare a chiudere a chiave il cancellino dato che la pioggia in quel momento era solo una leggera nebbiolina umida.

Quando tornai nel salotto trovai un Edoardo che teneva la testa china, la schiena leggermente incurvata in avanti con le spalle, quasi a chiudersi in un guscio. Era capitolato di nuovo nel suo baratro di ricordi.

Mi dispiaceva da morire, eravamo venuti al mare per farlo svagare, invece eravamo costretti in una casa con 3 canali funzionanti alla tv e niente da fare perché quel maledetto giorno di luglio il cielo aveva deciso di scaricare tutta l’acqua che aveva raccolto in due mesi.

Tornai a sedere, questa volta sul divano afferrando il mio telefono, c’era un messaggio di Vittoria, chiedeva come stava procedendo e se il tempo era migliorato. Omessi lo stato d’animo lunatico di Edo e il suo tentativo di oscurare la sua tristezza e con dispiacere scrissi che il tempo era pessimo.

Guardai fuori dalla porta appoggiandomi allo stipite. Sentivo l’aria fresca della sera mista a quell’umidità tipica dei temporali, quando anche se non sei sotto l’acqua hai l’impressione di essere bagnata ugualmente. La strada era allagata dalla forza con cui la pioggia era caduta a terra ed il cielo era più nero che mai, la luna oscurata dalle nuvole, come del resto anche le stelle. Odiavo le notti senza luna, erano come tristi, come se al cielo mancasse qualcosa.

Chiusi e posai il telefono sul divano, alzai lo sguardo incrociando quello vuoto del mio amico mentre si portava la sigaretta alla bocca aspirando e rilasciando una nuvoletta di fumo che salì dissolvendosi verso l’alto.

Non dissi nulla, mi limitai ad accendere di nuovo la tv e maledire l’antenna che non voleva collaborare, almeno un canale poteva funzionare no?? Trovai MTV sul numero 39 e lo lasciai, abbassai di un poco il volume e presi il telefono che stava vibrando, era Vittoria. Diceva che sarebbe partita la mattina per evitare il traffico e sperava che l’acquazzone sarebbe passato. Quello lo desideravamo tutti dato che aveva ricominciato.

Le diedi la buona notte e mi lasciai cadere con la schiena sulla spalliera. Mi incantai sul soffitto color bianco latte, su ogni crepa, imperfezione e qualunque altra cosa ci fosse di interessante in una parete monocromatica. Eravamo decisamente due ragazzi senza speranza: lui depresso ed io preoccupata per lui. Dovevamo reagire, o meglio io dovevo farlo perché lui non l’avrebbe mai fatto. Edoardo aveva il proposito, ma non la forza di mantenerlo.

Impaziente mi alzai e presi dell’acqua, mi piantai davanti a Edo spazientita.

“Hai intenzione di fare l’eremita?” domandai.

Alzò la testa quel tanto che bastava per farmi vedere il sorriso enigmatico sul volto e ritornare al suo posto un secondo dopo “no, momento di crisi scusa” esclamò più allegro alzandosi e sorridendo come si deve.

“Meno male” sospirai andando in camera mia seguita da lui.

Mi girai con aria interrogativa “mi segui?” chiesi divertita.

“Vai a letto?”

“Non c’è altro da fare, meglio dormire no?” risposi sistemando la trapunta e i cuscini.

“Dormi con me?” chiese facendomi rimanere di sasso. 

Lui di fronte a me dall’altra parte del letto mi scrutava aspettando una risposta.

“Io…non mi pare il caso” conclusi, ritenendo che quella era la cosa giusta da dire.

“Non facciamo niente di male, non mi va di stare solo...tutto qua” ribatté sereno, come se fosse una cosa ovvia che potevamo farlo senza problemi. Era l’ex ragazzo della mia migliore amica, anche mio migliore amico, ma non avevamo mai dormito nello stesso letto.

“No...”dissi decisa senza ammettere repliche e abbassando gli occhi verso il pavimento.

Che tutte le chiacchere di mia madre mi avessero contagiata?

“Va bene...allora vado anche io...a domani” disse voltandosi e scomparendo dietro la porta che rimase semiaperta, non mi aveva mai liquidata così, persino nei messaggi scriveva parole più dolci. Non una buona notte, non un bacio. Quel ragazzo mi faceva ammattire con i suoi sbalzi d’umore. Poi dicono delle donne che sono lunatiche. Mah!

Scossi la testa ancora immobile sul posto, non potevamo dormire insieme, anche se io non provavo niente per lui, se non amicizia, non era giusto dormire nello stesso letto. Controllai che tutte le porte fossero chiuse e poi tornai in camera passando davanti alla camera di Edo che notai era già sotto le coperte e con la luce spenta.

Tolsi i jeans e la maglietta per infilarmi l’unico pigiama che mi ero portata, estivo ovviamente, una canottiera rosa e pantaloncini grigi con ranocchiette verdi. Mi sistemai nel letto dalla parte destra, quella opposta alla finestra, e spensi la luce accomodandomi e stringendo le lenzuola al petto come ero solita fare.

Sbadigliai parecchie volte per poi addormentarmi, ma il primo sonno è leggero e non tardai molto a svegliarmi disturbata da qualcosa, mi correggo, qualcuno.

“Che ci fai qua?” biascicai mezza addormentata e scocciata sentendolo entrare sotto le coperte e avvicinarsi a me.

“Dormo con te” sentii la voce leggera e pacata del mio migliore amico e una sua mano accarezzarmi la testa “non ti darò fastidio” parlò ancora, ma erano parole lontane, sussurrate e senza accorgermene ero di nuovo addormentata, questa volta tra le braccia di Edo.

  
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