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Autore: Will Turner    15/10/2011    1 recensioni
Cosa succede quando una ragazza scopre la verità che rischia di distruggere la storia d'amore attesa da una vita? Da quando ha incontrato Max, Faith ha imparato a sognare: il suo tormentato passato sembra ormai superato per sempre, ma un tremendo segreto incombe su di lei senza lasciarle alcuna possibilità di fuga e mettendole davanti la scelta più difficile. Un racconto d'amore fatto di romanticismo, passioni, tormenti e lacrime che riuscirà a strappare anche qualche risata.
Aggiornamento periodico mensile.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le Ragioni Del Cuore BN
R ISPOSTE ALLE RECENSIONI
Ciao a tutti!
Bentrovati per questo nuovo capitolo, il numero 39!
Come sempre ringrazio chiunque abbia aggiunto la mia fan fiction tra le Preferite o Seguite.
Poi anche Saty: mi piace come commenti ogni volta i miei personaggi. Ed io ogni volta mi diverto a scrivere di loro pensando a cosa scriverai tu, chiara e concisa, che commenti il capitolo secondo il tuo personale punto di vista che, a mio parere, è sempre spiritoso! Mi piace!
Spero che altri possano commentare come fai tu!
Un bacio anche a Mozzi84 che, tra una corsa con la gonna corta e la borsetta sotto braccio, e una spedizione alla ricerca di un buon cotechino, si dà sempre da fare per rendere migliore questo romanzo!
Ma lascio voi lettori al capitolo e vi avviso che il capitolo 40 verrà pubblicato il 18 Novembre!
A presto!

39. L A COSA PIU' BELLA

    Il sole era tramontato da poco quando Addison sentì bussare alla porta. Si stava impegnando a farcire il pollo che l'indomani avrebbe portato per il pranzo domenicale dell'orfanotrofio del paese, insieme alla torta di mele che stava finendo di cuocere nel forno. Negli ultimi anni aveva incentrato i suoi sforzi e i suoi interessi verso i bambini bisognosi, scoprendo di provare piacere nel sentirsi socialmente utile. Era riuscita a comprendere che il volontariato la faceva stare bene con sé stessa, oltre che a tenerla impegnata mentalmente quando non voleva pensare ad eventi che le davano dispiacere e malinconia.
    Tutto questo era derivato da fallimentari incontri con uomini sbagliati. Da quando suo marito Will era morto, innamorarsi di qualcun altro per lei rappresentava un tradimento. Era tuttora una donna molto affascinante, di buon gusto, educata e raffinata, e i corteggiatori non le erano di certo mancati. Con il passare degli anni, anche grazie all'aiuto dei consigli delle amiche, la sensazione di dover tradire Will sembrava sbiadire, ma restava fermamente convinta che non sarebbe più stata in grado di provare un amore puro e profondo come quello che aveva nutrito per il marito. Si poteva benissimo accontentare di un uomo serio e onesto che le stesse vicino e che le volesse bene.
    Tuttavia i radi incontri che aveva avuto erano risultati più che disastrosi. Le pareva che la maggior parte degli uomini pensasse soltanto a portarsela a letto e che fosse priva di qualsiasi sentimento. Tutto ciò le creava disgusto e la faceva ripetutamente pensare a quanto fosse perfetto Will, così completo e nobile d'animo, ricco di buon senso, gentile e premuroso.
    Così aveva riversato tutta la sua attenzione verso le persone più bisognose prendendo parte al gruppo di volontari che si occupava dell'orfanotrofio di Cleveland. Stare in mezzo a tutti quei bambini le regalava emozioni che non provava da tempo. Le riusciva incredibile credere che, malgrado le situazioni difficili in cui erano cresciuti, fossero più maturi di un adulto vero e proprio e che inoltre fossero perfettamente in grado di capire quando c'era qualcosa che non andava per il verso giusto. Aveva finito con il pensare che forse erano state proprio quelle situazioni ad averli plasmati fino a farli divenire ciò che erano adesso.
    Aveva legato in modo particolare con una di loro, Josephine, che lei amava chiamare con il diminutivo di Jo, una bambina davvero intelligente per i suoi undici anni. Era stata abbandonata pochi giorni dopo essere venuta al mondo, poi, adottata per qualche anno da una famiglia di Pittsburgh, era stata di nuovo riportata all'orfanotrofio in quanto “bambina poco socievole ed intrattabile”, così definita dai genitori adottivi.
