XI
Ritorno a
Edoras
“Lothi, sei
sveglia?” Aprii lentamente gli occhi. Il sole doveva essere sorto già da molto,
la mattina era fragrante e luminosa. Éomer era chino su di me, scarmigliato e
sporco, ma illeso.
“Éomer!” esclamai
felice, e mi tirai su per dargli un bacio. Lui mi ricambiò stupito.
“Stai meglio di
quanto pensassi.”
“Sono felice che tu
sia salvo.”
“Tu invece sei
ferita. Il medico che si è occupato di te ha detto che non hai ricevuto più di
qualche graffio, ma sono stati sufficienti per indebolirti.”
“E…nostro figlio?”
chiesi titubante.
“Il medico ha detto
che non ha esperienza di queste cose, ma a lui sembra che il bambino stia bene.
Evidentemente è già un forte Cavaliere” il tono di Éomer era pieno di affetto.
Sospirai sollevata. “Ma non pensare che io ti abbia perdonato! Sfuggi per
miracolo alla morte e invece di metterti in salvo ti precipiti nel cuore della
battaglia. Non mi importa niente se ci hai salvato dalla sconfitta e hai
permesso che distruggessimo tutti gli Orchi stanotte, tu dovevi fuggire e
nasconderti! Sono estremamente adirato con te.”
“Scusa, Éomer. Mi
dispiace, non lo farò più” gli sorrisi. “Adesso sei contento? Possiamo
sorvolare sulla predica e parlare di argomenti più gioiosi? Il sole si è levato
sulla vostra vittoria, e questo è cio che desideravi.”
“Si, ma tu non…”
“Shh! Ti ho già
chiesto scusa. Niente predica, va bene?”
“E così sia. Ma
bada che se ci riprovi, io…”
“Ho capito! Mi
infilzerai come un Orco.” Éomer sbuffò.
“Io sono serio.”
“Io no.” Mi sentivo
felice dato che tutto si era risolto, contro ogni aspettativa. Avevo impedito
che il sogno si realizzasse e che il puledro, che capii essere il futuro del
Mark e insieme mio figlio, perdesse il suo difensore. Ma ancora qualcosa mi
tormentava.
“Elfkral?”
mormorai, all’improvviso priva di ogni allegria.
“Era quasi morto
quando l’hanno trovato. Ma ancora respirava, così i miei uomini l’hanno portato
qui, dove il medico si è preso cura di lui. Non è fuori pericolo, ma siamo
speranzosi sulle sue condizioni.”
“Grazie ai Valar!”
la notizia mi aveva dato un profondo sollievo.
“Oroven è arrivato
insieme agli Orchi, il suo cavallo non è certo veloce come Stellagrigia. Quelli
erano talmente concentrati nell’inseguirlo che si sono a malapena accorti che
la gola era vuota, eccezion fatta per i loro simili inebriati dalla certezza
della vittoria: appena sono entrati tutti nel burrone siamo scesi al galoppo da
qui stringendoli contro l’altro pendio. E’ stata una carneficina, li abbiamo
trucidati fino all’ultimo. Nessun Orco oserà mettersi più contro gli Eorlingas
del Mark.”
“Contro il Re del
Mark”
“Contro la valorosa
Regina Lothíriel.”
“Su, Éomer. Non
scherzare.”
“Io non scherzo. E’
stato grande e degno di lode quello che hai fatto, sebbene per me sia degno più
che altro di una lavata di capo memorabile. Hai rischiato la vita, ti rendi
conto? E anche quella di nostro…”
“Éomer! Non
ricominciare a farmi la predica.”
“Ma capisci perché
sono furibondo? Non posso nemmeno tollerare l’idea di perderti. Ascolta, non
sono abituato a tutte queste smancerie, non so se mi sono espresso bene. Ma
spero che tu abbia compreso quello che voglio dirti.”
“Ho capito, Éomer.
Nemmeno io potrei stare senza di te. Ma tu hai il diritto e il dovere di
proteggermi, secondo i costumi degli Uomini, io non ho alcuna autorità su di
te. Non posso dirti ‘resta a casa mentre io rischio la vita’; tu invece puoi
ordinarmelo e tutti si aspettano che io ti obbedisca senza protestare. Capisci
cosa intendo? Io non cerco la gloria o la fama, solo, è straziante aspettare
senza fare nulla.” Éomer mi fissò qualche secondo negli occhi, poi distolse lo
sguardo come rimembrando qualcosa di lontano.
