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Autore: BebaTaylor    02/10/2011    2 recensioni
«Tutto bene?» mi chiede Sara attorcigliandosi una ciocca dei capelli biondi sul dito indice della mano destra.
«Tutto bene, non preoccuparti.» rispondo anche se non è vero.
Come posso spiegare la situazione a Sara e a Maddalena? Come posso dire loro che ho mentito? No, io non ho mentito. Loro non mi hanno mai chiesto “Ehi, visto che hai vissuto a San Antonio non è che conosci Jared Padalecki?” No, loro non mi hanno chiesto mai nulla. Io ho semplicemente omesso un piccolo particolare. Sempre se conoscere un attore famosissimo sia un piccolo dettaglio. Riprendo in mano il cellulare e mi collego a internet. Trattengo un imprecazione quando, nero su bianco, mi appare la news che Jared è veramente in Italia a girare un film, Afferro una bottiglietta d’acqua dallo zaino e bevo a piccoli sorsi.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Padalecki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Uno
*20 Luglio*


Non ci posso credere . Io e Sara, la mia migliore amica, siamo in stazione Centrale a Milano e stiamo per partire per le nostre vacanze. Veramente partiamo fra un’ora e un quarto, ma questo è un piccolissimo dettaglio su cui si può benissimo sorvolare. Anche perché Sara non capisce perché siamo arrivante in stazione alle sette e mezzo quando il nostro treno parte alle nove e trentacinque. Mi ha fatto la predica mentre stavamo salendo sul treno a Garbagnate alle sei e un quarto.
«L’ultima volta abbiamo perso il treno, per questo voglio arrivare prima.» le ho detto, ma lei si era già riaddormentata.
Ora siamo sedute sulle scomode panche e stiamo mangiando la colazione: un panino con il salame lei, una focaccia ripiena di mozzarella e prosciutto crudo io. Intanto cerchiamo di allontanare i piccioni che aspettano solo le briciole.
«Non vedo l’ora di essere là. Pensa, un mese io e te insieme.» dico pulendomi la bocca con un tovagliolino di carta. «Quanti disastri riusciremo a combinare?» esclama lei prima di scoppiare a ridere.
Il suo cellulare suona, con l’allegra musichetta dei tre porcellini. Sara risponde.
«Sono in stazione.» la sento dire mentre si alza e butta il tovagliolino nel bidone dei rifiuti.
«Sono con Jennifer, stiamo andando nella sua casa in Friuli…» Sara torna a sedersi accanto a me e tira fuori le sigarette e io la imito.
«Starò via un mese.» Sara sospira. «Te l’avevo detto. Devo andare, il treno sta per partire. Ti chiamo dopo Angela.» mette via il cellulare e sbuffa. Angela è sua sorella maggiore, ha due anni più di noi, ossia ventotto anni. In realtà compie gli anni il ventidue ottobre. Io, invece faccio gli anni ad Agosto, il tredici per la precisione.
«Cosa ha questa volta?» domando.
Sara sbuffa ancora. «La conosci, è la solita. Si preoccupa troppo per me.» mi risponde.
Io scrollo le spalle. «Se vuoi invitala per un week end.» dico. Lei mi fissa e fa una smorfia.
«Devo proprio farlo?» mugugna.
Io scrollo le spalle. «Se vuoi. Lo sai che io adoro quanto te Angela.» pronuncio prendendola in giro. Sara sorride e si alza.
«Facciamoci un giro.»
«Va bene.» esclamo alzandomi e afferro il manico del mio trolley rosso. Metto lo zaino in spalla, controllo che il marsupio sia ben allacciato e seguo la mia amica.
Conosco Sara da dodici anni, ossia da quando mi sono trasferita da San Antonio, in Texas, in un piccolo paese della provincia di Milano. Mio padre è di New York, ma io sono nata in un ospedale di Los Angeles visto che mio padre lavorava in quella città. Ad otto anni mi sono trasferita a San Antonio. Mia madre invece è friulana, e ha seguito mio padre in tutti i suoi spostamenti perché lo ama.
La stazione è piena di persone che partono per le vacanze. Oggi è il venti luglio e la cosa mi sembra normale. «Si è anche lamentata del fatto che il bar rimane chiuso per un mese e ha paura che succeda qualcosa.» borbotta Sara.