    Ascoltando la sua storia, Addison comprese immediatamente con che razza di persone la bambina aveva avuto a che fare, perché con lei poteva parlare di qualsiasi cosa e riusciva a farsi comprendere in ogni modo. Le ultime occasioni in cui le aveva fatto visita all'orfanotrofio le aveva raccontato del diverbio con Max e la bambina si era seduta a guardarla preparare la macedonia e ascoltandola con molta riflessione. Al termine del racconto le aveva chiesto se portava con sé una fotografia del figlio. Addison era rimasta un attimo a fissarla sbigottita, chiedendosi se stesse facendo sul serio, poi aveva estratto dalla borsa una foto  recente di Max. Dopo averla esaminata attentamente Jo le aveva detto:
- Tuo figlio ha gli occhi sinceri. Nel cuore nasconde tanta bontà e tanti buoni sentimenti. Sono sicura che tornerà un giorno o l'altro e vedrai che sistemerete tutto quanto.-
    Addison, con un nodo in gola che scendeva stringendole anche il petto, aveva abbozzato un sorriso ritenendo inaspettato ciò che la bambina aveva detto, e le accarezzò il viso.
    Si riscosse dai pensieri quando udì il campanello suonare la seconda volta. Afferrò lo strofinaccio sul tavolo pulendosi rapidamente le mani e andò ad aprire la porta.
- Sto arrivando.- Disse ripensando distrattamente a Jo.
    Dinanzi all'uscio un ragazzo alto con indosso una giacca leggera ed una borsa a tracolla si stagliava nel fascio di luce proveniente dal salotto.
    Il suo sguardo si posò timido e colpevole in quello di Addison.
- Max... - Mormorò incredula la donna sentendosi quasi il corpo anestetizzato nel trovarsi il figlio davanti.
    Il ragazzo non disse nulla. Pareva incerto su cosa dire, ogni parola gli appariva scarsa d'effetto, inutile. Anche nei movimenti non sapeva cosa fosse giusto fare. Stare di fronte a sua madre gli parve immeritato e un misto di soggezione e rincrescimento lo prese allo stomaco. Avrebbe voluto stringerla forte, pregarla di perdonarlo e contemporaneamente non sfiorarla nemmeno di un centimetro. La vergogna che avvertiva nei suoi confronti si era quadruplicata nel momento stesso in cui la porta gli era stata aperta e Addison aveva pronunciato il suo nome. Gli sembrava di averla disonorata e, pensò fugacemente, forse era proprio ciò che aveva fatto.
    Poi la tensione dentro di lui parve improvvisamente scomparire. Non appena vide una lacrima scendere lungo una guancia di sua madre, capì istantaneamente che lei non desiderava altro dalla vita che riabbracciare suo figlio. Capì che anche lei aveva sbagliato, ma che lo aveva fatto per il suo bene. Tom aveva avuto ragione. Addison era stata da sempre una buona madre, ma la rabbia e i rancori avevano offuscato gli occhi del suo cuore fino a quasi annientare l'amore di ventisei anni, l'amore che lo aveva consolato la prima volta che era caduto imparando ad andare in bicicletta o che lo aveva accompagnato e rassicurato il primo giorno di scuola. L'amore che lo aveva aiutato quando suo padre se n'era andato era lo stesso che in quel momento lo osservava senza risentimenti, senza limitazioni.
    Spinto dal timore di poterla perdere, mise da parte l'imbarazzo e l'abbracciò forte, piangendo sommessamente nel sentirla piangere a sua volta. Qualcosa nella sua vita stava cambiando in meglio, lo poteva avvertire tra le braccia di sua madre.
    Addison gli accarezzò la testa singhiozzando. Non era possibile che l'odio esistesse tra lei e suo figlio. Di questo ne era certa.
    Dalla tasca del grembiule estrasse la fotografia che aveva tenuto sempre vicino da quando Jo le aveva detto quelle parole e la guardò nella luce fioca.
    “Grazie, Jo...” pensò stringendo gli occhi e restando abbracciata al figlio in un momento interminabile della sua vita.
    Quello che aspettava.

