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Autore: Giada810    11/10/2011    2 recensioni
Quattro stagioni, quattro coppie, quattro storie.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: George Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Fred Weasley/Hermione Granger, Harry/Hermione
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Primavera- Harry/Hermione
 
Il sole splendeva, incredibilmente caldo per essere una giornata inglese di inizio primavera, irradiando la sua luce chiara sul campo costellato di delicati fiori arancioni.
E lì, nel mezzo di un campo di fiori della campagna inglese sedeva una giovane donna, dai capelli castani ondulati raccolti in una coda morbida. Era raggomitolata, le gambe piegate strette al petto e la braccia che le avvolgevano, come per difendersi.
Hermione Granger sbuffò sonoramente, sdraiandosi sull’erba fresca e umida e contemplando il cielo azzurro puntellato da piccoli e soffici ammassi di nuvole spumose.

Aveva lasciato Ron qualche giorno prima. Era stata sincera, gli aveva detto che non lo amava più e che non voleva prenderlo in giro, ma lui, come al solito, aveva cominciato a strillare come un pazzo, rompendo tutto ciò che aveva sottomano.
La signora Weasley era accorsa nel salotto della Tana, richiamata da tutto quel trambusto, così come gli altri membri della famiglia che si trovavano a casa in quel momento.
Erano  rimasti immobili, come colpiti da un Pietrificus, assistendo increduli alla scena che si presentava davanti ai loro occhi. Solo l’arrivo di Harry aveva impedito che l’ultimo dei maschi Weasley mandasse in frantumi anche il servizio di piatti preferito di sua madre, quello decorato con buffi alberelli di Natale che facevano dondolare le loro decorazioni.
Harry era giunto di corsa dal piano superiore, con i capelli ancora bagnati e solo un paio di jeans addosso, essendo stato disturbato probabilmente dopo essere appena uscito dalla doccia. Aveva afferrato l’amico con una presa ferrea, affinata e perfezionata in anni e anni in cui Ron aveva litigato con i Serpeverde di Hogwarts.
Il suo intervento tempestivo aveva salvato il magico servizio di piatti, ma non era riuscito nell’intento di calmare Ron, che anzi si era divincolato rabbiosamente della sua stretta, fronteggiando l’amico con il respiro affannato.

Aveva cominciato ad urlare bestemmie e maledizioni a tutti i maghi della stirpe di Merlino. Quando la sua sequela di imprecazioni, degne del peggior frequentatore di Nocturn Alley, si era interrotta, il giovane Weasley aveva iniziato ad inveire contro il suo migliore amico, incolpandolo della fine della sua storia con Hermione, anche se per motivi che dalle sue frasi sconnesse non potevano essere intesi dai presenti.

Solo una cosa era risultata chiara a tutti, l’insinuazione che durante quei giorni trascorsi senza di lui in tenda, durante la ricerca degli Horcrux, Harry ed Hermione si fossero dedicati a tutto, fuorché al loro compito.

Soddisfatto della confusione materiale ed emotiva che aveva creato, Ron aveva lasciato la Tana senza una sola parola. Anzi, una parola l’aveva detta. –Stronza-, un sussurro al suo orecchio, che solo lei aveva colto, e poi più nulla, solo il rumore della porta che sbatteva.

Nel silenzio surreale che era seguito a quella scena, i presenti avevano cominciato a sistemare il salotto con sapienti gesti della bacchetta e Ginny aveva lasciato la stanza, mentre il seme del dubbio germogliava nella sua mente.

Lei ed Harry erano rimasti a fissarsi, immobili e attoniti. E soprattutto spaventati, perché nessuno doveva sapere quello che era successo quella notte nella Foresta di Dean.

Dopo numerose scuse da parte di Hermione e assicurazioni, da parte dei signori Weasley, che lei sarebbe sempre stata la benvenuta in quella casa, se ne era andata, tornando nel suo piccolo ma accogliente appartamento a Notting Hill, nella Londra babbana.

Ora, dopo giorni trascorsi a domandarsi se aveva agito nel modo corretto, aveva trovato una risposta.
Sì, aveva fatto bene. La guerra le aveva insegnato che non si può mai sapere cosa accadrà l’istante successivo, che bisogna saper cogliere l’attimo fuggente. Aveva il diritto, e il dovere, di cercare la propria felicità, anche a discapito di quella altrui.
Si era sforzata, aveva cercato in tutti i modi di amare Ron come ogni persona merita di essere amata, ma non ci era riuscita.
Aveva sofferto, ma ora non riusciva più a fingere. Solo il pensiero di aver recitato per tutti quei mesi le era insopportabile.

Amava un altro, Harry, il migliore amico del ragazzo che aveva lasciato. L’aveva sempre amato. Non poteva far nulla per evitarlo.

-Sapevo di trovarti qui- la voce di Harry la raggiunse all’improvviso, senza che nessun rumore avesse annunciato l’arrivo del suo proprietario. Sussultò per la sorpresa, ma non si girò.
Vederlo le faceva male, la faceva sentire colpevole per ciò che era successo e insicura, perché non sapeva come comportarsi. Per questo aveva sempre evitato di rimanere sola con lui.
-Ti ricordi quando siamo venuti tutti qui?- continuò il ragazzo moro ancora in piedi dietro di lei.
 
Era certo che Hermione lo ricordasse.
La guerra era finita da diversi mesi e ciascuno di loro stava cercando di superare le perdite e il dolore, di combattere i propri mostri e andare avanti.