Io e lei due anni e mezzo fa abbiamo comprato un bar, l’abbiamo ristrutturato e gli affari vanno bene. «Ma di cosa ha paura? C’è l’allarme, di notte passa la guardia… e poi, proprio quando siamo in vacanza deve succedere qualcosa?» dico.
Finalmente, dopo quella che mi sembra un’eternità, il nostro treno arriva al binario sedici. Lentamente arriviamo fino alla nostra carrozza e aspettiamo in fila il nostro turno per salire. Una volta sul treno avanziamo lentamente fino ai nostri posti, un po’ a causa delle nostre grandi valige, un po’ per colpa delle tizia davanti a me che procede più lentamente di una lumaca morta.
Sospiro, sbuffo, sospiro e sbuffo ancora. Mi schiarisco la voce ma la tizia che indossa un orribile vestiti con una fantasia a fiori, non si muove di un millimetro. Mi chiedo se stia aspettando la venuta del Messia, l’ispirazione su cosa fare o chissà cosa.
«Mi scusi signora, io e la mia amica dovremmo passare.» le dico con gentilezza anche se avrei voglia di prenderla a calci.
La donna mi guarda come se si accorgesse per la prima volta che sono dietro di lei. Si sposta appena.
«Guardi che non ci passo.» le faccio notare. Le sbuffa e finalmente si sposta.
Io e Sara sistemiamo i bagagli nell’apposito vano sopra i sedili e per poco non ci ammazziamo quando la sua valigia sembra intenzionata a caderci in testa.
«Potevamo prendere però le valigie più piccole.» dice la mia amica con il fiatone.
Io scrollo le spalle. «Sarebbe stato uguale.» dico sedendomi accanto al finestrino.

Il treno si ferma alla stazione di Peschiera del Garda e noi siamo proprio di fronte alla grossa statua di Prezzemolo. Faccio “ciao-ciao” alla statua con la mano destra. Immagino già cosa dirà Sara.
«Quando ci torniamo?»
Ecco, lo sapevo che avrei indovinato. La guardo e accenno un sorriso. «Direi magari a settembre… ci siamo già quattro volte da quando è iniziata la stagione.»
Sara poggia le mani sui tavolini che dividono i nostri posti e sorride. «Lo so, ma piace a tutte e due.»
Io sospiro e appoggio la testa al poggia testa. Sarà una vacanza indimenticabile, lo sento.

Siamo nella stazione di Venezia Mestre e stiamo aspettando il treno per Udine. Dovrebbe arrivare alle dodici e sedici. Abbiamo il tempo di fumarci una sigaretta, svuotare il distributore automatico dalle patatine e di prendere un mocaccino. Anzi, il mocaccino lo prendo solo io.
Siamo in piedi accanto ai nostri bagagli perché le panchine sono tutte occupate. Mi accorgo che la tizia che bloccava il passaggio è poco distante con noi e sta parlando, anzi sarebbe meglio dire che sta litigando, con qualcuno al cellulare. Butto il bicchierino in plastica ormai vuoto e il treno si ferma. Una delle porte è proprio davanti a noi. Aspettiamo che salga un po’ di gente e saliamo con noi.
«Siamo quasi arrivate!» esclama allegramente.
«Oh sì. Domani o dopo andiamo al Città Fiera?» chiedo riferendomi al centro commerciale alle porte di Udine.
Sara annuisce vigorosamente. «Certo. Un po’ di sano shopping è quello che ci vuole!»
Appena finisce di parlare il mio cellulare suona. Lo cerco all’interno del marsupio domandandomi perché più la borsa è piccola più faccia fatica a trovare le cose. Finalmente trovo il cellulare. È Maddalena, la sorella minore di Sara. Mi chiedo perché mi stia chiamando.
«Pronto?» dico.
«Jenny!» strilla Maddalena. Io alzo gli occhi al cielo. Che diavolo ha questa volta? Lei ha sempre qualcosa, ma forse è perché ha appena compiuto diciassette anni.
«Maddalena, cosa vuoi?» domando mentre noto che Sara mi sta guardando sorpresa e infastidita allo stesso tempo.
«Ho appena saputo una cosa stupenda!» la ragazza continua a strillare. Ma perché urla tanto? Mi renderà sorda!
Abbasso il volume e sospiro. «Che cosa?» le chiedo.
«Jared Padalecki e Mark Taylor stanno girando un film lì in Friuli, a Racchiuso!»