- Posso entrare?- Chiese il ragazzo quasi in un sussurro.
    Addison lo guardò e si fece da parte, tendendo un braccio in segno di invito.
    Max entrò ostentando rispetto e titubanza, ed oltrepassò la porta della cucina. Notò che non era cambiato nulla dall'ultima volta che era stato lì e quella specie di abituale monotonia lo rassicurò facendolo sentire a casa per davvero, eliminando l'ultimo triste periodo.
    Si avvicinò ai fornelli sentendosi addosso lo sguardo contento di sua madre, un'altra cosa che lo faceva sentire amato.
- Cosa stai cucinando di buono?-
    Addison si stropicciò il grembiule, aprì un mobiletto e tirò fuori un bicchiere di vetro.
- Il pollo per il pranzo di domani all'orfanotrofio. Sai che ogni domenica si festeggia.-
- Ah, già.- Annuì Max con un sorriso - Per un attimo ho dimenticato quanto fossi brava con i bambini.-
- Lo credo bene! Ho allevato un figlio birichino come te!- Scherzò.
    Max rise brevemente.
- Non ero così cattivo!- Si difese.
- No.- Fece Addison scuotendo la testa - Non lo eri affatto.-
    Lo guardò intensamente riflettendo su quanto le era mancato di lui, più affettivamente che fisicamente. Ormai era abituata a vederlo poco vista la professione che svolgeva, ma dopo il diverbio che avevano avuto più di due mesi prima, lo aveva sentito lontano anni luce da lei, e con tutta probabilità avrebbe provato questa sensazione anche se Max fosse rimasto lì. L'odio che le aveva gettato addosso non poteva di certo annullare l'amore che avvertiva in sé nei suoi confronti, ma era comunque stato in grado di allontanarlo contro il suo volere.
- Mi sei mancata, sai mamma?- Mormorò Max facendosi più serio.
- Anche tu, Max. Tanto.- Tenne a sottolineare Addison.
- Ti devo le mie scuse più sincere. Ho mancato di rispetto a te, e di conseguenza, a mio padre. Non avevo capito che volevi solo proteggermi, perché avrei potuto fare una pazzia pur di vendicare la sua morte.-
- Forse non avrei dovuto aspettare così tanto per dirtelo.- Fece la donna congiungendo le mani e sentendosi totalmente colpevole.
    Max socchiuse gli occhi e piegò la testa di lato.
- Credo che non avrebbe fatto alcuna differenza, mamma.-
    Allontanò una sedia dal tavolo e ci si sedette poggiando i gomiti sul piano e portandosi le mani alle tempie. Anche Addison fece lo stesso dopo aver preso una bottiglia d'acqua dal frigorifero. Gli si sedette di fronte e riempì il bicchiere a metà.
- Come... come va con Faith?- Gli domandò accorata cambiando tonalità della voce nel pronunciare il nome della ragazza, in una sorta di timore nel nominarla.
    Max increspò le labbra in un'espressione mesta e carica di afflizione, tenendo lo sguardo abbassato sulla tovaglia a scacchi blu e bianchi.
- L'ho lasciata.- Rispose semplicemente.
    Addison fece scorrere lo sguardo attorno a loro colta dal dispiacere, cercando di immaginare a come potessero essere andate le cose tra suo figlio e Faith. Si chiese dove la ragazza avesse trovato tutto il coraggio per rivelare una verità cosi scomoda e provò vergogna nell'averla quasi obbligata a svolgere un compito che avrebbe dovuto essere principalmente di sua competenza. Era vero che Faith rappresentava il futuro di Max, ma non era stato giusto caricarla di una responsabilità così grande.
- Forse non è troppo tardi per sistemare tutto anche con lei.-
    Max scosse la testa. Si alzò e si avvicinò alla finestra aperta. L'aria calda entrava smuovendo le tende e lui si rimboccò le maniche ammirando il cielo farsi viola e le finestrelle delle case vicine riempirsi di luci gialle. Nel giardino quasi buio le rose si ergevano maestose oscillando leggermente insieme all'erba corta che frusciava attorno.
- Non lo so. Non sono ancora pronto per presentarmi a lei. Non sarà così facile come lo poteva essere con te.-
    A queste ultime parole si voltò verso la madre e la guardò negli occhi.