“Tu, al contrario
di quanto ci si potrebbe aspettare, non mi ricordi mia sorella, ma il piccolo
Holbytla, Messer Holdwine.”
“Perché?”
“Non era molto
abile in battaglia, e la sua statura era pari a quella di un bambino; non amava
la guerra. Ma per aiutare i suoi amici cavalcò verso i Campi del Pelennor e
inflisse una ferita terribile al Negromante, permettendo a mia sorella di
ucciderlo. Non per gloria o per onore, solo per affetto. Come te.”
“Non ti sei messo a
urlargli contro una volta scoperta la cosa, no?”
“No. Ma io gli
voglio bene, non lo amo.”
“E menomale!” Éomer
ridacchiò, poi tornò serio.
“Ti ‘urlo contro’
perché ti amo; anche se per te non sono altro che l’uomo scelto da tuo padre.”
“Non è vero”
ribattei. “Anch’io ti amo.”
Éomer sorrise.
Partimmo cinque
giorni dopo, Elfkral e gli altri feriti legati su delle barelle tese fra due
cavalli. I miei tre graffi, poco profondi ma dolorosi, mi bruciavano, e avevo
come sempre un poco di nausea e una gran voglia di dormire (cose così normali
che mi stupirono dopo quegli avvenimenti straordinari) così Éomer mi portò su
Zoccofuoco mentre Stellagrigia trottava accanto a noi.
Ci fermammo vicino
a dove era stata eretta la mia tenda, gli uomini si avventurarono sullo spiazzo
per scoprire se c’era ancora qualcosa da fare. A me non fu permesso di andare,
Éomer disse che voleva risparmiarmi la visione che aspettava lui e i suoi
uomini.
Vidi che
accendevano un falò, l’odore acre e disgustoso della carne di Orco bruciata
giunse fino a me. Quando tornarono, Elfhelm reggeva fra le braccia un cadavere
umano, dai corti capelli biondi incrostati di sangue.
“L’abbiamo trovato
accanto a un masso, circondato da cadaveri di Orchi,” disse “ne aveva uccisi
molti.” Lo depose a terra con cura. I miei occhi si riempirono di lacrime nel
vedere il viso di Merodor sfregiato e martoriato. Giaceva in terra
scompostamente, le membra spezzate formavano strani angoli.
“E’ morto per difendere
me” sussurrai. “E io l’ho lasciato da solo.”
“Ha compiuto una
valorosa impresa” ribattè Elfhelm, “degna di un Cavaliere ben più esperto di
lui. Ma ha fatto ciò che era suo dovere.”
Scavarono una fossa
per lui, e ve lo deposero al tramonto, dopo avergli lavato il viso e ricomposto
il corpo. Mentre i Cavalieri si occupavano del giovane eroe, io mi diressi vero
le barelle dei feriti, là dove giaceva Elfkral. Ancora era molto debole, ma
poteva parlare. Nel vedermi tentò di sollevarsi a sedere, ma glielo impedii con
un cenno della mano.
“Elfkral…mi
dispiace” singhiozzai “Merodor, tuo cugino, è…”
“Morto.” Lo fissai,
era pallido e aveva gli occhi lucidi. “Lo sapevo di già. Potrei salutarlo per
l’ultima volta, mia signora? Ve ne prego, fatemi portare da lui.” Stavo per
rispondergli quando un altro Cavaliere si chinò su Elfkral e lo sollevò, non
senza sforzo, poiché erano della stessa corporatura.
“Ti porterò io,
Elfkral” disse Oroven. Aveva la disperazione nello sguardo. “Mi potrai mai
perdonare? Se io non me ne fossi andato, forse lui sarebbe ancora vivo. E
l’ultima cosa che ha avuto da me è stato astio e parole non veriterie! Oh,
Elfkral, lascia che io ti scorti dal nostro capitano.” Elfkral annuì e l’altro
ragazzo lo trasportò verso la fossa. Li seguii lentamente, piena di tristezza.
Merodor avrebbe dovuto vivere. Era così giovane, avrebbe dovuto continuare a
cavalcare sui colli d’estate, avrebbe dovuto sposarsi, avere dei figli,
invecchiare accanto al fuoco della sua dimora…e invece era caduto come una foglia
primaverile stroncata da un gelo improvviso. Osservai gli Eorlingas radunati
intorno alla fossa aprirsi in due ali per far passare Oroven e Elfkral.