«Cosa?» questa volta sono io a strillare come una cretina e per di più mi sono alzata in piedi.
«Cosa è successo?» domanda Sara. Io scuoto la testa e torno a sedermi di fronte a lei.
«Sì, sì, è così. Ti prego, ti prego ti prego! Convinci mia madre a farmi stare da te più di cinque giorni!» piagnucola.
«Vedrò cosa posso fare. Ora devo andare sta arrivando il controllore.» dico e chiudo la chiamata. In realtà non è vero, il controllore è passato cinque minuti fa, avevo solo bisogno di una scusa plausibile per chiudere la chiamata.
«Allora? Cosa si è inventata questa volta quella peste?» mi chiede Sara mentre metto via il cellulare.
Avvicino la testa al suo orecchio destro. «Mark Taylor e Jared Padalecki girano un film lì a Racchiuso!» sussurro.
Lei si copre la bocca con la mano e i suoi occhi grigi sembrano brillare.
«Sul serio?» mi chiede.
Io annuisco. «Sì, lo sai che tua sorella è sempre una fonte d’informazioni attendibile.» mi fermo un secondo per trovare il modo do dirle quello che mi ha chiesto Maddalena. Non sarà contenta, visto che tutte e due sono pazze per Jared anche se Maddalena lo è di più, voleva persino tatuarsi “Jared I love You ” con un cuore rosso al posto di “love”. Beata innocenza, mi verrebbe da dire. Per fortuna Cristina, la madre di Sara, Maddalena e Angela, ha detto no a questa follia.
«Maddalena mi ha chiesto di convincere vostra madre a farla rimanere più tempo.» dico velocemente senza guardarla. «No! Non ci provare nemmeno!» esclama con veemenza Sara. «Jared lo voglio tutto per me!» continua prima di scoppiare a ridere.
Sono nella merda. Sono veramente nella merda. Il perché?
Perché io conosco Jared da quando avevo otto anni, perché eravamo vicini di casa, perché in questi anni ci siamo sentiti e ci siamo visti, perché mi ha invitato al suo matrimonio ma io ho rifiutato l’invito adducendo una scusa. Chiudo gli occhi e respiro profondamente. Il problema non è solo questo. Il problema è che Sara e Maddalena non lo sanno. Anzi, escludendo i miei genitori e i miei fratelli e mi cognata, nessuno lo sa.
«Tutto bene?» mi chiede Sara attorcigliandosi una ciocca dei capelli biondi sul dito indice della mano destra. «Tutto bene, non preoccuparti.» rispondo anche se non è vero.
Come posso spiegare la situazione a Sara e a Maddalena? Come posso dire loro che ho mentito? No, io non ho mentito. Loro non mi hanno mai chiesto “Ehi, visto che hai vissuto a San Antonio non è che conosci Jared Padalecki?” No, loro non mi hanno chiesto mai nulla. Io ho semplicemente omesso un piccolo particolare. Sempre se conoscere un attore famosissimo sia un piccolo dettaglio. Riprendo in mano il cellulare e mi collego a internet. Trattengo un imprecazione quando, nero su bianco, mi appare la news che Jared è veramente in Italia a girare un film, Afferro una bottiglietta d’acqua dallo zaino e bevo a piccoli sorsi.
«Tutto bene? Cos’è sei ansiosa per Jared?» mi domanda Sara e io per poco non mi strozzo con l’acqua.
«Cazzo Sara, prima o poi mi farai morire!» borbotto asciugandomi il mento con il dorso della mano. Lei ridacchia. «No, non sono ansiosa per lui. È tua sorella o meglio, la sua reazione che mi fa preoccupare.»
«Ci penserò io a lei. Per ora godiamoci la vacanza senza quella peste.» Sara si passa una mano fra i capelli che le superano di qualche centimetro le spalle e si appoggia allo schienale della poltroncina.

Sono le due e mezza e siamo sedute nel bar della stazione di Udine e attorno al nostro tavolino ci sono nostri bagagli. «Credo che la prossima volta dovremmo portare meno roba.» osservo smettendo di sorseggiare il mio caffè freddo con il Baileys. Sara inarca un sopracciglio e scoppia a ridere.
«In un’altra vita, forse.»