Era stata proprio lei a proporre una gita in quel campo, dove era solita andare con i suoi genitori le domeniche d’estate, quando era ancora una bambina.
Così, in compagnia della famiglia Weasley e dei signori Granger, tornati dall’Australia, avevano organizzato un pic-nic. La giornata era splendida e per poco erano riusciti a ridere e dimenticare tutto ciò che di brutto e crudele c’era nel mondo.

Poi, il piccolo Teddy Lupin aveva indicato gioioso una pallina colorata che la nonna gli aveva regalato e Harry aveva avuto una illuminazione. Aveva ingrandito magicamente la palla e l’aveva lanciata con un calcio ad Hermione.
In poco tempo si erano ritrovati tutti a correre sul prato, inseguendo il pallone e ignorando totalmente le regole di quello stranissimo sport babbano chiamato “calcio”.
 
Hermione però non rispose, limitandosi a guardare l’erba ondeggiare leggiadra.
-Ci siamo divertiti tanto- continuò Harry, sperando di ricevere una risposta.
-Già-
-Già…- ripeté il giovane con tono amaro –È tutto quello che hai da dire?-
Ancora una volta ottenne solo una muta risposta, un’alzata di spalle che poteva significare tutto o niente.
-Non trattarmi come uno stupido, Hermione, perché non lo sono- sputò con rabbia e dolore –Forse gli altri potranno anche non averlo notato, ma io sì. Vedo che mi eviti sempre, che ti inventi le scuse più assurde per non rimane nella stessa stanza con me.-

Fece una pausa per calmarsi, sperando di non dover continuare quel monologo che stava diventando sempre più doloroso.

-Non mi guardi, non mi parli, non mi sgridi nemmeno più. Che cosa è successo?-
-Lo sai cosa è successo. Quello che non doveva succedere, che non sarebbe mai dovuto succedere.-

-Avevi detto che non ti eri pentita di aver fatto l’amore con me.- sussurrò ferito.
Lui sicuramente non se ne era pentito, affatto.

-Vai a casa, Harry. Ginny sarà preoccupata, sai che non vuole che passi del tempo con me.-
Era una scusa banale, come quelle dette per lungo tempo, ma sperava che fosse sufficiente per convincerlo ad andarsene, a lasciarla sola con il suo dolore, con il suo amore impossibile.
- Del tempo con te?- esclamò ironico –Hermione, nemmeno mi ricordo l’ultima volta che abbiamo passato del tempo insieme.-
-Torna  a casa, Harry- ripeté la ragazza con tono perentorio.

-Dannazione, Hermione, guardami!- urlò furioso, inginocchiandosi accanto a lei e afferrandola per le spalle, costringendola a voltarsi.
-Guardarti, Harry? E perché? Per vederti tornare a casa dalla tua fidanzata? Per guardarti e rivedere lo sguardo ferito di Ron? Per sentirmi di nuovo sporca e in colpa come in tutti questi mesi?-
 
Gli occhi divennero lucidi, mentre pungenti lacrime, troppo a lungo represse, cercavano di sfuggire dalle sue ciglia. Si girò nuovamente, rivolgendogli le spalle.
Una ventata più fredda delle precedenti la fece rabbrividire e singhiozzare, come se quel soffio primaverile di vento avesse incrinato la corazza che lei stessa aveva costruito per contenere la sofferenza.

-Hai freddo?- chiese, mentre si sedeva dietro di lei, avvolgendola con le sue braccia, ignorando del tutto il fatto che lei avesse scosso il capo.

-Non è più la mia fidanzata- più basso del fruscio dei fiori che danzano nel vento.
Solo poche parole e tutto cambiò.

Hermione si rilassò tra le sue braccia, coprendo le sue mani con le proprie più piccole e abbandonando la testa all’indietro, contro la sua spalla.

-Mi è sempre piaciuta la primavera, sai perché, Harry?-
-Perché la vita ricomincia, nuova ma in fondo uguale a come era prima?-
La ragazza si girò tra le sue braccia, guardandolo fisso negli occhi.
-Esatto- mormorò prima di far combaciare le loro labbra, finalmente.
 
-E comunque era vero, non mi sono mai pentita di aver fatto l’amore con te.-
Harry rise, una risata sommessa che gli illuminò gli occhi verdi. Verdi come l’erba in primavera.
-Nemmeno io-
 
Dopo secondi, minuti, ore forse, passati abbracciati sul prato, si alzarono.
-Ho una sorpresa-
Lei lo guardò con un sopracciglio alzato, incuriosita, per poi spalancare gli occhi, meravigliata, quando lui fece comparire un pallone.
-Chi perde, paga pegno?!- propose il moro.
-Ci sto- era maledettamente orgogliosa e lui, in fondo, l’amava anche per questo.
 
Cominciarono a correre, strattonandosi per prendere possesso della palla, fino a crollare a terra stanchi, uno sopra l’altro, e in preda alle risate.
I ciuffi che erano scappati alla morbida presa dell’elastico gli solleticavano il volto, mentre il peso del corpo premuto contro il suo gli impediva di riprendere fiato dopo la corsa.
-Adoro la primavera-
-Anche io-
E poi un bacio, mentre le nuvole continuavano a rincorrersi in cielo.
 
 
Ciao a tutti!
È una nuova ff, ogni capitolo corrisponde ad una storia su una coppia.
Non ho la pretesa di scrivere il romanzo del secolo, questo è solo il risultato di un’idea che avevo da tempo.
Mi lasciate un commento?? Grazie!
Un abbraccio
Giada 

  
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