“Merodor,
perdonami” mormorò Oroven, deponendo l’amico a terra. “Mi prenderò io cura di
Elfkral adesso.”
“Addio, cugino”
disse Elfkral. “Sei stato il mio modello e il mio più caro amico. Il tuo
ricordo, e quello delle tue gesta, non verrà mai obliato.”
Gettai nella fossa
dei fiori purpurei che avevo colto quando ci eravamo fermati.
“Grazie, Merodor.”
La fossa fu
ricoperta e venne eretto un tumulo di pietre.
“Mai sarà
dimenticato Merodor figlio di Trameor” disse Elfhelm. “Canzoni saranno scritte
per lui.”
Seduta davanti alla
tomba, cominciai a cantare piano una ninnanna che le madri di Dol Amroth sussurravano
ai figli quando erano malati.
Fuori tutto è buio e freddo
Ma il mio bambino è qui al sicuro nel suo
letto
Presto tornerà il sole
E con lui il mio piccolo a giocare fra le
viole…
Una mano che si
posava sulla mia spalla mi interruppe.
“Sei triste, vero?”
disse mio marito. “La guerra non è un gioco e la morte dei giovani non è
giusta.”
“Hai ragione”
risposi. “Quando desideravo combattere non sapevo cosa volesse dire davvero.
Gloria e fama non valgono la vita.”
Quando tornammo a
Edoras la notizia della nostra vittoria e della mia parte in questa si era già
diffusa ampiamente. C’era chi diceva che avevo sterminato da sola l’intero
drappello ausialiaro degli Orchi, chi sosteneva che mi ero lanciata per
avvertire Éomer in una galoppata durata tre giorni senza fermarmi mai, chi era
convinto che quelle fossero solo voci e che io non avessi fatto niente, in
realtà. Ero propensa a dare ragione a questi ultimi, ma la riverenza con cui mi
trattavano i Cavalieri rinfocolava l’ammirazione di cui ero oggetto.
Rividere Meduseld
fu meraviglioso, mi stupì la sensazione di essere tornata veramente a casa. Finora avevo continuato a
considerare Dol Amroth come la mia vera casa, il luogo dove incosciamente mi
aspettavo di tornare; e invece Edoras aveva preso posto nel mio cuore accanto
al luogo dove ero nata.
La sera ci fu un
grande banchetto, finalmente anche Elfkral fu in grado di alzarsi e sedere a
tavola con noi. Éomer lo nominò mio scudiero personale, addetto alla mia difesa
e soprattutto a controllare che io obbedissi ai suoi ordini.
Il viso di Elfkral
era diverso da quello del ragazzo escluso dalla battaglia degli adulti, era più
simile a quello di un uomo, sebbene non avesse perduto del tutto la spontanea
luminosità dell’adolescenza.
Pochi giorni dopo,
in occasione del trentunesimo compleanno di Éomer, egli nominò Elfhelm
Maresciallo della Marca Orientale ed Erkenbrand Maresciallo della Marca
Occidentale, sostituendo le cariche di Secondo e Terzo Maresciallo, in modo che
nessuno dei due fosse più importante dell’altro.
Io...Io...Io...non
posso dire niente. Io so
che non si può sparire così. Non cercherò di giustificarmi.
Se volete ancora
leggere, siete le persone più adorabili del pianeta. Se vi ricordate cosa è
successo negli ultimi capitoli di molto tempo fa, avete anche un’ottima
memoria.
Ovviamente i
gloriosi sovrani del Mark sono adirati con me quanto voi. Ma a voi, persone di straordinaria benevolenza e
pazienza e magnaminità, vanno i miei ringraziamenti e la mie preghiere di
perdono: Thiliol, Gilestel, Xxbrokenrose, Arena, Sesshy94, Lexis, Rainbowspring,
Otakufangirl97 (a cui consiglio di leggere la mia storia “Il professore” perchè
troverà, sebbene MOLTO idealizzato, qualcuno che conosce), Black_Moody, Vodia e
Alabaster.
Grazie, per
avermi seguito fin qui.
Grazie mille, se
continuerete a leggere nonostante la mia riprovevole discontinuità.
Elothiriel