Io scrollo le spalle e poso il bicchiere su un sotto bicchiere della birra Carlsberg. Credo che me lo prenderò, è così carino. È quadrato con gli angoli smussati con lo sfondo verde. Al centro spicca il logo della birra. Anche se forse questo sotto bicchiere ce l’ho già, ficcato in quella scatola in mezzo a tutti gli altri sotto bicchieri.
Stiamo aspettando mio cugino Alfredo. Quando l’ho chiamato era al lavoro. Costruisce siti web e spesso lavora da casa. Dovrebbe essere qui a minuti, o almeno lo spero, visto che voglio farmi una doccia.
«Jennifer!» mi sento chiamare. Mi volto e mi trovo davanti Alfredo, che con i suoi capelli ricci e biondi e con i suoi occhi azzurri assomiglia a un cherubino.
«Alfi!» esclamo alzandomi e abbracciandolo con foga. Lui mi stringe e mi bacia le guance.
«Possiamo andare?» domanda afferrando il mio zaino e mettendoselo in spalla. Io e Sara annuiamo.
«Lo sapete che ci sono due attori che stanno girando un film?» domanda mio cugino mentre sistemiamo le valige e gli zaini nel portabagagli della sua auto.
«Lo sappiamo, lo sappiamo.» rispondo. Poco dopo siamo in auto diretti verso quella che una era la casa dei miei nonni materni.

La casa è una villetta singola, con garage e un vecchio fienile ormai in disuso. L’abitazione è su tre piani, anche se l’ultimo è solo un solaio non utilizzato. La facciata è dipinta di un rosa chiarissimo. Io e Sara entriamo, ringraziamo Alfredo e ci sediamo sul dondolo per fumare una sigaretta. Un paio di piante di uva americana si arrampicano lungo la parete est del fienile. Quest’uva è buonissima, peccato per un piccolo effetto collaterale…

Io e Sara portiamo, con molta fatica aggiungo, le nostre valige in camera mia, che si trova al piano superiore. La mia stanza ha le pareti dipinte di lilla una finestra che dà sul davanti della casa e una porta finestra che dà sul vecchio balcone in legno. Posiamo le valige sul letto matrimoniale e iniziamo a svuotarle mettendo le nostre cose nell’armadio e nei cassetti del comò. Ci impiegamo un po’ a sistemare la nostra roba.
«Andiamo a fare un giro?» propone Sara infilando la valigia vuota nell’armadio.
Io la guardo sorpresa, anche se so perché vorrebbe andare a fare un giro adesso.
«Perché?» chiedo.
Lei abbassa il viso si stropiccia le mani poi mi guarda. «Beh, sai… voglio vedere se riusciamo a vedere Jared e Mark…» mormora.
Io sorrido. Potrei quasi fare l’indovina.
«E va bene.» dico afferrando il marsupio che avevo gettato sul comò. Scendiamo le scale di legno , afferro le chiavi che avevo posato sul tavolino e usciamo da casa Ci dirigiamo in silenzio verso la “Madonnina”, ascoltando solo il rumore dell’acqua del ruscello, il cinguettio degli uccellini e i versi delle poiane, versi che assomigliano al miagolio di un gatto. Siamo quasi a metà strada quando un pallone da basket rotola lentamente fino a noi. Mi abbasso e lo raccolgo mentre Sara si guarda attorno per vedere di chi sia la palla.
«Per fortuna che siamo passate solo noi, se ci passava sopra un’auto rischiava di fare un incidente.» borbotto.
«Sara?» chiamo la mia amica, poi mi giro verso di lei e noto che guarda fisso qualcosa e che ha le mani davanti alle labbra, come se volesse trattenere un urlo. Guardo nella sua stessa direzione e per poco non faccio cadere il pallone.
«Scusa, quella è mia.» mi dice uno dei due ragazzi parlando in inglese. Io annuisco come una scema e gli allungo la palla.
«Ma… sono loro!» mi sussurra Sara aggrappandosi al mio braccio e stritolando con forza.
«Già.» rispondo, quasi sollevata dal fatto che Jared non mi abbia riconosciuta.
«Grazie.» esclama lui con un sorriso e la presa di Sara si fa, se possibile, ancora più forte.
«Di nulla.» rispondo nella stessa lingua.
«Sei sempre la stessa, non sei cambiata.»
Oh merda.
«Cosa? Cosa vuol dire?» domanda Sara in inglese.
«Lei chi è? La conosci?» domanda Mark Taylor che fino ad ora è stato zitto.