- Tu mi vuoi bene. E sono certo che non hai smesso di volermene anche quando...- Si ritrovò improvvisamente senza l'ardire nel ricordare quel giorno di metà giugno.
    Addison gli si avvicinò di qualche passo.
- Non posso dirlo con assoluta certezza, ma credo che quella ragazza sia ancora innamorata di te.-
    Max rise scettico.
- Perché lo credi?-
- Beh, a volte l'amore non si riesce a spiegare. Ma io ho visto quello che c'è tra di voi. È qualcosa di vero e di talmente profondo che raramente oggi si vede. L'ho capito da come vi guardavate quel giorno a pranzo.     Era come se una forza sconosciuta vi stesse sospingendo l'uno verso l'altro.- La donna cercò di spiegarsi e le parole le uscirono semplici e sincere - È la stessa cosa che avvertivo con tuo padre, Max.-
    Max ricordò di aver sempre ammirato i suoi genitori. Tra di loro esistevano gentilezze, accortezze, premure. Si completavano a vicenda, l'uno non avrebbe potuto esistere senza l'altra. Dove sua madre arrivava, suo padre continuava, e viceversa, in un connubio perfetto di tenerezza e di consapevolezza.
    Lui li prendeva bonariamente in giro quando li sorprendeva scambiarsi effusioni in cucina o mentre stavano abbracciati sul divano guardando la televisione, ma poi, pensandoci bene, non poteva che sorridere entusiasta e soddisfatto di possedere una famiglia come quella. La sua famiglia, dove l'amore e l'affetto erano le parole d'ordine.
- Ho capito.- Affermò Max annuendo. Attraverso i suoi occhi comprese quanto Will le mancasse. Le andò vicino e le posò le mani sulle spalle.
    Addison sorrise tristemente, la mente immersa nei ricordi più dolci e felici.
- Non sai quanto mi manca, Max. E la cosa peggiore è che me ne rendo conto ogni giorno di più.-
- Non devi vergognartene, mamma. Sarebbe un male se non fosse così.-
    La strinse a sé, guardando oltre a lei la casa che ostentava la mancanza di qualcosa di importante da ormai troppo tempo. Qualcosa di insostituibile in una casa lo è di più nel cuore di una persona, pensò. Un vuoto incolmabile che nessuno può far scomparire e che rimane per sempre. Quel momento lo riportò inevitabilmente a dieci anni prima, riaprendogli la ferita più profonda della sua anima.
- Sarà sempre così, mamma. Ma sii felice e fiera di quello che ti ha lasciato. Ti ha regalato la cosa più bella che una persona possa desiderare.-
    Max intendeva un amore puro e vero, ma Addison sollevò lo sguardo verso di lui con un sorriso compiaciuto.
- Hai ragione, Max. La cosa più bella che potesse regalarmi è qui, davanti a me.-
    Il ragazzo la guardò con gli occhi velati.
- Non lasciarti scappare quella ragazza, tesoro.- Sussurrò quasi in una preghiera.
    Max sorrise e, casualmente, lanciò uno sguardo verso il forno.
- Mamma! La torta!- Gridò, ed entrambi corsero ad estrarne ciò che restava del dolce.
    Una nuvola di fumo grigio si propagò rapida nella cucina e madre e figlio si trovarono a guardarsi in faccia con gli strofinacci in mano, scoppiando a ridere.
- Tu ridi, ma io domani cosa porto all'orfanotrofio?- Domandò scacciando il fumo fuori dalla finestra agitando le mani e un cucchiaio di legno.
- Hai gli ingredienti per farne un'altra?-
- Si, ma ci ho messo quasi tutto il pomeriggio per prepararla. E devo ancora cuocere il pollo.-
- Vorrà dire che ne cucineremo un'altra a costo di impiegarci tutta la notte e tutta la mattina.-
- Mi daresti una mano davvero?- Chiese sbalordita Addison - Non sei stanco del volo da Londra?-
    Max scosse la testa, divertito.
- Coraggio, mettiamoci all'opera.-
- Benissimo. Ma domani verrai con me al pranzo. Che ne dici?- Azzardò la madre.
    Il ragazzo sollevò un angolo della bocca e annuì.
- Mi piacerebbe tanto.-
  
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