Jared sorride e sulle guance gli si formano due adorabili fossette. Le ho sempre adorate quelle fossette.
«Lei è la mia ex vicina di casa. Mark ti presento Jennifer Maria Green,» risponde Jared.
Sara molla il mio braccio, si allontana di qualche passo e mi fissa. Anche Mark mi fissa. Jared invece si limita a sorridere.
Perché? Perché a me? Cosa ho fatto di male? Dio ti prego, apri una voragine sotto di me!
«Piacere.» esclama Mark avvicinandosi a me con il braccio teso. Io gli stringo la mano.
«Piacere mio.» mormoro.
«Devi spiegarmi un sacco di cose.» esclama Sara incrociando le braccia al petto.
E ora? «Mmm, ecco vedi… io e Jared eravamo vicini di casa quando vivevo in Texas… e»
«Perché non me l’hai detto?» m’interrompe lei.
Cosa rispondo? Intanto Jared e Mark ci guardano divertiti. Non capiscono nulla di quello che ci stiamo dicendo, stiamo parlando in italiano, ma sembrano divertirsi.
«Non mi avresti creduto.» rispondo.
Sara si morde il labbro inferiore, sposta lo sguardo verso la collina alla sua destra. «È vero, non ti avrei creduto. »
«Avete programmi per cena?» s’intromette Mark.
«No!» risponde Sara fissandolo. Mark è un bel ragazzo. È alto quasi quanto Jared, ha i capelli biondi e corti e gli occhi azzurri. E un sorriso meraviglioso.
«Venite a cena con noi? Stavamo pensando di andare a mangiarci una pizza.» propone Jared guardandomi e per poco non mi viene un infarto.
«Sì, sì.» esclama allegramente Sara. Io mi limito ad annuire, sembra che abbiano deciso tutto loro. «Sapete il numero dei taxi?» domanda Mark.
«Abbiamo la macchina.» rispondo io. La macchina, una semplice utilitaria blu, è posteggiata nel garage accanto alla casa. I miei sono stati qui e sono tornati a casa lo scorso fine settimana, per cui sono sicura che la macchina sia a posto.
«Oh, è vero. Me ne sono dimenticata.» pronuncia Sara. Raramente usiamo la macchina, preferiamo usare i mezzi pubblici.
«Perfetto. Andiamo?» Jared mi circonda le spalle con un braccio e andiamo verso casa. Non sono più abituata a queste sue attenzioni, che ovviamente mi fanno piacere, ma m’imbarazzano molto.
«Josh e Carl?» mi domanda il mio amico.
«Stanno bene. Carl lavora a Roma. Josh, sua moglie e i bambini stanno bene. Mi cognata è ancora incinta partorirà a Febbraio.» rispondo. Carl e Josh sono i miei fratelli. Carl è il più grande e ha tre anni più di me, mentre Josh è il mio gemello ed è nato tre minuti e mezzo prima di me.
Jared annuisce, ed è pensieroso. Ho notato qualcosa di strano quando ho pronunciato la parola “moglie”.
«Tutto bene?» gli domando. Sara e Mark sono dietro di noi e stanno chiacchierando allegramente della vacanza che abbiamo fatto io e lei l’anno scorso da mia cugina Charlie a New York.
«Tutto okay. Perché me lo chiedi?»
Io scrollo le spalle. «Nulla, mi sei sembrato strano.» rispondo.
«Sto bene, fidati.» Jared mi sorride.
«Siamo arrivati.» dico fermandomi davanti a casa. «Devo entrare a prendere le chiavi.» esclamo. Entro in casa e cerco velocemente le chiavi nell’ultimo cassetto del mobile in cucina. Le trovo sotto una presina a forma di cerchio. Le prendo, esco da casa e chiudo la porta a chiavi e con le stesse apro il garage.
«Guido io, so dove andare.» dico aprendo la portiera dal lato del guidatore. Sara annuisce. Io salgo e pochi minuti dopo siamo tutti e quattro in macchina.
«Altre novità?» mi domanda Jared che seduto dietro di me.
«Nulla di che.» rispondo fermandomi allo stop. Non passa nessuno ed io svolto a destra, diretta verso Attimis.
«I tuoi stanno bene?» domanda ancora.
«Sì, stanno benissimo. Perché tutte queste domande? Dimmi di te, piuttosto. Come va?» domando.
«Oddio! Maddalena!» strilla Sara. Non posso mettere la mano sul fuoco, ma giurerei di aver sentito un sospiro di sollievo uscire dalle labbra di Jared.
«Chi è?» domanda, curioso, Mark.
«Sua sorella.» rispondo. «Perché hai strillato?» chiedo a Sara. Il paesaggio che scorre fuori dai finestrini è sempre uguale. Prati, colline, vigneti più o meno grandi. Giungiamo a un bivio ed io proseguo a sinistra. La nostra meta non è lontana.
«Come perché? E me lo chiedi pure!» mi risponde in italiano abbassando l’aletta para sole e guardandosi nel piccolo specchio.
«Ah! Ho capito.» dico.
«Ci sei arrivata! Come facciamo? Arriva qui settimana prossima.»
«Ehi, voi due! Potreste farci capire qualcosa?» domanda Mark.
«No.» gli rispondo quasi divertita. Svolto a destra prima di entrare nel centro di Nimis. Qui vicino c’è un ristorante dove da piccola volevo sempre andare. «Vedremo. Ci pensiamo dopo. Magari domani. Ora pensiamo a goderci la serata.» continuo.
Finalmente arriviamo davanti alla pizzeria. Trovo un posteggio sul retro dell’edificio e scendiamo tutti e quattro. Mi avvicino Jared che sembra perso in un mondo tutto suo. Ha lo sguardo assente. «E Genevieve come sta? Non è qui vero?» gli domando.
Lui scrolla le spalle. «No, è rimasta a Vancouver. Sta bene.» mi risponde. Lo guardo sorpresa. Quando a dicembre mi ha chiamato per invitarmi al matrimonio non finiva più di parlare di lei e ora mi liquida in questo modo? C’è qualcosa di strano. È solo quando posa la mano sulla maniglia della porta del locale che mi accorgo che non porta la fede. E questo mi sembra ancora più strano. Indagherò.
Troviamo un tavolo in un angolo appartato della saletta più piccola. Ci sediamo e i ragazzi sono seduti di fronte a noi. Il locale è mezzo vuoto e nessuno fa molto caso a due attori, un’italo-americana e un’italiana che stanno decidendo quale pizza mangiare.
Il cameriere, figlio dei proprietari della pizzeria, ci porta il menù.
Apro il mio e lo sfoglio senza neanche leggere quello che c’è scritto, tanto so già cosa prendere. Sento che qualcuno mi sta fissando ed io odio essere fissata. Alzo la testa dal menù e vedo Jared, che è seduto davanti a me che sorride.
«Che c’è?» domando chiudendo il menù dalla copertina nera.
Lui scrolla le spalle. «Nulla. Mi chiedevo solo che fine avesse fatto il tuo amico.» mi domanda piegando leggermente la testa da un lato. Il mio amico… scommetto che intende Edoardo, il mio ex.
«Intendi Edoardo?» chiedo. Lui annuisce e prende un pacchetto di grissini, lo apre e ne prende uno.
«Credo che stia bene. Non lo vedo da un pezzo.» dico mentre una cameriera arriva a prendere le ordinazioni. Quando se ne va mi arriva un messaggio.
“Quando chiami mia madre per chiedergli quella cosa là?”
«È tua sorella, mi chiede quando chiamo vostra madre.» dico a Sara.
Lei scrolla le spalle e sbuffa. «Mi farà diventare matta.»
«Le dico che chiamo domani. E lo faccio, tanto tua madre dice di no, lo so già.» esclamo mentre la cameriera ci porta le birre.
«La finite di parlare in italiano? Non capiamo nulla.» pronuncia Mark incrociando le braccia.
Gli sorrido. «Imparate l’italiano e vedrete che non avrete più problemi.»
Mark mi guarda, inarca un sopracciglio e scoppia a ridere. «Ora che lo imparo sarò morto.»
Mentre lui parlava io ho scritto la risposta per Maddalena.
“Ciao Maddalena, domani chiamo tua madre.”
Invio il messaggio e bevo un sorso di birra. Finalmente arrivano le nostre pizze. Io ho scelto una pizza con il salmone, Sara ha preso una quattro stagioni, Mark una quattro formaggi e Jared una con le zucchine grigliate.
«Quando vi siete lasciati?» domanda Jared.
Afferro la forchetta e prendo un pezzetto di salmone. «Ai primi di marzo.» rispondo prima di gustarmi il salmone.
Mentre mangiamo parliamo poco e niente. Guardo fuori dalla finestra e guardo il cielo che comincia a tingersi del blu della notte. Come prima, sento lo sguardo di Jared posato su di me. Lui lo sa che odio essere fissata, lo sa perché è una cosa che odio da sempre.
Lo guardo interrogativa, ma lui non mi dice nulla, si limita a mangiare la sua fetta di pizza.
Mi arriva un altro messaggio, sempre da parte di Maddalena.
“Fallo che voglio vedere Jared! Lo voglio! Lui sarà mio! L’avete già visto?”
Do una gomitata a Sara e le passo il cellulare per darle leggere il messaggio.
«Ma è scema? Ma che cos’ha nel cervello, segatura?» sbotta lei prima di pulirsi la bocca nel tovagliolo color rosa pastello.
«Ha diciassette anni, lasciala sognare un po’.» le dico con un sorriso. Lei alza le spalle, sbuffa e posa le posate all’interno del piatto vuoto. «Non le rispondo, lo farò più tardi.» aggiungo infilando il cellulare nel marsupio.
«Ma cosa avete per parlare in italiano e non farci capire nulla?» domanda Jared. Anche lui ha finito la pizza. «Affari nostri.» risponde Sara.
«Chi prende il dolce?» domanda Mark. Alzo timidamente la mano.
«E figurati se non prendevi il dolce.» mormora divertito Jared. Poso i gomiti sul tavolo e appoggio il mento sulle dita intrecciate.
«E allora? Ho un buon metabolismo, non ingrasso facilmente. E poi con tutto il movimento che facciamo al locale…» ribatto e lui sorride. Sorrido anch’io.

Sono le dieci e mezzo e siamo appena usciti dal locale. Jared ha insistito per pagare per tutti, anche se io non volevo e il proprietario ci ha offerto il limoncello.
Sara prende le sigarette e me ne passa una, io l’accendo con il mio accendino verde mela.
«Fa male.» ci fa notare Jared.
Io alzo le spalle con aria indifferente. «Tanto dobbiamo morire tutti.» dico. Mark mi guarda sorpreso ma non dice nulla invece Jared scoppia a ridere.
Lentamente ci avviamo alla macchina, mentre i grilli friniscono nella notte friulana.
Mi appoggio all’auto e vicino a me si mette Sara e fumiamo le nostre sigarette.
«Rimanete qui fino al?» domanda Jared.
«Fino al ventiquattro agosto.» risponde Sara fissando Mark. Lui le sorride e lei ricambia. Io li guardo sorpresa. Mi verrebbe voglia di chiede a Sara che fine ha fatto Enrico… se fino a due giorni fa continuava a parlarmi di lui! Dopo, quando saremo a casa da sole, la bombarderò di domande.
Finiamo le sigarette e saliamo in macchina. Sara, con mia grande sorpresa, sale dietro con Mark. Mi chiedo cosa si siano detti quei due quando si sono incrociati in bagno… Jared si siede accanto a me.
Nessuno di noi parla, per cui accendo l’autoradio e la sintonizzo su una stazione locale. La speaker sta parlando delle vacanze, chiede agli ascoltatori se ci sono già stati o se ci devono andare e dove. Il ritorno sembra infinito con questo silenzio.
Tiro un sospiro di sollievo quando arrivo davanti al garage.
«Dammi le chiavi, apro io.» esclama Jared.
«La chiave è la più grande.» gli dico dandogli le chiavi. Lui scende e apre la porta del garage. Posteggio e scendo insieme a Sara e Mark. Jared chiude il garage con la chiave che poi mi lancia. Io prendo il mazzo al volo.
«Noi dobbiamo andare, domani ci dobbiamo alzare all’alba.» esclama Mark infilando le mani nelle tasche dei jeans.
«Ehm… va bene. Buona notte.» pronuncia Sara avvicinandosi al ragazzo, lui tira fuori le mani dalle tasche e l’abbraccia per un breve istante.
«Sei gelosa?» mi domanda Jared avvicinandosi.
Io scrollo le spalle. «Sorpresa, direi.» rispondo.
Lui mi fissa per qualche secondo e mi abbraccia. Io ricambio e poso la testa sul suo petto e respiro il suo profumo. «Sono felice di poter passare un po’ di tempo con te come ai vecchi tempi.» mi sussurra nell’orecchio. Io sorrido e lentamente faccio un passo indietro.
«Anch’io lo sono.» dico. Mi accorgo che Mark e Sara ci stanno fissando. Mi avvicino a Mark per salutarlo e lo stesso fa Sara con Jared.

«Allora… cosa c’è stato fra voi due?» la domanda di Sara giunge a bruciapelo appena ho chiuso la porta.
«Fra me e…?»
Sara posa le mani sui fianchi e assume quell’espressione che vuol dire “so che lo sai”.
«Intendo tu e Jared.» mi dice incrociando le braccia al petto.
«Nulla, non c’è stato nulla. Eravamo… siamo amici, tutto qui.» rispondo.
Sara inarca un sopracciglio e poi si volta per andare verso le scale. A metà scalinata si ferma e si volta verso di me. «Ci credo poco, ma ti do il beneficio del dubbio.» esclama con un sorriso. Adora Sara, come si fa a non adorarla? È irresistibile.
«Mi perdoni?» chiedo.
«Per cosa?» domanda lei di rimando.
«Per non averti detto di Jared.» rispondo.
«Certo.» esclama. Poi si dirige verso il bagno. «Vado prima io!» esclama prima di chiudere la porta dietro di sé. Scuoto la testa ed entro in camera. Mi siedo sul letto e slaccio il cinturino dei sandali che lascio lì sul pavimento. Mi spoglio rimanendo con addosso solo un paio di slip neri, afferro il vestitino che uso per dormire e lo metto. Prendo il cellulare e mi siedo a gambe incrociate sul letto. Lo ripongo sul comodino dopo aver guardato l’ora.
Sara entra in camera e prende il suo pigiama da sotto il cuscino.
«Vado in bagno.» dico gattonando fino alla pediera del letto per poi posare i piedi sul tappeto verde con dei rombi colorati. Infilo le infradito di plastica e vado in bagno.
La stanza è di fronte alla mia stanza, ed è grande, con le piastrelle giallo scuro. Di fronte alla porta c’è una finestra da cui si possono ammirare le colline ricoperte di alberi e un piccolo vigneto alla fine di un grande prato verde. Ovviamente si può ammirare tutto questo di giorno, perché ora è impossibile visto che è buio. Mi guardo al grande specchio dalla cornice bianca e sospiro. Afferro la mia spazzola e inizio a pettinarmi i lunghi capelli castani.

Quando torno in camera, trovo Sara che sdraiata sul letto che legge una rivista che ha preso stamattina in stazione. Mi sdraio sul letto e m’infilo sotto il lenzuolo e la leggera coperta.
«Lo diciamo a tua sorella di questa cena?» domando.
Sara posa la rivista sul piccolo comodino in legno e mi guarda. «Ma sei scema? Se lo facciamo, ucciderà prima te e poi me.» esclama guardandomi.
Forse ha ragione. Maddalena è imprevedibile, se le diciamo qualcosa si arrabbia, ma si arrabbierà anche se le teniamo nascosta la cosa e le lo dovesse scoprire.
«Si arrabbierà ugualmente se lo scopre.» faccio notare.
Lei alza le spalle e si sistema meglio sul cuscino. «Imparerà che non può pretendere di sapere tutto, sono affari nostri. E poi ci penseremo quando arriverà.» Sara spegne la luce mentre io prendo la sveglia dal comodino.
«A che ora punto la sveglia?» dico sbadigliando.
«Alle otto e mezzo?» propone Sara.
«Uhm, direi che va bene.» esclamo sistemando la sveglia . Spengo la luce. «Buonanotte.» sbadiglio ancora.
«Buonanotte.» mormora lei.
Chissà se domani rivedremo quei due. E chissà cos’ha Jared. E perché non porta la fede. La voglia di impicciarmi e chiederglielo ce l’ho, ma vorrei che fosse lui ha confidarmi se ha qualche problema. Magari non ne ha ed è solo una mia impressione. Vedremo.

Ok, ringrazio tutti quelli che sono giunti alla fine di questo primo capitolo. Ci ho messo qualche giorno a scriverlo e sono abbastanza soddisfatta del risultato. Era un’idea che avevo in mente da un po’. I paesi citati esistono realmente, e li ho scelti perché ci vado in vacanza da ventisette anni e perché presto andrò a vivere lì. Gradirei la vostra opinione :)
BebaTaylor
   
 
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